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Ora, è forse nell’ultima parola che Bobbio ci presenta che possiamo tro vare la risposta definitiva a questa violenza La compassione o misericordia non

Nel documento ISLL Papers Vol. 5 / 2012 (pagine 44-46)

Un weiliano inaspettato.

5. Ora, è forse nell’ultima parola che Bobbio ci presenta che possiamo tro vare la risposta definitiva a questa violenza La compassione o misericordia non

è per Bobbio una virtù che consegue necessariamente alla mitezza; essa è (può essere) piuttosto un’aggiunta. Certo è che nella compassione la mitezza trova la sua compiutezza, la sua perfezione; dice Bobbio: la sua «unicità».

Questo com-patire, questo “sentire l’altro” e in particolare il dolore dell’altro – lo scriveva già Rousseau nel Discorso sull’origine della disugua-

glianza –, è propriamente ciò che rende umano l’uomo, ciò che per Bobbio lo

distingue dal regno della natura non umana.

Compassione è virtù che contiene sviluppi, non detti ma adombrati nella trattazione di Bobbio. Il compassionevole, il misericordioso è colui che si fa pietoso, e perciò si fa carico del bisogno, è colui che si prende cura. Ecco un’altra parola che di recente sembra divenuta di moda e che sembra segnala- re un modo nuovo di stare nel mondo. “Cura” è attenzione, responsabilità, ser- vizio. È manutenzione delle cose del mondo; è toglier via le incrostazioni che inceppano i meccanismi delle relazioni; è fare in modo che siano le nostre preoccupazioni quotidiane ad occupare il centro della scena politica27.

La cura riguarda tutti, perché tutti siamo allo stesso tempo esseri che han- no bisogno di cura ed esseri che si prendono cura. Non siamo individui che possono crogiolarsi nell’illusione dell’indipendenza assoluta. È questo del re- sto il senso di un’altra meditazione dell’ultimo Bobbio, quella dedicata alla vecchiaia e contenuta nei saggi del De senectute.

Il percorso che abbiamo compiuto può trovare così una sintesi che va cer- tamente al di là del discorso bobbiano, ma che non forza – mi pare – il senso delle considerazioni che egli svolge. Vorrei proporre di collegare la mitezza, za, posto in una situazione intollerabile quando è il più debole rispetto a un possibile avversa- rio. Ora, poiché non esiste una bilancia per misurare la forza degli Stati, un paese o un blocco di paesi ha un solo mezzo per non essere il più debole: essere il più forte» (Sulla guerra, cit., p. 77).

27 A questo tema sembra alludere Bobbio quando afferma che la mitezza è una «virtù femminile» che gli è parsa «sempre desiderabile proprio per la sua femminilità» (Elogio della mitezza, cit., p. 30). Nella vasta letteratura sulla cura mi limito a ricordare J. Tronto, Confini mo- rali. Un argomento politico per l’etica della cura, a cura di A. Facchi, Diabasis, Reggio Emilia 2006, nonché E. Pulcini, Il potere di unire. Femminile, desiderio, cura, Bollati Boringhieri, Torino 2003. Segnalo anche che a questo tema è dedicata l’ampia sezione monografica della rivista «La società degli individui», n. 2 del 2010. Va da sé – ed è sicuramente superfluo precisarlo – che l’essere una “virtù femminile” non voleva affatto significare, per Bobbio, che si trattasse di una virtù praticata (o da praticare) esclusivamente da parte delle donne.

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insieme a tutte le pratiche e le virtù che abbiamo considerato a fianco ad essa, con un termine che Bobbio ha usato in altri contesti e collegandolo ad altre re- ti concettuali. Mi riferisco alla giustizia.

Come per molti altri concetti, è stato proprio Bobbio a fornire un quadro analitico dei diversi significati che questo termine così carico di valore ha as- sunto nella storia e può assumere ancora oggi. La giustizia ha significato di volta in volta ‘ordine’, ‘legalità’ ‘uguaglianza’28. Sono tutti significati che fanno

riferimento al rapporto tra gli individui, da un lato, e una dimensione istitu- zionale che li trascende – diciamo pure lo Stato –, dall’altro lato.

Ebbene, il testo sulla mitezza può condurci a introdurre nelle analisi di Bobbio, e a ricordare a noi tutti, un significato diverso (se non alternativo) di giustizia, che non guarda più alla garanzia di una uguaglianza ‘dall’alto’ ma in- veste direttamente i rapporti tra i soggetti, mettendo in gioco la loro respon- sabilità e le loro relazioni. Se la mitezza è il “far essere l’altro”, se è anche il “farsi carico” di quanto e quanti hanno bisogno d’essere curati, allora in essa si intravede una dimensione orizzontale della giustizia che è quella propria dei semplici e dei compassionevoli, che muove sempre dall’invocazione di giusti- zia e ambisce a portare l’uguaglianza là dove essa non esiste e dove forse non potrà mai esistere29. Per Simone Weil, fortemente critica nei confronti del dirit-

to, era questa la vera giustizia, ed ella la confondeva senz’altro con la carità e con l’amore30. Bobbio ci ha insegnato che esistono molte dimensioni della giu-

stizia, la quale può passare anche dal diritto e da una retta costituzione repub- blicana; e tuttavia, lo scritto sulla mitezza ci richiama alla responsabilità di es- sere giusti qui ed ora, ogni volta che siamo in gioco in una relazione con gli al- tri e col mondo. «Amo le persone miti – è scritto nel volume di Bobbio – perché sono quelle che rendono più abitabile questa “aiuola”, tanto da farmi pensare che la città ideale non sia quella fantasticata e descritta sin nei più minuti par- ticolari dagli utopisti, dove regna una giustizia tanto rigida e severa da diven- tare insopportabile, ma quella in cui la gentilezza dei costumi sia diventata una pratica universale»31.

28 Cfr. N. Bobbio, Sulla nozione di giustizia (1985), in Id., Teoria generale della politica, a cura di M. Bovero, Einaudi, Torino 1999, p. 257 ss; ma si veda anche il corso di lezioni pubblica- to in dispense da Bobbio nel 1953 e ora riedito con una prefazione di Gregorio Peces-Barba: Teoria della giustizia. Lezioni di filosofia del diritto. 1953, Nino Aragno Editore, Torino 2012.

29 Rinvio su questo punto alla riflessione che Gustavo Zagrebelsky ha condotto, muoven- do proprio da una rimeditazione delle categorie bobbiane: cfr. Il rifiuto dell’ingiustizia come fon- damento minimo, in Aa. Vv., Lezioni Bobbio. Sette interventi su etica e politica, introduzione di M. Revelli, Einaudi, Torino 2006, pp. 81-109.

30 Per un approfondimento del concetto weiliano di giustizia sia consentito rinviare a T. Greco, La bilancia e la croce. Diritto e giustizia in Simone Weil, Giappichelli, Torino 2006.

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6. Quest’ultima considerazione ci ha condotti indubbiamente lontano dalle

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