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Università di Bologna DA - Dipartimento di Architettura Email: [email protected]

Martina Massari

Università di Bologna DA - Dipartimento di Architettura Email: [email protected] Abstract

Il contributo analizza gli strumenti di interazione messi in campo dalle politiche ambientali del Comune di Bologna (Bologna Città Resiliente), nel solco delle politiche di collaborazione che la città ha assunto come approccio trasversale per tutte le azioni politiche e le pratiche urbane della città. A partire da queste premesse, si vogliono esplorare attraverso le lenti dei processi partecipativi, i meccanismi e le dinamiche di innovazione sociale e organizzativa, innescate dai Climathon® (in collaborazione con Climate-KIC) e dai Laboratori tematici (Laboratorio Aria), in quanto “arene sicure” di sensibilizzazione e co-progettazione di soluzioni locali a problematiche globali legate al cambiamento climatico, in relazione ai processi di pianificazione locale. Si è proceduto con una metodologia di indagine qualitativa, attraverso la ricerca documentale, interviste semi-strutturate e conversazioni con attori chiave. Il dialogo con l’Assessora all’Urbanistica e all’Ambiente del Comune di Bologna Valentina Orioli, costituisce il contesto e lo sfondo pianificatorio e di politiche, sul quale approfondire le ragioni e le modalità attraverso cui tali attività si inseriscono nella pianificazione locale e regionale. Le interviste a Valeria Barbi e Mauro Bigi della Fondazione per l’Innovazione Urbana di Bologna, hanno l’obiettivo di analizzare Climathon® e Laboratorio Aria, tracciandone il processo dalla scelta del tema ai risultati, per comprenderne i gradi di partecipazione attivati e l’inclusività, dato che affrontano questioni complesse che incidono su un pubblico ampio e diversificato, per i quali appare necessario un approfondimento sul format stabilito, gli strumenti e gli obiettivi selezionati, ma anche la loro posizione rispetto ai processi partecipativi in corso.

Parole chiave: public policies, resilience, participation

1 | La resilienza nelle politiche della città di Bologna

Di fronte alla crisi climatica e ecologica in atto, l’Agenda 2030 deve necessariamente riferirsi a contesti e politiche locali, per accelerare il contributo dal basso al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità globali. Le istituzioni urbane si trovano così investite di un ruolo cruciale, confermato nell’Agenda Urbana Europea (2016), nell’affrontare le problematiche globali con modalità nuove su materie complesse, in un approccio teso alla resilienza urbana. La resilienza è qui intesa come prospettiva e atteggiamento (Gabellini, 2018), che modifica e mobilita la prassi pianificatoria in reazione agli shock e agli stress, ispirando interpretazioni e pratiche urbane.

Se “allargare la partecipazione” è considerato un principio fondamentale per la “costruzione della resilienza” (Stockholm Resilience Centre, 2014; Biggs et al. 2012, Folke et al., 2005) dei sistemi socio-ecologici accoppiati (Holling, 2001) quali quelli urbani, la questione solleva concretamente alcune difficoltà per le diverse dimensioni temporali, di scala, e dei diversi livelli di conoscenze in gioco, che si presentano nelle questioni ambientali e nei processi partecipativi (Hester, 2007). Inoltre, la vulnerabilità ai cambiamenti climatici secondo l’UE, non dipende solo da fattori fisici, ma anche dalla capacità di istituzioni di avvantaggiarsi o meno delle nuove opportunità offerte dai cambiamenti in atto, attraverso consapevolezza, abilità e azione (ESPON, 2011). In questo quadro, si registrano sempre più frequenti tentativi da parte di pubbliche amministrazioni, di coinvolgere diversi tipi di conoscenza, risorse e attori per i quali gli strumenti di pianificazione a disposizione sono spesso inadeguati, nello sviluppo di quelli che possono essere definiti "esperimenti climatici urbani" (Castán Broto , Bulkeley, 2013).

Anche la città di Bologna ha intrapreso un percorso di orientamento delle politiche urbane verso una prospettiva di resilienza, costruendo spazi per la sperimentazione su temi ambientali e di contrasto ai cambiamenti climatici. La politica di Bologna Città Resiliente comprende il Piano d'Azione per l'Energia Sostenibile (PAES) e il Piano Locale di Adattamento (2015), strumenti volontari di cui la città si è dotata a seguito del Patto dei Sindaci del 2008 e del progetto LIFE+ BLUE AP (Bologna Local Urban Environment Adaptation Plan for a Resilient City). I piani di azione mettono al centro la questione ambientale, interpretata come un modello che si inserisce e

arricchisce la cornice narrativa di Bologna Città Collaborativa, una definizione che trae spunto dalla lunga tradizione di politiche urbane costruite attraverso percorsi di co-progettazione, considerando le progettualità esistenti e definendo strategie condivise in un processo di costante apprendimento (Ostanel, 2017).

In questo scenario, l’organizzazione di Climathon® (format sviluppato dalla piattaforma europea EIT- Climate- KIC) e l’attivazione dei Laboratori tematici (Laboratorio Aria) sono alcuni degli strumenti di interazione di cui la città di Bologna si è dotata, “arene sicure” di partecipazione, sensibilizzazione e co-progettazione di soluzioni locali a problematiche legate al cambiamento climatico. Si tratta di momenti di interfaccia tra attori e portatori di interessi urbani, pubbliche amministrazioni, organizzazioni e business, veri e propri processi partecipativi - LabAria - e momenti di co-progettazione partecipata intensiva e collocata (Trainer, Kalyanasundaram, et al., 2016) - Climathon® - che mirano a sensibilizzare e a consolidare la conoscenza sui temi ambientali e produrre partnership per la sperimentazione di soluzioni per affrontare il cambiamento climatico.

In particolare, i Climathon® derivano da una evoluzione degli Hackathon, durante i quali un gruppo di persone si riunisce sfidandosi per un periodo determinato di tempo, per permettere di esercitare una “esplosione di creatività” (Taylor, Clarke, 2018). Climathon® è una maratona di 24 ore di co-progettazione per trovare soluzioni alle sfide del cambiamento climatico, che sta prendendo i contorni di movimento globale: da 20 città coinvolte nel 2015, a 114 nel 2018, di cui 15 in Italia.

Trattando questioni complesse che incidono su un pubblico ampio e diversificato, sembra necessario un approfondimento sul format stabilito, gli strumenti e gli obiettivi selezionati, ma anche la loro posizione rispetto ai processi partecipativi in corso. Si vuole riflettere sulla possibilità per tali strumenti di interazione, di rappresentare porzioni di una nuova forma di pianificazione ecologica fatta di parti indipendenti e incrementali (Alexander, Ishikawa , Silverstein, 1975; Alexander, 2004), replicabili in altre pratiche decisionali.

2 | La traiettoria della collaborazione: tra politiche urbane e ambientali.

Bologna ha costruito negli anni un approccio allo sviluppo urbano che segue una logica collaborativa: la città ha saputo intrecciare cura e conservazione del capitale urbano nelle sue componenti spaziali e sociali. La città del buon governo, sede della socialdemocrazia (Farinelli, 2014), ha da sempre favorito il riconoscimento dei bisogni individuali e collettivi e la capacità di responsabilizzare la cittadinanza nella risoluzione attiva di questi bisogni. Le politiche collaborative della città di Bologna hanno visto un rilancio e codificazione a partire dal 2014, con l’approvazione del “Regolamento per la collaborazione tra cittadini e amministrazione per la cura e la rigenerazione dei beni comuni urbani”. Tuttavia, la storia recente ha visto intrecciarsi in maniera olistica la traiettoria delle politiche pianificatorie e ambientali della città, in una visione trasversale di città collaborativa, adattata a strumenti obbligatori (i piani urbanistici) e volontari (i piani ambientali). La tradizione di cooperazione economica e l’attivismo civico, sono diventati elementi sinergici e anticipatori delle trasformazioni urbane (Orioli, 2018), costruendo le basi per la definizione di atti amministrativi per la condivisione di responsabilità nella cura e sviluppo della città.

In seguito a una crisi che ha portato a ipotizzare il “tramonto della città modello” (Erbani, 2003), a partire dal 2004 la città comincia a sviluppare il suo primo Piano Strutturale previsto dalla Legge Regionale 20 del 2000, concentrandosi in larga parte sul riconoscimento e inquadramento dell’azione dei cittadini per la definizione e l'attuazione di azioni e progetti, approfondendo prossimità di scala, relazioni comunitarie, usi quotidiani di spazi pubblici, servizi e beni comuni urbani. Grazie alla collaborazione con Urban Center Bologna, si sperimentano laboratori tematici di quartiere, luoghi di discussione su questioni centrali per le trasformazioni urbane contingenti, che hanno contribuito ad “accrescere l’efficacia dell’azione pubblica sul territorio, favorendo una governance allargata” (Evangelisti, 2009).

Nel 2006, l’adesione agli impegni di Aalborg per l’attuazione dell’Agenda 21 Locale inserisce i percorsi di collaborazione in un quadro di sviluppo sostenibile in ambito amministrativo locale. L’occasione di mettere in pratica la nuova impostazione avviene grazie alla predisposizione del PAES (2012), piano volontario i cui presupposti si basano sulla collaborazione tra attori, portatori di interesse locali e pianificazione urbanistica. Attraverso la definizione di un protocollo d'intesa per l’attuazione tra Comune e stakeholder locali, il PAES prevede una formale assunzione di impegni e condivisione di obiettivi per l’attuazione e il monitoraggio delle azioni. Nel 2015 Bologna si è dotata di un altro strumento volontario, il Piano locale di adattamento ai cambiamenti climatici (2016) che definisce strategie e obiettivi a partire dalla situazione climatica attuale e prescrive le azioni necessarie a raggiungerli. Il Piano di adattamento ha dialogato con la pianificazione urbanistica portando al progressivo adeguamento degli strumenti di pianificazione vigenti, nei quali trasferisce alcune misure di tipo ambientale rendendole applicative. La logica collaborativa si estende quindi all’interazione non solo tra attori urbani e comune, ma tra gli strumenti di pianificazione, integrando la dotazione di piani obbligatori e volontari. È la politica Bologna Città Resiliente, definita dall’Assessora Valentina Orioli “in primo luogo come

uno slogan, con il quale abbiamo voluto riportare l’attenzione sui temi della mitigazione e dell’adattamento ai cambiamenti climatici, già affrontati con l’adozione del PAES e del Piano di Adattamento, e sottolineare la necessità di trattare i temi in modo sempre più coerente e strutturale alla pianificazione urbanistica. C’era bisogno di riprendere la narrazione, ma anche le azioni, messe in pausa dalle elezioni amministrative”.

La città di Bologna è attualmente impegnata nell’avvio di una nuova attività di pianificazione generale, per adeguare gli strumenti urbanistici alla Legge Regionale 24/2017, proponendosi di affrontare per la prima volta in uno strumento di piano integrato, questioni come la relazione tra forma urbana e microclima. Orioli specifica che “con la formazione del Piano Urbanistico Generale, il percorso degli Action Plan ambientali e quello della pianificazione urbanistica si sta definitivamente unendo, e questo sollecita una forte integrazione delle competenze”. Un modello collaborativo che, come indicato nel nuovo Piano di Innovazione Urbana (2016), crea stabili opportunità di interagire su temi ambientali e sociali applicati al contesto urbano, nella logica di informare la pianificazione e innescare l’innovazione verso nuovi arrangiamenti istituzionali (Ostanel, 2017). La visione di Città Resiliente ha trovato forza sia negli strumenti innovativi messi in campo dall’amministrazione sia nell’insieme di sperimentazioni e progettazioni che ne hanno consolidato i contenuti. Tra questi ultimi, il contributo intende analizzare due sperimentazioni realizzate a Bologna, Climathon® e Laboratorio Aria, attraverso la lettura dei risultati preliminari raggiunti.

3 | I Climathon® e Laboratorio Aria luoghi di sperimentazione delle politiche ambientali

Laboratorio Aria è un percorso sperimentale di partecipazione promosso dal Comune di Bologna insieme alla Fondazione per l’Innovazione Urbana (FIU), orientato a coinvolgere un’ampia platea sul tema dell’inquinamento dell’aria in città. Come esplicitato da Mauro Bigi - Progetti Speciali sulla Sostenibilità FIU, «l’obiettivo principale ha riguardato la costruzione di un’attività di ricerca collaborativa, per lo sviluppo di una campagna di comunicazione sulla qualità dell’aria, non solo istituzionale, che orientasse i comportamenti dei cittadini non solo dal punto di vista normativo, ma stimolando l’adozione di comportamenti personali proattivi rispetto alla qualità dell’aria». Il raggiungimento di tale obiettivo è stato affrontato predisponendo un processo di coinvolgimento che ha compreso soggetti istituzionali che hanno competenze sul tema aria, (Arpae, Asl, Città Metropolitana, Università) e attori territoriali che già si occupano di aria e di sostenibilità, anche non in maniera specializzata, ma che rappresentano canali privilegiati verso i cittadini. In questo senso, secondo Bigi, «il processo è diventato parte integrante della campagna di comunicazione».

Le attività del Laboratorio si sono svolte in tre fasi: osservazione, sviluppo di strumenti e contenuti informativi e una fase finale dedicata agli approfondimenti, ancora in corso. Il risultato è stata la definizione di linee guida condivise su come poter creare strumenti e percorsi informativi innovativi per migliorare la percezione dei cittadini sulla qualità dell’aria. Il processo ha condotto allo sviluppo di un servizio per la diffusione, informazione e raccolta dati sull’aria, sotto forma di una App (App Aria), con l’obiettivo, racconta Bigi «di informare in maniera immediata e non tecnica, sulla qualità dell’aria prevista e suggerire comportamenti utili a ridurre l’impatto individuale».

Il laboratorio ha ottenuto diversi risultati divergenti rispetto l’obiettivo iniziale, tra cui l’attivazione di un gruppo di monitoraggio le cui attività vengono periodicamente restituite all’interno degli incontri. Tuttavia, l’elemento di maggior interesse è stata l’emergenza di una serie di istanze da espandere e portare come tema trasversale di discussione in città. Il Laboratorio è diventato quindi ciò che Valentina Orioli descrive come «laboratorio permanente pensato come luogo di condivisione, approfondimento e sviluppo di conoscenza e di specifiche politiche e azioni sul tema della qualità dell’aria e della salute a Bologna». Mauro Bigi sottolinea come «la nascita di un protocollo d'intesa tra un gruppo di enti che si sono dotati di uno strumento strutturato di collaborazione, un tavolo di cooperazione che ha l’obiettivo di realizzare attività trasversali tra gli enti», rappresenti un primo passo verso l’istituzionalizzazione del tema aria e il consolidamento del suo studio.

L’impatto del laboratorio sulle attività di pianificazione in corso, avviene grazie alla predisposizione di canali di comunicazione, grazie ai quali gli altri laboratori diventano diffusori dell’informazione messa in campo. Bigi commenta l’ipotesi di «inserire il tema nei percorsi [partecipativi] in corso a Bologna per portare al centro il tema dell’aria mettendo in valore i risultati raggiunti». L’auspicio di Bigi è che «la parte più progettuale e politica di LabAria diventi un tema trasversale all’interno degli altri laboratori in corso» che accompagnano la pianificazione urbana.

LabAria ha intercettato l’edizione 2018 Climathon®, fornendo il tema principale su cui si è svolta la sfida. Le tre edizioni dell’evento a Bologna sono state organizzate a partire dal 2016 su iniziativa di FIU in collaborazione con il Comune di Bologna e Climate KIC, perché nelle parole di Valeria Barbi - Coordinatore Progetti EU, Cambiamenti climatici e sostenibilità di FIU - «il tema permetteva di coniugare non solo una tematica attuale come quella della sostenibilità e dei cambiamenti climatici» ma anche «i processi partecipativi, ovvero il citizen engagement, che è una delle nostre attività cardine». Nelle parole dell’Assessora Orioli, l’interesse

dell’amministrazione di Bologna nell’organizzare il Climathon® «risiede nel valore esemplare di questo evento e nella sua risonanza internazionale: il Climathon® permette di focalizzare l’attenzione, per un tempo limitato ma in modo molto intenso per il suo ripetersi planetario, su temi legati alla mitigazione e all’adattamento ai cambiamenti climatici e all’innovazione, attraverso l’uso delle tecnologie. È quindi un “esperimento climatico” molto utile anche per la disseminazione di conoscenza e di consapevolezza sui temi ambientali». La politica di FIU per l’ingaggio dei partecipanti all’evento è stata, come riferisce sempre Barbi «di lasciare la partecipazione molto aperta, senza individuare target specifici (aziende o soggetti con preparazione particolare) cosa che avviene spesso con gli Hackathon che spesso si rivolgono a un target tecnologico». Tale scelta ha ripagato in termini di varietà dei partecipanti, e con una buona parità di genere.

Il Comune è stato partner attivo di tutte le edizioni e le sfide lanciate hanno riguardato tematiche legate al Piano di Adattamento (2016), l’uso di dati satellitari per aumentare la resilienza urbana (2017), mentre il terzo anno (2018) la sfida era collegata al processo in corso del LabAria, con la richiesta esplicita ai partecipanti di sviluppare ulteriormente l’AppAria, arricchendola di funzionalità interattive.

Tali aspettative non sono state interamente soddisfatte, come riferisce Mauro Bigi, perchè «il Climathon® è stato svolto nel momento in cui dal LabAria erano già emersi risultati. Le aspettative rispetto al lavoro erano diverse, come le esigenze dei partecipanti, maggiormente orientate alla messa sul mercato dell’idea». Barbi sottolinea ulteriori problematiche nel portare avanti le idee sviluppate nei Climathon®, in parte collegate alla mancanza di un percorso successivo, il cui sviluppo è lasciato a volte all’iniziativa dei singoli partecipanti e partner, ma anche a causa di profonde differenze tra il processo che caratterizza LabAria e il Climathon®. LabAria riguardava un tema sensibile proposto dalla stessa amministrazione e percepito come urgente di un intervento pubblico. Riferisce Barbi «quando invece parliamo di Climathon®, e quindi strettamente di cambiamento climatico, è più difficile perché il tema è complesso, più facilmente comprensibile ai tecnici e meno al cittadino, che ne ha una consapevolezza, ma non nell'immediato nella sua vita quotidiana, e data la più difficile realizzazione e complessità di gestione rapida dei risultati che emergono». L’Assessora Orioli aggiunge che «le proposte che ne scaturiscono sono interessanti per l’Amministrazione, ma in genere necessitano di essere approfondite per poter essere effettivamente implementate nelle politiche e nell’azione pubblica», e che tuttavia «promuovere un approccio sinergico tra azioni, processi ed eventi attorno a un tema-chiave, permette di analizzare i problemi con maggiore profondità, moltiplicando i punti di vista e le risposte che l’amministrazione può mettere in campo, insieme a cittadini, associazioni e altri portatori di interesse». In ogni caso, ciò che Barbi vede di positivo nel proporre tale attività ai cittadini «è dare vita e organizzare eventi che sono fondamentali dal punto di vista educativo, perché entrano nel processo negoziale sul cambiamento climatico [per il quale] nelle ultime conferenze delle Nazioni Unite, c'è stato un vero e proprio appello alla partecipazione diretta del cittadino, perché si è capito che il vero cambiamento arriva dal basso».

4 | Conclusioni

Sulla base delle interviste e delle ricerche effettuate, le conclusioni riflettono le considerazioni degli autori e le visioni necessariamente circoscritte degli intervistati. I Climathon® e LabAria di Bologna, sono assunte come attività di sperimentazione nella costruzione delle politiche sulla resilienza urbana, orientate alla definizione e condivisione di soluzioni locali a problematiche globali. Coinvolgendo livelli molteplici di conoscenze, istituzioni, risorse e attori, sembrano rappresentare momenti di interazione che accompagnano ed estendono la capacità di visione della pianificazione, creando spazi aperti di mutuo apprendimento (Moulaert et al., 2013) sul tema del cambiamento climatico applicato localmente. Inoltre, avvenendo al di fuori dei momenti di pianificazione obbligatori, in queste “arene sicure”, permettono alle istituzioni di sperimentare alternative procedurali e progettuali, “uscendo dalla scatola” (De Leonardis, 2001) e cambiando il campo di azione, per trovare nuove soluzioni (ibid.).

Dall’analisi, emergono due ambiti di riflessione che potrebbero costituire la base per un’evoluzione ulteriore di Bologna Città Resiliente, in sinergia con le politiche collaborative. Il primo riguarda l’interazione tra i due strumenti, nella quale Mauro Bigi sottolinea «la problematica emersa in maniera più evidente ha riguardato la tempistica non ideale e il mancato coordinamento tra i Climathon® e LabAria», riconoscendo una barriera nella mancata condivisione di obiettivi e allineamento delle attività, orientata alla valorizzazione dei risultati reciproci. Il «mancato supporto all’accompagnamento dell’idea» del Climathon®, ha portato a ridurre la possibilità di mettere a valore i due processi, come parti di una stessa visione di città, che si dota di strumenti innovativi non clusterizzati, ma che fanno riferimento a un approccio pianificatorio unitario, che li sistematizza.

La seconda riflessione riguarda invece, la relazione tra gli strumenti e il processo di pianificazione complessivo. Alla domanda se l'Amministrazione mostrasse interesse ai risultati e alle soluzioni dei Climathon® e se questo favorisse un cambiamento nei modi di operare dell’istituzione, Barbi risponde che «dipende molto

dall'amministrazione, da quanto è portata ad aprirsi a quelle che sono le suggestioni o la partecipazione. In secondo luogo, dipende dal tema, o da un incrocio delle due cose». Da queste affermazioni, appare evidente che la possibilità di interagire e produrre modificazione nella strumentazione di piano, riguarda anche la natura stessa dei processi. Mentre LabAria è a tutti gli effetti un processo partecipativo, il Climathon® rappresenta un momento di intensa e situata co-progettazione che presenta valori tipici dei processi partecipativi come comprendere gli altri, accrescere il senso di comunità, costruire relazioni personali e reti, trovare la soluzione migliore dal confronto di più punti di vista e saperi etc., ma che rimane in parte isolato dalle ragioni stesse del processo.

Rispetto all’inserimento e integrazione delle attività nella pianificazione locale e regionale, l’Ass. Orioli afferma infine, che LabAria ha assunto maggiormente un ruolo di «accompagnamento costante e di sensibilizzazione rispetto ai provvedimenti sulla qualità dell’aria» mentre il Climathon®, in quanto “esperimento climatico” puntuale può essere orientato ad «offrire risposte specifiche a un tema o ad un problema trattato attraverso la