• Non ci sono risultati.

Università degli studi dell’Aquila

Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile-Architettura e Ambientale, Email: [email protected]

Abstract

Sul tema dello spazio pubblico si riflette lo scopo che gli standard urbanistici hanno ricoperto fin dal loro inserimento in norma, ovvero la garanzia di equità e salubrità. Non potendo più gli standard assolvere esclusivamente allo scopo di garanzia, dal complesso sistema di necessità che la società oggi esprime emergono nuovi modelli sociali, che evolvono e cambiano velocemente e localmente. Negli ultimi anni, rispetto agli anni in cui gli standard nacquero, si è richiesto all’urbanistica una verifica di efficacia: sia sull’analisi del contesto di riferimento, plurale e multifunzionale, sia sull’azione di piano, urbana e territoriale, sia sul coinvolgimento in essa di nuovi traguardi. Le nuove esigenze sono espresse dal multiforme contesto sociale e formalizzate dalla ricerca interdisciplinare e tran-scalare: nell’azione di piano si sono aggiunti temi sostanziali quali la socialità, la sicurezza e la sostenibilità che necessitano di essere integrati con emergenze attuali quali, appunto, i cambiamenti globali, climatici, socio-economici. Gioca un ruolo molto importante il grado di aggiornamento ed innovazione degli strumenti di piano: la loro efficienza sarà funzione della loro capacità di interpretare, comprendere e restituire il proprio contesto contemporaneo; la loro azione sul territorio eserciterà un migliore contrasto al degrado. Anche il riconoscimento ed il recepimento da parte della comunità che ne se ne troverà coinvolta. L’urbanistica e la pianificazione devono operare in maniera tran-scalare e interdisciplinare, interculturale e multidimensionale, in modo da intercettare efficacemente i temi e le sfide globali. Un approccio questo che diventa metodo di analisi e strumento di garanzia per la redazione di una nuova forma di progettazione: più efficace, quella integrata. Occorre integrare differenti quadri conoscitivi, ambiti amministrativi e contesti di analisi, soggetti pubblici e privati. La progettazione integrata media i contesti di riferimento, le fonti e le scale, locale e globale; ricollega gli enti di governo, urbano e territoriale; reinterpreta le funzioni tradizionali dello spazio pubblico e ne ricolloca le nuove dimensioni.

Parole chiave: spazio pubblico, multifunzionalità, standard, adattamento

1 | Introduzione

In questo paper viene affrontato il rapporto fra gli standard urbanistici per lo spazio pubblico ed i cambiamenti urbani che si stanno affermando: lo spazio pubblico cambia in accordo con l’uso che se ne fa, secondo la società, la modalità, il tempo e la localizzazione che lo contraddistinguono, cambia in rapporto al suo contesto; gli strumenti e le letture tradizionali non sono da soli più sufficienti per interpretare e governare i processi globali in atto. Ne dovrebbe conseguire dunque che anche gli standard urbanistici dovrebbero evolvere seguendo le nuove esigenze sociali (Giaimo, 2018). Dall’ampio dibattito scientifico sui cambiamenti globali provengono conoscenze chiare e rigorose alle quali anche lo spazio pubblico deve rispondere: è già noto che lo spazio urbano subisce e reagisce ai cambiamenti ambientali. Il cambiamento si manifesta principalmente in due modi, uno fisico ed uno sociale: entrambi possono essere localmente rilevati, misurati e confrontati (Salvatore, Chiodo, 2018). Cambiamenti ambientali (umidità, temperatura, qualità dell’aria), cambiamenti sociali (cultura sociale, lavoro, salute) e cambiamenti urbani (mobilità e trasporti, residenzialità, pianificazione) hanno già cambiato lo spazio pubblico. Il passo successivo potrebbe integrare analiticamente e formalmente i cambiamenti de facto, inquadrandoli in una cornice multidimensionale e interdisciplinare. Gli effetti degli uni sugli altri costituiscono così un unicum, così come unico è il contesto di riferimento: ne deriva che ad ogni contesto di intervento dovrà corrispondere una soluzione, o un sistema di soluzioni, senza però prescindere da un metodo unitario ed organico.

1.1 | Lo spazio pubblico: cambiamenti

La ricerca ha preso in esame alcuni casi studio, necessariamente differenti e distanti fra loro, al fine di trovare il minimo comun denominatore ed la chiave di lettura comune, tali che si possa elaborare un metodo organico propedeutico all’intervento di progetto, dunque utile alla formulazione di un’azione di piano coerente con il contesto e la sua evoluzione (Crosta, 2016); contemporanea rispetto alle mutate esigenze e condizioni.

Cambiano la natura ed il tipo di lavoro, trasporto e comunicazione; cambiano la tipologia di residenzialità, le abitudini ed il modello sociale; cambia di conseguenza lo spazio pubblico e l’uso che se ne fa rispetto al passato. Questi cambiamenti si sommano ai grandi stravolgimenti ambientali, ovvero calamità naturali che in condizioni ordinarie non si verificano ma che mettono alla prova invece le strutture urbane, sociali ed economiche. L’ambiente

urbanizzato rappresenta un sistema complesso che integra diversi livelli (Properzi, Di Ludovico, 2015): dall’analisi dell’integrazione derivano interazioni e correlazioni che richiedo un approccio interdisciplinare e transcalare. Questo modello concettuale esiste in quanto tale perché funzione di un unico elemento del sistema complesso, il cittadino (Crosta, 2018). Funzionalmente l’individuo urbano interagisce con gli altri elementi del sistema, cambiandone direttamente ed indirettamente le condizioni, e cambiando esso stesso (Baiani, Valitutti, 2013). Il cambiamento climatico, esercitando una forte pressione sulla qualità della vita urbana, spinge il cittadino a reagire adeguandosi ove possibile (Salvatore, 2018): quindi è di interesse per questa ricerca indagare e interpretare quei cambiamenti che su scala urbana influenzano, modificano e indirizzano verso un uso diverso dello spazio pubblico. Lo spazio pubblico oggetto della ricerca è il sistema di spazi urbani che ricadono nella sfera pubblica (Di Ludovico, 2012), qualificandosi come luoghi relazionali, ai quali viene riconosciuto un ruolo ed uno scopo sociale, comune e pubblico dalla comunità fruitrice. Da questa considerazione scaturisce da un lato il superamento della logica retorica che vorrebbe idealizzare uno spazio pubblico comune, dall’altro la necessità di procedere ad una valutazione analitica multicriterio (Mehta, 2013); fanno parte di questo lavoro gli spazi pubblici che esprimono fragilità, strutturali e sociali così definite (Salavtore, Chiodo, 2018). Nello sviluppo di questo paper vengono citati i casi studio presi in esame dalla ricerca: i casi considerati riguardano città diverse fra loro sul piano geografico complesso (contesto fisico, urbanistico-dimensionale, geomorfologico, ambientale, storico), sul piano paesaggistico (urbano, rurale e naturale) e sul piano socio-culturale. Nei casi studio si evidenziano singolarità locali, elementi di unicità che fanno di quel contesto e di quello spazio, un unicum. Circa la diversità di ciascun caso rispetto ad un altro, la ricerca si elabora un metodo di lettura in grado di estrarne un tema comune. Ne è risultato che questo tema comune sia proprio uno spazio pubblico urbano, tale da consentire l’elaborazione di quel metodo omogeneo, coerente ed unitario di raccordo per tutti i diversi casi studio. La strada è il minimo comun denominatore. La strada struttura la città e gli spazi pubblici singolari, creando un sistema, e può risolvere la condizione di frammentarietà del paesaggio urbano. (Crosta, 2016). Dalla lettura critica dei casi, emerge una sintesi, da cui poi è possibile costruire un tool-kit di elementi che integrano l’attuale modello dello standard urbanistico (Di Ludovico, 2017).

2 | Lo spazio pubblico: fragilità a confronto

Lo spazio pubblico esprime compiutamente l’immagine della città e del suo intorno; è parte fondamentale dell’impianto urbano e della sua armatura; forma, funzione, tipologia e percezione sono stati i paradigmi attraverso cui gli spazi pubblici sono stati più soventemente analizzati nel loro contesto storico (Crosta, 2018). L’impaginato urbano contemporaneo esprime non solo ciò che è stato ed è consolidato, ma anche cioè che è, dovrebbe o potrebbe essere significativo per lo svolgersi della vita urbana di una comunità. Dunque poiché è nello spazio pubblico e attraverso di esso che si invera un modello socio-urbano di riferimento, è proprio sullo spazio pubblico che le riflessioni di questa ricerca e di questo articolo sui cambiamenti si concentrano.

La rete relazionale che si costruisce, si sedimenta, muta, si esaurisce e si rinnova (Crosta, 2018) (fig.1) nella realtà urbana dello spazio pubblico, è la rete di relazioni che i singoli individui componenti le comunità fruitrici costruiscono e ramificano nel territorio, per arrivare a coprire con esiti diversi anche gli spazi pubblici marginali: quelli delle periferie, dei borghi, dei non luoghi o degli iperluoghi (Augè, 1992). Il territorio regionale abruzzese può essere ricondotto ad un modello complesso articolato secondo cinque elementi di sistema (Di Ludovico, Properzi, 2015), ovvero la città lineare della costa, la rete dei borghi, il sistema insediativo diffuso ed il sistema agro-silvo-pastorale dei parchi. Lo stato della pianificazione attuale, in termini percentuali a livello comunale e regionale (RdT, 2016), restituisce un quadro di riferimento piuttosto preoccupante per qualità e quantità: c’è una percentuale di comuni che hanno adottato un nuovo PRG, la maggior parte di essi conserva piani regolatori vecchi e insufficienti. La situazione restituisce l’obsolescenza progressiva degli strumenti di piano, quelli non aggiornati rispetto alle mutevolissime circostanze strutturalistiche e sociali, e un conseguente degrado progressivo del territorio. Non pianificare, vuol dire non essere pronti a gestire i cambiamenti improvvisi, così come quelli graduali. In particolare, in ogni pianificazione lo spazio pubblico deve essere gestito attraverso un’azione di governo della città e del territorio secondo strumenti di piano efficaci ed efficienti, cioè in grado di interpretare chiaramente la contemporaneità urbana nelle sue nuove dimensioni (Crosta, 2018): socialità (accessibilità, sicurezza, partecipazione, inclusione, interculturalità), multifuzionalità/temporaneità (usi e funzioni plurali, molteplici e temporanei), dualità (pubblico/privato, ordinarietà/emergenza), visualità (esperienza estetico-percettiva che dello spazio pubblico contemporaneo viene praticata dall’utente finale). La nuova realtà urbana ed extra urbana fornisce un quadro di riferimento complesso, ecco la necessità di un approccio metodologico interdisciplinare e transcalare (Crosta, 2016).

Nel caso di specie qui brevemente descritto, emerge un elemento particolare e determinante, cioè la fragilità nella duplice componente ambientale e sociale. Il territorio abruzzese, e con buona approssimazione anche quello italiano, offre una correlazione sostanziale fra ciascuna dimensione succitata, proprio attraverso la definizione

analitica delle fragilità. Su scala regionale, le fragilità sociali si rilevano dove le fratture urbane aprono fratture sociali, cioè nei territori più marginali e dunque deboli, quelli in cui la fragilità territoriale innesca fenomeni catastrofici i cui esiti di cambiamento devono poi essere affrontati e gestiti. In essi con fatica si innesca il fenomeno di resilienza (Crosta, 2017) se non c’è il sostegno esterno da parte delle politiche di governo. Si è innescata una resilienza co- evolutiva in relazione alla reazione spontanea delle comunità ad un primo cambiamento traumatico e alle misure di sostegno del governo; se ne conserva memoria nei tessuti sociali e si ripete nuovamente al verificarsi della catastrofe successiva (Salvatore, 2012). In sintesi, lo strumento urbanistico deve riorganizzarsi e arricchirsi di un nuovo insieme di dimensioni: clima, fragilità, interdisciplinarietà. Ad una idea di urbanistica parametrica occorre affiancare un metodo integrato, per cui lo spazio pubblico storico e contemporaneo sappia co-rispondere alle nuove esigenze contemporanee.

Figura 1 | Rappresentazione di una struttura sociale e dei sui legami, prima e dopo una catastrofe.

.

3 | Lo spazio pubblico: un cambiamento glocale

Un primo aspetto da affrontare su scala urbana sarà definire e comprendere quali fenomeni ambientali ne caratterizzano il micro clima (D’Olimpio, 2008), quali gli aspetti riferibili allo spazio pubblico e alla sua fruizione. In ciascun insediamento urbano gli specifici caratteri geomorfologici, distributivi e funzionali contribuiscono a delinearne gli specifici caratteri anemologici, igrometrici, di qualità dell’aria e di soleggiamento. L’integrazione di questi aspetti nelle analisi propedeutiche agli interventi di piano consente una progettazione consapevole ed un controllo efficace del confort urbano, ovvero un confort ambientale dello spazio pubblico. Introdurre correttivi ove si riscontrassero parametri insufficienti o condizioni micro-climatiche inadeguate (disconfort termico, cattiva qualità dell’aria, inquinamento acustico, isole di calore, fenomeni di degrado conseguenti), risulta fondamentale nell’analisi del sistema urbano o micro ambito di riferimento. Nel quadro conoscitivo occorre dunque integrare questi ulteriori aspetti (fig.2).

Poiché il contesto ambientale risulta essere mutevole ed incerto, la sua conoscenza non può che essere multidimensionale ovvero interdisciplinare, tran-scalare e dunque integrata. Di pari passo con la nostra tesi sulle nuove dimensioni dello spazio pubblico. La gestione e la progettazione della città e del territorio devono tener conto del progressivo adattamento climatico del sistema urbano, che riguarda non solo le strutture ma anche le comunità, in maniera iterativa, così come accade pure in caso di eventi catastrofici: da un lato cambiamenti progressivi, dall’altro improvvisi: per entrambi è lo spazio pubblico che diventa il luogo adattivo e co-evolutivo. Questo genere di risposta rappresenta il comportamento sociale resiliente co-evolutivo succitato. Il principio generale che ne consegue può essere allora così formulato: occorre applicare pianificazione e mitigazione per la sulla gestione-progettazione-controllo del territorio, occorre poi adattare le politiche sociali per misure utili alla resilienza. Questo concetto va utilizzato per intervenire sulle fragilità locali, non per eradicarle o eliminarle, bensì per farne una lettura analitica ed integrata, di tutela e di risanamento ove necessario. Misure proattive e reattive, sul tessuto urbano, sul tessuto sociale, sull’ambiente, per ridurre gli effetti catastrofici di cambiamenti, attraverso lo strumento della progettazione integrata. Si riduce la vulnerabilità, si aumenta la resilienza (Nese, 2013).

3.1 | Analisi dei casi studio, modelli sociali e pratica urbanistica

Nel paper vengono presentati i primi risultati riportati dalla lettura di quindici casi studio schedati: sono città che presentano differenze evidenti nei modelli urbani e in quelli sociali multiculturali, nelle tipologie di emergenze verificate, nelle dimensioni urbane. Ciascun caso viene rappresentato attraverso spazi pubblici contemporanei significativi. Ciascun caso ha in comune con l’altro la condizione risolta o in essere di un’emergenza ambientale e l’analisi di uno spazio pubblico coinvolto. Sono stati analizzati spazi pubblici provenienti da città differenti fra loro per origine storica e culturale, per contesto geografico e geomorfologico, per dimensioni urbane e popolazione, per modello sociale ed urbano. Le schede (fig. 3) restituiscono il quadro di riferimento per ciascuno spazio: ne emergono caratteristiche singolari per ciascuno di essi, che siano spazi singolari o di sistema. Poiché ciascuno di essi appare per ciò che effettivamente è, ovvero un unicum, risulta del tutto evidente che lo scopo della schedatura non è applicare un metodo comparativo. Ogni caso offre elementi propri di analisi e riflessione, che dipendono dalle scelte compiute sul territorio durante la loro progettazione e la sua gestione; ogni caso rappresenta una sedimentazione storica e in chiave contemporanea esso rappresenta il risultato dell’iterazione fra cultura urbanistica, scelta politica, modello sociale e ambiente. Da ogni caso, la lettura critica della scheda astrae e discretizza elementi significativi che una volta collezionati compongono un insieme complesso di dotazioni. La tipologia ricorrente di spazio pubblico, quella che al termine della rassegna rappresenta il minimo comun denominatore fra le differenze contestuali, risulta essere la strada. La strada presenta e rappresenta il mezzo attraverso cui gli spazi pubblici singolari compongono un sistema, rappresenta molto spesso l’unico spazio pubblico concesso e in altri lo spazio pubblico verso cui tendere, rappresenta lo spazio pubblico duale per eccellenza: oltre i modelli urbani e sociali.

Figura 3 | schema della scheda tipo

Dall’analisi dei sistemi di tali spazi, (fig.4) è chiara la necessità di affiancare, almeno per quanto concerne l’urbanistica italiana, un sistema di parametri qualitativi ad integrazione di quello costituito dagli standard. Socialità, sicurezza, multifunzionalità/temporaneità, dualità (Crosta, 2019) costituiscono le nuove dimensioni dello spazio pubblico, ovvero delle nuove centralità urbanistiche, con cui formulare quelle dotazioni in grado di rispondere alle esigenze contemporanee di comunità. Le nuove dimensioni integrano le principali emergenze della società contemporanea, fra cui naturalmente quelle legate ai rischi. Lo spazio duale, quello che rappresenta ed interpreta la duplice realtà della sfera pubblica/privata da un lato e quella del rischio/emergenza dall’altro, si concretizza attraverso interventi di piano e di progetto che tengano conto con-temporaneamente del rapido o improvviso mutare della situazione contingente: in regime ordinario, in regime emergenziale.

Figura 4 | Tabella di sintesi dei casi studio analizzati nella ricerca.

Dall’analisi dei casi, per quanto concerne la questione ambientale ovvero quella dei cambiamenti, emergono due metodi di piano che sono nei fatti due modelli di sviluppo: uno formale ed uno informale. Negli insediamenti in cui lo sviluppo viene da tempo codificato attraverso norme, protocolli e sistemi di pianificazione più o meno complessa, la risposta post catastrofe viene gestita in modo formale; ovvero segue un processo tipicamente strutturato in fasi di emergenza-post emergenza-ricostruzione. Tanto nel contesto formale che in quello informale, l’impatto che il cambiamento porta sulle strutture e sulle comunità è inevitabilmente legato alla vulnerabilità di entrambi: la capacità di reazione è un fattore dirimente sul recupero e la ricostruzione. Il passaggio da una logica

sviluppista verso una a lenta decrescita corrisponde all’adozione di un modello sostenibile. Ma nel modello di sviluppo

informale, l’urbanizzazione non programmata aumenta la vulnerabilità, non potendo applicarsi misure di prevenzione e mitigazione. Non esistono neppure i margini per poter procedere, ad emergenza iniziata, ad un tempestivo ricorso a misure proattive e reattive per la ricostruzione e resilienza. Quindi alla vulnerabilità strutturale si aggiungano le condizioni di vulnerabilità sociale, quelle situazioni cioè che nei casi studio sono chiaramente riferibili alle condizioni di fragilità: dove lo spazio pubblico non recupera la frattura urbana, si apre anche una frattura sociale che grava anch’essa sul quadro delle fragilità socio-economiche tipiche delle aree marginali e di basso sviluppo. L’obsolescenza e l’assenza di strumenti normativi, in ognuno di questi casi, ha generato il degrado e l’abbandono diffuso del territorio, nonché la mancanza di salvaguardia; le varie forme di abusivismo ne sono la rappresentazione plastica. Dalle queste ovviamente dipende l’aumento dell’esposizione al rischio: la questione ambientale va dunque riproposta sotto una nuova forma, ovvero quella dell’antropizzazione delle minacce di tipo naturale, ovvero di quelle aree soggette a forti rischi (sisma, esondazione, inondazione, valanga, incendio, etc.).

4 | Conclusioni. Sviluppare nuovi strumenti per la pianificazione

I cambiamenti, progressivi e istantanei, complessi e interferenti, comportano situazioni di stress dovute alle condizioni estreme tipiche dell’emergenza. Lo spazio pubblico va pertanto inquadrato all’interno di un disegno complesso generale che tenga conto delle dimensioni qualitative ulteriori, della prospettiva post-standard (fig.5) di innovazione che esse garantiscono, progettandolo con finalità multiple: la multifunzionalità, integrata con la dualità, la temporaneità, la sicurezza e l’accessibilità, ne garantisce la fruibilità proattiva, prima e dopo la calamità, in misure diverse; contribuisce alla mitigazione dei rischi e alla prevenzione; offre lo spazio urbano necessario all’esercizio della partecipazione, alla crescita collettiva, alla resilienza co-evolutiva. Per fare tutto questo serve spazio, serve progettare e recuperare spazi speciali, i cambiamenti li richiedono flessibili e sostenibili. Per fare questo è importante costruire un processo decisionale che coinvolga dal basso le comunità: la formazione e l’informazione sono strumenti di prevenzione e mitigazione fondamentali a livello sociale, ma anche funzioni base per la resilienza, che a sua volta garantisce un processo di ricostruzione sano, efficiente ed efficace perché condiviso. Tutto questo genera la consapevolezza sociale, ambientale ed ecologica: il processo partecipato ed integrato consente cooperazione, condivisione di obiettivi quali tutela e salvaguardia del territorio. Occorre ripesare l’approccio top- down, occorre favorire una maggiore interazione e cooperazione fra enti, attori pubblici e privati, fra ambiti disciplinari; e le figure dei tecnici che formulano misure di prevenzione e ricostruzione in modo da contribuire allo sviluppo di una resilienza evolutiva locale.

Figura 5 | Approccio post-standard.

Riferimenti bibliografici

Augè M. (1992), Nonluoghi, Eleuthera, Milano.

Baiani S., Valitutti A. (2013), “Resilienza del territorio e del costruito”, in Techne, n. 05, pp. 95-100. Berkooz C. (2015), “New Orleans Urban Water Plan”, in Planning, American Planning Association.

Chiodo E., Crosta Q., Salvatore R. (2017), “Agricoltura e rivitalizzazione delle aree montane. Il caso di L.A.N.D. (Laboratori per un’Agroecologia verso Nuove Direzioni) nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga”, paper presented at 11th Italian Conference on Environmental Sociology Proceedings.

Crosta Q. (2016), tesi di specializzazione in beni architettonici e paesaggio, Restauro di una Via Pubblica Romana nel

paesaggio rurale della Piana Amiternina, Università La Sapienza, Roma.

Crosta Q. (2017), “Claudia Nova and Amiternum landscape”, paper presented at Young Researcher’s Round Table, 9th International Summer School Awareness and Responsibility of Enviromental Risk, Sound and Soundscape: design for risk reduction.

Crosta Q. (2019) “Spazi pubblici e nuova centralità urbana”, in Abruzzo 2020, Quaderno 3, Sala Editori, Pescara.