Capitolo 2 SHARED READING E LE SUE IMPLICAZIONI NEL BAMBINO CON
2.3 Lo scopo della narrazione
2.3.1 Book sharing e lo sviluppo linguistico e cognitivo del bambino
Negli ultimi tre decenni, una gamma di studi si sono concentrati su come i bambini sviluppano la cognizione sociale, un costrutto teorico che comprenda abilità cognitive come la comprensione delle emozioni, dei desideri, credenze e altri stati interni, così come le abilità verbali e socio emotive (Carpendale et al., 2006). Come abbiamo visto nel capitolo precedente, lo sviluppo della cognizione sociale è stato studiato in relazione alla comprensione della Teoria della Mente e delle emozioni. La differenza fra le due teorie consiste che mentre la prima (ToM) riguarda la capacità di comprendere stati interiori come credenze e false credenze, la Teoria delle Emozioni (UE) coinvolge tutta una serie di abilità circa il riconoscimento e la comprensione dei propri stati affettivi ed emotivi e quelli altrui (Astington, Harris, Olson, 1999; Doherty, 2009).
Affinché il bambino possa sviluppare queste competenze è necessario che sia rinforzato da un supporto genitoriale che gli permetta di sviluppare capacità linguistiche strettamente legate a quelle cognitive utilizzando uno strumento interessante, che è appunto la lettura condivisa (Page et al., 2010). Gli scambi che avvengono nella comunicazione tra madre e bambino, hanno una lunga storia. A partire dai 3 mesi di vita i bambini iniziano a produrre dei suoni che ricordano il tubare dei colombi, e intorno ai 6-7 mesi questi suoni diventano sempre più sistematici. Il ruolo in questo caso dei genitori è quello di attribuire significati differenti ai tipi di vocalizzazioni del bambino. Un esempio possono essere le vocalizzazioni acute o con intenzione ascendente, che vengono considerate generalmente come inviti a giocare; mentre le vocalizzazioni con toni vibranti e senza variazioni di intonazione vengono percepite come richieste insistenti (Gros-Louis et al., 2006).
Quando gli adulti si rapportano ai piccoli però istintivamente utilizzano un particolare linguaggio diretto, ovvero “baby talk”. Questo linguaggio, anche detto Infant Directed Speech-IDS, possiede una serie di caratteristiche che vedono le frasi generalmente brevi, vengono ripetute spesso e sono pronunciate con una voce più acuta di quella abitualmente usata quando si conversa con un adulto.
Quando viene utilizzato il “baby talk” i bambini sono in grado di riconoscere le parole, di
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distinguerle all’interno di un flusso del parlato e di imparare ad abbinarle ai suoni linguistici con altri tipi di stimoli (Apel et al., 2001). Questa sensibilità da parte dei genitori per lo sviluppo linguistico è strettamente connesso con lo sviluppo cognitivo del bambino, in quanto i genitori per migliorare lo sviluppo dei loro bambini devono assecondare non solo i loro interessi, ma anche incoraggiarli, attraverso la descrizione e il commento delle loro azioni, nominando chiaramente l’oggetto di attenzione del bambino (Tamis-LeModa et al., 2001).
Filosofi, psicologi, da sempre si sono interrogati su come i bambini riescono ad apprendere il significato delle parole. “Il linguaggio è costruito da simboli condivisi socialmente… e il bambino è immerso sin dalla nascita in un mondo sociale che diventa sempre più articolato, definito, simbolico, sistematico. In quest’ottica il linguaggio è uno dei sistemi culturali” (Nelson, Kessler Shaw, 2002, pag. 27). Il linguaggio, infatti, investe fin da subito tutte le routine e le attività in cui il bambino è coinvolto. È attraverso il linguaggio che essi apprendono oltre le capacità di narrare e organizzare le proprie memorie, anche un sapere circa le modalità per raccontare la propria esperienza (Bruner, 1990).
L’idea di base però non è che è il linguaggio di per sé che consente al bambino la costruzione di uno spazio interno, ma è con l’esperienza comunicativa, con la presenza del caregiver e, la rappresentazione di se stesso, che il bambino man mano si costruisce come persona. A questi fattori interconnessi tra di loro si aggiungono anche le relazioni di attaccamento, che regolano di conseguenza la relazione affettiva e il rivolgere su se stesso la capacità di “mindreading”.
Ovviamente in tale processo un ruolo importante è rivestito dal linguaggio, in quanto sono le tappe stesse delle abilità linguistiche, via via sempre più complesse e raffinate, le fasi della capacità della narrazione da parte del bambino; tappe che ripercorrono a sua volta le fasi dello sviluppo cerebrale (Guerini et al., 2015).
Oggi disponiamo di molte conoscenze sull’elaborazione del linguaggio nelle prime fasi di vita del bambini, e su come essi siano predisposti fin da piccoli a rilevare le regole e le strutture del linguaggio, nonché il loro rapporto con il mondo in cui vivono. Entra così in gioco il ruolo attivo della lettura condivisa per apprendere queste conoscenze, utile per lo sviluppo di abilità linguistiche di pre-alfabetizzazione, di preparazione alla lettura e scrittura (Rollo, 2015).
Il contattato con il materiale narrativo e con i libri di storie, è un’esperienza sempre più precoce per il bimbo che vive in una società alfabetizzante, infatti fin dai primi anni il bambino si trova coinvolto nel mondo delle narrazioni, d’altra parte “leggere le storie insieme o il raccontare storie sono modalità di interazione con il bambino abbastanza ricche di potenzialità” (Rollo, 2015, pag.
342).
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In genere i libri per bambini possiedono alcune caratteristiche fondamentali che li rendono particolarmente adatti per l’apprendimento del linguaggio. Innanzitutto la categoria dell’ambiente, che si trova all’inizio di ogni narrazione, aiuta a contestualizzare l’azione che viene narrato a livello spazio-temporale (Bruner, 1990). I libri più semplici mostrano successivamente in ciascuna pagina un solo elemento, o al massimo un numero limitato di personaggi senza dettagli elaborati sullo sfondo che potrebbero creare confusione sulla natura del tema principale. Questi libri ripetono lo stesso tema per parecchie pagine attraverso l’illustrazione di scene nuove, che differiscono solo leggermente dalle precedenti in alcuni dettagli, ma mantenendo sempre lo stesso contenuto di sfondo. La ripetizione inoltre di elementi con piccole variazioni aiuterebbe il bambino a farsi un’idea circa le caratteristiche distintive del soggetto in questione (Bus et al., 1997). Si tratta di un aspetto fondamentale per lo sviluppo cognitivo, perché così facendo l’immagine essendo simile all’oggetto reale, nelle caratteristiche essenziali (non essendo tuttavia l’oggetto vero e proprio) può avere una funzione di “opportunità” per passare dall’esperienza diretta e immediata del mondo ai suoni arbitrari e appresi delle parole impiegate per rappresentarlo (Moerk, 1985).
La categoria dell’ambiente che si trova all’inizio di ogni narrazione aiuta a contestualizzare l’azione che viene narrata a livello spazio-temporale, e le immagini di questi libri sono molto costruttivi per imparare nomi circa gli aspetti mutevoli del mondo come azioni o espressioni emotive, che possono essere difficili da notare ed elaborare per un bambino molto piccolo. Attraverso i libri il bambino si accinge a guardare per tutto il tempo quelle figure che mostrano aspetti essenziali di tali eventi, tornandoci sopra ogni volta che ne sente il bisogno. È attraverso la lettura condivisa che il bambino viene aiutato a comprendere e sviluppare concetti sempre più complessi, come la causa di un evento, le intenzioni dei personaggi (es. un topolino che scappa da un gatto) oppure le ragioni alla base delle diverse emozioni (un bimbo che ha un’espressione felice quando viene abbracciato) (Ninio, 2005). Queste abilità presuppongono a loro volta la capacità di svolgere determinate attività che pur essendo semplici non avvengono in maniera naturale, ma devono essere apprese nel corso del tempo, ad esempio come si tiene un libro, come si girano le pagine, oppure il concetto che nella nostra cultura si legge da sinistra verso destra, o le formule tipiche del testo narrativo (“C’era una volta..”, “e vissero felici e contenti”) e così via (Fletcher et al., 2005).
Inoltre all’interno della narrazione ci sono diversi episodi, ovvero gli avvenimenti che accadono al protagonisti. Questi si caratterizzano per un determinato coinvolgimento emotivo ed affettivo del lettore/ascoltatore, e dato che queste azioni sono accompagnate dalla descrizione dei vissuti del protagonista, il soggetto può identificarsi (Bruner, 1990).
Le storie narrate vedono una sequenza di eventi che riguardano:
• l’evento iniziale, che da via allo svolgimento
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• i tentativi, l’insieme degli sforzi e di azioni volte al proseguimento dell’obiettivo finale;
• le conseguenze di tali azioni;
• la reazione che chiude la storia con l’esito preferibilmente positivo.
Sono storie queste caratterizzate da uno schema ideale che influisce inevitabilmente sulla struttura dei ricordi e soprattutto sul processi di comprensione (Bruner, 1990).
Secondo Levorato (2000) la lettura o l’ascolto diverte il bambino per diversi motivi, in quanto attiva diversi processi che riguardano ad esempio cui il riconoscimento di situazioni familiari, il piacere di vivere situazioni rassicuranti, l’identificazione empatica, l’acquisizione di conoscenze e il piacere della ripetizione o della lettura stessa.
Si è sempre più favorevoli alla lettura dei libri poiché è in queste situazioni rispetto ad altre, che si verificano più frequentemente periodi prolungati di attenzione condivisa e la conversazione su pensieri, emozioni, intenzioni dei personaggi consentono a loro volta di prevedere la capacità del bambino di comprendere l’esperienza dell’altro. Questo tipo di intervento è molto importante perché i genitori non sempre realizzano questi spazi di lettura del libro insieme ai propri figli nella maniera più utile, ossia secondo l’approccio dialogico che si cela dietro questo tipo di attività. Varie ricerche (Mol et al., 2008) dimostrano infatti come siano positivi i risultati quando sono i proprio i genitori, e non altre persone, a fornire il sostegno necessario durante la lettura.
Nell’ottica dello sviluppo infantile, “la narrazione è una sorta di trait d’union che collega il bambino, che ascolta storie, a quello che le racconta, il bambino che le ascolta dalla madre a quello che le usa per ricordarsi vissuti o per parlare di sé” (Rollo, 2015, pag.342) e in mezzo troviamo il libro con le sue caratteristiche (Fletcher et al., 2005).