L’immagine del bimbo rapito da una mano misteriosa che sbuca all’improvviso dal nulla è da sempre presente negli incubi di ogni madre. Oggi sono mani di zingari, ieri i colpevoli erano gli ebrei. In entrambi i casi sono sospetti che si insinuano nella mente delle persone tramite racconti e superstizioni popolari che diventano veri e propri miti. Nei paragrafi precedenti si è parlato del vampiro folclorico e di come questo fosse, secondo Braccini, un modo per spiegare alcuni fenomeni biologici altrimenti impossibili da capire per un popolo ignorante. Questo è anche quello che avviene quando idee senza fondamento attecchiscono tra la gente, mettendo radici quasi impossibili da sradicare. Quando la paura sposa l’ignoranza genera solo stupidità e violenza.
“Un braccio uscì dalla porta e trascinò dentro il figliuolo…” con questa frase inizia Masse e
potere104 di Elias Canetti; l’autore prende spunto da alcuni resoconti che avevano come oggetto il
rapimento di bambini, rapimento di cui erano considerati colpevoli uomini ebrei.
<< L’uomo teme più d’ogni altra cosa d’esser toccato dall’ignoto. Vogliamo vedere ciò che si protende dietro di noi: vogliamo conoscerlo o almeno qualificarlo. La paura dello scassinatore non è solo rivolta alle intenzioni di rapina, ma è anche timore di un qualcosa che d’improvviso, inatteso, si protenda dal buio. La mano configurata ad artiglio riappare sempre come simbolo di quel timore… >>105.
Questa mano configurata ad artiglio spesso è attribuita agli ebrei che sono considerati diversi e quindi estranei, sconosciuti e ignoti. Jesi nota come la mano dell’ebreo è spesso rappresentata come unghiuta e sottile, è la mano di un usuraio pronta ad afferrare il denaro e a dissanguare le sue vittime; proprio come quella di un <<macellaio>> o di uno <<scannatore106>>. Così per molto tempo
gli ebrei sono stati visti dai cristiani, accusati di essere tutti degli usurai senza nazione, in giro per il mondo ad arricchirsi e accumulare denaro e metterlo da parte per i loro piani loschi. Insomma, non solo un pericolo per il singolo che incappava nei loro inganni ma anche per la società tutta, poiché erano visti da alcuni come dei cospiratori. Un certo alone di mistero aleggia intorno alla figura dell’ebreo, complice anche l’accusa da parte della chiesa (di una parte per lo meno) di aver crocifisso Gesù Cristo. A questa accusa si unisce la mancanza di un’identità precisa, di una patria comune in cui riconoscersi. Una delle caratteristiche da sempre attribuite alla popolazione ebraica è la capacità di integrarsi nelle altre culture, di fare del mondo la propria casa e non un semplice posto. Il pregiudizio dell’ebreo ricco e avaro, meschino e cattivo, difficilmente riconoscibile perché integrato perfettamente in un paese che non è il suo si diffonde in tutta Europa e il germe antisemita comincia
104 E. Canetti, Massa e potere, trad. it. Rizzoli, Milano 1972, p. 11, in Furio Jesi, L’accusa del sangue. La macchina mitologica antisemita, Bollati Boringhieri, Torino 2007, p. 35.
105 Ivi. 106 Ibid., p. 36.
40 a propagarsi. Non c’è un avvenimento o una circostanza precisa che crea insofferenza verso questa gente, sicuramente motivi religiosi e politici si fondono e diventano l’uno l’arma dell’altro. L’ebreo, dunque, era malvagio per natura, diverso dai cristiani, per aver commesso il più terribile degli omicidi, e per questo selvaggio. Il selvaggio che contraddistingue gli ebrei, però, non è lo stesso che contraddistingue gli uomini neri perché non solo in questi ultimi la diversità è visibile ma è vista come inferiorità e quindi non temibile. Il selvaggio degli ebrei, invece, pur avendo una parvenza di
civiltà107, ha a che fare con la crudeltà, racchiude in sé un che di demoniaco e di malvagio; selvaggi
non perché inferiori ma perché astuti e cattivi, in grado di nascondersi tra la gente comune -poiché non riconoscibili - per poi rovinarla.
La storia da cui Canetti prende spunto per iniziare il suo libro è datata al 1891 e ambientata nella Prussia renana. La trama è molto simile a quella di infiniti i casi avvenuti in Europa e distribuiti in un arco temporale molto ampio, basti pensare che uno dei più noti è accaduto nel 1475 a Trento, in Italia. Queste storie dalla trama simile ruotano intorno a due temi, quello dell’omicidio rituale e quello dell’accusa del sangue, che rivolte agli ebrei indicano la stessa cosa. Con omicidio rituale108
si intende l’uccisione di una persona (o in questo caso specifico l’utilizzo del sangue della vittima) per scopi religiosi o magici. A proposito dell’accusa del sangue, invece, Furio Jesi scrive:
<< Accusa del sangue è l’espressione ebraica che da quasi mille anni a questa parte gli ebrei furono costretti ad imparare. Essa designa ellitticamente l’accusa, rivolta contro gli ebrei, di usare il sangue dei cristiani come ingrediente dei cibi e delle bevande prescritti per le feste pasquali109. >>
Quindi gli ebrei venivano accusati di assassinare nel periodo di Pasqua uomini cristiani, preferibilmente bambini, e di utilizzare il loro sangue per l’impasto del pane azzimo. Questo è quello che accade a Trento nel 1475 e che accadrà a Damasco nel 1840, circa quattrocento anni dopo. Entrambi gli episodi sono stati cruciali per il popolo ebraico e per la crescita dell’antisemitismo. Il caso di Trento è quello che tra i due rappresenta meglio la tipologia di omicidio rituale attribuito agli ebrei in quanto presenta dei punti fissi che solitamente si ripetono quando si fa questo tipo di accusa. Innanzitutto, la vittima è un bambino innocente, che viene rapito sotto ricompensa, e l’esecutore del delitto è un uomo adulto, che ha il compito di infilzare la vittima con degli spilli affinché questa si dissangui e, dopo aver raccolto il sangue, utilizzarlo per l’impasto del pane. Simone è il nome del bimbo di due anni e mezzo che viene rapito a Trento la sera del giovedì santo. La domenica di Pasqua il cadavere del bimbo viene ritrovato nei pressi di un’abitazione che ospitava
107 Ibid., pp. 33-4.
108 Massimo Introvigne, Cattolici, antisemitismo e sangue. Il mito dell’omicidio rituale, SugarCo, Milano 2004, p. 11. 109 Furio Jesi, L’accusa del sangue. La macchina mitologica antisemita, p. 3.
41 una quindicina di ebrei, i quali furono immediatamente accusati della sua morte. Gli imputati furono torturati per mesi. A due di loro fu concessa la decapitazione prima di essere bruciati110, una morte
molto simile a quella che toccava ai vampiri. Quattrocento anni dopo, a Damasco, avvenne una storia simile: sedici ebrei accusati di vampirismo rituale. Gli accusati saranno sempre uomini adulti ed ebrei ma la vittima questa volta non è un bambino bensì un missionario cappuccino, frate Tommaso. Il frate sparisce insieme ad un suo servo e secondo alcune testimonianze prima di sparire si sarebbe diretto presso il quartiere ebraico della città. L’indagine si sposta da subito in questo quartiere dove un barbiere viene accusato e incarcerato. I sospetti ricadono su di lui a causa di un cartello che padre Tommaso avrebbe attaccato sulla porta della sua bottega che risultava messo in modo diverso rispetto agli altri, sparsi nelle varie chiese. Il fatto che il barbiere riconoscesse bene il tipo di ostie utilizzate per appiccicarlo avrebbe insospettito il capo della polizia. Questa l’unica motivazione per cui il barbiere ebreo viene incarcerato, torturato molteplici volte fino a che, stremato, confessa il presunto rapimento e omicidio e coinvolge altri sette ebrei, tra cui un rabbino. L’accusa è sempre la solita, dissanguare il frate cristiano per utilizzare il suo sangue. Anche gli altri ebrei arrestati, tutti mercanti molto ricchi, vengono torturati e sottoposti al supplizio del sonno. Nel frattempo, il servo di uno degli accusati, in cambio della libertà, racconta che il frate è stato scannato, il suo sangue fatto colare in un contenitore (da usare poi per il pane), fatto a pezzi e i suoi resti gettati in una fognatura. Tali resti vennero ritrovati e fatti analizzare da alcuni medici chiamati dal console di Francia (la Francia difendeva la cristianità in oriente): non c’erano dubbi, appartenevano a padre Tommaso. Intanto il processo di Damasco aveva avuto risonanza anche in Europa: sedici ebrei incarcerati, due morti prima della sentenza, quattro graziati per aver fornito delle prove e dieci condannati a morte111. Questo fece sì che due delegati degli ebrei europei,
Crémieux e Montefiore, giungessero ad Alessandria d’Egitto per indagare sulla questione. Le prove estorte con la tortura, l’importanza sociale dei due delegati e il loro atteggiamento antiturco112
convinse il viceré d’Egitto Mehmet Alì a concedere la libertà agli accusati. Successivamente a novembre dello stesso anno, entrato in crisi il potere di Mehmet Alì sulla Siria << il ministro degli affari esteri della Sublime Porta, Rescid Pascià, consegnava a Costantinopoli a sir Moses Montefiore un firmato in cui il sultano Ab del-Megid smentiva formalmente le accuse contro gli ebrei di vampirismo rituale e ordinava ai suoi funzionari di proteggere da queste calunnie e dai relativi
110 David I. Kertzer, I papi contro gli ebrei. Il ruolo del Vaticano nell’ascesa dell’antisemitismo moderno, Rizzoli, Milano
2002, p. 164.
111 Furio Jesi, L’accusa del sangue. La macchina mitologica antisemita, pp.9-15. 112 Ibid., 16.
42 pericoli i sudditi ebrei dell’impero ottomano >>113. Naturalmente se almeno da un punto di vista
formale la vicenda era risolta, nel cuore di molti cattolici la smentita di un infedele non aveva molto valore. Tanto che venti anni dopo, nel 1860, ci fu una terribile strage di cristiani a Damasco che venne attribuita <<al perfido governo turco per mezzo dei Drusi inizzati dagli ebrei 114>>. Queste
parole sono state scritte da un anonimo religioso autore del Breve compendio della vita del P.
Tommaso della Sardegna in cui si parla per l’appunto della vita del frate scomparso a Damasco. Il
sospetto e il rancore antisemita era ancora molto forte e la chiesa non prese nessuna posizione nei confronti dei suoi esponenti che accusavano gli ebrei di omicidio rituale115. David Kertzer, nel suo
libro I papi contro gli ebrei. Il ruolo del Vaticano nell’ascesa dell’antisemitismo moderno, mette in
evidenza proprio questo aspetto sostenendo che la chiesa ha ammesso sì di andare contro l’antigiudaismo, quindi contro la religione ebraica, però alcuni documenti storici dimostrano invece come si può parlare di antisemitismo, perché promuove << un’immagine negativa degli ebrei in campo sociale-economico-culturale e politico116 >>. Secondo Kertzer coloro che più di tutti
diffondevano storie sugli ebrei erano i frati francescani e domenicani che appartenevano alla classe mercantile e, in un’epoca dove l’abito non faceva per nulla il monaco, vedevano negli ebrei una minaccia alla loro economia. Fu proprio un francescano, Bernardino da Feltre, che direttosi a Trento annunciò che una terribile catastrofe si sarebbe abbattuta sulla città a causa degli ebrei. Siamo nel 1475, l’anno in cui viene rapito e ammazzato il piccolo Simone. Questo processo, come quello di Damasco, fu manipolato in modo da incolpare gli ebrei arrestati, torturandoli e portandoli ad una confessione forzata che era già stata scritta. In entrambi i casi le vittime potrebbero rappresentare una Imitatio Christi, nel caso di Trento perché si tratta di un bambino innocente, nel secondo perché si tratta di un sacerdote; entrambi comunque erano cristiani e il loro sangue è stato sacrificato dagli ebrei per i loro riti religiosi. Fin dal medioevo l’accusa del sangue aveva marchiato gli ebrei, denigrandoli da un punto di vista religioso e sociale. A questo si aggiungono motivazioni economiche e morali che vedevano nell’ebreo il malvagio, l’usuraio e il corruttore.
Per molto tempo gli ebrei furono esclusi dalla città e appartati nei ghetti. In Europa bisogna distinguere due casi: quello della Russia e quello dell’Europa occidentale. In Russia gli ebrei sono sottoposti ad una violenta discriminazione. Vivono in una situazione di povertà, con le leggi svantaggiose e con continui attacchi da parte del clero ortodosso. Il governo zarista vieta loro
113 Ibid., pp. 16-17. 114 Ibid., p. 20. 115 Ibid., p. 28.
43 l’ingresso a Mosca o a San Pietroburgo e nel 1835 viene creato il Distretto di insediamento, che comprende la Polonia russa, la Lituania, La Bielorussia e l’Ucraina, l’unica area in cui agli ebrei è consentito abitare. Alla fine dell’Ottocento la situazione peggiora a causa della presenza di molti ebrei tra i militanti dei movimenti antizaristi. Questo non fa che aumentare l’odio contro la comunità, incoraggiato anche dal governo. In questa atmosfera avvengono diversi attacchi nei confronti della comunità ebraica, i così detti pogrom. Data l’insostenibilità della situazione, molte famiglie decidono di emigrare dalla Russia agli Stati Uniti; qui gli ebrei trovarono eguaglianza giuridica, integrazione sociale, ascesa culturale e professionale senza dover rinunciare alla propria fede religiosa117.
In Europa occidentale la situazione è diversa. Tra il Settecento e l’Ottocento tutte le comunità ebraiche attraversarono un processo di emancipazione118, con tempi e modi diversi gli statuti
differenziati vengono aboliti. Agli ebrei viene revocata la reclusione nei ghetti, riconosciuta la piena mobilità geografica e residenziale e tutte le opportunità che appartenevano alla società occidentale sono aperte anche a loro. Il processo di emancipazione inizia nella Francia rivoluzionaria nel 1790- 91 e si sposta in Regno Unito, dove nel 1833 gli ebrei possono essere eletti alla camera dei comuni, svolgere funzioni pubbliche e essere nominati Lord (1858). Per quanto riguarda l’Italia l’emancipazione risale al 1848 e avviene nel Regno di Sardegna, diffondendosi su tutta la penisola dopo l’unità. Negli successivi l’emancipazione arriverà anche in Austria-Ungheria e nella Prussia.
Nonostante l’abolizione delle leggi razziali a livello giuridico, come abbiamo visto l’antisemitismo era un sentimento ancora molto diffuso. In alcuni casi, anzi, questi processi hanno riacceso l’ostilità contro gli ebrei riportando a galla motivazioni di moda nel medioevo, quali l’accusa di aver ucciso Cristo o l’accusa del sangue contro vittime cristiane. Un altro elemento su cui l’odio antisemita poneva le basi era il discorso nazionalista. La comunità ebraica era accusata di favorire la pratica dei matrimoni intracomunitari, ossia tra un ebreo e un’ebrea. Questo atteggiamento è tipico di qualsiasi società o gruppo sociale poiché si tende a frequentare persone dello stesso ambiente; nel caso degli ebrei, però, ciò era visto come una minaccia. Anche i rapporti che le comunità ebraiche stabilivano tra di loro da una città, o da un porto, all’altra non venivano visti di buon occhio, tanto che ci si chiedeva se gli ebrei non fossero una nazione dentro una nazione119. Nel
1894, in Francia, ha luogo un grave episodio di antisemitismo. Alfred Dreyfus, un capitano di
117 A. M. Banti, L’età contemporanea. Dalle rivoluzioni settecentesche all’imperialismo, Editori Laterza, Bari 2009, p.
457.
118 Ibid., p. 458. 119 Ibid., p. 459.
44 artiglieria ebreo, fu accusato di aver passato dei documenti segreti all’esercito tedesco. L’accusa era totalmente infondata ma il processo ebbe un notevole impatto mediatico. Da un lato la stampa liberale e socialista francese che difendeva Dreyfus e dall’altro il movimento nazionalista e monarchico dell’Action Française che accusava insieme a lui l’intera comunità ebraica. In questi anni, e in questo clima, comincia a circolare un altro mito antisemita che dalla Russia si diffonde in Francia, i Protocolli dei saggi anziani di Sion, un falso storico che attesterebbe l’esistenza di una società ebraica segreta pronta a mettere in atto una congiura. Una parte dell’opinione pubblica francese prese sul serio questi documenti e anche dopo l’assoluzione completa di Dreyfus, nel 1906, le accuse agli ebrei di spionaggio e complottismo non si placarono. Oltre che come nemico religioso l’ebreo veniva visto ora come un pericoloso sovversivo, come il nemico che dall’interno voleva rovesciare gli equilibri della nazione. Quello che accadde dopo rimane egualmente impressionante ma sicuramente tutte queste leggende intorno alla popolazione ebraica contribuirono a renderlo possibile.
La figura dell’ebreo diventa simbolo del cristianesimo rovesciato e in letteratura dell’errante e del tentatore a cui vendere l’anima, quasi come un demonio. Il satanismo che aleggia intorno a questa figura, il modo in cui viene percepito dalla società, il timore che genera e l’accusa di ematofagia rendono possibile l’associazione tra l’uomo ebreo e il vampiro. Furio Jesi ha cercato di fare proprio questo, ossia << mettere in relazione in modo sistematico l’accusa del sangue e la credenza nei vampiri, collegando entrambe ai timori che provengono dalle stesse ragioni profonde dell’immaginario collettivo120 >>. Anche nelle caratteristiche fisiche, nella mano sottile e configurata
ad artiglio, nel naso aquilino e nel viso scarno, vampiro ed ebreo sembrano assomigliarsi. Se a
queste aggiungiamo l’inclinazione a dissanguare le loro vittime per cibarsi di sangue il gioco è fatto: l’ebreo diventa il nuovo vampiro. Nina Auerbach sostiene, in Our vampires, ourselves121, che il
concetto di vampiro è un concetto in continua evoluzione, tanto che non abbiamo più paura di una figura esterna che minaccia la nostra vita ma sono le nostre stesse paure che prendono forma e diventano il vampiro. Questo è quello che accade con gli ebrei, la paura della minaccia ebraica, religiosa ed economica, li trasforma in vampiri. Proprio come i vampiri anche gli ebrei non hanno una nazione precisa, sono degli uomini costantemente in viaggio, vivono nella società europea ma sono pur sempre distinguibili dal loro accento e dalla loro fisionomia, sono molto ricchi e pieni di soldi in contanti. Gelder nota una somiglianza molto profonda tra il conte Dracula, creato da Stoker,
120 Massimo Introvigne, Cattolici, antisemitismo e sangue. Il mito dell’omicidio rituale, p. 71. 121 Nina Auerbach, Our vampires, ourselves, University of Chicago Press, Chicago 1995.
45 e lo stereotipo dell’ebreo. Questa somiglianza, come già detto per il vampiro in generale, è sicuramente fisica ma c’è qualcosa in più. Dracula non è posizionato in un arco spaziale e temporale ben definito, la sua origine e la sua storia sono misteriose e incerte, è animato da un senso di non appartenenza, lo stesso che viene attribuito agli ebrei: <<da dove vengono?>>. Come gli ebrei, isolati nei ghetti, anche lui vive appartato in un castello e, pur essendo molto simile agli uomini, il suo accento straniero lo tradirà sempre. Inoltre, come il conte anche l’ebreo deve essere limitato nei suoi spostamenti, perché si muove troppo facilmente tra le nazioni e, soprattutto, sposta con facilità il suo capitale. Qui in particolare l’associazione con Dracula viene spontanea perché il conte sente l’esigenza di spostare la sua influenza verso altri territori - chiederà per questo aiuto a Jonathan Harker - e con lui porterà casse piene di denaro proveniente da ogni paese. Sempre secondo Gelder il Dracula di Stoker ha risentito molto dell’atmosfera antisemita che si respirava a Londra e in Irlanda, dove la presenza di ebrei era percepita come invasione che stava avvelenando il sangue londinese122. Basti pensare che uno dei personaggi negativi del romanzo, Immanuel Hildesheim, che
aiuterà Dracula a fuggire in cambio di soldi, è descritto come un ebreo da manuale:
<< Abbiamo trovato questo Hildesheim nel suo ufficio: era un tipico ebreo da manuale, con un naso da pecora e in testa un fez. Tutti i suoi discorsi erano vagamente ispirati a questioni di soldi123 >>.
Non associare queste due figure è quasi impossibile come impossibile è credere che si tratti solo di coincidenze. Tra l’Ottocento e il Novecento i vampiri diventano reali perché l’uomo trasforma tutte le sue paure in vampiri che si manifestano sotto forma di ebrei. I vampiri ebrei devono essere controllati, riconosciuti e isolati e anche la punizione data a coloro che erano stati accusati di vampirismo rituale sarà simile a quella inflitta ai vampiri: decapitazione e rogo.
122 Ken Gelder, Reading the Vampire, p. 15. 123 Bram Stoker, Dracula, p. 490.
46