Il trattamento inflitto al corpo della povera Carmilla è un riflesso della società ottocentesca che si rivela sempre più misogina. La donna si trova in una posizione subordinata rispetto all’uomo, sottomessa al marito e reclusa nel ruolo di moglie e madre. In un mondo stravolto dai cambiamenti sociali e politici e dalla rivoluzione industriale alla donna spetta il compito di rassicurare l’uomo per lo meno nella vita privata. L’uomo borghese, dopo il duro lavoro della giornata, sente il bisogno di tornare a casa e trovare un’atmosfera calda e familiare e una donna pronta ad accudirlo e compiacerlo. Mario Praz ci presenta un quadro perfetto della situazione scrivendo a proposito delle
Vision of Love di Thomas Love Peacock:
<<L’inverno al caldo del focolare evocheranno il tempo in cui egli la corteggiava, i suoi “angelici rossori”, i suoi timidi sorrisi, il muto linguaggio dei suoi occhi; leggeranno insieme i poeti in ordine cronologico: Omero, Virgilio, Shakespeare, Milton, Gray, Ossian. Lei sonerà l’arpa, avranno degli amici, lei farà opere di beneficenza, visiterà la vedova e l’orfano: e la visione della vita coniugale si sviluppa panoramicamente, come in un almanacco illustrato per le dame. Si raffredderà col tempo l’ardore della passione, ma resterà la mutua stima; e quando saran maturi i tempi, i coniugi si ritroveranno nella dimora dei giusti.>>186
La donna-angelo fa nuovamente il suo ingresso; pudica, discreta, altruista e amorevole è pronta non solo ad allietare le fatiche dell’uomo ma anche ad ergersi come emblema della moralità. Questo modello di donna diffuso da saggi, letteratura di consumo e iconografie di moda porta anche alla creazione di nuovi canoni di bellezza. Una donna dalla carnagione pallida, esangue, all’apparenza debole ed esile è la nuova icona femminile delle classi elevate. La donna per essere accettata deve sentirsi, e sembrare, costantemente malata, propensa all’anoressia e con frequenti emicranie. Dijkstra sottolinea come questo tipo di mode vogliano imporre modelli femminili deboli incapaci di intaccare, o anche solo minacciare, l’autorità maschile. L’uomo così è rassicurato nel suo ruolo di capo famiglia, l’unico in grado di provvedere e di proteggere la moglie e i figli. Un atteggiamento di questo tipo ha in sé una forte componente misogina:
<<La moglie borghese del tardo periodo vittoriano, così mitizzata, era la vera personificazione del dolce far niente, di quella svogliata indolenza, propria di una creatura la cui essenza, se non fosse stato per i suoi compiti di servire da ornamento o di generare, non avrebbe avuto alcun significato>>187
Questa visione dell’universo femminile se da un lato risulta umiliante, dall’altro fa sì che alcune donne prendano consapevolezza della loro situazione e dei loro diritti. Con le lotte femministe che hanno inizio negli anni sessanta dell’Ottocento negli USA e in Gran Bretagna , le donne chiedono pari dignità dell’uomo nel lavoro, nelle università, nella politica e in qualsiasi altro ambito sia privato che sociale. L’ideale di perfetta sposa borghese è fortemente criticato dal nuovo tipo di donna che
186 M. Praz, La crisi dell’eroe nel romanzo vittoriano, cit., pp. 82-3, in S. Melani, L’eclissi del consueto, p. 91. 187 A. M. Banti, Le questioni dell’età contemporanea, Edizioni Laterza, 2010, pp. 145-46.
68 si sta sviluppando, sicuramente più sicura di sé sia come donna che come persona. È in questo momento che, accanto a figure femminili verginali, farà ingresso la femme fatale. Aggressiva, malvagia, spregiudicata e libidinosa la nuova donna è una minaccia per l’identità maschile e per questo deve essere annientata. In letteratura, come già visto, si guarda al passato e all’oriente per prendere nuovi modelli femminili forti e crudeli. Ritorna sulla scena l’infanticida Medea, la crudele Salomè e la lussuriosa Cleopatra, tutte e tre emblemi della donna fatale.
Ken Gelder scrive che <<ogni secolo ha i suoi vampiri>> e questo concetto viene ripreso anche da Nina Auerbach che sottolinea l’importanza di questa figura poiché è specchio delle paure di un popolo, di un periodo o di una cultura. Nell’Ottocento diversi cambiamenti soprattutto sociali, causati dalla rivoluzione industriale, turbano l’Europa. La classe borghese che si oppone ormai alla nobiltà, la nascita di una classe operaia, e, infine, la presa di coscienza della donna che rifiuta il ruolo di “angelo del focolare” per il raggiungimento di una propria indipendenza economica, politica e anche sessuale. Abbiamo già visto come sia il romanzo di Polidori che quello di Stoker siano uno specchio delle paure coeve e lo stesso vale anche per Carmilla. Sandro Melani nella sua analisi di Carmilla riporta l’opinione di Caillois sul romanzo fantastico:
<<Il fantastico sostituisce il fiabesco nel momento in cui non è più possibile credere al meraviglioso e al miracoloso, nel momento in cui la scienza ha bandito il soprannaturale dal reale, creandone la loro insanabile antinomia, con l’inevitabile conseguenza che la sua ricomparsa, proprio in quanto violazione, può apparire terrificante e misteriosa, mentre nel mondo della fiaba, anche in presenza della paura, non c’è nessun senso di mistero, dato che l’ordine naturale delle cose non ha subito nessun sovvertimento. In altre parole, per potersi manifestare il fantastico esige l’incredulità di un mondo e di un ordine razionalistici nei confronti dei quali esso si presenta allora come una forma di reazione compensatoria alle inadeguatezze di un sistema rigorosamente logico, scientifico, rigidamente strutturato in precise gerarchie, immutabile e preordinato, rispecchiando nello stesso tempo i timori e gli ambigui desideri – più o meno latenti, più o meno consapevoli – di un’epoca intera, quei desideri o timori che hanno bisogno di essere in qualche modo appagati od esorcizzati attraverso un esercizio vicario. Attraverso il fantastico, quindi, una società dà libero sfogo, tenendoli sotto controllo, a quegli impulsi che vanno neutralizzati per la salvezza e la continuità del sistema sociale e culturale e dell’ordine istituzionale a cui appartiene e su cui si basa la sua stessa sopravvivenza.>>188
Questo è il tipo di logica presente in Carmilla e nei romanzi dove la femme fatale fa la sua comparsa dal passato, in un mondo che non esiste o che non esiste più. Mettere sulla scena questa tipologia di donne sensuali, spregiudicate e crudeli nei confronti dell’uomo è un modo per liberare quelle paure, metterle in scena per poi neutralizzarle. Infatti, la trasgressione, il proibito e i tabù che caratterizzano queste opere si risolvono sempre con il ritorno all’ordine iniziale dove l’autorità patriarcale viene ristabilita189. Ancora, Melani afferma che la morte della femme fatale non è
cruenta come quella della vampira che, oltre alla donna fatale rappresenta un mostro, ma <<la
188 S. Melani, L’eclissi del consueto, p. 28. 189 Ivi.
69 misoginia alla radice dell’impulso omicida che guida se non l’autore il personaggio garantisce pur sempre una ferocia grand-guignolesca>>190.
Il lato estremo della femme fatale è rappresentato dalla vampira. Questa figura affascinante e ripugnate ha in sé tutte le caratteristiche della nuova immagine femminile. Sessualmente disinibita, la vampira, seduce le sue vittime irrimediabilmente attratte da lei e sottrae loro la vita attraverso il morso delle sue labbra. Nella donna-vampiro, più che nei vampiri maschi, la componente sessuale e, in alcuni casi, omosessuale è molto più esplicita. Carmilla, ad esempio, è consapevole della sua sessualità e seduce apertamente Laura, cosa che non avviene né in Polidori, dove il rapporto omosessuale tra i protagonisti maschili non è mai esplicito ma solo intuibile, né in Stoker dove sia le attitudini sessuali del conte che dei personaggi si nascondono dietro un simbolismo difficile da percepire. La vampira è accomunata alla donna fatale anche per un altro aspetto, sempre legato alla sessualità: la non riproduttività. La nuova donna prende le distanze dalla figura di madre amorevole e macchina generatrice a cui per troppo tempo era stata associata; lei, come la vampira - impossibilitata a donare la vita a causa della sua identità - costituiscono degli ostacoli alla continuazione della specie umana. Anche l’aspetto omosessuale della vampira sottolinea l’impossibilità di una riproduzione essendo il rapporto lesbico non fecondo.191 La donna
fatale – donna vampiro va annientata perché sessualmente aggressiva, tendenzialmente lesbica e quindi non riproduttiva. La perversione maschile nei confronti di questa figura genera un nuovo tipo di accusa: la pedofilia. Nel romanzo di Stoker in ben due scene sono presenti dei bambini. Ad utilizzare questa chiave di lettura è stata Anne Cranny-Francis. Nella prima scena Dracula, dopo aver sottratto Jonathan Harker alle tre vampire, offre loro una busta contenente un <<bambino mezzo soffocato>> di cui probabilmente si nutrono. Poco dopo Harker vede dalle finestre del castello la madre disperata che cerca il bimbo prima di essere divorata dai lupi del conte ed esclama <<è meglio che sia morta>>. Molti critici hanno visto in questa scena la connessione tra donne sessualmente aggressive e cattive madri ma la Francis, vista l’associazione tra l’atto di succhiare sangue e l’atto sessuale, ha interpretato la scena non solo come violenza fisica ai danni del bambino ma anche come violenza sessuale. A conferma di ciò prende come esempio anche l’altra scena in cui i bambini sono presenti. Lucy, ormai vampiro, la notte esce dalla sua tomba e si aggira alla ricerca di bambini a cui morde il collo. Una notte la stessa Confraternita della luce vedrà Lucy portare tra le braccia un bimbo biondo che lascerà cadere non appena vede Arthur. Anche in questo caso la Francis si sofferma
190 Ibid., p. 174. 191 Ibid., p. 119.
70 sull’associazione tra morso e atto sessuale192. L’aspetto della cattiva madre, invece, è preso in
considerazione da Thomas B. Byers nel suo articolo Good men and monsters: the defenses of
Dracula. Byers analizzando le medesime scene sottolinea come sono solo gli uomini del romanzo a
parlare e i comportamenti delle vampire sono descritti solo da loro. Harker, secondo tale interpretazione, dice quella frase criticando il comportamento della madre che, in quanto cattiva
madre, ha permesso il rapimento del figlio; invece Arthur definisce crudele Lucy per il modo in cui
tratta il bambino che dorme. Byers sostiene che gli uomini del romanzo hanno paura delle donne sessualmente aggressive e le descrivono per questo come cattive madri193. Entrambe, come
Carmilla, moriranno di una morte violenta.
Le donne, quindi, costituiscono i fiori del male del secolo. Da sempre sono percepite come diverse rispetto all’uomo, estranee. La femme fatale, dunque, rappresenta, <<l’estranea dell’estraneità>>, <<la minoranza all’interno di una minoranza che non è tale, ma è stata ed è trattata da tale>>194. Proprio come diversa essa trova posto accanto ad ogni <<indesiderata
diversità>>, sessuale, razziale o politica195. Fin dal tempo di Eva sedotta da Satana, è considerata –
nella cultura patriarcale – l’incarnazione del male, la donna rappresenta il polo negativo nella dicotomia Uomo e Donna, alla quale se ne aggiungono altre come Vita e Morte, Ordine e Caos, Luce e Ombra, tutte riassorbibili all’interno di una categoria più grande costituita da Bene e Male. <<Il Male è sempre e comunque una forma di Otherness contrapposta al Self. Ogni forma di Otherness viene caricata in ogni epoca storica di tutto quanto possa generare uno stato di ansietà e venga avvertito come negativo, minaccioso, pericoloso e potenzialmente distruttivo nei confronti del sistema culturale, che ritiene che la propria stabilità sia garantita dal diritto naturale, vale a dire divino. (…) In questo contesto la femme fatale, questa “estranea dell’estraneità” non poteva non diventare l’immagine della negatività per eccellenza, colei che con la sua libertà ed indipendenza sessuale, contrapposte alla passività della moglie e madre esemplare della perfetta famiglia vittoriana, al pari delle figure vampiriche insinuava nel contesto sociale il germe della non – riproduttività e della degenerazione sia morale che fisica, quest’ultima identificata sia come un ritorno allo stadio della pura animalità che come vera e propria sindrome sifilitica>>196.
La donna in quanto estranea, in quanto Male ed in quanto donna viene a trovarsi costantemente in una posizione negativa e, proprio come il vampiro, <<può trasformarsi facilmente in capro espiatorio del maggior numero possibile di mali197>>.
192 Ken Gelder, Reading the vampire, p. 75. 193 Ivi.
194 S. Melani, L’eclissi del consueto, p. 162. 195 Ibid., p. 163.
196 Ivi.
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CONCLUSIONE
Il vampiro, il non-morto della tradizione folklorica che per anni ha accompagnato gli incubi di mezza Europa, trova la sua collocazione letteraria nel primo romanticismo. Dal 1819 in poi, data della pubblicazione de Il vampiro di John Polidori, questa figura non abbandonerà più la scena letteraria. Nel 1872 J. S. Le Fanu pubblicherà Carmilla, ma la canonizzazione del vampiro letterario si avrà nel 1897 con il Dracula di Bram Stoker che porrà le basi per tutta la produzione successiva, sia essa letteraria o cinematografica.
Il vampiro è considerata una delle figure più interessanti del romanticismo in quanto capace di assumere i significati più diversi, siano essi sociali, politici o di genere. Uno degli aspetti più accentuati del vampiro, o della vampira, è la forte componente sessuale. Il vampiro è una creatura erotica che con il suo fascino seduce la vittima e la porta verso la morte. Inoltre, tutte le sue inclinazioni come il mordere, il succhiare, o la continua voglia di sangue si ricollegano, secondo studi psicoanalitici, alla sfera della sessualità. Il vampiro, solitamente è associato alle minoranze sociali, a quello che percepiamo come diverso da noi o come una minaccia. Questo spiega l’associazione tra vampiro ed ebrei, avvertiti da una parte della società europea del diciannovesimo secolo come un pericolo. Ancora, la visione del vampiro come bestia crudele che dissangua le vittime e si nutre della loro linfa vitale, porta all’associazione marxista tra capitale vampiro, dove la vittima è rappresentata dal lavoratore che viene dissanguato dal lavoro morto.
Una particolare menzione va fatta, poi, per la donna-vampiro, associata alla femme fatale a al nuovo tipo di donna che si era diffusa in Europa e che stava prendendo coscienza di sé e dei propri diritti. La donna emancipata era considerata sessualmente attiva e questo, per il legame vampiro-sesso, la rendeva tale. La sessualità del vampiro, poi, era spesso legata all’idea di perversione e per questo l’omosessualità, l’incesto e anche la pedofilia erano spessi identificate con il vampiro.
Nina Auerbach definisce i vampiri essenziali nella vita di ognuno perché rispecchiano quello che siamo e quello che è il nostro tempo e la nostra cultura. Ogni secolo ha i suoi vampiri, scrive Ken Gelder, e se questo vale per l’Ottocento, vale ancora per la fine del XX secolo o per l’inizio del XXI secolo, con i vampiri «intervistati», con le «ammazzavampiri», o con le romantiche comunità vampire di Twilight198: un’altra cultura, e ancora altre immagini vampiresche da esplorare …
198 Anne Rice, Intervista col Vampiro, TEA, Milano 2005 [ed. or. 1976]; Neil Jordan, Interview with the Vampire. The Vampire Chronicles, film, 1994; Joss Whedon, Buffy l'ammazzavampiri, serie TV, 1997-2003; Stephenie Meyer, Twilight Series, quattro romanzi, 2005-2008; The Twilight Saga, cinque film, 2008-2012.
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