I. Poesia e prosa: questioni di metodo
I.2 Il ritmo come peculiare configurazione prosodica
I.2.2 La melodia, o unità melodica
4. I Dialoghi con Leucò: un tentativo di spoglio prosodico
4.1 Brandelli ritmici Un tentativo di spoglio prosodico: forme di ritmicità ne La
nube.
Procederemo trascrivendo le battute dei Dialoghi marcandole attraverso l'uso di segni grafici: le parentesi quadre racchiudono segmenti ritmici facilmente astraibili dalla pagina; i numeri tra le parentesi tonde, invece, indicano la lunghezza sillabica di tali segmenti, e includono nel computo delle sillabe quelle atone successive all'ultima tonica.
Per queste annotazioni prosodiche possiamo sottolineare che il ritmo del verso è prevalentemente ternario (meglio anapestico). Potremo trovare una sequenza di tre elementi ritmici di base più l'atona conclusiva.
Si tratterebbe di una vera passione pavesiana per il metro monotonale, interrotto o reso più dinamico da cesure e spezzature, che il giovane Pavese praticava nella sua poesia per liberarsi dalla pesante musicalità tardoromantica dell'endecasillabo.76 Non è superfluo, infine, ricordare, sulla scia del Guglielminetti77 , che in Pavese la parola è innanzitutto strumento melodico e veicolo retorico di persuasione. E questo è il risultato della volontà dell'autore di costruire strutture di versificazione per una lettura, potremmo dire, ad alta voce. Proprio per questo i versi, e con essi anche i «brandelli ritmici» di cui ci occuperemo, richiedono sempre la partecipazione degli ascoltatori, e mai l'attenzione dei lettori. Per comodità del lettore, quindi, sarà utile provare a leggere ad alta voce i sintagmi che abbiamo man mano isolato.
LA NUBE [C'è una légge, Issióne, (7)] [cui bisógna ubbidíre (7)]
ISSIONE Quassù la legge non arriva Nefele. [Qui la légge è il neváio (7)] [la buféra, la ténebra (7)]. [E quando viéne il giorno chiáro (9)] [e tu ti accosti leggera alla rúpe (11)], [è troppo bello per pensarci ancóra (11)].
76 Per queste annotazioni rimando a Costanzo di Girolamo, Teoria e prassi della versificazione, (p. 185 e ss).
LA NUBE [C'è una légge, Issióne, che príma non c'éra (tetrapodia anapestica – 12 posizioni)]78. [Le núbi le adúna una máno più fórte. (12)]
ISSIONE [E quando il ciélo s'oscura e urla il vénto (11)]
E più avanti:
ISSIONE [Accadéva già ai témpi (7)] [che non c'éra padróne. (7)] [Núlla è mutáto sopra i mónti (9)]. [Nói siamo avvézzi a tutto quésto (9)]79
LA NUBE [Molte cóse son mutáte sui mónti (11)]
Ancora:
ISSIONE [E che cósa è mutáto Neféle sui mónti? (tetrapodia anapestica – 12 posizioni)]
Segue un intervento della Nube il quale è un vero e proprio intervento poetico in cui potremmo anche non parlare più di brandelli ritmici astraibili dalla struttura sintattica (Di Girolamo), ma di una sequenza metrica a sé stante, in cui i segmenti ritmici coincidono perfettamente con le strutture sintattiche, e anche con le marcature forti costituite dai segni di interpunzione:
LA NUBE
[Né il sóle né l'ácqua Issióne. (9)] [La sórte dell'uómo è mutáta (9)]. [Ci sóno dei móstri (6)] .
[Un límite è pósto a voi uómini. (9)]80 [L'acqua il vénto la rúpe la núvola (10)] [non son piú cosa vóstra, (7)]
[non potéte più stríngerli a vói (10)]
78 Sequenza di quattro piedi, ascendenti se si considerano solo le forti, più l'atona conclusiva. 79 Segmenti novenari paralleli, una sorta di controcanto narrativo che interrompe il ritmo precedente
come una cesura o spezzatura, rendendolo più dinamico.
80 Riguardo al novenario Pavese mostra qui di preferire la variante accentuativa pascoliana del verso, con ictus di seconda e quinta, che gli consente di collocare in posizione centrale due piedi
[generándo e vivéndo (7)]
[Altre máni ormai téngono il móndo (10)]81 [C'è una légge Issióne (7)].
ISSIONE [La mia sórte l'ho in púgno Neféle (10)]82 [Che cósa è mutáto? (6)]83. [Questi nuóvi padróni (7)] [posson84 fórse impedírmi (7)] [di scagliáre un macígno per gióco? (10)] [o di scéndere nélla pianúra (10] [e spezzáre la schiéna a un nemíco? (1085)]
LA NUBE [Non è quésto, Issióne. (7)] [Tutto ció lo puoi fáre e altro ancóra. (10)] [Ma non puói più mischiárti a noiáltre, (10)] le ninfe delle polle e dei monti, [alle fíglie del vénto, (7)] [alle dée della térra. (7)] [E' mutáto il destíno (7)].86
[Non puoi piú... che vuol díre Neféle? (10)87
LA NUBE [Tu non puói farmi núlla, Issióne (10)]. Non puoi far nulla contro l'acqua e contro il vento.88 [Ma dévi chináre la tésta. (9)]89 [Solaménte cosí salverái la tua sórte (tetrapodia -12 posizioni)]90
[Ho paúra. Ho vedúto le címe dei mónti (tetrapodia – 12 posizioni)91] [Ma non per mé, Issióne. (8)] [Io non pósso patíre (7)]
[Siamo tútti asservíti a una máno più fórte (tetrapodia – 12 posizioni)]. [I fígli dell'ácqua e del vénto (9)] i centauri [si nascóndono in fóndo alle fórre (10)]. [Sanno di éssere móstri (7)]
81 Decasillabo con tre cola anapestici. 82 Come nella nota 81.
83 Senario con accento di seconda che permette l'anapesto nel piede centrale. 84 Forma apocopata, già lievemente arcaica per l'italiano degli anni '40. 85 I decasillabi di questa sezione sono tutti tre cola anapestici.
86 C'è una intrinseca corrispondenza del novenario La sorte dell'uomo è mutata cui fa da eco - contrappunto il senario Che cosa è mutato? E il settenario E' mutato il destino. Una sorta di metadialogo all'interno di un gioco più articolato di domande e risposte.
87 Decasillabo con tre cola anapestici. 88 Tredici sillabe, ritmo ternario.
89 Novenario con variante accentuativa pascoliana in seconda e quinta sede, che permettono la presenza di due piedi anapestici interni.
[Non sfidáre la máno, Issióne è la sórte (tetrapodia – 12 posizioni)]
ISSIONE [Me l'hai détto altre vólte. Che impórta? Vivrémo di più (pentapodia – 15 posizioni)]92
LA NUBE [Per té la mórte è una cósa che accáde (11)] [come il giórno e la nótte. (7)] [Tu sei úno di nói Issióne. (10)] [Tu sei tútto nel gésto che fái (10)]
La Nube (Nefele) continua con una sequenza di battute che sono caratterizzate da una prosa tranquilla e piana, sostanzialmente senza il consueto ritmo poetico, per poi riprendere quasi naturalmente la musicalità che caratterizza l'intero dialogo (e che caratterizzerà, vedremo, l'intero testo).
[quel che díci che cérchi - (7)] [tutto a lóro conténta o dispiáce. (10)93.]
[e se tú li disgústi (7)] – se per errore li disturbi nel loro Olimpo – [ti piómbano addósso (6)] [e ti dánno la mórte (7)] – quella morte che loro conoscono, [ch'è un'amáro sapóre che dúra e si sénte (tetrapodia -12 posizioni più l'atona conclusiva)].
[Faránno di té come un'ómbra (9)]94 ma un'ombra che rivuole la vita [e non muóre mai piú (7)]95.
[Li ho vedúti...O Issióne, non sái quel che díci (tetrapodia – 12 posizioni più l'atona conclusiva)].
ISSIONE [Anch'ío ne ho vedúti Neféle (9)]. Non sono terribili.
LA NUBE Lo sapevo. [La tua sórte è segnáta. (7)]. Chi hai visto?
ISSIONE [Come pósso sapérlo? (7)] Era un giovane, che traversava la foresta a piedi
92 Cinque piedi con finale tronca.
93 Con i consueti tre cola anapestici. Da notare l'uso del trattino, tipicamente pavesiano con echi anglo-americani, aiuta a dividere il segmento prosastico in più segmenti poetici.
94 Rimando alla nota 89.
nudi96. Mi passò accanto e non mi disse una parola97. [Poi davánti a una rúpe scompárve (10)]. Lo cercai a lungo per chiedergli chi era – [lo stupóre mi avéva inchiodáto (10)].
LA NUBE [Hai vedúto lui sólo? (7)]
ISSIONE Poi in sogno l'ho rivisto con le dee. [E mi párve di stáre con lóro (10)]
LA NUBE [O Issióne, Issióne, la tua sórte è segnáta (tetrapodia – 12 posizioni più l'atona finale)]. Adesso sai cos'è mutato sopra i monti. [E anche tú sei mutáto (7)]. E credi di essere qualcosa di più di un uomo.
[Salirái fino a lóro (7)]. Farai qualcosa di terribile. [Poi verrá quella mórte (7)]
ISSIONE [Dimmi i nómi di tútte le dée (10)]
LA NUBE [Lo védi che il sógno non ti básta già piú? (tetrapodia- 12 posizioni)].
ISSIONE [Tu ridévi Neféle (7)]
4.2 La Chimera.
Analizziamo adesso il secondo dialogo, il quale, come vedremo chiaramente, presenta tantissimi esempi di forme ritmiche. Forte è la presenza di decasillabi con accenti in terza, sesta e nona sede. Come nel dialogo precedente, prevale il ritmo ternario, o meglio anapestico.
SARPEDONTE Il campo Aleio è desolato, zio. [Non ci sóno che cánne e palúdi (10)]. Sul Xanto dove ho chiesto di lui, [non l'avévano vísto da giórni (10].
[Non ricórda né nói né le cáse (10)]. [Quando incóntra qualcúno (7)], gli parla dei Solimi, e di Glauco, di Sisifo, della Chimera. [Vedéndomi ha détto (6)]: [«Ragázzo, s'io avéssi i tuoi ánni (9)] [mi sarei giá buttato a máre» (9)].
[Giorno e nótte cammína (7)]
IPPOLOCO [Glauco e Sísifo hai détto? (7)]
SARPEDONTE [per sorprénderli trísti e cadúchi? (10)
[E adésso che è vécchio e che è sólo, (9)] [proprio adésso gli déi l'abbandónano? (10)]
IPPOLOCO [Strana cósa stupírsi di quésto (10)]
SARPEDONTE [Anch'ío mi son chiésto, (6)] [vedéndo quell'ócchio smarríto (9)] [se parlávo con l'uómo che un témpo fu Béllerofónte (pentapodia, 15 posizioni più atona finale.)] [A tuo pádre è accadúto qualcósa. (10)] [Non è vécchio soltánto (7)]
IPPOLOCO [Sarpedónte sei fólle? (7)]
Segue la risposta di Sarpedonte, il quale riporta le parole del padre di Ippoloco, Bellerofonte, colui che uccise la Chimera. Interessante notare la successione di settenari, uno di seguito all'altro, nelle parole di Bellerofonte:
SARPEDONTE [Ho cercáto nemíci, (7)] [domáto le Amázzoni, (6)] [fatto stráge dei Sólimi, (7)] [ho regnáto sui Líci (7)] [e piantáto un giardíno -(7)] [ma cos'é tutto quésto? (7)] [Dov'è un'áltra Chiméra? (7)]
E ancora, le parole di Bellerofonte diventano decasillabi:
[Chi una vólta affrontó la Chiméra, (10)] [Come puó rassegnársi a moríre? (10)] [Questo díce tuo pádre (7)] che fu un giorno Bellerofonte.
IPPOLOCO [Ma quésti son uómini antíchi (9)] [e di un témpo mostruóso. (7)] [La Chiméra fu l'último móstro che vídero (tetrapodia, 12 posizioni)]
SARPEDONTE [e attravérsa campágne e palúdi parlándo a quei mórti (pentapodia, 15 posizioni, più atona finale)]
IPPOLOCO [Ma che cósa gli mánca, che cósa? (10)]
SARPEDONTE Gli manca l'orgoglio di Glauco e di Sisifo, [proprio adésso che cóme i suoi pádri (10)] [è giunto al límite, alla fíne. (9)] [La loro audácia lo traváglia. (9)] Sa che mai più [un'áltra Chiméra (6)] [lo aspetterá in mezzo alle rúpi. (9)] [E chiáma alla sfída gli déi. (9)]
Prende la parola Ippoloco e la narrazione torna a incalzare a ritmo ternario di decasillabi, interrotti da settenari e novenari, per poi concludersi, sulla battuta finale del personaggio, nuovamente con un decasillabo:
IPPOLOCO Sono suo figlio, Sarpedonte, ma non capisco queste cose. [Sulla térra ormai fátta pietósa (10)] [si dovrébbe invécchiare tranquílli. (10)] [In un gióvane, quási un ragázzo, (10)] [come té Sarpedónte (7)] [capísco il tumúlto del sángue. (9)] Ma solo in un giovane. [Ma per cáuse onoráte. (7)] [E non méttersi cóntro gli déi. (10)]
giórni. (7)] [Ha vedúto gli déi, (7)] [come nói ci vediámo. (7)] [Narra cóse terríbili. (7)]
IPPOLOCO [Hai potúto ascoltárlo? (7)]
SARPEDONTE O Ippoloco, [e chí non vorrébbe ascoltárlo? (9)]
IPPOLOCO [Lo só, Sarpedónte, lo só, (9)] [ma quel móndo è passáto. (7)] [Quand'éro bambíno (6)]98 [le narráva anche a mé. (7)]
SARPEDONTE [Solaménte che allóra (7)] [non parláva coi mórti. (7)] A quel tempo eran favole. [Oggi invéce i destíni che tócca divéntano il súo. (pentapodia – 15 posizioni)]
IPPOLOCO [E che cósa raccónta? (7)]
SARPEDONTE [Sono fátti che sái. (7)] [Ma non sái la freddézza, (7)] [lo sguárdo smarríto, (6)]99 [come di chí non è più núlla (9)] [e sá ogni cósa. (6)] [Sono stórie di Lídia e di Frígia (10)] storie vecchie, senza giustizi né pietà. Conosci quella del Sileno che un dio provocò alla sconfitta sul monte Celene, e poi uccise macellandolo, come il beccaio100 ammazza il capro? [Dalla grótta ora sgórga un torrénte (10] [come fósse il suo sángue. (7)] La storia della madre impietrata, [fatta rúpe che piánge, (7)] perché piacque a una dea di ucciderle i figli a uno a uno, a frecciate? [E la stória di Arácne, (7)] [che per l'ódio di Aténa (7)] inorridì e divenne sangue? Sono cose che accaddero. [Gli déi le hanno fátte.101 (6)]
IPPOLOCO [E sta béne. Che impórta? (7)] [Non sérve pensárci. (6)]102 [Di quei destini non rimane núlla.(11)]
98 Senario con accento di seconda che permette l'anapesto nel piede centrale. 99 Ibidem.
100Interessante regionalismo. Si tratta di una figura antica, quella del beccaio (cioè macellaio), con radici importanti nella nostra tradizione letteraria. Un esempio su tutti, Dante, Purgatorio, XX-52:
Figliuol fu'io d'un beccaio di Parigi.
101Cfr. nota 98. 102 Ibidem.
SARPEDONTE [Rimáne il torrénte (6)] [la rúpe l'orróre. (6)] [Rimángono i sógni. (6)] Bellerofonte non può fare un passo senza urtare un cadavere, [un ódio, una pózza di sángue (9)][dei témpi che tútto accadéva (9)] [e non érano sógni. (7)] [Il suo bráccio a quel témpo pesáva nel móndo e uccidéva. (pentapodia- 15 posizioni più atona finale)]
IPPOLOCO [Anche lúi fu crudéle (7)] dunque.
SARPEDONTE [Era giústo e pietóso. (7)] [Uccidéva Chimére. (7)] [E adésso che è vécchio e che é stanco, (9)]gli dei l'abbandonano.
IPPOLOCO [Per questo córre le campágne? (9)]
SARPEDONTE E' figliolo di Glauco e di Sisifo. Teme il capriccio e la ferocia degli dei. [Si sénte imbestiáre (6)] [e non vuóle moríre (7)]
IPPOLOCO [E perché non si uccíde (7)] [lui che sá queste cóse? (7)]
SARPEDONTE [Nessúno si uccíde. (6)] [La mórte è destíno. (6)] Non si può che augurarsela, Ippoloco.
4.3 I ciechi.
Altrettanto fitte le forme ritmiche nel terzo dialogo, il quale presenta due figure importantissime sotto il punto di vista lirico-tematico: Edipo e Tiresia.
EDIPO Vecchio Tiresia, [devo crédere a quél che si díce qui in Tébe? (tetrapodia- 12 posizioni più l'atona finale)] che ti hanno accecato gli dei per loro invidia?
TIRESIA [Esser ciéco non é una disgrázia (10)] diversa da esser vivo. Ho sempre visto le sventure toccare a suo tempo dove non dovevano toccare.
EDIPO [Ma allóra gli déi che ci fánno? (9)]
TIRESIA [Il móndo è più vécchio di lóro. (9)] [Già riempíva lo spázio (7)] e [sanguináva e godéva era l'único dío - (tetrapodia- 12 posizioni)] [quando il témpo non éra ancor náto. (10)] [Le cose stésse regnávano allóra. (11)] [Accadévano cóse – (7)] adesso attraverso gli dei [tutto è fátto paróle, illusióne, mináccia. (tetrapodia – 12 posizioni più finale atona)] [Ma gli déi posson dáre fastídio, (10)] [accostáre o scostáre le cóse. (10)] Non toccarle, non mutarle. [Sono venúti troppo tárdi. (9)]
EDIPO [Proprio tu sacerdóte dici quésto? (11)]
TIRESIA [Se non sapéssi almeno quésto, (9) [non saréi sacerdóte. (7)] Prendi un ragazzo che si bagna nell'Asopo.103 [E' un mattíno d'estáte. (7)] [Il ragázzo esce dall'ácqua,(8)] [ci ritórna felíce (7)] [si túffa e ritúffa. (6)] Gli prende male e annega. Che cosa c'entrano gli dei? Dovrà attribuire agli dei la sua fine, [oppúre il piacére godúto? (9)] [Né l'úno né l'áltro. (6)] [E' accadúto qualcósa (7)] [che non è béne né mále, (8)] [qualcosa che non ha nóme (8)] – [gli daránno poi un nóme gli déi. (10)] [Tu sei gióvane Edípo (7)] e come gli dei che sono giovani [rischiári tu stésso le cóse (9)] e le chiami. [Non sai ancóra che sótto la térra c'è róccia, (tetrapodia anapestica –
12 posizioni più atona finale)] [e che il ciélo più azzúrro è il più vuóto. (10)] [Per chí come mé non ci véde (9)] tutte le cose sono un urto, non altro.
Ancora, più avanti, Tiresia:
[Sono mólto vissúto. (7)] Sono vissuto tanto che [ogni stória che ascólto mi páre la mía. (tetrapodia – 12 posizioni)]
[Ah ti afférro. La stória dei sérpi (10)]
E ancora qualche battuta dopo:
[A quel témpo provávo disgústo (10)] [delle cóse del sésso (7)] – mi pareva che lo spirito, la santità, il mio carattere, ne fossero avviliti. [Quando vídi i due sérpi godérsi (10)] e mordersi sul muschio, non potei trattenere il mio dispetto: [li toccái col bastóne. (7)] [Poco dópo ero dónna – (7)] [e per ánni il mio orgóglio (7)] [fu costrétto a subíre. (7)] Le cose del mondo sono roccia, Edipo.
E più avanti Edipo:
EDIPO [Vedi dúnque che un dío ti ha insegnáto qualcósa. (tetrapodia – 12 posizioni più finale atona)]
TIRESIA [Non c'è dío sopra il sésso. E' la róccia ti díco. (tetrapodia – 12 posizioni più finale atona)] [Molti déi sono bélve, ma il sérpe è il più antíco di tútti gli déi. (esapodia – 18 posizioni più atona finale)] [Quando si appiátta nella térra, (9)] [ecco hai l'immágine del sésso. (9)] [C'è in ésso la víta e la mórte. (9)] [Quale dío può incarnáre e compréndere tánto? (tetrapodia – 12 posizioni più finale atona)]
EDIPO [Ma tu stésso l'hai détto. (7)]
TIRESIA Tiresia è vecchio e non è un dio. Quand'era giovane, ignorava. Il sesso è ambiguo e sempre equivoco. [E' una metá che appare un tútto. (9)] L'uomo arriva a
incarnarselo, [a víverci déntro (6)] [come il buón nuotatóre nell'ácqua, (10)] [ma intánto è invécchiato, (7)] [ha toccáto la róccia. (7)]
EDIPO Anch'io, Tiresia, ho fatto incontri sulla strada di Tebe. [E in úno di quésti (6)] [si è parláto dell'uómo – (7)] [dall'infánzia alla mórte (7)] – [si è toccáta la róccia anche nói (10)] Da quel giorno fui marito e fui padre, e re di Tebe. [Non c'è núlla di ambíguo o di váno, per mé, nei miei giórni. (pentapodia – 15 posizioni più atona finale)] [Anche in mé c'è qualcósa che góde e che sánguina. (tetrapodia anapestica – 12 posizioni più atona finale)]
[Il ragázzo annegáto un mattíno d'estáte, (tetrapodia – 12 posizioni più finale atona)] cosa sa degli dei? [Che gli gióva pregáre? (7)] C'è un grosso serpe in ogni giorno della vita,104 [e si appiátta e ci guárda. (7)] Ti sei mai chiesto, Edipo, perché gli infelici invecchiandosi accecano?
4.4 Le cavalle.
ERMETE Il Dio ti chiede di allevare questo figlio, Chirone. Già sai della morte della bella Corònide. L'ha strappato il Dio dalle fiamme [e dal grémbo di léi con le máni immortáli. (tetrapodia anapestica – 12 posizioni più atona finale)] Io fui chiamato presso il triste corpo umano che già ardeva – i capelli avvampampavano [come páglia di gráno. (7)] [Ma l'ómbra nemméno mi attése. (9)] [Con un sálto, dal rógo scompárve nell'Áde. (tetrapodia anapestica – 12 posizioni più finale atona)]
CHIRONE [Tornò pulédra nel trapásso? (9)]105
ERMETE Così credo. [Ma le fiámme e le vóstre criniére (10)] [si somígliano tróppo. (7)] Non feci in tempo a sincerarmene. [Dovétti afferráre il bambíno (9)] [per portárlo quassú. (7)]
CHIRONE [Bimbétto era méglio (6)] [se restávi nel fuóco. (7)] [Tu non hai núlla di tua mádre (9)]106 [se non la tríste forma umána. (9)]107
[Tu sei figliólo di una lúce (9)] [abbacinánte ma crudéle, (9)] [e dovrai vívere in un móndo (9)] [di ombra esángue e angosciósa, (9)] [di cárne corrótta, (6)] [di sospíri e di fébbri (7)] – [tutto ti viéne dal Radióso. (9)] [La stessa lúce che ti ha fátto (9)] frugherà il mondo, implacabile, e dappertutto ti mostrerà [la tristézza, la piága, (7)] [la viltá delle cóse. (7)]
[Su di té veglieránno i serpénti. (10)]
ERMETE [Certo il móndo di iéri è scáduto (10)] [se ánche i serpénti (6)] [son passáti alla lúce. (7)] Ma dimmi, [tu sái perchè è mórta? (6)]
CHIRONE Enodio, mai più la vedremo balzare felice [dal Dídimo al Pélio (6)] [fra i
105 Novenario che presenta ictus in quarta e ottava sede. 106 Ibidem.
cannéti e le rúpi. (7)] [Tanto ci básti. (5)] [Le paróle sono sángue. (8)]108
ERMETE Chirone, puoi credermi quando ti dico che la piango come voi la piangete. Ma, ti giuro, non so perché [il Dío l'abbia uccísa. (6)] Nella mia Làrissa [si párla d'incóntri bestiáli (9)]109 [nelle grótte e nei bóschi. (7)]
CHIRONE [Che vuol díre? Lo siámo bestiáli. (10)] E proprio tu, Enodio, che a Làrissa eri coglia di toro110, e all'inizio dei tempi ti sei congiunto nel fango della palude [con tutto quánto di sanguígno (9)] [e ancora infórme c'era al móndo, (9)] [proprio tú ti stupísci? (7)]
ERMETE [E' lontáno quel témpo, Chiróne, (10)] [e adesso vívo sottotérra (9)] o sui crocicchi. [Vi vedo a vólte venir giú (9)]111 dalla montagna come macigni [e saltáre le pózze e le fórre, (10)] [e inseguírvi, chiamárvi, giocáre. (10)] [Capísco gli zóccoli, (6)] [la vóstra natúra, (6)] [ma non sémpre voi siéte cosí. (10)] [Le tue bráccia e il tuo pétto di uómo (10)] a dirne una, [e il vostro grósso riso umáno, (9)] e lei l'uccisa, e gli amori col Dio, [le compágne che adésso la piángono (10)] – [siete cóse divérse (7)]. Anche tua madre, se non sbaglio, piacque a un Dio.112
CHIRONE [Altri témpi davvéro. (7)] [Il vecchio Dío per amárla (8)] si féce stallóne. (6)] [Sulla vétta del mónte. (7)]113
ERMETE [Dunque, dímmi perché (7)] [Corónide bélla (6)] [fu invéce una dónna (6)]
108 Ottonario con accento di terza e settima sede. 109Novenario dattilico, carducciano.
110 Coglia di toro: espressione piuttosto ricercata. L'etimologia del termine coglia risiede nella parola greca KOLEÓS, (fodero, sacco di cuioio), dalla radice KAL coprire, ascondere – Borsa dei
testicoli. Il dizionario etimologico (?quale?) riporta la seguente definizione: fig. dicesi per sprezzo a Uomo leggiero e dappoco, che veste e si acconcia con soverchia eleganza, ed anche a uomo vano che faccia il gradasso. “Essere o mettersi in coglia” vale “Vestirsi con ricercatezza, per far bella mostra di sé come sogliono fare le persone vanitose e leggiere”.
111 Novenario tronco con accento in quarta sede. Interessante l'allitterazione della fricativa labiodentale sonora [v] ripetuta per ben quattro volte. Il segmento ritmico prende, quindi, ancora più cantabilità e musicalità.
112 Evidente l'andamento ternario della frase.
[e passeggiáva nei vignéti (9)] [e tánto giocó col Radióso (9)] [che lui la uccíse e bruciò il córpo? (9)]
CHIRONE Enodio, dalla tua Làrissa [quante vólte hai vedúto (7)] [dopo una nótte di vénto (8)]114 [la montágna dell'Olímpo (8)] [stagliáre nel ciélo? (6)]
ERMETE [Non sólo la védo, (6)] [ma a vólte ci sálgo. (6)] [Ebbéne dovréste tornárci. (9)]
[Che vuoi díre con quésto? (7)]
CHIRONE [Voglio díre che quélla è la mórte. (10)] [Là ci sóno i padróni. (7)] Non più padroni come Crono il vecchio, [o l'antíco suo pádre, (7)] [o noi stéssi nei giórni (7)] [che ci accadéva di pensárci (9)] [e la nóstra allegría (7)] [non sapéva più confíni (8)] [e balzavámo tra le cóse (9)] [come cóse ch'eravámo. (8)] [A quel témpo la béstia e il pantáno (10)]115 [eran térra d'incóntro (7)] di uomini e dei. [La montágna il cavállo la núbe il torrénte (tetrapodia anapestica – 12 posizioni più finale atona)]116 - [tutto eravámo sotto il sóle. (9)] [Chi potéva moríre a quel témpo? (10)] [Che cos'éra bestiále (7)] [se la béstia era in nói come il dío (10-9??)]
ERMETE [Tu hai figlióle, Chiróne, (7)] e sono donne e son puledre a volontà. [Perché ti laménti? (7)] Qui avete il monte, [avete il piáno e le stagióni. (9)] Non vi mancano neppure, per compiacervi, le dimore umane, [capánne e villággi, (7)] agli sbocchi delle vallate, e le stalle, i focolari, [dove i trísti mortáli (7)] favoleggiano di voi, [pronti sémpre a ospitárvi. (7)] [Non ti páre che il móndo sia méglio tenúto dai nuóvi padróni? (esapodia anapestica – 18 posizioni più finale atona)]
CHIRONE [Tu sei dei lóro e li diféndi. (9)] [Tu che un giórno eri cóglia e furóre, (10)] ora conduci le ombre eangui sottoterra. [Cosa sóno i mortáli (7)] [se non ómbre
114Cfr. nota 108.
115 Interessante la marcatura linguistica A quel tempo, quasi fosse un attacco di favola, sottolineata dal decasillabo.
anzitémpo? (7)][Ma gódo a pensáre (6)] [che la mádre di quésto bimbétto (10)] [c'è saltáta da sóla: (7)]
[se non áltro ha trováto se stéssa moréndo. (tetrapodia anapestica – 12 posizioni più finale atona)]
ERMETE [Ora só perché è mórta, (7)] lei che [se ne andó alle pendíci del mónte (10)] [e fu dónna e amò il Dío col suo amóre (10)] tanto che ne ebbe questo figlio. [Tu díci che il Dío fu spietáto. (9)] [Ma puoi díre che léi (6 o 7?)] Coronide, abbia lasciato dietro a sé [nel pantáno la vóglia bestiále, (10)] [l'infórme furóre sanguígno (9)] [che l'avéva generáta? (8)]
[Gli dei nuóvi di Tesságlia (8)] [che mólto sorrídono, (6)] [soltánto di una cósa (7)] [non póssono rídere: (6)] [credi a mé che ho vedúto il destíno. (10)] [Ogni vólta che il cáos trabócca alla lúce, (tetrapodia anapestica – 12 posizioni più atona finale)] alla loro luce, devon [trafiggere e distrúggere e rifáre. (11)] [Per quésto Corónide è mórta. (9)]
CHIRONE [Ma non potránno più rifárla. (9)] [Dunque avévo ragióne (7)] [che l'Olímpo è la mórte. (7)]
ERMETE [Eppúre, il radióso l'amáva. (9)] L'avrebbe pianta se non fosse stato un dio. [Le ha strappáto il bimbétto. (7)] [Te l'affída con gióia. (7)] Sa che tu solo [potrai fárne un uomo véro. (8)]
CHIRONE [Ti ho già détto la sórte che atténde costúi nelle cáse mortáli. (esapodia – 18 posizioni più finale atona)] [Sarà Asclépio, il signóre dei córpi, (10)] un uomo dio. [Vivrá tra la cárne corrótta (9)] e i sospiri. A lui guarderanno gli uomini [per sfuggíre il destíno, (7)] [per ritardáre di una nótte, (9)] di un istante l'agonia. [Passerá, questo bimbétto, (8)] [tra la víta e la mórte, (7)] [come tú ch'eri cóglia di tóro (10)] e non sei più che il guidatore delle ombre117. Questa la sorte che gli Olimpici faranno ai vivi, sulla terra.
ERMETE [E nón sarà méglio ai mortáli (9)] finire così, [che non l'antíca dannazióne (9)] [d'incappáre nella béstia (8)] o nell'albero [e diventáre bue che múgge, (9)] [serpénte che stríscia, (6)] [sasso etérno, fontána che piánge? (10)]
CHIRONE [Finchè l'Olímpo sarà il ciélo, certo (11)]. [Ma queste cóse passeránno. (9)]
4.5 Il fiore.
EROS [Te l'aspettávi questo fátto, (9)] Tànatos?
TANATOS [Tutto mi aspétto, da un Olímpico. (9)] [Ma che finísse in questo módo, (9)] no.
EROS [E intánto Iacínto è mórto. (9)] Le sorelle già lo piangono. [L'inútile fióre (6)] [spruzzáto del suo sángue, (7)] [costélla ormai tútte le válli (9)] dell'Eurota. E' primaversa, Tànatos, e il ragazzo non la vedrà.
TANATOS [Dov'è passáto un immortále, (9)] sempre spuntano di questi fiori. Ma le altre volte, almeno, c'era [una fúga, un pretésto, un'offésa. (10)]118 Riluttavano al dio, o commettevano empietà. Così accadde di Dafne, di Elino, di Atteone. [Iacinto invéce non fú che un ragázzo. (11)] Visse i suoi giorni venerando il suo signore119. [Giocò con lui come gioca il fanciúllo. (11)] [Era scósso e stupíto. (7)] Tu, Eros, lo sai.
EROS [Già i mortáli si dícono (7)] [che f-úna disgrázia. (6)] [Nessuno pénsa che il Radióso (9)] [non è úso fallíre i suoi cólpi. (10)]
TANATOS [Ho assistíto soltánto al sorríso aggrottáto (tetrapodia anapestica – 12 posizioni più atona finale)] con cui segui il volo del disco [e lo víde cadére. (7)] [Lo lanciò in álto nel senso del sóle (11)] e Iacinto [levò gli ócchi e le máni (7)] [e l'attése abbagliáto. (7)] [Gli piombó sulla frónte. (7)] Perché questo, Eros? Tu certo lo sai.
EROS [Che devo dírti Tánatos? (7)] Io non posso intenerirmi su un capriccio. [E lo sái anche tú (7)] – [quando un dío avvicína un mortále, (10)] [segue sémpre una cósa crudéle. (10)] Tu stesso hai parlato di Dafne e Atteone.
118 Gli oggetti della frase vengono racchiusi nei limiti ritmici del decasillabo. 119 Tredici sillabe.
TANATOS [Che fu dúnque, stavólta? (7)]
EROS [Te l'ho détto un capríccio. (7)] [Il radióso ha volúto giocáre. (10)] E' disceso tra gli uomini [e ha vísto Iacínto. (6)] [Per sei górni è vissúto in Amícle, (10)] sei giorni [che a Iacínto cambiárono il cuóre (10)] [e rinnovárono la térra. (9)] Poi quando al signore venne voglia di andarsene, Iacinto [lo guardáva smarríto. (7)] [Allora il disco gli piombò tra gli ócchi. (11)]
No. [Che cósa sia piángere (6)] [il Radióso non sá. (7)] [Lo sappiámo noiáltri, (7)] [dei e démoni bambíni, (8)] [ch'eravámo già in víta (7)] quando l'Olimpo era soltanto un monte brullo. 120 [Abbiamo vísto molte cóse, (9)] abbiamo visto piangere [anche gli álberi e le piétre. (8)] [Il signóre è divérso. (7)] Per lui sei giorni o un'esistenza non fa nulla. Nessuno seppe tutto ciò come Iacinto.121
TANATOS [Credi davvéro che Iacínto (9)] [abbia capíto queste cóse? (9)] Che il signore sia stato per lui come un modello, [un compágno maggióre, (7)] [un fratéllo fidáto (7)]122 e venerato? [Io l'ho vedúto solaménte (9)] [quando tése le máni alla gára (10)] – [non avéva sulla frónte (8)] [che fidúcia e stupóre. (7)] [Iacínto ignoráva (6)] [chi fósse il Radióso. (6)]
EROS Tutto può darsi, Tanatos. [Può anche dársi che il ragázzo (8)] [non sapésse di Elíno e di Dáfne. (10)] [Dove finísca lo sgoménto (9)] [e incomínci la féde, (7)] [è diffícile díre. (7)] [Ma cérto trascórse sei giórni (9)] [di ansiósa passióne. (6)]
TANATOS Secondo te, che cosa accadde nel suo cuore?123
EROS [Nella paléstra, nelle stánze, (9)] [lungo le ácque dell'Euróta (8)] parlava con l'ospite, s'accompagnava a lui, lo ascoltava. [Ascoltáva le stórie di Délo e di Délfi, (tetrapodia anapestica – 12 posizioni più finale atona)] il Tifone, la Tessaglia, il paese degli Iperborei. Il dio parlava sorridendo tranquillo, come fa il viandante [che
120 Tredici sillabe, ritmo ternario, accenti in quarta, ottava e dodicesima sede. 121Come in nota precedente.
credévano mórto (7)] [e ritórna più espérto. (7)] Quel che è certo, il signore non disse mai del suo Olimpo, [dei compágni immortáli, (7)] [delle cóse divíne. (7)] Parlò di sé, della sorella, delle Càriti, come si parla di una vita familiare124 - [meravigliósa e familiáre. (9)] [Qualche vólta ascoltárono insiéme (10)] un poeta girovago, ospitato per la notte.
TANATOS [Nulla di brútto in tutto quésto. (9)]
EROS [Nulla di brútto (5)] [e anzi paróle di confórto. (9)] [Iacínto imparó (6)] [che il signóre di Délo (7)] con quegli occhi indicibili [e quélla pacáta paróla (9)] [aveva vísto e trattáto (8)] [molte cóse nel móndo (7)] che potevano anche a lui toccare un giorno.125 L'ospite discorreva anche di lui, della sua sorte. La vita spicciola di Amicle gli era chiara e familiare. [Facéva progétti. (6)] [Trattáva Iacínto (6)] come un eguale coetaneo.
[Questo lo státo del ragázzo. (9)] [Davánti al signóre (6)] [ogni cósa era agévole, chiára. (10)] [A Iacínto paréva (7)] [di potére ogni cósa. (7)]
TANATOS [Ho conosciúto altri mortáli. (9)] [E più espérti, più sággi, (7)] [più fórti che Iacínto. (7)] [Tutti distrússe questa smánia (9)] [di potére ogni cósa. (7)]
EROS Mio caro, [in Iacínto non fú che speránza, (10)] [una trépida speránza (8)] di somigliarsi all'ospite. Né il Radioso raccolse l'entusiasmo [che leggéva in quegli ócchi (7)] – [gli bastó suscitárlo (7)] -, [lui scorgéva già allóra negli ócchi (10)] e nei riccioli [il bel fióre chiazzáto (7)] [ch'era la sórte di Iacínto. (9)] [Non pensó né a paróle né a lácrime. (10)] [Era venuto per vedere un fióre. (11)] [Questo fióre dovéva esser dégno di lúi (tetrapodia anapestica – 12 posizioni più finale atona)] – meraviglioso e familiare, come il ricordo delle Càriti. [E con cálma indolénza (7)] [creó questo fióre. (6)]
124 Cfr nota 123.
125 Si potrebbe parlare di dodecasillabo, in ogni caso è innegabile il ritmo che il segmento esprime attraverso l'andamento ternario degli accenti. Interessante la presenza della rima imperfetta mondo
TANATOS [Siamo cóse feróci, (7)] [noiáltri immortáli. (6)] Io mi chiedo fin dove gli Olimpici [faránno il destíno. (6)] [Tutto osáre può dársi distrúgga anche lóro.126 (tetrapodia anapestica – 12 posizioni più finale atona)]
EROS Chi può dirlo? Dai tempi del caos [non si è vísto che sángue. (7)] Sangue d'uomini, di mostri e di dei. [Si comíncia e si muóre nel sángue. (10)] [Tu come crédi di esser náto? (9)]
TANATOS [Che per náscere occórra moríre, (10)] lo sanno anche gli uomini. Non lo sanno gli Olimpici. [Se lo sóno scordáto. (7)] [Loro durano in un mondo che pássa. (11)]
Seguono una serie di cinque settenari che racchiudono il pensiero di Tanatos a proposito degli dei. Gli uomini sono consapevoli della loro natura mortale, sanno che per nascere bisogna morire. Gli dei, invece, non lo sanno, per loro il tempo è qualcosa che dura, loro durano in mondo che passa. Si tratta di una sequenza metrica a sé stante, in cui i segmenti ritmici coincidono, come per il segmento nel dialogo La nube, con le strutture sintattiche, e anche con le marcature forti costituite dai segni di interpunzione:
[Non esístono sóno. (7)] [Ogni lóro capríccio (7)] [è una légge fatále. (7)] [Per esprímere un fióre (7)] [distrúggono un uómo. (7)]127
EROS Sì, Tanatos. [Ma non vogliámo tener cónto (9)] [dei rícchi pensiéri (6)] [che Iacínto incontró? (7)] [Quell'ansiósa speránza (7)] [che fú il suo moríre (6)] [fu púre