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Breve excursus delle pronunce della Corte Edu sul divieto di tortura e di trattamenti inumani e degradant

dei detenut

2. Breve excursus delle pronunce della Corte Edu sul divieto di tortura e di trattamenti inumani e degradant

Trattando il tema del divieto di trattamenti inumani e degradanti, innanzitutto dobbiamo citare la Sentenza Irlanda c. Regno Unito, del 18 gennaio 1978, nella quale la Corte ha chiarito la differenza che sussiste tra il trattamento inumano e il trattamento degradante. Il

44 A. GUAZZAROTTI, La CEDU e l'Italia, cit., p. 3658 45 A. GUAZZAROTTI, La CEDU e l'Italia, cit., pp. 3665-3666

30 trattamento inumano consiste nella sottoposizione ad una forte sofferenza sia morale che fisica, realizzata senza alcuno scopo. Passando ad analizzare il trattamento degradante, esso si ha quando lo stesso provoca sofferenza, timore, inadeguatezza ed inferiorità nel soggetto recluso al fine di umiliarlo e di farlo vergognare in modo da impedire una sua resistenza fisica e morale46.

Per comprendere al meglio la posizione assunta dalla Corte EDU in tema di divieto di tortura, di trattamenti inumani o degradanti e di sovraffollamento carcerario dobbiamo analizzare la Sentenza Saadi c.

Italia, del 28 febbraio 2008. Il giudice di Strasburgo in questa sentenza

ha evidenziato che il divieto di tortura e di trattamenti inumani e degradanti sancito dall'art. 3 CEDU costituisce uno dei valori assoluti delle società democratiche, che non prevede deroghe nè eccezioni, ai sensi dell'art 15 CEDU, neanche in caso di emergenza pubblica che sia in grado di costituire una minaccia per lo Stato. Proprio con questa sentenza la Corte ha affermato che l'art. 3 non è né bilanciabile con altri valori, né disponibile47.

Per la Corte il sovraffollamento va ad incidere sulla dignità delle persone detenute e per questo integra una violazione dell'art. 3 CEDU; infatti proprio la condizione di inferiorità, di soggezione e di

46 R. CONTI, La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo sul sovraffollamento carcerario e i diritti del detenuto, in Politica del diritto, dicembre

2013, pp. 442-443

31 vulnerabilità in cui si trova il recluso obbliga l'amministrazione penitenziaria a tutelare maggiormente la sua dignità48. Sul punto dobbiamo richiamare la Sentenza Damiani c. Italia, del 7 febbraio 2012 ove si legge che “(...) trattandosi di persone private della libertà,

l'articolo 3 impone allo Stato l'obbligo positivo di assicurarsi che ogni prigioniero sia detenuto in condizioni compatibili con il rispetto della dignità umana, che le modalità di esecuzione della misura non sottopongano l'interessato ad un pericolo o ad una prova di una intensità che ecceda l'inevitabile livello di sofferenza inerente alla detenzione49”.

Lo Stato nel rispetto dell'art. 3 ha anche l'obbligo di tutelare il diritto alla salute e al benessere dei reclusi, in particolare somministrando le cure mediche necessarie che devono essere le stesse che vengono offerte dallo Stato a tutta la popolazione50: questo però non obbliga a

garantire le medesime cure mediche dispensate dalle migliori strutture sanitarie esterne51. Inoltre è indispensabile tenere in conto le esigenze concrete della reclusione52, in quanto la mancanza delle cure mediche adeguate al caso specifico e la detenzione in condizioni non adeguate

48 R. CONTI, La giurisprudenza della Corte europea, cit., p. 445 49 Corte Edu, 7 febbraio 2012, DAMIANI C. ITALIA, disponibile su

hudoc.echr.coe.int

50 Corte Edu, 11 luglio 2006, KUDLA C. POLONIA disponibile su

hudoc.echr.coe.int

51 Corte Edu, 10 luglio 2007, MIRILASHIVILI C. RUSSIA disponibile su

hudoc.echr.coe.int

52 Corte Edu, 22 dicembre 2008, ALEXANIAN C. RUSSIA disponibile su

32 può integrare la violazione dell'art. 3 CEDU53. Quello che conta quindi

è proteggere l'integrità fisica delle persone recluse: non vi è un obbligo generale di mettere in libertà o di trasferire in un ospedale civile un detenuto ma in situazioni molto gravi lo Stato può ricorrere a misure di carattere umanitario che rendano possibile tale trasferimento o tale uscita dal carcere54.

Per quanto riguarda il rilievo assunto dalla dignità nelle pronunce della Corte di Strasburgo dobbiamo evidenziare che, come nella Costituzione e nelle Carte dei diritti fondamentali sovranazionali, anche per la Corte EDU essa ha assunto un carattere indefettibile, incomprimibile, improrogabile e indissolubile. La dignità spetta ad ogni uomo in quanto tale, indipendentemente dalla gravità dei reati commessi. Come ha osservato l'avvocato Stix nelle conclusioni della causa Omega del 18 marzo 2004, la dignità corrisponde a quel dato pre-giuridico che fa' da premessa a tutti gli altri diritti umani: è la bilancia stessa degli altri diritti, anche se non si esprime nella medesima maniera in tutti gli ordinamenti, nazionali e sovranazionali. Vediamo per esempio che nella Dichiarazione universale dei diritti

dell'uomo del 10 dicembre 1948, nei Patti delle Nazioni Unite sui diritti civili e politici e sui diritti economici, sociali e culturali e anche

nella Convenzione per la salvaguardia dei diritti umani, seppur

53 Corte Edu, 27 giugno 2000, ILHAN C. TURCHIA disponibile su

hudoc.echr.coe.int

33 riconosciuta come valore supremo, la dignità non viene indicata come autonomo diritto. Nonostante tale silenzio,la Corte di Strasburgo nella sua giurisprudenza ha riconosciuto che il rispetto della dignità e della libertà stanno alla base della Convenzione stessa. La Corte nelle sue pronunce ha sempre riconosciuto alla dignità umana il valore di diritto immediatamente efficace ed inderogabile, non bilanciabile con altri diritti. Sono stati peraltro proprio i numerosi documenti sovranazionali quali la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (art 5), il Patto

internazionale dei diritti civili e politici del 1966 (art 10), la Convenzione europea per la prevenzione della tortura e dei trattamenti o delle pene inumani o degradanti del 1987, istitutiva del

CPT55, le Regole penitenziarie europee (art. 64 e art. 18), la

Raccomandazione n.2 del Comitato dei Ministri agli Stati membri sulle regole penitenziarie europee dell'11 gennaio 2006, a

concretizzare la portata di tale valore supremo e a fissare le condizioni minime che devono essere garantite ai detenuti. Il valore supremo della dignità è stato confermato anche dagli Stati nazionali nei rispettivi ordinamenti56.

55 Comitato europeo per la prevenzione della tortura e dei trattamenti inumani e

degradanti

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3. La prima condanna italiana in materia di