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Gli inviti della Corte Costituzionale a prevedere una tutela giurisdizionale effettiva per i diritti dei detenut

Gli interventi normativi in funzione del sovraffollamento carcerario

1. Gli inviti della Corte Costituzionale a prevedere una tutela giurisdizionale effettiva per i diritti dei detenut

Con la sentenza n. 26 del 1999 la Corte Costituzionale ha innanzitutto evidenziato che lo stato di detenzione non annulla la titolarità dei diritti dei detenuti134 ed ha invitato il Parlamento a prevedere una tutela giurisdizionale effettiva nei riguardi dei provvedimenti adottati dall'amministrazione penitenziaria che integrino violazioni dei diritti dei detenuti135; tuttavia non ha precisato, in mancanza di un rimedio giurisdizionale con portata generale, quale procedimento seguire tra i diversi rimedi previsti nel nostro ordinamento per la tutela dei diritti del detenuto136. Così si è espressa la Corte: “Al riconoscimento della

titolarità di diritti non può non accompagnarsi il riconoscimento del potere di farli valere innanzi a un giudice in un procedimento di natura giurisdizionale”137.

Con tale sentenza la Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli artt. 35 e 69 o.p. in quanto non prevedono l'opportunità per il detenuto di impugnare davanti ad un giudice terzo ed imparziale un atto dell'amministrazione penitenziaria lesivo di un proprio diritto ed ha invitato il legislatore a colmare tale lacuna attraverso l'individuazione di un procedimento giurisdizionale adeguato in cui sia

134 A. DELLA BELLA, E. DOLCINI, G. GATTA, Emergenza carceri, cit., p. 129 135 R. CONTI, La giurisprudenza della Corte europea, cit., p. 477

136 P. CORVI, Sovraffollamento carcerario, cit. p. 1799 137 Corte cost. sent. n. 26 del 1999

66 assicurato un effettivo contraddittorio tra il detenuto e l'amministrazione penitenziaria. Nei procedimenti già in vigore partecipavano al contraddittorio solo il difensore e il pm; il detenuto e l'amministrazione penitenziaria erano estromessi dal procedimento con l'unica eccezione dei casi in cui,seguendo il rito di sorveglianza, si ammetteva l'intervento del detenuto. Era quindi necessario che potessero partecipare sempre sia il detenuto che l'amministrazione penitenziaria, specie se il provvedimento emesso dal giudice fosse stato cogente per quest'ultima. Inoltre risultava indispensabile che la decisione del giudice venisse motivata così da permettere forme di controllo sulla stessa138.

Le Sezioni Unite della Cassazione il 26.02.2003 con sentenza n. 25079 hanno indicato come strumento idoneo ad assicurare la tutela giurisdizionale dei detenuti il procedimento disciplinato dall’art. 14 ter o.p. ma tale rimedio mostra grandi carenze139 in quanto è del tutto inadeguata la forma di controllo prevista in tale art., il quale prevede esclusivamente il ricorso in cassazione esperibile dal detenuto e dall'amministrazione penitenziaria solo per violazione di legge. Tale art. inoltre non garantisce un'attività istruttoria, neanche più snella, per permettere al giudice di raccogliere gli elementi necessari a valutare la

138 P. CORVI, Sovraffollamento carcerario, cit., p. 1800

139 F. FIORENTIN, Tutela effettiva per i diritti delle persone detenute, l’ennesimo rintocco della campana, l’assordante silenzio del legislatore, l’ultimatum della Corte Edu, in Rivista Italiana di Diritto e Procedura Penale, 2013, p. 2040

67 sussistenza della violazione del diritto, come stabilito nell'art. 185 disp. att 140.

La Corte Costituzionale con sentenza n. 266 del 2009 ha poi ribadito come le decisioni del magistrato di sorveglianza dirette ad eliminare le violazioni dei diritti dei detenuti, a norma dell'art. 69 quinto comma o.p., sono “prescrizioni od ordini, il cui carattere vincolante per

l'amministrazione penitenziaria è intrinseco alle finalità di tutela che la norma stessa persegue”141. Tuttavia continuava a mancare nel

nostro ordinamento un meccanismo idoneo ad ottenere l'esecuzione coattiva delle decisioni del magistrato di sorveglianza da parte dell'amministrazione penitenziaria. L'unica norma che prevedeva l'esecuzione coattiva era l'art. 659 c.p.p. ma solo inerentemente alle pronunce con cui si disponeva la carcerazione, la scarcerazione o si statuiva sulle misure di sicurezza, con esclusione della confisca. In tutti i restanti casi mancava una disciplina specifica che garantisse l'esecutività dei provvedimenti, cosicché le statuizioni contenute nelle pronunce del magistrato di sorveglianza rimanevano lettera morta nel caso in cui l'amministrazione non avesse ottemperato142. Qualora l'amministrazione penitenziaria avesse adottato un provvedimento lesivo dei diritti dei detenuti, l'unico potere concesso al giudice di sorveglianza era quello di disapplicare il provvedimento in toto, o

140 P. CORVI, Sovraffollamento carcerario, cit., p. 1801 141 Corte cost. sent. n. 266 del 2009

68 nella parte lesiva del diritto, non potendo invece annullare o modificare l'atto illegittimo.143 La disapplicazione non garantiva un'effettiva tutela dei diritti del detenuto in quanto l'ordinanza del giudice avrebbe potuto non essere eseguita o essere eseguita tardivamente e solo nei confronti di chi avesse reclamato tale violazione. Inoltre anche se si fosse previsto ex art. 113 Cost. che il magistrato di sorveglianza avesse potuto annullare i provvedimenti dell'amministrazione penitenziaria, ciò non avrebbe eliminato la possibilità dell'amministrazione di non dare esecuzione al provvedimento. Sia la disapplicazione che l'annullamento sono infatti irrilevanti se l'amministrazione non si adegua alla decisione del giudice. Anche nei casi di situazioni di fatto che violano i diritti dei detenuti quali la carenza dei servizi igienici, luoghi insalubri, celle troppo piccole, i provvedimenti meramente dichiarativi del magistrato di sorveglianza non sono idonei a tutelare effettivamente il detenuto. La soluzione avrebbe potuto essere quella offerta dall'art. 69 comma 5 o.p., che avrebbe permesso la sostituzione del magistrato di sorveglianza all'amministrazione come una sorta di commissario ad

acta ma tale lettura avrebbe consentito al giudice di invadere la sfera

di competenza dell'amministrazione. La soluzione preferibile

143 Il Magistrato di sorveglianza di Lecce, con ordinanza n. 239 del 27 marzo 2012,

ha sollevato questione di costituzionalità dell'art. 69, comma 5 o.p. in quanto non conferisce al magistrato di sorveglianza il potere di annullare il provvedimento adottato dall'amministrazione penitenziaria. La Corte costituzionale con ordinanza del 3 giugno 2013 n. 126 ha dichiarato la questione inammissibile non avendo il giudice a quo motivato adeguatamente la rilevanza della questione

69 sembrerebbe quella di dotare di esecutività il provvedimento del giudice, delineando un procedimento ad hoc o il giudizio di ottemperanza qualora l'amministrazione non adempiesse al provvedimento del giudice; tuttavia anche il ricorso a questi espedienti non permetterebbe sempre di tutelare i diritti del detenuto in quanto ci sono casi di oggettiva impossibilità per l’amministrazione di conformarsi alla decisione del giudice: in caso di sovraffollamento se mancano gli spazi all'interno del carcere è impossibile da parte dell'amministrazione adeguarsi al dictum del giudice144.

2. Dichiarazione dello stato d’emergenza nazionale: “Piano