I rimedi di natura compensativa
3. I procedimenti seguiti dal Mag Sorv e dal Giudice Civile
L’art. 35-ter suscita molte perplessità circa la sfera di competenza del Magistrato di Sorveglianza e quella del Giudice Civile317; infatti un
rilevante problema applicativo del d.l. 26 giugno 2014 n. 92 è dato dalla duplice tutela risarcitoria, garantita in parte dal Magistrato di Sorveglianza e in parte dal Tribunale Civile. Secondo l’interpretazione letterale della norma sembrerebbe individuarsi nell’”attualità” del pregiudizio il criterio distributivo della competenza tra i due organi. E’ probabile però che basandosi esclusivamente sull’attualità della
315 G. GIOSTRA, sub art. 35 ter, in A. BERNASCONI, F. DELLA CASA, G.
GIOSTRA, Ordinamento penitenziario commentato, cit., pp. 417 e 421
316 F. CAPRIOLI, L. SCOMPARIN, Sovraffollamento carcerario, cit., p. 241 317 G. GIOSTRA, sub art. 35 ter, in A. BERNASCONI, F. DELLA CASA, G.
139 lesione ci si limiti a ridurre la pena, circoscrivendo la portata dell’innovazione normativa, ai casi in cui la pena sia ancora in esecuzione e l’inumana detenzione sia ancora attuale318: infatti se il
Magistrato di Sorveglianza non decide prima che il detenuto abbia terminato l’esecuzione della pena lo stesso non potrà più ottenere un risarcimento in natura ma dovrà presentare un ulteriore ricorso al Giudice Civile per richiedere un risarcimento per equivalente. Ma ciò non inficia l’effettività del rimedio319?
Sul requisito dell’”attualità” la magistratura di sorveglianza si è divisa tra la tesi secondo la quale l’attualità del pregiudizio non porterebbe elementi validi per la decisione della causa in corso e la tesi opposta che ritiene tale requisito basilare per l’ammissibilità della domanda. Mentre tale requisito sembra imprescindibile per la tutela preventiva, nel caso della tutela risarcitoria sembra paradossale la sussistenza dell’”attualità” del pregiudizio, in quanto normalmente gli strumenti risarcitori riguardano il passato, riguardano danni già consumati. Quindi dobbiamo pensare all’”attualità” del pregiudizio non nell’accezione tipica del rimedio preventivo ma pensando ad un pregiudizio che non per forza deve essere in atto al momento dell’istanza e della decisione. E’ sufficiente che l’esecuzione penale sia corrente e che il pregiudizio possa ripresentarsi; per questo sarebbe
318 P. GORI, Art. 3 CEDU, cit.
140 auspicabile che il condannato, anche in caso di ammissione ad una forma di esecuzione penale extra-carceraria, potesse rivolgersi al Magistrato di Sorveglianza in quanto la concessione di una misura alternativa non porta al termine l’esecuzione penale. Sembrerebbe inoltre che chi ha subito il pregiudizio prima dell’entrata in vigore del d.l. 28 giugno 2014 e non si trova più in custodia cautelare, ha cessato di scontare la pena o ha già adito la Corte EDU, debba presentare il ricorso entro 6 mesi da tale data, per il divieto di retroattività, ma secondo un filone giurisprudenziale non è attraverso tale d.l. che la detenzione inumana e degradante è divenuta un fatto illecito, si è solamente introdotto uno strumento per far valere l’offesa a tale diritto più velocemente e con maggior efficacia: in questo caso non si violerebbe il divieto di retroattività320 e anche il soggetto ancora detenuto potrebbe comunque adire il Mag. Sorv. per il risarcimento del periodo sofferto in condizioni inumane e degradanti, prima dell’entrata in vigore del d.l.321. Sembra paradossale il fatto che chi ha
già presentato il ricorso di fronte alla Corte EDU debba obbligatoriamente presentare il ricorso di fronte al giudice nazionale entro 6 mesi dall’entrata in vigore del d.l., mentre chi non ha ancora presentato il ricorso di fronte alla Corte EDU possa presentare il
320 A. PENONCINI, Il “rimedio risarcitorio” da detenzione inumana, cit., pp.
2019-2020
321 G. GIOSTRA, sub art. 35 ter, in A. BERNASCONI, F. DELLA CASA, G.
141 ricorso entro 10 o 5 anni, a seconda che si intenda l’art. 35 ter come un’ipotesi di responsabilità contrattuale o extracontrattuale322.
Se si applicasse rigorosamente l’art. 35-ter nei confronti di coloro che si trovano ancora in carcere, avendo però finito di scontare la pena in condizioni inumane e degradanti, non esisterebbe alcun modo per ottenere il risarcimento per la detenzione inumana e degradante scontata, in quanto essendo ancora in carcere non vi sarebbe la possibilità di adire il Giudice Civile, e mancando l’attualità del pregiudizio non vi sarebbe nemmeno la possibilità di adire il Magistrato di Sorveglianza. Si potrebbe adottare un’interpretazione estensiva della norma in esame permettendo a chi, seppur ancora in carcere, ha cessato di scontare la pena in condizioni disumane di rivolgersi al Giudice Civile323 ; ma, stando a quanto previsto dall’art. 35-ter comma 3, la competenza del Giudice Civile nasce al momento della scarcerazione e quindi il diritto al risarcimento potrebbe rimanere congelato per anni e questo sembrerebbe porsi in contrasto con quanto ribadito più volte dalla Corte EDU: le decisioni in materia devono essere celeri, motivate ed eseguite rapidamente324.
Va quindi preferita la lettura che suscita meno perplessità, che evita disparità di trattamento, che rende più celere e accessibile l’intervento
322 L'ALTRO DIRITTO ONLUS, Memoria al Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa, cit., p. 5
323 A. PENONCINI, Il “rimedio risarcitorio” da detenzione inumana, cit., p. 2021 324 G. GIOSTRA, sub art. 35 ter, in A. BERNASCONI, F. DELLA CASA, G.
142 risarcitorio ossia quella secondo la quale il risarcimento per trattamento inumano pre-sofferto da soggetto ancora detenuto va disposto dal Mag. Sorv., la cui competenza termina con la fine della reclusione325. La Corte Edu nel caso Stella ed a c. Italia ha confermato tale impostazione sottolineando che “la competenza decisionale
appartiene ai magistrati di sorveglianza per quanto riguarda i reclami delle persone detenute, e ai giudici ordinari per quanto riguarda le persone già liberate”326.
La Corte di Cassazione è intervenuta sul problema del requisito dell’”attualità” del pregiudizio a seguito di pronunce contrastanti dei Mag. Sorv. Parte della magistratura di sorveglianza usa dichiarare inammissibili i ricorsi provenienti da detenuti che non sono in una situazione di violazione in atto, mentre un’altra parte della magistratura di sorveglianza li ritiene ammissibili. La Corte di Cassazione non ha risposto a tale problema in quanto ha preso due decisioni con soluzioni opposte, nel medesimo giorno. Nella decisione n. 43722 dell’11/6/2015 la Corte ha mosso delle critiche verso la formulazione della norma e ha proposto una interpretazione sistematica secondo la quale la violazione in atto non è uno dei requisiti per ottenere il rimedio compensativo; nella decisione n.
325 G. GIOSTRA, sub art. 35 ter, in A. BERNASCONI, F. DELLA CASA, G.
GIOSTRA, Ordinamento penitenziario commentato, cit., p. 424
326 Corte Edu, 16 settembre 2014, STELLA ED A. C. ITALIA, disponibile su
143 43727 la stessa Prima sezione della Corte, con lo stesso Presidente ma con un diverso estensore, ha affermato al contrario che la violazione in atto è il requisito principale per ottenere il rimedio compensativo. Una successiva decisione della Corte di Cassazione, la n. 2224 del 26/11/2015 ha confermato la prima interpretazione: ciò che ci resta da fare è attendere che si pronuncino le Sezioni Unite327.
4. La natura della responsabilità civile dell'amministrazione