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Breve resoconto sul concetto di distretto industriale

4 Localizzazione Dell’imprenditoria Cinese In Italia: Un Confronto Tra Distretti

4.4 Breve resoconto sul concetto di distretto industriale

Prima di passare ad analizzare due realtà concrete di imprenditoria straniera che fanno parte dello scenario imprenditoriale nazionale, risulta opportuno in tale sede fare riferimento al concetto di distretto industriale, che costituisce la base dello sviluppo della piccola e media impresa in Italia. Giacomo Becattini, uno dei primi studiosi italiani a occuparsi del concetto di distretto industriale, lo definisce come <<un’entità socio-territoriale caratterizzata dalla compresenza attiva, in un’area territorialmente circoscritta, naturalisticamente e storica- mente determinate, di una comunità di persone e di una popolazione di imprese industriali. Nel distretto, a differenza di quanto accade in altri ambienti, la comunità e le imprese ten- dono, per così dire, ad interpretarsi a vicenda>>.

Per quanto concerne la comunità di persone, il tratto più rilevante è costituito dal fatto che es- sa incorpora un sistema abbastanza omogeneo di valori che si esprime in termini di etica del

6 Teresa SAVINO, Andrea VALZANIA, Livia BRUSCAGLIONI, op. cit., pp. 6,7. 7

Maurizio AVOLA, Anna CORTESE, “Commercianti cinesi a Catania: risorse competitive e strategie imprendito- riali” in Antonio M. CHIESI, Deborah DE LUCA, op. cit., pp.32-36.

8 Antonella CECCAGNO, “Nei-Wai:interazioni con il tessuto socioeconomico e autoreferenzialità etnica nelle

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lavoro e dell'attività, della famiglia, della reciprocità, del cambiamento. Tutti i principali aspetti della vita ne sono in qualche modo toccati. Il sistema di valori che prevale nel distretto si forma, più o meno rapidamente, nel corso del tempo, secondo modalità ancora inesplorate; esso costi- tuisce uno dei requisiti preliminari per la formazione di un distretto e una delle condizioni fon- damentali della sua riproduzione.

Per quanto riguarda il concetto di “popolazione di imprese”, Becattini precisa ancora che:

[…] essa non è una molteplicità accidentale di imprese. Infatti, ciascuna delle numerose imprese che la compongono è specializzata in una fase, o comunque in poche fasi, del processo di pro- duzione tipico del distretto. Il distretto, insomma, è un caso di realizzazione localizzata di un permesso di divisione del lavoro che non si diluisce nel mercato generale, non si concentra in una o poche imprese. La parola localizzazione sta qui per qualcosa di diverso dall'accidentale concentrarsi in un luogo di processi produttivi attratti da fattori localizzativi formatisi indipen- dentemente; qui si tratta di un radicamento nel territorio che non può essere separato concet- tualmente dal suo processo di formazione.9

L’espressione “compresenza attiva” sta ad indicare la funzione autonoma esercitata dalla popolazione locale sull’organizzazione della produzione, che deriva dalla sua cul- tura sociale. Si tratta di un sistema di valori dominato da spirito d’iniziativa, che genera un ambiente culturale adatto all’iniziativa economica e che influisce sulle relazioni in- dustriali. L’organizzazione della produzione, con l’ausilio di piccole e medie imprese in- dipendenti, che corrispondono alle singole unità produttive di fase, è resa possibile grazie a una suddivisione del processo produttivo, che trae vantaggio sia dalle econo- mie esterne di localizzazione10 che da quelle interne.11

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Giacomo BECATTINI, “Riflessioni sul distretto industriale marshalliano come concetto socioeconomico”, (ed. or. “The Marshallian Industrial District as a Socio-Economic Concept”, in F. PIKE, G. BECATTINI e W. SENGENBERGER (eds), Industrial District and Inter-firm Cooperation in Italy, Geneva, IILS, 1990), in Stato e

Mercato I,n.25, aprile 1989, pp.113-115.

10 Alla base del concetto di economie esterne di localizzazione vi sono i vantaggi della concentrazione territoria-

le di imprese specializzate in particolari processi produttivi, in grado di promuovere la riproduzione di compe- tenze e diffonderle sul territorio. Le origine della nozione di economie esterne di localizzazione nel pensiero marshalliano vanno ricercate nell’inserimento dell’organizzazione tra i fattori della produzione e dalla messa in rete della conoscenza come variabile dipendente. Secondo Marshall l’organizzazione sociale, industriale e ter- ritoriale in un distretto industriale assume una dimensione organica, dove ad una crescente suddivisione delle funzioni tra le varie parti dell’organismo, corrisponde una maggior connessione tra di esse, grazie al sistema di relazioni ed alla messa in rete della conoscenza. Il processo di sviluppo di ogni singola parte dell’organismo è quindi strettamente legato sia alle strategie, sia allo stato di salute delle altre parti. (Consultare il rapporto di Zucchetti al sito http://www.mi.camcom.it/upload/file/453/226800/FILENAME/Zucchetti.PDF).

11 Fabio SFORZI, Franco LORENZINI, “I Distretti industriali”, in L’esperienza italiana dei distretti industriali, IPI e

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Quindi il distretto industriale appare come un raggruppamento di imprese, specializza- te in un determinato processo produttivo e collegate tra loro da un sistema di valori, relazioni sociali, istituzionali e ambientali, venutesi a creare tra gli individui presenti in un determinato territorio e il territorio stesso; i distretti industriali nascono sia dal van- taggio che le imprese traggono dal raggrupparsi in un’area geografica, traendo a loro volta profitto dalla divisione del lavoro, sia dalla presenza di processi cumulativi e cre- scenti profitti nei processi produttivi territorialmente concentrati rispetto a quelli isola- ti.12

Il distretto industriale si presenta come un’organizzazione a livello territoriale, a carattere sia economico che sociale. Il suo vantaggio competitivo deriva da economie che risultano ester- ne alle singole imprese, ma interne al sistema locale; le suddette economie dipendono non solo dalla grandezza del gruppo di imprese presenti sul territorio, ma anche dalle caratteri- stiche del contesto socio-istituzionale in cui si trovano. Queste economie esterne distrettuali sono semiautomatiche, nel senso che sono il frutto di processi quotidiani che permettono al distretto industriale di adeguarsi ai cambiamenti dell’ambiente esterno. Il distretto industria- le è caratterizzato da tre diversi processi evolutivi:

1. Il processo di divisione del lavoro fra le imprese, che produce economie esterne di specializzazione;

2. Il processo di integrazione flessibile della divisione del lavoro attraverso mercati lo- cali caratterizzati da concorrenza e cooperazione, che genera economie esterne di coordinamento e di costi di transazione;

3. Il processo di apprendimento dovuto all’<<atmosfera industriale>>, che deriva dall’ampliamento delle relazioni socioeconomiche fra individui specializzati in attivi- tà analoghe e complementari, che genera economie esterne di apprendimento. Quando le condizioni di domanda e offerta sono caratterizzati da cambiamenti di tipo con- giunturale o incrementale, i suddetti processi fanno si che il distretto industriale si adegui immediatamente, riproducendo il suo vantaggio competitivo. Come affermato nella lettera- tura sui distretti industriali, il funzionamento di tali processi dipende dalla condivisione di conoscenze, credenze e norme di cooperazione reciproca, il cosiddetto <<codice del distret-

(segue nota) (http://host.uniroma3.it/docenti/costantini/EconomiaUrbanaLM_file/Lorenzini-Sforzi_distretti- industriali.pdf)

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Sergio ZUCCHETTI, Una nuova generazione di distretti industriali, Centro Ricerche Sviluppo e Territorio, Uni-

versità Carlo Cattaneo, pp.1,2. Per maggiori informazioni consultare il sito

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to>>, tra coloro che fanno parte di un determinato distretto industriale. Il rispetto del codice del distretto permette il buon funzionamento dei processi che generano il vantaggio compe- titivo, tipico dell’organizzazione distrettuale.

L’ambiente economico tipico del distretto, caratterizzato dalla presenza di piccole imprese specializzate nelle diverse fasi del processo produttivo, costituisce un punto di arrivo ma se vogliamo anche di partenza, in particolare per gli immigrati cinesi provenienti dallo Zhejiang insediatisi nel distretto tessile di Prato. Si tratta di un’area contrassegnata da un elevato spi- rito imprenditoriale e propensione al commercio dei suoi abitanti, che hanno basato la loro crescita economica sul ruolo giocato dalle piccole imprese familiari, specializzate nella pro- duzione di oggetti dell’industria leggera, come bottoni e scarpe. Essi hanno intravisto nel di- stretto tessile di Prato un’opportunità di crescita e di successo, non solo per le affinità tra la struttura produttiva di arrivo e quella di provenienza, ma anche perché la struttura produtti- va dei distretti gli permette di sfruttare al massimo le risorse socio-economiche e culturali di cui sono dotati.13

Il distretto industriale è costituito da tre elementi di diversa natura:

1. Quantitativa: la concentrazione di imprese in un ambito territoriale e la divisione del lavoro connessa alla specializzazione di ogni impresa in una fase del processo produt- tivo;

2. Qualitativa: l’ambiente culturale all’interno del quale le imprese agiscono, formato da valori e istituzioni, dalla facilità di circolazione delle informazioni, le reti che connet- tono le imprese del distretto a un ambiente economico più vasto, nazionale e a volte internazionale e lo rendono parte di un mercato più ampio;

3. Dinamica: il territorio.14

Concludendo le sue Riflessioni sul distretto industriale marshalliano, Becattini dichiara che

La nascita e lo sviluppo di un distretto industriale è quindi non semplicemente il risultato “loca- le”, già tutt'altro che facile a realizzarsi, dell’incontro di certi tratti socio-culturali di una comu- nità (un sistema di valori, di orientamenti e di istituzioni), di caratteristiche storico- naturalistiche di un'area geografica (orografia, reti e nodi di comunicazione, forme d'insedia- mento, ecc.) e di caratteristiche tecniche del processo produttivo (decomponibilità dei processi,

13 Gabi DEI OTTATI, “Distretti industriali italiani e doppia sfida cinese”, QA- Rivista dell’Associazione Rossi-Doria,

1, 2009 (ed. or. “Italian industrial districts and the dual Chinese challenge” in Graeme JOHANSON, Russell SMYTH, Rebecca FRENCH (eds), Living outside the walls- The chinese in Prato, Cambridge, Cambridge Scholars Publishing, 2009.), pp.123-129.

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brevità delle serie, ecc.), ma anche il risultato di un processo di interazione dinamica (un circolo virtuoso) fra la divisione-integrazione del lavoro nel distretto e l'allargamento del mercato dei suoi prodotti. L'uno alimenta l'altro […]15

Pertanto, per una concentrazione di micro imprese specializzate in un determinato settore il distretto industriale rappresenta la possibilità di organizzare la produzione in modo efficien- te, come avviene nel caso di una grande industria; tutto questo è reso possibile grazie all’apporto dei flussi di economie esterne che si generano localmente tra le imprese e che derivano da conoscenze, valori e comportamenti attraverso i quali la società locale agisce sull’organizzazione industriale.16