• Non ci sono risultati.

A. Le possibili criticità sollevate dal Consiglio di Stato

X. Brevi considerazioni conclusive

In estrema sintesi, la riforma del catasto consentirà di rag-giungere due importanti obiettivi:

a) l’accatastamento di proprietà immobiliari oggi scono-sciute al Fisco ed un più accurato classamento dei terreni, per alcuni dei quali verrà recuperata la destinazione edifi-catoria, e delle unità immobiliari urbane, così da rifletterne le caratteristiche effettive;

b) la disponibilità di una stima “pubblica” aggiornata del valore di mercato di ogni singola proprietà, confrontabile con quella esistente e obsoleta.

L’accatastamento delle “case-fantasma” consentirebbe – almeno in teoria – di aumentare automaticamente il gettito delle imposte misurate sui valori catastali, il cui presupposto è l’accatastamento ed il corretto classamento.

Tuttavia, l’identificazione dei fabbricati non dichiarati al catasto è stata avviata nel 2006 e l’Agenzia delle Entrate – Territorio ne ha già identificato 1,2 mio. unità sconosciute al Fisco, per un incremento di gettito in circa 0,6 mia di euro.

Non vedo motivi per pensare che ne esistano molti altri sfug-giti al controllo.

È, invece, ragionevole ipotizzare che un maggior contributo al gettito delle imposte immobiliari basate sui valori catastali pro-verrà dall’opera di riclassificazione delle unità immobiliari urbane, che dovrebbe portare molte di esse dall’attuale classamento in categorie catastali non più attuali, quali quelle ultra-popolari (A/5), popolari (A/4) ed economiche (A/3), in categorie la cui rendita è maggiore e meno distante dai valori di mercato.

Non si può escludere che la riclassificazione porti anche effetti contrari, cioè una riduzione dei valori catastali per alcuni immobili, ma non credo che la dimensione di questa correzione in negativo sia tale da ridurre significativamente la prima.

Davvero non vedo alcuna ragione per la quale non si dovrebbe andare avanti con la riforma. Vedo, invece, molte ragioni ad essa favorevoli, le maggiori essendo le seguenti:

◆ la disponibilità di una banca dati affidabile dei valori di mercato, ancorché su base statistica, consentirà di cor-reggere le gravi incongruenze e le iniquità che affliggono il sistema di tassazione degli immobili attualmente vigente, aggiustando la distribuzione dei pesi fiscali sui contribuenti aventi maggiore capacitò contributiva;

◆ migliorerà il funzionamento dell’Indicatore di Situazione Economica Equivalente (ISEE), che è il principale strumento di selezione per l’accesso alle prestazioni sociali, quali ad es. asili nido, alloggi di edilizia popolare, tasse universitarie, reddito di cittadinanza;

◆ permetterà di riordinare l’intero comparto della tassazione del patrimonio, anche ad invarianza di gettito complessivo.

Pierangelo Chiodino

Dottore Commercialista – revisore legale, Studio Antonelli Cattaneo Bottai Chiodino, Milano

Considerazioni in merito agli obblighi per le imprese assicurative comunitarie alla luce dei recenti interventi sulla regolamentazione di settore

Monitoraggio fiscale ex art. 1 D.L. n. 167/1990 per gli intermediari esteri stabiliti in Italia senza succursale

Gli intermediari finanziari esteri soggetti al “monitoraggio fiscale” previsto dall’art. 1 D.L. n. 167/1990 sono tutti quelli insediati in Italia con succursale e quelli comunitari (UE) e dello Spazio economico europeo (SEE) stabiliti senza succursale. Prendendo spunto dal ruolo crescente che le linee guida alle attività di accertamento dell’Agenzia delle Entrate, di recente pubblicazione, attribuiscono alla verifica del corretto assolvimento degli obblighi di monitoraggio da parte degli intermediari finanziari, in un precedente contributo su questa rivista[1] è stato illustrato l’ambito applicativo di tale normativa, con particolare riferimento alle ipotesi di “insediamento con succursale”, alla base dei rilievi che negli ultimi anni l’Agenzia delle Entrate ha solle-vato principalmente nei confronti delle banche svizzere. In questa sede viene analizzata, invece, la diversa ipotesi dello

“stabilimento senza succursale”, con particolare riguardo alle imprese assicurative UE/SEE in considerazione sia dei recenti interventi sulla regolamentazione di settore, che sembrerebbero estendere gli obblighi di monitoraggio anche alle imprese che operano in regime di libera prestazione, sia della rilevanza che il monitoraggio è verosimilmente destinato ad assumere nell’ambito delle attività di indagine e verifica che le autorità Italiane si accingono ad avviare nei confronti delle compagnie estere[2].

[1] Pierangelo Chiodino, GIi intermediari finanziari esteri e monitorag-gio fiscale ex art. 1 D.L. n. 167/1990, in: NF 9/2021, pp. 483-489.

[2] Angelo Mincuzzi, Assicurazioni, inchiesta a Milano Una black list per riciclaggio, in: il Sole 24 Ore, 21 luglio 2021, https://24plus.ilsole24ore.

com/art/fisco-maxi-inchiesta-lombard-assurance-blackstone-e-altre-100-compagnie-AEh379X (consultato il 07.11.2021).

I. Introduzione

Il monitoraggio fiscale previsto dall’art. 1 del Decreto Legge (D.L.) n. 167/1990 consiste nell’obbligo in capo agli inter-mediari bancari e finanziari[3] di trasmettere annualmente all’Agenzia delle Entrate i dati e le informazioni relativi alle operazioni di trasferimento di mezzi di pagamento d’im-porto superiore ad euro 15’000 da e verso l’estero eseguite per conto o a favore di persone fisiche, enti non commerciali, società semplici e associazioni equiparate, residenti e non residenti.

Gli intermediari esteri tenuti a tale obbligo, individuati attra-verso il rinvio alla normativa antiriciclaggio (art. 3, comma 2, del Decreto Legislativo [D.Lgs.] n. 231/2007, cd. “Decreto Anti-riciclaggio”), sono tutti quelli insediati con succursale in Italia (qualunque sia il loro Paese di origine) e, a partire dal 2017, quelli dell’Unione europea (UE) e dello Spazio economico europeo (SEE)[4] stabiliti senza succursale in Italia.

Il mancato adempimento è soggetto ad una sanzione pecuniaria compresa tra il 10% e il 25% dell’importo dei flussi finanziari che avrebbero dovuto essere dichiarati. Da qui la rilevanza che tale problematica può assumere per un

[3] Trattasi essenzialmente di banche, SIM, Sgr, fiduciarie, compagnie di assi-curazioni ramo vita e intermediari assicurativi, SICAV, SICAF, IMEL, IP, ecc., per effetto del rinvio operato dall’art. 1 D.L. n. 167/1990 all’art. 3, comma 2, D.Lgs.

n. 231/2007 (quelli di cui al comma 3 e al comma 5 del medesimo art. 3 D.Lgs.

n. 231/2007 richiamato dall’art. 1 non sono rilevanti ai fini della presente analisi).

[4] Trattasi di Norvegia, Islanda e Liechtenstein.

I. Introduzione ...584 II. L’operatività transfrontaliera nel settore

assicurativo: principi generali ...585 III. Gli operatori stabiliti senza succursale

(requisito soggettivo) ...585 IV. L’intervento di più intermediari ...587

V. Le operazioni oggetto di monitoraggio

(requisito oggettivo) ...587 VI. Il monitoraggio in caso di intestazione fiduciaria ...588 VII. Le esclusioni ...589 VIII. Le modalità applicative ...590 IX. Le sanzioni e il ravvedimento ...590 X. Conclusioni ... 591

intermediario estero se solo si considera l’importo che tali flussi possono assumere nell’arco di un quinquennio (il periodo di solito oggetto di accertamento).

Nelle attività di verifica e indagine avviate a partire dal 2019 nei confronti delle banche estere (principalmente svizzere), l’Agenzia delle Entrate ha ricollegato la violazione di tale obbligo all’esi-stenza di una stabile organizzazione non dichiarata in territorio Italiano, nel presupposto che questa, ove dichiarata, sarebbe stata tenuta a tale obbligo. Si è già evidenziato[5] come l’insediamento con succursale, presupposto necessario ai fini dell’insorgenza degli obblighi in capo agli intermediari extra UE/SEE, non coincida puntualmente con la nozione squisitamente tributaria di stabile organizzazione: infatti, si è visto come, anche alla luce della posizione assunta dall’Agenzia delle Entrate[6], lo “stabilimento”

sia soggetto a vincoli e condizioni più stringenti rispetto a quelli richiesti per la configurazione di una stabile organizzazione.

Per gli intermediari UE/SEE, invece, l’esistenza di una suc-cursale/stabile organizzazione in territorio Italiano non è condizione necessaria ai fini del monitoraggio, con la conseguenza che nei loro confronti l’eventuale violazione di tale obbligo potrà essere contestata con maggiore facilità non richiedendo appunto il preventivo accertamento di una stabile organizzazione non dichiarata.

Sulla base di quanto esposto, tutto lascia intendere che il monitoraggio fiscale sarà uno dei punti su cui si verteranno le annunciate attività di indagine delle autorità italiane nei confronti degli operatori assicurativi esteri.

Si cercherà, quindi, di definire con maggiore precisione quali siano le imprese assicurative tenute a tale obbligo, il peri-metro oggettivo di sua applicazione, ossia quali operazioni transfrontaliere vi rientrino e quali invece siano escluse, e gli strumenti a disposizione per regolarizzare eventuali violazioni o mitigare le possibili sanzioni.

II. L’operatività transfrontaliera nel settore assicurativo:

principi generali

Gli intermediari finanziari tenuti agli obblighi di monitoraggio individuati dall’art. 3, comma 2, D.Lgs. n. 231/2007 includono (lett. n) le imprese di assicurazione[7] che operano nei rami vita[8] e (lett. o) gli intermediari assicurativi di cui all’art. 109, comma 2, lett. a, b e d CAP che operano nei medesimi rami di

[5] Chiodino (nota 1).

[6] Agenzia delle Entrate, Risoluzione n. 124/E del 7 novembre 2006.

[7] Sono definite imprese di assicurazione le società autorizzate secondo quanto previsto nelle direttive comunitarie sull’assicurazione diretta (art. 1, lett. t, D.Lgs. n. 209/2005 [cd. Codice delle Assicurazioni Private, CAP]).

[8] L’art. 3, comma 2, lett. n richiama le attività previste all’art. 2, comma 1, CAP, ossia: (i) le assicurazioni sulla durata della vita umana; (ii) le assicurazioni di nuzialità e di natalità; (iii) di cui ai rami (i) e (ii) le cui prestazioni principali sono direttamente collegate al valore di quote di organismi di investimento collettivi del risparmio o di fondi interni ovvero a indici o altri valori di riferimento; (iv) l’assicurazione malattia e l’assicurazione contro il rischio di non autosufficienza che siano garantite median-te contratti di lunga durata, non rescindibili, per il rischio di invalidità grave dovuta a malattia, infortunio o longevità; (v) le operazioni di capitalizzazione; (vi) le operazioni di gestione di fondi collettivi costituiti per l’erogazione di prestazioni in caso di morte, in caso di vita o in caso di cessazione o riduzione dell’attività lavorativa.

attività (vale a dire agenti che agiscono in nome o per conto di una o più imprese di assicurazione, mediatori [broker] in qualità di intermediari che agiscono su incarico del cliente e senza poteri di rappresentanza, banche autorizzate ai sensi dell’art. 14 D.Lgs. n. 385/1993 [cd. Testo Unico Bancario, TUB], intermediari finanziari inclusi nell’elenco speciale di cui agli artt. 106 e 114-septies TUB, società di intermediazione mobiliare autorizzate ai sensi dell’art. 19 D.Lgs. n. 58/1998 [cd. Testo Unico della Finanza, TUF], Poste Italiane).

Quelli esteri rientranti nelle suddette tipologie sono anch’essi soggetti all’obbligo a seconda che siano stabiliti in Italia con o senza succursale in funzione del loro Paese di origine (UE/SEE o extra-UE/SEE).

Al fine di una loro più puntuale identificazione giova richia-mare in estrema sintesi i principi cardine che regolano l’attività assicurativa transfrontaliera in Italia:

a) le imprese di assicurazione con sede legale e amministra-zione centrale in Paesi extra UE/SEE possono operare in Italia solo in regime di stabilimento con succursale previa autorizzazione da parte dell’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS)[9] (l’esercizio in regime di libera pre-stazione è espressamente vietato [art. 29, comma 1]);

b) le imprese di assicurazione UE/SEE possono, invece, operare sia in regime di stabilimento (art. 23 CAP) che di libera prestazione (art. 24), previa comunicazione delle informazioni e degli adempimenti previsti dalle dispo-sizioni dell’ordinamento comunitario all’IVASS da parte dell’autorità di vigilanza dello Stato di origine;

c) gli intermediari UE/SEE possono anch’essi operare sia in regime di libera prestazione (art. 116-quater CAP) che di stabilimento (art. 116-quinquies) previa trasmissione di apposite informazioni all’organismo per la registrazione degli intermediari assicurativi da parte dell’autorità dello Stato di origine.

III. Gli operatori stabiliti senza succursale (requisito sog-gettivo)

Lo “stabilimento senza succursale”, previsto dall’art. 23, comma 1-bis, CAP, è definito come “qualsiasi presenza permanente in Italia, anche in assenza di succursali, agenzie o sedi secondarie, ivi inclusa l’organizzazione di un semplice ufficio gestito da personale dipendente dell’impresa ovvero da una persona indipendente ma incaricata di agire in modo permanente per conto dell’impresa stessa”.

L’elemento che lo contraddistingue è, dunque, la “presenza per-manente”, di cui tratta diffusamente la Commissione europea con la Comunicazione interpretativa n. 2000/C 43/03 la quale, recependo gli orientamenti della giurisprudenza comunitaria, chiarisce come i concetti di temporaneità ovvero perma-nenza in un altro Stato membro debbano essere valutati in funzione della durata, frequenza, periodicità e della continuità

[9] L’art. 28 CAP impone l’insediamento di una sede secondaria e la nomina di un rappresentante generale che abbia residenza in Italia.

della prestazione e che, comunque, la temporaneità non sia da considerare incompatibile con la presenza nel Paese ospitante dell’infrastruttura necessaria allo svolgimento della prestazione assicurativa (uffici, locali, professionisti, strutture preposte all’incasso dei premi, ecc.).

Nella diversa ipotesi in cui l’impresa assicurativa si avvalga di soggetti terzi giuridicamente distinti ed indipendenti stabiliti nello Stato membro ospitante nel quale l’attività è svolta (agenti, brokers, distributori), l’impresa deve, a sua volta, essere considerata come stabilita ed essere, quindi, assoggettata al regime di stabilimento anziché a quello di libera prestazione qualora i soggetti in questione siano soggetti alla direzione e al controllo dell’impresa di assicurazione che rappresentano.

Inoltre, essi devono avere il potere di impegnarla giuridica-mente e disporre di un mandato permanente (non potrà, quindi, ravvisarsi un’ipotesi di stabilimento in difetto di una sola di queste condizioni).

La conseguenza di una simile impostazione sotto il profilo fiscale è che lo stabilimento, anche senza succursale, rientra di fatto appieno nella nozione di stabile organizzazione[10]. Tale deduzione trova un’implicita conferma nella Risoluzione n. 124 del 2006 (datata, ma tuttora attuale) in cui l’Agenzia delle Entrate ha chiarito come lo svolgimento di attività nel Paese ospitante in regime di libera prestazione (quindi, per defi-nizione, su base temporanea) non esclude a priori la possibile configurazione di una stabile organizzazione, a seconda delle modalità operative concretamente adottate. Se tale principio vale per attività svolte (sotto il profilo regolamentare) su base temporanea, deve a maggior ragione valere nel caso in cui la regolamentazione di settore presuppone una presenza stabile.

Sulla nozione di “stabilimento senza succursale” è intervenuta di recente l’IVASS con il Provvedimento n. 111 del 13 luglio 2021, il quale ricomprende in tale definizione (art. 4) i seguenti sog-getti UE/SEE, “se diversi da quelli considerati come stabiliti ai sensi del predetto articolo 23, comma 1-bis del CAP”:

1) le imprese assicurative nei rami vita che, congiuntamente, operino in regime di libera prestazione di servizi, distribu-iscano prodotti assicurativi in Italia attraverso una rete di intermediari assicurativi appartenenti alle categorie indi-cate negli artt. 109, comma 2, lett. a, b, c, d e 116-quater o 116-quinquies CAP (vale a dire agenti, mediatori, produttori diretti, banche e SIM autorizzate, Poste Italiane, altri inter-mediari inclusi nell’elenco speciale di cui agli artt. 106 e 114-septies TUB, nonché intermediari assicurativi operanti in Italia in regime di libera prestazione di servizi o di stabili-mento), e conseguano premi lordi contabilizzati superiori a 5 mio. di euro;

2) gli intermediari che distribuiscano sul territorio ita-liano prodotti assicurativi nel ramo vita in regime di libera prestazione di servizi tramite i soggetti addetti

[10] Marco Bargagli/Ciro Cesarano, Attività assicurativa in regime di libera prestazione di servizi: profili giuridici e fattuali per una stabile organizzazione, in: Fiscalità e commercio Internazionale, n. 7/2017, p. 13; Chiodino (nota 1), pp. 483-489.

all’intermediazione quali dipendenti, collaboratori, produt-tori e altri incaricati degli intermediari per l’attività svolta al di fuori dei locali dove l’intermediario opera (art. 109, comma 2, lett. e, CAP).

L’inciso per cui i soggetti in questione devono essere “diversi rispetto a quelli già considerati come stabiliti dall’art. 23, comma 1-bis” sembra suggerire che essi costituiscano una categoria nuova e distinta rispetto a quella contemplata dalla norma primaria, con la conseguenza che nei loro confronti gli obblighi di monitoraggio non potrebbero che decorrere dalla data di entrata in vigore del Provvedimento (2021) che ha appunto conferito loro lo status di operatore “stabilito senza succursale”.

La relazione illustrativa al Provvedimento IVASS sembra di diverso avviso: infatti, viene chiarito che la funzione dell’art. 4 è quella di definire i parametri (modalità di distribuzione e soglia minima di premi raccolti) per individuare imprese e intermediari tenuti ad approntare apposite misure di miti-gazione del rischio e segnalare operazioni sospette all’Unità di informazione finanziaria (UIF), con l’implicita conseguenza che nel caso in cui detti parametri non siano soddisfatti i soggetti in questione non saranno tenuti ad approntare dette misure, senza però che questo incida sul loro status di operatori comunque stabiliti senza succursale[11]. Questa deduzione è del resto confermata con un altro passaggio della relazione in cui è espressamente detto come l’IVASS abbia semplicemente individuato i requisiti dimensionali e organizzativi “del sottoin-sieme di soggetti tenuti ad adottare presidi organizzativi minimi rientranti nell’ambito della categoria di imprese e intermediari che la norma primaria definisce stabiliti senza succursale sul territorio della Repubblica italiana”. Seguendo tale interpretazione gli obblighi di monitoraggio anche per questi soggetti decorrerebbero dal 2017 in quanto derivanti non già dal Provvedimento IVASS, bensì dalla norma primaria.

Tuttavia a parere di chi scrive questa ricostruzione non appare convincente, perché in evidente contrasto non solo con il dato testuale, ma anche con l’impianto normativo complessivo.

Innanzitutto occorre rilevare come l’art. 4 richiami le imprese che operano in Italia in regime di libera prestazione, ossia, per definizione, su base temporanea, a differenza di quelle richiamate dall’art. 23 che, invece, devono avere una “presenza permanente”. La differenza sostanziale tra le due fattispe-cie emerge con chiarezza anche dalla genesi delle attuali disposizioni in materia di stabilimento e libera prestazione:

nella formulazione vigente fino al 2015, l’art. 24, comma 4, CAP disponeva che l’impresa in regime di libera prestazione non potesse avvalersi di sedi secondarie, agenzie “o di qual-siasi altra presenza permanente nel territorio Italiano, neppure se tale presenza consista in un semplice ufficio gestito da personale dipendente o tramite una persona indipendente ma incaricata di agire in modo permanente per conto dell’impresa stessa”. Nel 2015

[11] In tal senso, Nicola Alvaro, Polizze vita estere ormai genuinamente nostrane, We wealth, in: https://www.we-wealth.com/news/investimenti/

leggi-e-normative/polizze-vita-estere-ormai-genuinamente-nostrane (con-sultato il 07.11.2021).

tale comma è stato abrogato (art. 1, comma 18, lett. c, D.Lgs.

n. 74/2015) e il suo contenuto trasfuso nell’attuale comma 1-bis dell’art. 23 (art. 1, comma 17, lett. a, D.Lgs. n. 74/2015).

Come già illustrato, la presenza permanente può realizzarsi attraverso uffici o altre strutture ovvero il ricorso a operatori locali giuridicamente autonomi ma in rapporto di dipendenza fattuale (agenti, brokers o distributori soggetti alla direzione e controllo dell’impresa di assicurazione, con il potere di impe-gnarla giuridicamente in virtù di un mandato permanente). Il provvedimento IVASS dovrebbe, quindi, riguardare imprese intermediari che operano comunque su base temporanea e occasionale (appunto in libera prestazione di servizi [LPS]) e che semplicemente si avvalgono di una rete di distributori locali effettivamente indipendenti e autonomi (altrimenti si rientrerebbe nelle ipotesi di cui all’art. 23) e raccolgono un importo minimo di premi (5 mio. di euro).

Sulla base di questa ricostruzione, le norme sul monitoraggio dovrebbero applicarsi come segue:

◆ a decorrere dal 2017 per le imprese riconducibili all’art. 23, comma 1-bis, ossia quelle con presenza permanente in Italia (attraverso strutture proprie o agenti, brokers, distributori

“dipendenti”);

◆ a decorrere dal 2021 per le imprese individuate in LPS che raccolgano premi superiori a 5 mio. di euro e si avvalgano di una rete di distributori indipendenti;

◆ non sarebbero soggette agli obblighi di monitoraggio le imprese in LPS che non si avvalgano di distributori locali (qualunque sia l’importo dei premi raccolti) ovvero che anche avvalendosi di distributori locali raccolgano meno di 5 mio. di euro di premi lordi.

Ovviamente su questo specifico punto sarebbero auspicabili chiarimenti da parte delle competenti autorità in considera-zione della rilevanza che la questione assume per un’ampia platea di operatori esteri.

IV. L’intervento di più intermediari

Una volta individuati i soggetti esteri tenuti al monitoraggio occorre capire come i relativi obblighi debbano essere concre-tamente applicati nella prassi operativa.

Un primo aspetto di problematicità riguarda il caso in cui nella stessa operazione oggetto di monitoraggio intervengano più intermediari, come tipicamente avviene per le operazioni cana-lizzate attraverso il circuito bancario (si pensi al pagamento del premio assicurativo da un conto italiano), in cui occorre stabilire se gli obblighi di monitoraggio ricadano su entrambi gli operatori coinvolti ovvero se l’adempimento da parte dell’inter-mediario residente sollevi dal medesimo obbligo quello estero.

In tutt’altro ambito – l’imposta sulle transazioni finanziarie – l’intervento di una pluralità di intermediari nella medesima operazione è oggetto di una precisa regolamentazione[12]

[12] Vedasi art. 19, comma 4, del Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 21 febbraio 2013.

che individua con precisione su quale di essi ricadano gli obbli-ghi di compliance ai fini dell’imposta.

Nell’ambito del monitoraggio né la norma primaria né i prov-vedimenti attuativi dispongono alcunché al riguardo e questa prima differenza è già un primo indizio circa il fatto che cia-scun intermediario sia verosimilmente tenuto a comunicare comunque le operazioni rilevanti, a prescindere dall’eventuale obbligo concorrente in capo ad altro intermediario.

L’unico spunto al riguardo è offerto dalla Circolare n. 93/E del 17 giugno 1994, datata ma ritenuta ancora valida[13], in cui

L’unico spunto al riguardo è offerto dalla Circolare n. 93/E del 17 giugno 1994, datata ma ritenuta ancora valida[13], in cui

Documenti correlati