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Novità fiscali. L attualità del diritto tributario svizzero e internazionale. N 11 novembre

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Centro competenze tributarie

Novità fiscali

L’attualità del diritto tributario svizzero

e internazionale N° 11 – novembre 2021

Politica fiscale

Il futuro della piazza imprenditoriale ticinese 564 Marco Bernasconi

Lo storico accordo è realtà! 566

Francesca Amaddeo

Tenere un colpo in canna per l’accesso al mercato finanziario italiano 568 Marco Bernasconi e Samuele Vorpe

Diritto tributario svizzero

Freno del valore locativo per i casi di rigore 570 Paolo Pamini

Diritto tributario italiano

Considerazioni sulla riforma del catasto in Italia 576 Andrea Manzitti

Monitoraggio fiscale ex art. 1 D.L. n. 167/1990 per

gli intermediari esteri stabiliti in Italia senza succursale 584 Pierangelo Chiodino

Diritto tributario internazionale e dell'UE

Il regime madre-figlia tra Italia e Svizzera 592 Vito Alexander Paciello

Profili fiscali della “sharing economy” 600

Paolo Polastri

Emigrare in Portogallo: quali sono i vantaggi fiscali? 609 Carlo Lorusso e Guilherme P. de Figueiredo

IVA e imposte indirette

IVA: Responsabilità solidale, successione e sostituzione fiscali 612 Elisa Antonini

Diritto finanziario

Il nuovo quadro regolamentare e i futuri obblighi di informazione dei consulenti finanziari nell’ambito della Finanza sostenibile 616 Paola Franzetti e Helen Tschumperlin Moggi

Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario svizzero Assistenza amministrativa italo-svizzera in materia fiscale:

la disciplina convenzionale 625

Francesca Amaddeo

Domanda raggruppata italiana di assistenza amministrativa

in materia fiscale 630

Stefan Protic

Domande raggruppate e domande collettive 639 Marco Compagnino e Giovanni Mercanti

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primo luogo ci si focalizza sulle problematiche relative alle aliquote fiscali: Marco Bernasconi ripercorre il tema della concorrenza fiscale intercantonale per le persone fisiche evidenziando la posizione poco concor- renziale del Ticino, mentre Francesca Amaddeo ricorda le decisioni internazionali del G20/OCSE riferite all’ali- quota minima del 15%. Ancora Marco Bernasconi, insieme a Samuele Vorpe, commentano la roadmap da un punto di vista politico. Paolo Pamini ritorna sulla decisione del Gran Consiglio di introdurre una norma volta ad attenuare l’imposizione del valore locativo per i casi di rigore. In seguito Andrea Manzitti ricorda i difetti del sistema catastale italiano che risulta iniquo e crea sperequazioni tributarie, mentre Pierangelo Chio- dino presenta le problematiche e le incertezze normative riferite ai gruppi assicurativi esteri che ope- rano in Italia senza stabile organizzazione e i loro obblighi di monitoraggio fiscale. Vito Alexander Paciello mette poi il focus sull’applicabilità del regime madre e figlia tra Italia e Svizzera. L’autore ripercorre diversi interpelli di cui l’ultimo con esito favorevole per le società madri svizzere che dal 1° gennaio 2020 benefi- ciano pienamente di questo regime. Paolo Polastri si sofferma sulla legislazione italiana e europea in ambito della fiscalità della “sharing economy”, mentre Carlo Lorusso e Guillherme P. de Figueiredo analizzano i vantaggi fiscali offerti dalla residenza in Portogallo per i cittadini UE e extra-UE. Elisa Antonini si sofferma sulla tematica della responsabilità solidale che può toccare soggetti terzi, per i quali, in determinate circostanze, può essere richiesto di rispondere di un debito IVA.

Paola Franzetti ed Helen Tschumperlin Moggi analiz- zano il quadro regolamentare per gli operatori finanziari svizzeri che offrono attivamente servizi in UE e/o gestiscono in Svizzera portafogli con prodotti finanziari europei. Infine, Francesca Amaddeo, Stefan Protic, Marco Compagnino e Giovanni Mercanti si occupano di assistenza amministrativa in materia fis- cale, commentando due sentenze del TAF.

Simona Genini

Redazione SUPSI

Centro competenze tributarie

Stabile Suglio Via Cantonale 18 6928 Manno T +41 58 666 61 75 F +41 58 666 61 76 novitafiscali@supsi.ch www.novitafiscali.ch ISSN 2235-4565 (Print) ISSN 2235-4573 (Online) Direttore scientifico Samuele Vorpe

Comitato scientifico dei revisori Francesca Amaddeo

Flavio Amadò Paolo Arginelli Sacha Cattelan Thierry De Mitri Rocco Filippini Simona Genini Marco Greggi Patrizia Lang Giordano Macchi Giovanni Molo Andrea Pedroli Paolo Piantavigna Andrea Purpura Filippo Recalcati Nicola Sartori Curzio Toffoli Samuele Vorpe Impaginazione e layout Laboratorio cultura visiva

Introduzione

Novità fiscali

11/2021

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Condizionato pesantemente dalle aliquote elevate stabilite dalla legge tributaria

Il futuro della piazza imprenditoriale ticinese

I. Introduzione

Di questi tempi, complici anche le conseguenze economiche, sociali e finanziarie derivanti dal COVID-19, molte sono le proposte di modifica della legge tributaria avanzate da più parti. Ogni partito propone i propri suggerimenti: dall’au- mento delle deduzioni fiscali alla revisione delle aliquote e alle misure che possano incentivare l’attrattività fiscale del nostro Cantone.

Il tema di fondo, per quanto attiene alla politica della finanza pubblica, è quello dell’impressionante disavanzo dei conti dello Stato, la cui lievitazione non è dato sapere quando si arresterà e quando dalle cifre rosse si passerà a quelle nere.

II. La concorrenza fiscale intercantonale

A mio modo di vedere, elemento principale dell’attrattività fiscale è la misura delle aliquote applicabili agli alti redditi delle persone fisiche. I Cantoni, tanto sulla base della Costituzione federale (Cost.; RS 101), quanto in forza della Legge federale sull’armonizzazione delle imposte dei Cantoni e dei Comuni (LAID; RS 642.14) hanno la facoltà di stabilire, con la massima libertà, le aliquote applicabili al reddito e alla sostanza delle persone fisiche, oltre che rispettivamente all’utile e al capi- tale delle persone giuridiche. Questa libertà decisionale è all’origine, come noto, del fenomeno della concorrenza fiscale intercantonale che da tempo è oggetto di critiche.

Tuttavia il Popolo svizzero, un paio di decenni orsono, ha respinto con una consistente maggioranza, una proposta del partito socialista svizzero che intendeva limitare la con- correnza fiscale intercantonale fissando un’aliquota minima valida in tutti i Cantoni del 22% ai fini delle imposte cantonali e comunali sul reddito delle persone fisiche. Dopo questa votazione è evidente, anche in considerazione dei tempi biblici che segnano il processo decisionale delle Camere federali, che i Cantoni dovranno confrontarsi con la concorrenza fiscale intercantonale per alcuni decenni ancora.

Consapevoli di questa convivenza forzata, quasi tutti i Cantoni da circa trent’anni hanno diminuito, e talvolta in modo consi- derevole, le aliquote applicabili sia a reddito e sostanza delle persone fisiche sia ad utile e capitale delle persone giuridiche.

Unica eccezione il Canton Ticino, il quale è rimasto fermo al palo, convinto in modo granitico, della bontà della propria scelta politica. Infatti oggi sono ancora vigenti le aliquote applicabili al reddito e alla sostanza delle persone fisiche sta- bilite nel lontano 1976. La concorrenza fiscale intercantonale, accentuata dalla pandemia derivante dal COVID-19, ha evi- denziato l’isolamento fiscale del nostro Cantone nel contesto federale. Bisogna quindi chiedersi quali sono e saranno le conseguenze di questa scelta.

III. Gli studi e le proposte politiche volte ad attenuare la pressione fiscale in Ticino

A. Il rapporto del Centro competenze tributarie della SUPSI al Consiglio di Stato

Di questa situazione, certamente pregiudizievole per il nostro Cantone, una parte della politica e delle istituzioni hanno preso coscienza da tempo.

Il Consiglio di Stato, già nel 2009 aveva incaricato il Centro competenze tributarie della SUPSI di redigere un rapporto con lo scopo, tra l’altro, di chiarire e suggerire misure che potessero agevolare l’attrattività del Cantone per coloro che conseguono alti redditi. In quegli anni, la posizione del Canton Ticino nel contesto della pressione fiscale sul reddito delle persone fisiche facoltose era situata al 20esimo posto, vale a

Marco Bernasconi PhD, Professore SUPSI

Disclaimer: questo articolo verrà pubblicato nel volume “Lugano 2030. Una visione ed una missione per il futuro della città”, edito da Casagrande di Bellin- zona entro la fine di quest’anno.

I. Introduzione ...564 II. La concorrenza fiscale intercantonale ...564 III. Gli studi e le proposte politiche volte

ad attenuare la pressione fiscale in Ticino ...564 A. Il rapporto del Centro competenze tributarie

della SUPSI al Consiglio di Stato ... 564 B. Le proposte dei partiti ... 565 IV. La difficoltà di accertare il domicilio prevalente delle persone fisiche ...565 V. Dopo 50 anni bisogna muovere un passo verso

il futuro ...565

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dire soltanto sei Cantoni avevano stabilito delle aliquote più elevate delle nostre. Ora, la nostra posizione non è migliorata, anzi è peggiorata perché dal 20esimo posto siamo passati al 23esimo. Vi è quindi ragione di preoccuparsi, soprattutto per i motivi seguenti.

Le condizioni istituzionali, politiche, sociali, economiche ed amministrative degli altri Cantoni sono pressoché analoghe a quelle del Ticino. Pertanto la divergenza del confronto tra il nostro Cantone e gli altri è costituita, non soltanto, ma certamente in modo rilevante, dalla diversità della pressione fiscale, per cui si può affermare che una persona fisica facol- tosa, ed indirettamente anche una persona giuridica, prima di scegliere il Cantone di domicilio o di sede rifletterà – e seria- mente – sulla pressione fiscale dei singoli Cantoni. In questo contesto il Canton Ticino è sicuramente perdente.

Per concludere quanto al rapporto del Centro competenze tributarie della SUPSI, la proposta conclusiva fu quella di atte- nuare la pressione fiscale massima sul reddito delle persone fisiche dal 15% all’11% o al limite al 12-13% lasciando inalterate le aliquote per i redditi inferiori. Questa scelta comportava una riduzione del gettito annuo dell’imposta cantonale di circa 20 mio. di fr. con la riserva di un accertamento ulteriore da parte della Divisione delle Contribuzioni che disponeva dei dati completi sulla stratificazione dei redditi.

B. Le proposte dei partiti

Oltre a questa richiesta di approfondimento da parte del Governo ticinese vi sono state, sempre a questo proposito, proposte analoghe formulate da altre forze politiche: prima da parte dell’UDC, e recentemente dal PLRT. Il cammino politico di queste proposte, difficilmente si concluderà con un seguito concreto. Peccato, perché sempre a mio modesto parere, l’attrattività del Canton Ticino avrebbe tutto da guadagnare con una riduzione delle aliquote applicabili ai redditi elevati delle persone fisiche.

Sarei cauto a definire i fautori di una riduzione come appar- tenenti alla “Destra” e i detrattori alla “Sinistra”, sempre che queste definizioni abbiano ancora un valore discriminante.

Questo per l’evidente motivo che la maggior parte dei Cantoni ha ridotto in questi decenni le aliquote, non tanto sulla base di ideologie contrapposte, ma mossi dall’interesse per la tutela delle finanze pubbliche.

IV. La difficoltà di accertare il domicilio prevalente delle persone fisiche

Sempre in questo contesto bisogna tenere in considerazione che, non solo a volte, ma molto spesso, è estremamente diffi- cile accertare qual è il domicilio prevalente di una persona fisica che consegue redditi elevati e possiede sostanze rilevanti, e questo perché di regola questi contribuenti non svolgono più alcuna attività e il centro dei loro interessi affettivi e familiari non è legato ad un solo Paese. Essi possiedono abitazioni in diversi Stati europei ed extra-europei dove trascorrono una parte del tempo e per il resto viaggiano. Probabilmente nemmeno questi contribuenti. Ora questi contribuenti, sono in grado di stabilire quale sia il loro domicilio prevalente.

A questo proposito va ricordato l’art. 4 par. 2 delle convenzioni volte ad evitare la doppia imposizione di redditi e patrimoni (CDI). Questa norma, nell’intento di accertare il domicilio prevalente delle persone fisiche, esamina in primo luogo, lo Stato in qui vi è un’abitazione permanente e, nel caso in cui tale abitazione fosse ancorata in due Stati, il criterio dirimente sarà il centro degli interessi vitali. Qualora, come sovente accade, non fosse possibile definirlo, si terrà conto del periodo di presenza fisica nei due territori, rilevando lo Stato in cui si è trascorso la maggior parte del tempo. E se anche qui, ed è spesso il caso, non vi fosse un elemento decisivo a favore di uno dei due Stati, la sovranità fiscale verrà attribuita allo Stato del quale il contribuente ha la nazionalità. La formulazione di tali regole è la dimostrazione di come sia difficile per l’autorità fiscale stabilire il domicilio prevalente per le persone fisiche.

Anche per questa ragione il contribuente può scegliere con maggiore libertà il proprio domicilio e in questa scelta terrà certamente in considerazione anche la pressione fiscale.

V. Dopo 50 anni bisogna muovere un passo verso il futuro Le aliquote per il reddito elevato delle persone fisiche hanno anche un’influenza indiretta sulla scelta del Cantone dove ancorare la sede delle società e ancor più dei gruppi. In effetti, queste persone giuridiche sono direttamente gestite da per- sone fisiche nella loro funzione di dirigenti, che per forza di cose devono eleggere nel Cantone il loro domicilio per seguire l’amministrazione e la strategia di queste società. È evidente che i dirigenti cercheranno di orientare la sede della società e quindi anche del loro domicilio, verso Cantoni dove la pressione fiscale per le persone giuridiche è più favorevole. Il Canton Ticino, che naviga infondo alla classifica, difficilmente entra nella rosa dei prescelti.

Credo di poter concludere affermando che la pressione fiscale, se non è il solo criterio dell’attrattività per le persone fisiche e giuridiche, è comunque un aspetto rilevante che deve essere risolto, in conformità di quanto hanno stabilito gli altri Cantoni, per migliorare la precaria posizione del Ticino nel contesto fiscale intercantonale. Una decisione riferita all’at- tenuazione delle aliquote è dunque indifferibile per contenere entro termini quantitativi e temporali il crescente disavanzo della finanza pubblica cantonale.

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Dal 2023 via libera all’aliquota minima globale

Lo storico accordo è realtà!

Il mese di novembre si apre con la firma da parte del G20 dello

“storico accordo” – com’è stato battezzato a livello globale – relativo alla riforma del sistema fiscale internazionale[1]. Sfidando le numerose perplessità destate, è definitiva l’ap- provazione – e la promessa – di implementare al più presto, presumibilmente nel 2023, i due Pilastri delineati dall’OCSE relativi, l’uno all’adozione di un’aliquota minima globale e l’altro alla tassazione dell’economia digitale[2].

Entrambe le misure hanno lo scopo di armonizzare i diversi sistemi fiscali, uniti nella lotta all’erosione della base impo- nibile e allo slittamento artificioso dei profitti. Nel mirino, soprattutto, le multinazionali e i colossi del big tech.

La struttura di entrambi gli strumenti risulta alquanto ela- borata, data da una commistione di elementi prettamente giuridici e matematici.

La novità non sta tanto negli istituti di diritto introdotti né, tantomeno, nei meccanismi sottesi ai due pilastri: a ben guardare, si tratta di strumenti già noti al mondo del diritto tributario, solo riadattati in una nuova veste.

Ciò che rende innovativa – ed inaspettata – la modifica è l’unione delle forze per il conseguimento di un obiettivo superiore, in favore della generalità dei consociati. Di fronte all’ingenza del fenomeno di pianificazione fiscale aggressiva perpetrata, soprattutto dalle multinazionali, sfruttando i cd. mismatches, ossia le differenze tra i diversi sistemi nazionali, gli Stati hanno deciso di cedere parte

[1] G20 Rome Leaders’ declaration, 30-31 ottobre 2021, in: https://www.

consilium.europa.eu/media/52732/final-final-g20-rome-declaration.pdf (consultato il 07.11.2021).

[2] OCSE/G20, Base Erosion and Profit Shifting Project, Statement on a Two-Pillar Solution to Address the Tax Challenges Arising from the Digita- lisation of the Economy, 8 ottobre 2021, in: https://www.oecd.org/tax/

beps/statement-on-a-two-pillar-solution-to-address-the-tax-challen- ges-arising-from-the-digitalisation-of-the-economy-october-2021.pdf (consultato il 07.11.2021).

della propria sovranità fiscale, uniformandosi alle richieste della comunità internazionale.

Si badi bene, questo non implica che, ad es., tutti i Paesi dovranno necessariamente adottare un’aliquota del 15% per l’imposta sul reddito delle persone giuridiche. Il meccanismo prevede che nel complessivo la multinazionale di turno debba versare, a titolo di imposta, il 15% dei propri profitti lordi. Per funzionare, il meccanismo richiede cooperazione e comple- mentarietà tra i Paesi. Diversamente da quanto consacrato nelle norme che regolano il diritto fiscale internazionale, alla potestà impositiva di Stato di residenza e Stato della fonte si aggiunge la nozione di giurisdizione di mercato. Assunto lo svolgimento di attività transfrontaliera, infatti, anche il luogo in cui gli utenti/i consumatori si trovano potrà esigere delle imposte, ma solo ed esclusivamente qualora lo Stato di resi- denza – ancora determinato secondo quanto stabilito nelle convenzioni contro le doppie imposizioni (CDI), alla stregua del Modello OCSE (M-OCSE) – non applicasse un’aliquota pari o superiore al 15%. Questa sorta di compensazione, tecnicamente definita come top-up tax rappresenta un tra- guardo nello scenario internazionale: una simile suddivisione impositiva tra Stati non era mai stata contemplata.

Questa sembrerebbe essere la tanto auspicata soluzione per arginare la corsa al ribasso, specie in termini di aliquote per le persone giuridiche, su cui fa leva la competitività fiscale, da anni spesso ai limiti dell’etica liceità.

Un recente studio dell’EU Tax Observatory[3], basandosi sui dati derivanti dalla rendicontazione Paese-per-paese (Country-by-country Reporting [CbCR]), resi pubblici dalla maggior parte degli Stati a partire dal 2017, ha rilevato come l’applicazione della misura dell’aliquota minima globale del

[3] Mona Barake/Paul-Emmanuel Chouch/Theresa Neef/Gabriel Zucman, Revenue effects of the global minimum tax: country-by-count- ry estimates, EU Tax Observatory, n. 2, ottobre 2021, in: https://www.

taxobservatory.eu/revenue-effects-of-the-global-minimum-tax-country- by-country-estimates/ (consultato il 07.11.2021).

Francesca Amaddeo Avvocato, PhD Docente-ricercatrice del

Centro competenze tributarie della SUPSI

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15% porterà un introito di almeno euro 83 mia. per l’Unione europea (UE).

Per la Svizzera, l’introito stimato sarà pari a euro 7,5 mia., in percentuale corrispondente al 37% delle attuali entrate deri- vanti dalle imposte prelevate sulle persone giuridiche.

Questo, però, se la misura venisse applicata in maniera, per così dire, pura. Infatti, nell’ultimo statement approvato dal G20 nella riunione di Roma, tenutasi il 30 ed il 31 ottobre scorso[4], è prevista la possibilità di riconoscere delle particolari agevo- lazioni, i cd. carve-out.

La struttura del secondo pilastro, infatti, sarà inizialmente applicata con una sorta di mitigazione (cd. substance-based carve-out). Nei primi dieci anni della vigenza della misura, il meccanismo di carve-out consentirà di escludere dalla base imponibile l’8% per quel che riguarda il valore contabile dei beni mobili ed il 10% sugli stipendi dei dipendenti. Trascorso il decennio, il carve-out sarà ridimensionato al 5% per entrambe le categorie di reddito escluse.

Stando alle stime effettuate dall’UE Tax Observatory[5], questo meccanismo comporterà una notevole riduzione dell’introito derivante dalla Global Anti-Base Erosion Proposal (GloBE). Per l’UE si passerebbe dagli euro 83 mia. ai 64 nei primi dieci anni, per poi risalire ai 71,5.

E per la Svizzera? L’applicazione dei carve-out comporterà entrate aggiuntive pari a euro 5,9 mia. nei primi dieci anni, che diventeranno 6,5 trascorso il decennio.

Ad oggi, l’OCSE auspica l’entrata in vigore della GloBe entro il 2023. In proposito, già il 20 ottobre scorso, il Parlamento europeo si è espresso con favore verso l’adozione della riforma guidata dall’OCSE. Il Commissario McGuinness aveva già confermato che la Commissione DG TAXUD sta lavorando all’implementazione in Europa tramite una direttiva ad hoc che, compatibilmente con i lavori svolti a livello internazionale, potrebbe essere presentata entro il 22 dicembre 2021[6]. Per quel che concerne la Svizzera, il processo di adozione della misura richiederà diversi adeguamenti di norme sia a livello nazionale che internazionale: la potenziale introduzione sarà ragionevolmente da aspettarsi per la fine del 2023.

[4] La stessa formula era già stata prevista nel precedente statement adottato nel luglio 2021, vedasi OCSE/G20, Base Erosion and Profit Shifting Project, Sta- tement on a Two-Pillar Solution to Address the Tax Challenges Arising from the Digitalisation of the Economy, 1° luglio 2021 in: https://www.oecd.org/tax/

beps/statement-on-a-two-pillar-solution-to-address-the-tax-challenges- arising-from-the-digitalisation-of-the-economy-july-2021.pdf (consultato il 07.11.2021).

[5] Barake/Chouch/Neef/Zucman (nota 3), pp. 8 ss.

[6] Parlamento europeo, seduta del 20.10.2021, registrazione in: https://www.

europarl.europa.eu/plenary/en/vod.html?mode=chapter&vodLanguage=EN

&vodId=5f400b3e-16c5-570b-c6c1-77f1e67b6726&date=20211020&mc_

cid=111a93d7ca&mc_eid=ecee101239# (consultato il 07.11.2021).

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Differire l’approvazione dell’Accordo sui frontalieri quale condizione per l’accesso al mercato finanziario italiano da parte delle banche svizzere

Tenere un colpo in canna per l’accesso al mercato finanziario italiano

Il 27 ottobre scorso, il Consiglio federale ha preso posi- zione sui vari punti concertati con il governo italiano e inclusi nella roadmap nel febbraio 2015, rispondendo ad un’interpellanza presentata dal consigliere nazionale Marco Romano. Nel rapporto concernente le relazioni con l’Italia nel settore finanziario e fiscale emerge un risultato più che soddisfacente sul suo lavoro svolto in questi ultimi 6 anni. A nostro avviso non è però così. Ma andiamo con ordine. La roadmap tra i due Stati prevede un chiaro impegno politico in merito a diversi aspetti centrali delle relazioni bilaterali in ambito fiscale e finanziario. Tra questi ve ne sono però ancora alcuni che necessitano di una solu- zione, mentre altri sono in fase di risoluzione. L’Accordo sui frontalieri è stato (finalmente) firmato lo scorso anno ed ora è pendente nei rispettivi parlamenti per approvazione.

Il Consiglio federale ha salutato con grande soddisfazione questo risultato, evidenziando soluzioni anche “più vantag- giose di quanto previsto nella roadmap”. Su questo aspetto si potrebbero sicuramente sollevare delle fondate obiezioni, considerando l’inserimento di una norma transitoria (non prevista dalla roadmap) che permetterà agli attuali fronta- lieri di continuare ad essere tassati con le vecchie regole dell’Accordo del 1974 fino a quando resteranno attivi professionalmente nel mercato del lavoro ticinese, grigio- nese e vallesano. Tuttavia, è inutile ora lamentarsi, anche perché l’Accordo è stato firmato dai governi e i parlamenti non potranno modificare i suoi contenuti.

Nel suo rapporto, il Consiglio federale osserva inoltre che la Svizzera continua a figurare nella lista nera italiana del 1999 riguardante i trasferimenti di residenza in paradisi fiscali da parte di cittadini italiani, prevedendo un’inversione dell’onere probatorio. Con la concessione della Svizzera dello scambio di informazioni all’Italia (avvenuta nel 2015), questa misura di diritto interno italiano non si giustifica più, nonostante ciò l’Italia non ha fatto nulla per stralciare la Svizzera da questa lista che continua a creare ostacoli alle persone che vogliono trasferirsi sul territorio svizzero.

Il governo si è però detto soddisfatto perché “dopo gli ultimi colloqui si profila tuttavia una soluzione in tempi ravvicinati anche su questo aspetto”. Si tratta per ora solo di una speranza del Consiglio federale che però difficilmente troverà risposte concrete dall’Italia se non ci saranno mezzi di pressione da parte svizzera.

Un altro tema – particolarmente importante per il Canton Ticino – pure previsto dalla roadmap, è la regolamentazione dell’accesso al mercato finanziario italiano per gli operatori svizzeri, senza necessità di aprire una succursale in Italia, come avvenuto con la Germania. Ad oggi i colloqui tra i due Stati non sono mai iniziati, come confermato anche dalla segretaria di Stato per le questioni finanziarie internazionali presso il Dipartimento federale delle finanze, Daniela Stoffel, in occasione della conferenza stampa avvenuta a Bellinzona per la firma dell’Accordo sui frontalieri. Nel suo rapporto il Consiglio federale afferma di aver raggiunto anche questo obiettivo, indicando che “l’Italia è in dialogo con la Svizzera per consentire l’accesso al mercato attraverso lo stabilimento di una succursale. Sotto il profilo puramente giuridico, la conclusione di un accordo bilaterale della Svizzera con l’Italia diretto a permettere l’accesso al mercato transfrontaliero senza lo stabilimento di una succursale resta in linea di massima possibile. Il Consiglio federale continua ad adoperarsi per il miglioramento dell’accesso delle banche svizzere al mercato transfrontaliero”. Al momento non sembra proprio che questo obiettivo politico, stabilito dalla roadmap, possa ritenersi raggiunto.

L’Italia in questi ultimi anni ha raggiunto tutti i suoi obiettivi fiscali nei rapporti con la Svizzera: ha ottenuto lo scambio automatico di informazioni, la firma dell’Accordo sui fron- talieri e ha continuato a qualificare la Svizzera come un paradiso fiscale, poiché è ancora inclusa nella lista nera del 1999. La Svizzera, per contro, è ancora ben lontana dal poter raggiungere un’intesa con l’Italia per consentire alle banche svizzere di operare attivamente in Italia, oltre allo stralcio dalla lista nera.

Marco Bernasconi PhD, Professore SUPSI

Samuele Vorpe

Responsabile del Centro competenze tributarie della SUPSI

Disclaimer: articolo apparso su laRegione il 20 novembre 2021.

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Se venisse approvato dalle Camere federali l’Accordo sui fron- talieri, il nostro Paese perderebbe ogni potere contrattuale nei confronti dell’Italia. Dovremmo quindi affrontare a “mani nude” i prossimi negoziati, sempre se avranno luogo, stabiliti dalla roadmap del 2015. Da un profilo politico sembrerebbe giudizioso e opportuno differire l’approvazione dell’Accordo sui frontalieri sino al momento in cui l’Italia consentirà alle nostre banche di operare sul suo territorio, come convenuto a suo tempo.

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Paolo Pamini

Dr. oec. publ., esperto fiscale federale diplomato Deputato al Gran Consiglio

Membro della Commissione gestione e finanze e della Sottocommissione fisco

Docente di fiscalità al Politecnico federale di Zurigo Senior Manager, Tax and Legal Services

di PricewaterhouseCoopers SA, Lugano

Disclaimer: il presente articolo riprende testualmente, con lievi modifiche e con aggiunte, gran parte dell’IE506 e del relativo rapporto di maggioranza.

Entrambi i documenti sono stati stesi dall’autore.

Il nuovo art. 32 cpv. 4 LT introduce in Ticino dal 2022 il freno al valore locativo per i casi di rigore sull’esempio grigionese. Un ricorso è pendente al Tribunale federale

Freno del valore locativo per i casi di rigore

L’imponibilità del valore locativo di un immobile è da tempo al centro delle discussioni politiche. Sul piano federale, le ipotesi di una sua abolizione parziale o integrale si stanno facendo viepiù consistenti. In particolare, tale sistematica fiscale causa gravi problemi a chi possiede immobili poco ipotecati, segnatamente persone anziane che vivono in una casa di proprietà che hanno completamente pagato. Otto Cantoni (GE, GR, LU, OW, SG, SH, VD e ZH) contemplano nella propria legislazione tributaria un cd. meccanismo di freno dell’imposizione del valore locativo per i casi di rigore, ossia laddove il valore locativo rappresenti una porzione materiale del reddito imponibile. Il 1° giugno 2021, il 65% dei deputati presenti nel Gran Consiglio ticinese (deputati UDC, PPD, PLR e Più donne favorevoli in modo compatto;

deputati PS, Verdi, MPS e PC contrari in modo compatto, depu- tati Lega assenti) hanno approvato l’introduzione del nuovo capoverso 4 nell’art. 32 LT. Il testo di legge ticinese è stato mutuato da quello grigionese, come proposto dall’iniziativa parlamentare elaborata n. 506 del 7 maggio 2018 di chi scrive e di altri 21 cofirmatari, e leggermente emendato nelle soglie in sede di approfondimenti commissionali. Il disposto sarà valido dal 1° gennaio 2022, i termini di referendum sono trascorsi infruttuosi (pubblicazione nel Bollettino ufficiale del 6 agosto 2021). Il 20 ottobre 2021, durante una riunione dell’intergruppo parlamentare per la proprietà immobiliare e fondiaria uno dei due ricorrenti ha informato l’autore che il Tribunale federale non avrebbe concesso al ricorso l’effetto sospensivo.

I. Introduzione

L’imponibilità del valore locativo di un immobile è da tempo al centro delle discussioni politiche. In particolare, tale sistema- tica fiscale causa gravi problemi a chi possiede immobili poco ipotecati, segnatamente persone anziane che vivono in una casa di proprietà che hanno completamente pagato. In tali situazioni, malgrado modesti redditi monetari possano essere sufficienti per far quadrare il bilancio familiare, in assenza di un affitto grazie ai sacrifici fatti nel passato per pagare senza debiti tutto il prezzo della casa, il contribuente anziano è potenzialmente chiamato a doversi indebitare solo per far fronte alle imposte sul reddito causate dall’imposizione del valore locativo.

Il sistema fiscale vigente in Ticino prevede un’imposizione attenuata del valore locativo dell’abitazione primaria, di regola pari al 65% del valore di mercato, per tenere conto del principio costituzionale dell’accesso alla proprietà. Nei suddetti casi di rigore tuttavia, anche tale approccio con- servativo non è sufficiente. Alcuni Cantoni dispongono nella propria legge tributaria di una disposizione che permette di frenare l’imposta sul reddito dovuta al valore locativo. Questi sono i Cantoni Ginevra, Grigioni, Lucerna, Obvaldo, San Gallo, Sciaffusa, Vaud e Zurigo.

B. La sensitività del gettito d’imposta e del numero di contribuenti al variare della soglia massima

di sostanza imponibile per invocare il freno ... 572

C. La sensitività del gettito d’imposta in capo al singolo contribuente ... 573

D. La prassi ai fini delle deduzioni fiscali ...574

E. L’assenza di effetti del freno del valore locativo su altri ambiti, segnatamente delle prestazioni sociali ...574

VI. La modifica del disegno di legge deliberato dal Gran Consiglio ... 574

VII. Il ricorso al Tribunale federale ... 575

VIII. Conclusioni ... 575

I. Introduzione ... 570

II. La proposta dell’iniziativa parlamentare elaborata n. 506 del 7 maggio 2018 ... 571

III. I retroscena dell’IE506 e gli sviluppi della discussione pubblica in materia di freno all’imposizione del valore locativo ... 571

IV. L’iter procedurale ... 572

V. I lavori commissionali e le prese di posizione del DFE e della DdC ... 572

A. Le possibili criticità sollevate dal Consiglio di Stato ... 572

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In ottica ticinese il caso grigionese è interessante già solo per il semplice fatto che la legislazione tributaria di quel Cantone è disponibile pure in lingua italiana. Secondo l’art. 22 cpv. 4 della Legge sulle imposte per il Cantone dei Grigioni (LT-GR; CSC 720.00) [1], in combinato disposto con l’art. 10 della relativa ordinanza di applicazione[2], in casi di rigore si impone d’ufficio una riduzione dell’importo del valore locativo ai fini dell’imposizione del reddito delle persone fisiche. I casi di rigore sono quelli in cui il valore locativo supera il 30% delle entrate in contanti del proprietario di un’abitazione primaria (il disposto non vale pertanto per le abitazioni secondarie). Le entrate in contanti sono costituite dai redditi del lavoro, dalle rendite delle assicurazioni sociali e di altro genere, dai contri- buti di mantenimento e dai proventi della sostanza mobiliare e immobiliare (valore locativo escluso). Per il calcolo si deve considerare il valore locativo lordo, ovvero prima della dedu- zione delle spese di manutenzione e degli interessi passivi.

II. La proposta dell’iniziativa parlamentare elaborata n. 506 del 7 maggio 2018

Il 7 maggio 2018, l’iniziativa parlamentare elaborata n. 506 (IE506) di chi scrive e cofirmata da altri 21 cofirmatari ha proposto di adottare nella Legge tributaria del Canton Ticino (LT; RL 640.100) la formulazione del combinato disposto tra l’art. 22 LT-GR e l’art. 10 delle Disposizioni esecutive della legislazione sulle imposte, ossia che “in caso di una sostanza imponibile inferiore a 600’000 franchi il valore locativo imponibile può ammontare al massimo al 30 per cento delle entrate in contanti”.

La proposta si inseriva su una tematica di estrema attualità e rilevanza: la tassazione della proprietà fondiaria in Ticino, in particolare dopo l’aumento dei valori di stima avvenuto nel 2017 e in un contesto di bassi tassi ipotecari, nonché di una popolazione sempre più anziana che spesso ha ridotto negli anni la propria esposizione ipotecaria. Tale tipologia di contri- buenti, spesso coppie pensionate con bassi redditi (AVS e terzo pilastro) a fronte di un secondo pilastro già utilizzato per rim- borsare i mutui ipotecari sulla propria casa, è particolarmente penalizzata dalle attuali regole con cui la sostanza immobiliare e i suoi proventi fittizi (il valore locativo) vengono imposti.

III. I retroscena dell’IE506 e gli sviluppi della discussione pubblica in materia di freno all’imposizione del valore locativo

La suddetta proposta era stata inizialmente formulata il 6 luglio 2016 da Samuele Vorpe, Responsabile del Centro com- petenze tributarie della SUPSI, nella rubrica “Economando” del Giornale del Popolo. Essa faceva pure parte dell’IE475[3] del 13 marzo 2017, formalmente decaduta il 12 dicembre 2017

[1] Il capoverso recita “per i casi di rigore il Governo può prevedere una riduzione del valore locativo proprio dell’abitazione principale”, in: https://www.gr.ch/DE/insti- tutionen/verwaltung/dfg/stv/Gesetzgebung/720-000i-14.pdf (consultato il 07.11.2021).

[2] L’articolo recita “in caso di una sostanza imponibile inferiore a 600’000 franchi il valore locativo proprio imponibile può ammontare al massimo al 30 per cento delle entrate in contanti”, in: https://www.gr.ch/DE/institutionen/verwaltung/dfg/

stv/Gesetzgebung/720-015i-14.pdf (consultato il 07.11.2021).

[3] Si veda: https://www4.ti.ch/poteri/gc/messaggi-e-atti/ricerca/risultati/

dettaglio/?user_gcparlamento_pi8[attid]=93133 (consultato il 07.11.2021).

contestualmente all’approvazione del rapporto sul messaggio n. 7417[4] concernente la prima tappa della riforma cantonale fiscale e sociale, pur suscitando in aula l’interesse di deputati di vari gruppi.

Inoltre, l’Associazione dei proprietari fondiari sezione Ticino (APF-HEV Ticino) aveva commissionato al Centro competenze tributarie della SUPSI uno studio di 29 pagine, pubblicato il 3 ottobre 2017, proprio come approfondimento di tale misura. Lo studio è allegato al rapporto di maggio- ranza sull’IE506 e pubblicamente consultabile[5] dal sito web del Gran Consiglio ticinese.

Considerato il forte interesse suscitato in aula il 12 dicembre 2017 da parte di deputate e deputati di tutti gli schieramenti politici, il 7 maggio 2018 la stessa proposta è stata nuova- mente depositata quale IE506 e sottoscritta dalle suddette 22 deputate e deputati appartenenti a UDC, Lega, PPD, PLR e Verdi.

Nel n. 1/2021 di questa rivista, Samuele Vorpe ha analizzato le attuali discussioni sul piano federale circa l’ipotesi di cambio di sistema nell’ambito dell’imposizione del valore locativo.

Nelle conclusioni, l’autore chiude con il seguente ultimo paragrafo: “[r]itenuto che, in maniera generale, il sistema odierno penalizza soprattutto le persone con proprietà interamente pagate (tra di esse figurano anche numerosi pensionati), una variante più prudente potrebbe essere quella di ancorare nella LIFD e nella LAID i cd. «casi di rigore», già conosciuti da diversi Cantoni, che permettono di frenare l’imposizione del valore locativo quando questo supera una determinata percentuale di proventi imponibili. Lo stesso Tribunale federale ha avuto modo di ritenerlo conforme ai principi costituzio- nali vigenti”[6].

La giurisprudenza federale a conferma della compatibilità con i principi costituzionali del freno dell’imposizione del valore locativo per i casi di rigore citata dall’autore è la DTF del 13 aprile 1983[7].

L’autore riporta parimenti i seguenti riferimenti alla legisla- zione tributaria dei Cantoni che già conoscono il meccanismo del freno al valore locativo oggetto dell’IE506:

1) Canton Obvaldo (Ausführungsbestimmungen über die Gewährung eines Einschlags auf dem Eigenmietwert in Härtefällen [GDB 213.713]);

2) Canton Ginevra (art. 24 cpv. 2 della Legge tributaria del Canton Gineva);

3) Canton Grigioni (art. 22 cpv. 4 LT-GR);

4) Canton Lucerna (art. 28 cpv. 4 della Legge tributaria del Canton Lucerna);

[4] Si veda: https://www4.ti.ch/index.php?id=83064&user_gcparlamento_

pi8[attid]=94693 (consultato il 07.11.2021).

[5] Si veda: https://www4.ti.ch/user_librerie/php/GC/allegato.php?allid=138752 (consultato il 07.11.2021).

[6] Samuele Vorpe, Cambio di sistema nell’ambito del valore locativo: una riforma complicata, in: NF 1/2021, pp. 15-22.

[7] Pubblicata in: StR 39/1984, p. 145.

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5) Canton San Gallo (art. 34 cpv. 4 della Legge tributaria del Canton San Gallo);

6) Canton Sciaffusa (art. 15 cpv. 3 della Legge tributaria del Canton Sciaffusa);

7) Canton Vaud (art. 39 della Legge tributaria del Canton Vaud);

8) Canton Zurigo (Weisung der Finanzdirektion betreffend Gewährung eines Einschlages auf dem Eigenmietwert in Härtefällen [ZStB-Nr. 21.3]).

IV. L’iter procedurale

L’IE506 è stata depositata il 7 maggio 2018. Il Consiglio di Stato non si è espresso con un messaggio al riguardo entro i tempi stabiliti dall’art. 102 cpvv. 3 e 4 della Legge sul Gran Consiglio e sui rapporti con il Consiglio di Stato (LGC;

RL 171.100). Il 2 febbraio 2021, in qualità di primo firmatario chi scrive ha chiesto il voto plenario giusta l’art. 102 cpv. 5 LGC l’iniziativa aveva trovato il sostegno di deputate e deputati di tutto l’arco parlamentare.

L’oggetto è stato inoltre discusso in più occasioni nella Sottocommissione fisco, la quale ha pure audizionato il Direttore del Dipartimento delle finanze e dell’economia (DFE) Christian Vitta e il Direttore della Divisione delle Contribuzioni (DdC) Giordano Macchi. Il Consiglio di Stato ha inoltre risposto ad alcune domande poste dalla Sottocommissione (cfr. infra).

V. I lavori commissionali e le prese di posizione del DFE e della DdC

A. Le possibili criticità sollevate dal Consiglio di Stato

Con la Risoluzione governativa n. 1046, del 3 marzo 2021, il Consiglio di Stato ha preso posizione all’attenzione della Sottocommissione fisco della Commissione gestione e finanze in merito alla proposta di modifica della Legge tributaria secondo l’IE506 senza esprimere una contrarietà categorica, ma rilevando le seguenti criticità: “[s]ebbene la proposta di ridurre il valore locativo per i casi di rigore – ossia quei casi in cui il rapporto del valore locativo rispetto alle effettive entrate monetarie del contribuente supera una determinata percentuale – possa sembrare interessante, dopo attenta valutazione il Consiglio di Stato rileva le seguenti criticità:

dal profilo normativo, l’imposizione del valore locativo per le abi- tazioni primarie potrebbe aver vita breve. Infatti, dando seguito all’iniziativa parlamentare «Cambio di sistema nell’ambito dell’imposizione della proprietà abitativa», il 14 febbraio 2019 la Commissione dell’economia e dei tributi del Consiglio degli Stati (CET-S) ha posto in consultazione un progetto di legge volto ad adeguare le basi legali federali (LIFD e LAID) in modo da soppri- mere l’imposizione del valore locativo per le abitazioni primarie.

Tenuto conto che la probabile abolizione del valore locativo a livello federale renderebbe superflua la proposta degli iniziativisti, per ragioni di opportunità (pratica e giuridica) riteniamo che al momento non sia auspicabile prevedere delle modifiche legislative in quest’ambito;

a differenza dei Cantoni che prevedono nelle loro legislazioni fiscali delle disposizioni volte a limitare il valore locativo per i casi di rigore – Lucerna, Sciaffusa, Grigioni, Vaud e Ginevra – i valori locativi delle residenze primarie in Ticino sono già al livello

minimo ammesso dalla giurisprudenza del Tribunale federale (60% del valore di mercato delle pigioni). Risulta pertanto dif- ficile giustificare ulteriori sgravi su questo fronte, anche per una questione di garanzia del rispetto della parità di trattamento tra proprietari e locatari;

così come parametrizzata, la norma non si applicherebbe uni- camente ai cosiddetti «casi di rigore». Infatti, tenuto conto che i valori di stima ufficiali in Ticino rappresentano – anche dopo l’aggiornamento intermedio del 1° gennaio 2017 – in media circa il 44% del valore di mercato degli immobili, qualora la sostanza imponibile di CHF 600’000 fosse rappresentata unicamente da sostanza immobiliare, la norma potrebbe potenzialmente trovare applicazione anche nel caso di proprietari di abitazioni del valore di mercato pari a circa CHF 1,4 milioni, casistiche queste che ben difficilmente possono essere assimilate a dei «casi di rigore»;

l’attuazione della proposta comporterebbe delle ripercussioni finanziarie per il Cantone e per i Comuni. L’impatto è valutato in CHF 2,1 milioni per il Cantone e in CHF 1,7 milioni per i Comuni.

A beneficiare della misura sarebbero solo 4’485 contribuenti, pari al 2% del totale;

da ultimo, rileviamo che l’inserimento nella LT di una disposizione generale che ha come obiettivo quello di ridurre l’imposizione del valore locativo per dei casi specifici rischierebbe di complicare ulteriormente il nostro sistema fiscale, con conseguenti aggravi amministrativi sia per l’autorità fiscale, sia per il contribuente stesso”.

B. La sensitività del gettito d’imposta e del numero di contri- buenti al variare della soglia massima di sostanza imponibile per invocare il freno

A valle della suddetta presa di posizione del Consiglio di Stato, la Sottocommissione fisco ha chiesto di conoscere le conseguenze in termini di gettito d’imposta (cantonale e comunale) e di numero di contribuenti toccati qualora si stabilissero minori soglie di sostanza massima per permettere al contribuente di invocare il freno all’imposizione del valore locativo. Con la Risoluzione governativa n. 1175, del 10 marzo 2021, il Consiglio di Stato ha riferito alla Sottocommissione le seguenti stime, ove la prima rappresenta la formulazione dell’IE506 che riprende i parametri del Canton Grigioni:

◆ limite di sostanza imponibile inferiore a fr. 600’000:

l’impatto finanziario si attesterebbe a 2,1 mio. di fr. per il Cantone e a 1,7 mio. di fr. per i Comuni. A beneficiare della misura sarebbero circa 4’500 contribuenti (2,3% del totale);

◆ limite di sostanza imponibile inferiore a fr. 500’000:

l’impatto finanziario si attesterebbe a 1,8 mio. di fr. per il Cantone e a 1,4 mio. di fr. per i Comuni. A beneficiare della misura sarebbero circa 3’800 contribuenti (2% del totale);

◆ limite di sostanza imponibile inferiore a fr. 400’000:

l’impatto finanziario si attesterebbe a 1,4 mio. di fr. per il Cantone e a 1,1 mio. di fr. per i Comuni. A beneficiare della misura sarebbero circa 3’000 contribuenti (1,5% del totale);

◆ limite di sostanza imponibile inferiore a fr. 300’000:

l’impatto finanziario si attesterebbe a 0,8 mio. di fr. per il Cantone e a 0,6 mio. di fr. per i Comuni. A beneficiare della misura sarebbero circa 1’800 contribuenti (0,9% del totale).

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C. La sensitività del gettito d’imposta in capo al singolo contribuente

L’incidenza del freno al valore locativo in capo al singolo con- tribuente e la delimitazione della costellazione di contribuenti possibilmente toccati dalla misura non è cosa semplice. Il seguente modello e le seguenti analisi di sensitività, preparati da chi scrive e condivisi con i commissari durante gli appro- fondimenti commissionali, aiutano a meglio comprendere i meccanismi del freno, la sua portata e i suoi limiti.

A titolo di esempio, la misura potrebbe dare un beneficio annuo di fr. 1’451, pari ad una riduzione del 53% dell’imposta cantonale e comunale sul reddito, ad una coppia di con- tribuenti con i seguenti parametri: abitazione primaria di proprietà con valore venale di 1 mio. di fr. e valore di stima di fr. 450’000; mutuo ipotecario di fr. 300’000; altra sostanza mobiliare di fr. 300’000 (la quale frutta annualmente un ren- dimento del 2%, pari a fr. 6’000); valore locativo di fr. 27’000, equivalente al 60% del canone di locazione di mercato di fr. 45’000 (rendimento immobiliare del 4.5%); reddito da AVS pari a fr. 43’020, ossia la rendita massima per coniugi. La coppia di pensionati non avrebbe altri redditi, in particolare non avrebbe redditi previdenziali da secondo o terzo pilastro ipotizzando che tali capitali previdenziali siano già stati utiliz- zati per ammortizzare parte del mutuo ipotecario su richiesta dell’istituto bancario a fronte di direttive prudenziali circa la sostenibilità del debito ipotecario in capo alla coppia di anziani non più attivi professionalmente.

La tabella allegata illustra la meccanica e la logica del modello di foglio di calcolo. Sulla base di questo è possibile allestire delle analisi di sensitività del beneficio fiscale per il contri- buente al variare di alcuni parametri. Le tabelle che seguono considerano vari possibili valori venali dell’abitazione primaria (colonne) e vari ammontari della sostanza mobiliare (righe). Il beneficio fiscale di fr. 1’451 annui riportato sopra appare nella cella con riquadro in verde.

A parità di altri paramenti, l’applicazione della soglia di sostanza imponibile massima pari a fr. 600’000 per invo- care il freno, come nel caso del Canton Grigioni e ipotizzato dall’IE506, avrebbe comprensibilmente esteso il perimetro dei beneficiari senza modificare il beneficio di chi già poteva invocare il freno con la soglia di sostanza di fr. 500’000.

Un allargamento simile del perimetro dei beneficiari si ottiene, mantenendo la soglia di sostanza imponibile di fr. 500’000 prevista dall’art. 32 cpv. 4 LT, aumentando l’esposizione ipo- tecaria dal 30% al 40%.

Lo stesso dicasi nel caso di un ulteriore aumento dell’esposi- zione ipotecaria al 50%, che permette ad ulteriori contribuenti marginali di invocare il freno.

Lo strumento è sensibile al variare della reddittività di mer- cato immobiliare, che si riflette di conseguenza nel valore locativo (pari al 60% del canone di mercato) e, pertanto, nel superamento o meno della soglia del 30% del reddito in contanti del contribuente necessario per invocare il freno. La seguente tabella permette di determinare il valore locativo annuale in base al valore venale dell’abitazione e al canone di mercato (inteso come rendimento immobiliare annuo). Le tabelle che seguono mostrano come una pressione al ribasso sui redditi immobiliari (qui ipotizzati nel 3,5% e nel 2,5% del valore immobiliare, comparato con il 4,5% del caso base coe- rente con i rendimenti immobiliari sul lungo periodo) riducano comprensibilmente il perimetro di applicazione del freno al valore locativo. Ne consegue che in tempi di bolla immobiliare il freno potrebbe perdere di efficacia, giacché ne verrebbe preclusa l’invocazione a vari contribuenti spinti a superare la soglia della sostanza massima tollerata.

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Infine, va da sé che una migliore gestione della sostanza mobi- liare del contribuente aumenta i redditi in contanti e, pertanto, riduce l’invocabilità del freno al valore locativo. Tuttavia, come si può desumere dalle seguenti tabelle il perimetro di applica- zione del freno (in base alla sostanza immobiliare e mobiliare) non è particolarmente sensibile all’aumentare del rendimento della sostanza mobiliare. Pertanto, il freno non dovrebbe disin- centivare particolarmente il contribuente dall’investire i propri averi in soluzioni redditizie, come titoli azionari. Si consideri peraltro che – facendo stato i redditi imponibili – plusvalenze (tipicamente borsistiche) non rientrano nel concetto di ren- dimento della sostanza mobiliare ai fini delle presenti analisi.

Lo scenario mostrato sotto di rendimenti imponibili dell’8%

(intesi come interessi o dividendi) rappresenta per queste ragioni un possibile caso limite superiore.

D. La prassi ai fini delle deduzioni fiscali

La Sottocommissione fisco ha inoltre richiesto al Consiglio di Stato di informarsi presso le Amministrazioni fiscali dei Cantoni che già conoscono il freno all’impatto dell’im- posizione del valore locativo chiedendo se le loro prassi prevedano, nei singoli casi di contribuenti che godono dell’al- leggerimento dal freno al valore locativo in un determinato anno, l’ordinaria deducibilità o meno dei costi di manuten- zione e degli interessi passivi.

I riscontri ottenuti e condivisi con la Sottocommissione fisco hanno indicato che le suddette deduzioni fiscali continuano ad essere possibili secondo le norme generali senza subire alcun adattamento qualora il contribuente stesse facendo valere nel periodo d’imposta il freno del valore locativo. In particolare, resta possibile la deduzione sia di tutte le spese effettive sia di quelle forfettarie calcolate sulla base del valore locativo ordinario, ossia “non frenato”.

Questa prassi, che a prima vista può sembrare incoerente perché in determinati casi può determinare un reddito imponibile addirittura negativo in compresenza di un valore locativo ridotto e di grosse spese di manutenzione, è tuttavia in linea con la situazione ordinaria di un possibile reddito imponibile pure negativo qualora – anche in applicazione del valore locativo pieno – le spese effettive di manutenzione immobiliare in un determinato anno dovessero superare le altre fonti di reddito. D’altra parte, poiché la deducibilità fiscale delle spese forfettarie dell’immobile si sostituisce alla deducibilità di quelle effettive e il forfait è generalmente commisurato al valore reddituale ordinario dell’immobile, mal si comprende perché lo stesso forfait dovrebbe riferirsi al valore locativo eccezionalmente frenato in un determinato anno. Infatti, a prescindere dal freno al valore locativo è natu- ralmente sempre fatta salva la deducibilità di tutte le spese effettive. Pertanto, un’ipotetica riduzione del forfait in linea con il freno al valore locativo rischierebbe solo di spingere artificiosamente il contribuente a dedurre le spese effettive.

E. L’assenza di effetti del freno del valore locativo su altri ambiti, segnatamente delle prestazioni sociali

Le discussioni commissionali hanno toccato un ulteriore simile ambito, connesso alla prassi dell’Amministrazione delle assicurazioni sociali in presenza di un valore locativo frenato dal meccanismo qui oggetto di analisi. Similmente a quanto avviene in relazione alle deduzioni fiscali, il Legislatore canto- nale ha specificato nel rapporto di maggioranza che – in caso di entrata in vigore della novella legislativa – la prassi ammi- nistrativa ai fini delle assicurazioni sociali (segnatamente l’assegnazione di prestazioni complementari) dovrebbe continuare ad orientarsi al valore locativo ordinario e non a quello “frenato” nell’anno di imposta.

In altri termini e più in generale, il Legislatore ha specificato di voler unicamente ridurre il carico fiscale del contribuente che rientra nella fattispecie propria dei casi di rigore, senza con ciò causare effetti secondari in qualsiasi altro ambito (tributari, segnatamente ai fini delle deduzioni, e non).

VI. La modifica del disegno di legge deliberato dal Gran Consiglio

In considerazione degli approfondimenti commissionali espo- sti sopra, su proposta della maggioranza della Commissione gestione e finanze, il Gran Consiglio ha accolto l’IE506 man- tenendo tuttavia la soglia di sostanza imponibile massima di fr. 500’000 anziché fr. 600’000 come inizialmente ipotizzato.

Inoltre, il testo di legge approvato dal Gran Consiglio specifica che il freno del valore locativo vada invocato dal contribuente anziché scattare automaticamente. Così facendo, si evita che l’accertamento di oltre il 97% dei contribuenti persone fisiche debba confrontarsi con il freno al valore locativo, preservando l’efficienza amministrativa.

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Il testo di legge del nuovo art. 20 cpv. 4 LT recita, pertanto, che “[i]n caso di una sostanza imponibile inferiore a 500’000 franchi e su richiesta del contribuente, il valore locativo imponibile può ammontare al massimo al 30 per cento delle entrate in contanti”[8]. VII. Il ricorso al Tribunale federale

Stando a quanto riportato il 5 agosto 2021 dal quotidiano laRegione, “Carlo Lepori e Raoul Ghisletta, interessati perché uno proprietario del proprio alloggio e l’altro inquilino del proprio alloggio, hanno depositato il ricorso contro questa modifica della Legge tributaria cantonale, con la richiesta che venga concesso l’effetto sospensivo vista l’entrata in vigore delle novità a partire dal 1° gennaio 2022”[9]. Chi scrive non ha avuto la possibilità di leggere il testo del ricorso, che verosimilmente contiene elementi di natura personale. Il 20 ottobre 2021, durante una riunione dell’intergruppo parlamentare per la proprietà immobiliare e fondiaria uno dei due ricorrenti ha informato l’autore che il Tribunale federale non avrebbe concesso al ricorso l’effetto sospensivo.

VIII. Conclusioni

Le diatribe dottrinali, giurisprudenziali e politiche sull’imponi- bilità del valore locativo sono note da decenni e in continua evoluzione. L’opinione personale di chi scrive è che il valore locativo non debba trovare posto nella sistematica fiscale dell’imposizione sul reddito, giacché vivendo in casa propria il contribuente non ha alcun effettivo arricchimento. Se ciò fosse vero e ragionando per assurdo, secondo la stessa logica il possesso di un autoveicolo dovrebbe causare reddito impo- nibile nella misura del canone di autonoleggio di mercato.

Anzi, si potrebbe addirittura ipotizzare la tassazione personale del possibile reddito da attività lucrativa che il contribuente potrebbe conseguire in base alla sua formazione, età ed esperienza anziché dell’effettivo reddito come ora il caso.

Parallelamente, chi scrive ritiene che il costo per interessi vada considerato alla stregua di una spesa privata non deducibile, se non nei pochi circoscritti casi in cui il finanziamento serve a conseguire un reddito imponibile (come nel caso di un mutuo ipotecario gravante un immobile a reddito all’interno della gestione della propria sostanza privata).

In ottica politico-economica, è chiaro che l’imponibilità del valore locativo con parallela deducibilità dei costi ipotecari ha rappresentato un incentivo all’indebitamento ipotecario, in Svizzera ai massimi in termini comparati internazionali.

L’attuale basso livello internazionale di tassi di interesse ha tuttavia sterilizzato tale meccanismo, pertanto non sor- prendono le aumentate pressioni nella politica federale verso un’abolizione – perlomeno parziale – dell’imposizione del valore locativo.

Lo strumento del freno all’imposizione del valore locativo per i casi di rigore è noto da decenni e già attuato da ben otto

[8] BU 29/2021, del 6 agosto 2021, in: https://www3.ti.ch/CAN/fu/2021/

BU_029.pdf (consultato il 07.11.2021).

[9] Si veda: https://www.laregione.ch/cantone/ticino/1529462/trattamento- valore-alloggio-contribuenti-proprio-federale-sostanza-lepori-ghisletta-ps (consultato il 07.11.2021).

Cantoni, compresi i Grigioni a noi vicini. Ogni Cantone ha parecchia libertà di apprezzamento nella determinazione delle stime immobiliari e del valore locativo in relazione ai valori venali. Sarà pertanto interessante sapere se il Tribunale federale riterrà, come sostenuto dai deputati socialisti ricor- renti Carlo Lepori e Raoul Ghisletta, che il contesto ticinese non lascia spazio per ulteriori limitazioni dell’imposizione fondiaria.

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Andrea Manzitti

Avvocato, socio dello studio legale BonelliErede Professore aggregato di diritto tributario all’Università L. Bocconi di Milano Direttore del Master in diritto tributario della medesima Università

Il terrore della “patrimoniale” ostacola una riforma non più rinviabile

Considerazioni sulla riforma del catasto in Italia

Dopo quasi settant’anni di vita, il sistema catastale italiano mostra tutti i difetti dell’età avanzata, e pochissimi pregi.

Il difetto più importante è la distanza tra i valori catastali e i valori reali degli immobili. Spesso il valore catastale è molto più basso del valore reale, ma non mancano casi in cui accade il contrario. Dato che la base imponibile di numerose imposte è costituita dal valore catastale, questo difetto determina gravi iniquità e sperequazioni tributarie, che minano il principio di eguaglianza e quello di capacità con- tributiva. È un problema noto da tempo, la cui risoluzione richiede tempo. Sinora, nessun governo lo ha affrontato in modo deciso. Eppure, i benefici appaiono essere decisamente superiori ai costi. Oltre al terrore della “patrimoniale” (che dovrebbe contagiare solo i pochi che hanno un patrimonio, ma che spaventa tutti) le obiezioni paiono nascondere il desiderio di conservare privilegi di cui si fa fatica a trovare logica giustificazione.

I. Premessa ... 576

II. Un po’ di storia ... 576

III. Una sintesi delle principali problematiche ...577

IV. L’Osservatorio del mercato immobiliare ... 578

V. Le ragioni sottostanti alle critiche ... 579

VI. I principali difetti della tassazione del patrimonio, immobiliare e non ...580

VII. I pregi dell’imposizione patrimoniale, e di quella immobiliare in particolare ...580

VIII. L’attuale dimensione delle imposte immobiliari in Italia ...581

IX. Cenni sulla distribuzione della ricchezza immobiliare in Italia ...582

X. Brevi considerazioni conclusive ...583

I. Premessa

Lo schema di legge delega per la riforma fiscale recentemente approvata dal Consiglio dei ministri contiene criteri e principi direttivi per la riforma del catasto, allo scopo di:

a) modificare il sistema di rilevazione catastale per moder- nizzare gli strumenti di individuazione e di controllo delle consistenze dei terreni e dei fabbricati, consentendo così il loro corretto classamento;

b) attribuire a ciascuna unità immobiliare un “valore patri- moniale” in aggiunta alla rendita catastale, prevedendo un meccanismo di adeguamento periodico del predetto valore in relazione alla modificazione delle condizioni del mercato di riferimento.

Per il secondo obiettivo è stata fissata l’entrata in vigore a decorrere dal 1° gennaio 2026.

L’iniziativa ha sollevato poche ma accorate critiche e molti timidi apprezzamenti. Le critiche nascono dal diffuso timore che la riforma sia il primo passo verso l’aumento delle imposte gravanti sugli immobili. A poco è servita la rassicurazione, pur contenuta espressamente nello schema, secondo cui i nuovi valori patrimoniali non saranno utilizzati per la determina- zione della base imponibile dei tributi la cui applicazione si fonda sulle risultanze catastali.

L’interesse per l’argomento induce a qualche approfondimento.

II. Un po’ di storia

La creazione del catasto italiano, suddiviso tra catasto dei ter- reni e catasto edilizio urbano, è il risultato di uno sforzo secolare.

Ci sono infatti voluti 70 anni prima che, nel 1956, fossero completati i lavori per la formazione del nuovo catasto dei terreni disposta dalla Legge (L.) del 10 marzo 1886, n. 3682.

Per quanto i lavori siano stati sospesi durante due guerre mondiali, il lungo tempo richiesto per giungere alla cataloga- zione di tutte le particelle (quasi 70 mio.) di cui è composto il territorio italiano è figlio dell’estrema complessità dell’opera.

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Rispetto al catasto terreni, la creazione di quello dei fabbricati è avvenuta più speditamente. In poco più di 20 anni, nel 1962 è entrato in vigore il nuovo catasto edilizio urbano, istituito con L. dell’11 agosto 1939, n. 1249, il cui relativo regolamento è stato emanato con il Decreto del Presidente delle Repubblica (D.P.R.) n. 1142 del 1949, ancora in vigore.

All’epoca, l’innovazione segnò una svolta decisiva per la determinazione dell’imponibile delle imposte che gravano sulla proprietà immobiliare, che da allora è prevalentemente impostata su metodi prettamente catastali.

L’unità immobiliare (appartamento, negozio, ecc.) divenne l’entità fondamentale sulla quale è basato l’accertamento della proprietà edilizia urbana agli effetti della tassazione. La base imponibile venne determinata non già in base al reddito effettivo annuale di ciascuna unità, ma in base alla rendita media ordinaria della categoria di appartenenza.

La determinazione della rendita media era frutto di un complesso procedimento, la cui fase preliminare richiedeva la definizione delle categorie, la qualificazione delle zone censuarie, l’individuazione delle unità-tipo, l’analisi dei ricavi e delle spese di tali unità-tipo e, infine, la determinazione della tariffa.

Le categorie sono state definite sulla base di tre gruppi fon- damentali – immobili a destinazione ordinaria, immobili a destinazione speciale, immobili a destinazione particolare –, ognuno dei quali comprende ulteriori gruppi di categorie omogenee.

La rendita catastale, nel caso delle abitazioni, è determinata dalla tariffa d’estimo della specifica classe e categoria in cui è stata classificata (“classata”, in termini catastali) per la con- sistenza in vani[1]. L’unica revisione di dette tariffe fu attuata all’inizio degli anni ‘90 e si concluse a settembre del 2001.

Il valore catastale di un’abitazione si calcola applicando alla sua rendita catastale i coefficienti moltiplicativi stabiliti per legge e che sono stati anch’essi oggetto di revisione, di cui l’ultima avvenuta nel 2011[2].

[1] Nel Regolamento n. 1142 è stato disposto che per la misura della consistenza dell’unità immobiliare con destinazione ordinaria ad uso di abitazione si assu- me come elemento unitario il “vano utile”. Si considera vano utile quello che ha destinazione principale (camera, stanza, salone, galleria e simili), nell’uso ordina- rio dell’unità immobiliare. Per la misura della consistenza delle unità immobiliari con destinazione ordinaria ad uso di alloggi collettivi (collegi, ospizi, conventi, caserme, ospedali, prigioni e simili) di uffici pubblici, di scuole, di musei e simili, si assume come elemento unitario il metro cubo, mentre per le unità immobiliari con destinazione ordinaria ad uso negozi, botteghe, magazzini, locali di deposi- to, laboratori per arti e mestieri, stalle, scuderie, autorimesse, palestre, tettoie e simili, si assume come elemento ordinario il metro quadrato.

[2] I coefficienti rispondevano ad un criterio logico, ancorché applicato empiricamente con modalità estremamente semplificate, in base al quale il coefficiente era considerato come l’equivalente del reciproco del tasso di ren- dimento netto medio nazionale per le diverse categorie catastali di immobili. Si indicò l’1% per le abitazioni, le pertinenze e altri locali, il 2% per gli uffici e il 3%

per i negozi e le altre unità di categoria E. Il reciproco di quei tassi costituiva il corrispondente coefficiente moltiplicativo, rispettivamente 100, 50 e 34.

I valori catastali non costituiscono la base imponibile per le imposte sul reddito. Lo sono, invece, per le seguenti imposte:

a) imposta municipale unica (IMU) e tassa sui servizi indivisibili del Comune (TASI);

b) imposta di registro, per il caso in cui l’imponibile è stabilito con il sistema del cd. “prezzo-valore”[3];

c) imposte di successione e donazione.

III. Una sintesi delle principali problematiche

Le prime rendite catastali facevano riferimento al periodo 1937-39, e da allora sono state aggiornate soltanto una volta, con riferimento al biennio economico ‘88-89.

Il modello è tuttavia rimasto invariato, nonostante la legge preveda in via continuativa la possibilità di revisione delle tariffe d’estimo. Infatti, gli artt. 28 e 37 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) stabiliscono che almeno ogni dieci anni con decreto del Ministro dell’Economia e Finanze (MEF) si dia luogo alla revisione delle tariffe d’estimo e delle rendite, sia per quel che riguarda il catasto fabbricati, sia per quanto concerne il catasto terreni. Dopo l’unica revisione avvenuta nel 1990, i decreti non sono stati mai emanati.

Eppure, il legislatore si è trovato più di una volta di fronte alla necessità – anche urgente – di intervenire, aumentandola, sulla pressione fiscale gravante sugli immobili. Invece di inter- venire sulle rendite – cosa che avrebbe richiesto tempi lunghi – è stato scelto di intervenire sul moltiplicatore.

Così facendo, è stata trascurata qualsiasi valutazione in merito alla variazione effettiva del valore di mercato degli immobili così che oggi il loro valore catastale risulta vieppiù distante dalla realtà[4].

[3] La regola generale è che la base imponibile ai fini delle imposte d’atto è il

“valore venale in comune commercio” del bene, alla data del suo trasferimento.

Nel 2005 è stata introdotta una deroga stabilendosi che, in determinate con- dizioni, per i trasferimenti di abitazioni la base imponibile può essere costituita dal valore catastale dell’immobile, prescindendo dal prezzo pattuito dalle parti.

Le condizioni sono: (i) la cessione deve avere ad oggetto un immobile abitati- vo e relative pertinenze; (ii) l’immobile deve essere dotato di rendita catastale, anche solo proposta; (iii) l’acquirente deve essere una persona fisica che non agisce nell’ambito di attività commerciali, artistiche o professionali; (iv) all’at- to della cessione la parte acquirente deve richiedere al notaio l’applicazione del criterio di tassazione sopra indicato; (v) il trasferimento deve essere soggetto a imposta di registro (e non ad imposta sul valore aggiunto [IVA]); (vi) il trasferi- mento deve avvenire a titolo oneroso.

[4] Prendiamo l’esempio degli immobili del gruppo A, quello delle abitazio- ni, escludendo tuttavia gli uffici e gli studi privati. Secondo i dati più aggiornati dell’Agenzia delle Entrate, in Italia le rendite catastali delle abitazioni hanno un valore complessivo di quasi 17,2 mia. di euro. Suddivisi per circa 36,2 mio. di abi- tazioni, danno una rendita catastale media intorno a euro 500 annui, che pare irrealistica. Tuttavia, che i valori delle rendite catastali siano bassi non costituisce un problema irrisolvibile: basterebbe, infatti, aumentarle tutte nello stesso modo.

Il vero problema è che oggi immobili assai simili in termini di valore di mercato hanno rendite catastali molto diverse, mentre immobili che hanno la stessa ren- dita catastale hanno valore di mercato assai diverso. Succede spesso, soprattutto nelle città di maggiori dimensione, che immobili situati in zone semi-centrali o addirittura periferiche risultano avere una rendita catastale simile di quella asse- gnata ad immobili più grandi e sicuramente di maggior valore situati in pieno centro. Questo deriva dal fatto che le abitazioni più nuove, dunque accatastate in tempi recenti, si vedono assegnate rendite simile a quelle assegnate decine di anni fa a immobili del pieno centro, situate in microzone un tempo a carattere

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