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D. Le argomentazioni del TAF

4. Il rispetto del principio di sussidiarietà

In merito al rispetto del principio della sussidiarietà ai sensi dell’art. 3 lett. k OAAF, il TAF ha stabilito che l’affermazione contenuta nella domanda di assistenza dell’autorità richie-dente italiana, ovvero “[s]ono stati esauriti tutti i mezzi interni di indagine fatta eccezione per quelli che avrebbero dato luogo a dif-ficoltà sproporzionate”, in virtù del principio dell’affidamento è sufficiente a comprovare il rispetto di tale esigenza materiale.

Secondo costante giurisprudenza, in presenza di una tale dichiarazione e in assenza di errori, lacune o contraddizioni palesi, l’autorità richiesta non è tenuta a chiedere all’autorità richiedente di comprovare di aver sfruttato tutte le fonti di informazione previste dalla sua legislazione. A tal proposito il TAF riconosce che la lettera del 3 febbraio 2014 non è mai stata inviata ai clienti della banca, d’altro canto però ribadisce che una seconda lettera del 20 febbraio 2015 è stata, invece, inviata ai suoi clienti e che rende, di conseguenza, la fattispecie alla base dalla domanda raggruppata verosimile. Si riconosce che l’AFC ha proceduto agli accertamenti del caso presso la banca, invitandola a verificare se non vi fosse un altro scritto analogo ad una data posteriore, proprio al fine di sincerarsi della fattispecie alla base della domanda raggruppata. Va poi ricordato che il principio di sussidiarietà dipende altresì dal tipo di domanda: nel caso di una domanda raggruppata non si può, infatti, pretendere dallo Stato richiedente che lo stesso si rivolga dapprima ai contribuenti interessati da una tale domanda, allorquando non ne conosce ancora i nominativi. In tali circostanze, si deve ritenere che non vi è

[28] Sentenza del TAF A-1275/2018 del 23 maggio 2019 consid. 5.3

motivo per dubitare che l’autorità richiedente italiana non abbia rispettato il principio di sussidiarietà. Allo stesso modo, è sufficiente la dichiarazione secondo cui la domanda è con-forme alla legislazione e alla prassi italiana, nonché all’art. 27 CDI CH-ITA, alla lett. ebis Protocollo aggiuntivo e all’Accordo amministrativo.

III. Conclusioni

In conclusione il TAF ha stabilito l’ammissibilità formale e materiale della domanda raggruppata di assistenza ammini-strativa italiana del 23 novembre 2018. Esso ha constatato che i ricorrenti rientrano nel modello di comportamento dei cd. “contribuenti recalcitranti”. Dai documenti bancari risulta, infatti, che nel periodo fiscale dal 23 febbraio 2015 al 31 dicembre 2016 essi erano domiciliati in Italia ed erano coin-testatari di un conto bancario presso la banca C./D. Risulta anche, dalla documentazione bancaria, che essi hanno rice-vuto la lettera del 20 febbraio 2015 e che erano a conoscenza del suo contenuto; infatti dalle note del consulente bancario emerge la volontà dei ricorrenti a non aderire al programma voluntary disclosure e di chiudere il conto. Oltretutto non risulta dagli atti dell’incarto che i ricorrenti abbiano fornito alla banca la prova della loro conformità alla normativa fiscale italiana.

Il TAF ritiene che i ricorrenti siano verosimilmente interessati dalla domanda raggruppata, ragione per cui si deve ritenere la trasmissione delle informazioni richieste dall’autorità italiana come giustificate.

In aggiunta la domanda di assistenza non risulta manife-stamente fondata su una fattispecie completamente errata e/o non veritiera. Essa non rappresenta neppure una fishing expedition, non è contraria né al principio di sussidiarietà né al principio della buona fede e dell’affidamento.

Nulla permette peraltro di ritenere che la stessa sia fondata su un reato o di dubitare della rilevanza verosimile delle infor-mazioni richieste dall’autorità richiedente italiana. I ricorrenti rientrano poi nel modello di comportamento descritto in detta domanda raggruppata.

Il TAF non intravvede, pertanto, alcun valido motivo per respingere la domanda di assistenza in oggetto o annullare la decisione impugnata e, di conseguenza, ha respinto il ricorso dei due contribuenti italiani.

Marco Compagnino Adv. LL.M. (Leiden)

Avvocato e dottore commercialista Partner di CM Legal – Studio Legale in Lugano

Giovanni Mercanti Dottore commercialista Partner di Belluzzo Mercanti Milano – Verona

La sentenza n. A-1296/2020, del TAF, ci offre delle utili indicazioni per un’analisi mirata di alcuni casi concreti di domande “rogatoriali”, che hanno recentemente riguardato clienti BSI SA (oggi EFG) e Credit Suisse AG

Domande raggruppate e domande collettive

Sentenza del Tribunale amministrativo federale n. A-1296/2020 del 21 dicembre 2020.

Il Tribunale amministrativo federale, respingendo il loro ricorso, ha confermato come i dati bancari relativi a due contribuenti italiani – già oggetto di domanda “rogatoriale” che aveva avuto il via libera da parte dell’AFC – possano essere trasmessi all’Autorità italiana richiedente. Ciò offre l’opportunità per operare un interessante confronto tra domande raggruppate e domande collettive, in particolare se e perché l’eventuale prova della conformità fiscale della posizione degli interessati in Italia possa permettere loro di bloccare (o meno) la trasmissione dei dati all’Autorità richiedente

I. Premessa

Con la sentenza n. A-1296/2020, del 21 dicembre 2020, il Tribunale amministrativo federale (TAF) ha respinto il ricorso di due contribuenti italiani, confermando che i dati bancari che li riguardano possono essere trasmessi all’Autorità italiana richiedente[1]. Tale decisione è stata impugnata davanti al Tribunale federale (TF).

Trattasi più in generale della domanda “rogatoriale” già oggetto di decisione finale dell’Amministrazione federale delle contribuzioni (AFC), pubblicata sul Foglio federale del 4 febbraio 2020, e relativa alla trasmissione in Italia dei dati di tutti i contribuenti italiani che tra il 23 febbraio 2015 e

[1] TAF, La domanda raggruppata italiana di assistenza amministrativa in materia fiscale è ammissibile, Comunicato stampa relativo alla sentenza A-1296/2020 del 21 dicembre 2020, San Gallo, 13 gennaio 2021.

I. Premessa ... 639 II. La domanda collettiva ...640 III. Conclusioni ...641

il 31 dicembre 2016 hanno detenuto un conto corrente (c/c) presso BSI SA (oggi EFG)[2].

A questo proposito, tutte le condizioni formali e materiali di ammissibilità della domanda sono considerate soddisfatte dal TAF, sia sulla base della CDI CH-ITA, nonché della Legge federale sull’assistenza amministrativa in materia fiscale (LAAF; RS 651.1) e relativa Ordinanza di applicazione (OAAF; RS 651.11), nonché della giurisprudenza del TF[3]. Secondo il TAF una domanda raggruppata, come nel caso di specie, è ammessa se lo Stato richiedente adempie alle seguenti tre condizioni (cfr. anche art. 3 OAAF):

◆ è in grado di fornire una descrizione dettagliata del gruppo, descrivendone i fatti e le circostanze specifiche che l’hanno portata alla richiesta;

◆ è in grado di spiegare la legge (fiscale) applicabile e indicare perché vi siano motivi per ritenere che i contribuenti del gruppo non abbiano adempiuto ai loro obblighi, ovvero abbiano violato la legge fiscale;

◆ è in grado di dimostrare che le informazioni richieste potranno portare all’adempimento degli obblighi apparte-nenti al gruppo.

[2] Cfr. Marco Compagnino/Giovanni Mercanti, Analisi di una doman-da “rogatoriale”: tra garanzie offerte e opportunità (residue), in: NF 4/2020, pp. 192-197, in cui si ripercorrono in un caso concreto le caratteristiche della richiesta di assistenza amministrativa in materia fiscale avanzata dall’I-talia sulla base dell’art. 27 della Convenzione tra la Confederazione Svizzera e la Repubblica Italiana per evitare le doppie imposizioni e per regolare talune altre questioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e del relativo Proto-collo aggiuntivo (CDI CH-ITA; RS 0.672.945.41) e degli standard OCSE, nonché le implicazioni per gli interessati, anche in termini di “opportunità” residue per sanare la propria posizione con l’Amministrazione finanziaria italiana per colo-ro in difetto.

[3] Cfr. Stefan Protic, Domanda raggruppata italiana di assistenza ammi-nistrativa in materia fiscale, articolo pubblicato in questo stesso numero, in cui l’Autore si sofferma, in particolare, sul requisito della rilevanza verosimile sottoli-neato dal TAF nella citata sentenza n. A-1296/2020, nonché sui principi di buona fede, sussidiarietà e specialità alla base delle argomentazioni ivi contenute.

In questo senso, la sentenza in parola è utile per evidenziare ulteriormente come non costituisca una fishing expedition una domanda di informazioni per il semplice fatto che essa non precisi il nome o l’indirizzo (o entrambi) del contri-buente oggetto del controllo o di richiesta fiscale. Infatti, l’identificazione del contribuente deve ciononostante essere possibile con altre modalità, sulla base delle infor-mazioni trasmesse dallo Stato richiedente. Ciò è il caso delle domande raggruppate, che identificano i contribuenti interessati mediante un modello di comportamento[4], ma discorso analogo vale anche per quanto riguarda le domande collettive, che, a differenza delle prime, non identificano le persone interessate mediante un modello di comportamento, bensì mediante delle liste di numeri di conto bancario o di carta di credito.

E sulla base di tale parallelo offerto dalla sentenza del TAF, si ripropone il quesito se vi sia modo di bloccare la tra-smissione in Italia delle informazioni oggetto di domanda

“semplicemente” provando all’AFC o in sede giudiziaria come esse siano già note all’Amministrazione finanziaria italiana, o che comunque nel caso riguardino una posizione del tutto compliant o comunque già oggetto di regolarizzazione attraverso il programma italiano di voluntary disclosure[5]. Se nel caso delle domande raggruppate, in particolare secondo lo schema riconducibile all’Accordo amichevole tra Italia e Svizzera del 27 febbraio e del 2 marzo 2017, è ribadito ancora una volta come ciò sia possibile[6], nulla è qui invece indicato con riferimento alle domande collettive. Schema al quale si ritiene riconducibile quella di cui alla comunicazione

[4] La lett. e-bis n. 3 del Protocollo aggiuntivo precisa, infatti, come la condizio-ne della “verosimile rilevanza” possa essere soddisfatta anche condizio-nei casi relativi ad una pluralità di contribuenti identificati con il nome oppure altrimenti.

[5] Introdotta con l’art. 1 della Legge (L.) n. 186/2014, la voluntary disclosure (o collaborazione volontaria) italiana ha avuto due edizioni: nel 2015 e nel 2017.

[6] Art. 3 dell’Accordo amichevole tra Svizzera ed Italia concernente lo scam-bio di informazioni attraverso domante raggruppate (“Agreement between the Competernt Authorities of the Swiss Confederation and Italy on exchange of informa-tion through group requests”). Sul valore dell’Accordo si è soffermato il TAF nella sentenza in commento, concludendo come esso sia “uno strumento d’intesa tra autorità amministrative, che non può certo andare oltre quanto previsto dalla CDI CH-IT e il suo relativo Protocollo aggiuntivo, come pure limitare la portata di una clausola di scambio di informazioni fiscali”. Ed ancora, “l’accordo amichevole può servire ad interpretare una posizione della CDI determinante, rispettivamente a definirne l’ap-plicazione, ma non può introdurre nuovi obblighi o diritti non contemplati dalla CDI determinante”. In definitiva, la situazione di fatto descritta in detto Accordo va considerata alla stregua di un’esemplificazione della fattispecie base di una ipotetica domanda raggruppata, senza presunzione alcuna di esaurirne i casi concreti potenzialmente rientrante nella fattispecie stessa, definita dalla CDI CH-ITA (e dal suo Protocollo aggiuntivo), né di definirne con esattezza i con-tenuti. L’Accordo amichevole resta uno strumento interpretativo, di cui il TAF può tenere conto nell’ambito dell’esame della domanda raggruppata, mentre l’unica base legale per la domanda raggruppata in oggetto resta l’art. 27 CDI CH-ITA, in combinato disposto con la lett. ebis del Protocollo aggiuntivo. Peral-tro, è possibile osservare come nelle premesse dell’Accordo amichevole venga fatto esplicito riferimento alla Sentenza TF n. 2C_276/2016 del 12 settembre 2016 che ha giudicato l’ammissibilità delle domande raggruppate da parte di uno Stato terzo, vale a dire i Paesi Bassi, inequivocabilmente ponendo la richie-sta italiana sotto l’ombrello protettivo di tale autorevolissimo recente giudicato finale svizzero. Per un’esposizione completa e sistematica in lingua italiana del-le conclusioni del TF (cfr. Samuedel-le Vorpe, La domanda raggruppata olandese non è una fishing expedition, in: NF 4/2017, pp. 119-131).

dell’AFC del 24 marzo 2020[7] relativa alla richiesta di assi-stenza amministrativa in materia fiscale del 10 luglio 2017 avanzata dalle Autorità italiane, nella fattispecie dalla Guardia di finanza, sempre sulla base dell’art. 27 CDI CH-ITA, con riferimento a un elenco di contribuenti italiani, con relazione d’affari presso Credit Suisse AG (e società del gruppo), iden-tificati in base a un numero di conto collegato a un codice di domicilio italiano attribuito dalla banca medesima, sospettati di non aver adempiuto ai propri obblighi fiscali in Italia[8]. Pertanto, partendo dalle conclusioni di cui sopra della sentenza n. A-1296/2020 del TAF, che confermano come sia dato modo sic et simpliciter ai contribuenti italiani coinvolti nelle domande raggruppate (come quella oggetto di sentenza) di bloccare la trasmissione dei dati di conto in Italia, appalesando lo stato di conformità fiscale della relazione medesima rispetto alla normativa italiana, i paragrafi seguenti intendono evidenziare perché ciò non sia dato in ipotesi di domanda collettiva[9]. II. La domanda collettiva

La domanda di assistenza amministrativa è rivolta a persone non nominativamente conosciute, nonché persone nomi-nativamente conosciute, il cui scopo principale è quello di ottenere i nomi, gli indirizzi e i saldi dei conti di quelle persone, che sono riconducibili a determinati conti (noti all’autorità richiedente) detenuti presso la tale banca in Svizzera.

Secondo la giurisprudenza consolidata del TF esse vanno considerate come una pluralità di richieste individuali (riguardando più persone, ed essendo identificate le persone interessate per nome o per un elenco di numeri, come i numeri di carta di credito o di conto corrente bancario), che solo per motivi di economia procedurale l’Autorità richiedente riunisce in una domanda congiunta, ma che in linea di prin-cipio potrebbe anche presentare individualmente. Il termine utilizzato dal TF per tali richieste è “domande collettive”[10]. Al contrario, in una domanda raggruppata la richiesta dell’Autorità dello Stato richiedente si basa sulla caratteriz-zazione di un modello di comportamento che accumuna più persone, senza che sia nota alcuna caratteristica individuale.

A differenza di un modello di comportamento determinato, un numero di carta di credito o di conto rappresenta un ele-mento d’identificazione individuale, per cui in questi casi non ci si trova di fronte a una domanda raggruppata di cui all’art. 3 lett. c LAAF[11].

[7] FF 2020 2210.

[8] Cfr. Marco Compagnino, Patrimoni in Svizzera e fisco italiano, in: Corriere del Ticino, 8 aprile 2020, p. 15, in cui, in particolare, si dà indicazione di come trattasi di richieste dirette ad identificare i nominativi di posizioni finanziarie potenzialmente “not tax compliant” già in possesso della Guardia di finanza, poi-ché acquisite attraverso accesso ed indagini su Credit Suisse svolti in Italia fino al luglio 2017.

[9] In ciò ci sarà d’ausilio l’esperienza maturata in tale ambito con l’AFC (in particolare il Servizio per lo scambio di informazioni in materia fiscale), e le decisioni finali da questa più recentemente adottate.

[10] DTF 146 II 150, consid. 4.3 e relativi rinvii.

[11] DTF 146 II 150, consid. 4.4 e 4.5 e relativi rinvii.

Ciò comporta che, in base alla giurisprudenza del TF, la richiesta di assistenza amministrativa in materia fiscale della Guardia di finanza di cui in premessa[12] è da consi-derarsi essere una domanda collettiva, e non una domanda raggruppata ai sensi dell’art. 3 lett. c LAAF, poiché le per-sone interessate sono identificate individualmente tramite numeri di conto, numeri di polizza e altri numeri bancari noti all’Autorità richiedente.

Infatti, quale domanda collettiva, in relazione all’identità della persona oggetto del controllo o della richiesta (lett. ebis cifra 2 punto i del Protocollo aggiuntivo alla CDI CH-ITA), essa può essere stabilita sulla base dei numeri indicati nella richiesta, e nel caso indicato questi si riferiscono ai conti detenuti presso la banca Crediti Suisse. Questi sono i numeri di polizza ed i

“CIF” (client identification number [numero cliente]), che con-sentono alla banca medesima l’identificazione delle persone interessate in modo univoco e inequivocabile, come richiesto dal citato Protocollo aggiuntivo alla CDI CH-ITA, potendo con-cludersi come l’identità delle persone coinvolte nella domanda collettiva è stata quindi sostanziata dall’Autorità richiedente.

Pertanto, una volta verificati da parte dell’Autorità del Paese richiesto che la domanda adempia alle tre condizioni indicate in premessa in termini di divieto di fishing expedition (ed elaborate sulla base della giurisprudenza del TF), se ne deve concludere che esista un ragionevole sospetto di com-portamento in violazione della normativa fiscale da parte dei soggetti interessati alla domanda collettiva.

A questo proposito, in particolare, l’Amministrazione finan-ziaria italiana ha provato che le persone interessate alla domanda siano presumibilmente dei contribuenti italiani attraverso un codice di domicilio, che reca quale radice

“111”, loro attribuito dal Credit Suisse, appunto per ogni posizione riferibile ad un contribuente italiano[13].

A questo punto diventa irrilevante che le persone interessate affermino di non essere né residenti né contribuenti fiscali in Italia, ciò comportando che le informazioni nel loro caso

[12] La richiesta “rogatoriale” in questo caso ha riguardato i nominativi di clien-ti italiani di Credit Suisse AG, clien-titolari e beneficiari di polizze assicuraclien-tive, nonché quelli dei saldi dei conti al 31 dicembre 2017, e le eventuali date di chiusura, se posteriori al 23 febbraio 2015.

[13] Trattasi di circa diecimila posizioni finanziarie (per oltre 7 mia. di fr.), rela-tive ad effettivi beneficiari italiani, già acquisite in Italia dalla Guardia di finanza attraverso accesso ed indagini presso gli uffici di Milano di Credit Suisse (cioè fino al luglio 2017). Per tali posizioni, utilizzando le usuali fonti d’informazione previ-ste dalla procedura fiscale interna italiana, la Guardia di finanza ha evidenziato come non sia stato possibile identificare compiutamente ed inequivocabilmente i titolari e/o beneficiari effettivi. A tale fine, pertanto, è stato appalesato all’AFC come emerga l’esigenza di attivare i canali di cooperazione con la Svizzera, in definitiva per appurare se tali soggetti abbiano correttamente adempiuto agli obblighi di monitoraggio fiscale e dichiarativi previsti dall’ordinamento italiano.

In particolare, nella domanda collettiva in oggetto è stato evidenziato dalla Guar-dia di finanza come i dati presenti nei file originari reperiti in Italia nel corso delle attività di natura tributaria e giudiziaria condotte, riportano chiare indicazioni in ordine alla riconducibilità all’Italia delle singole posizioni in relazione alle quali si richiedono riscontri. Sono, infatti, di volta in volta indicati: la cittadinanza, la resi-denza, ovvero il Paese di riferimento degli intestatari in Italia (codice Paese “111”;

MIS_dom_Name; Staatsangehoerigkeit; ecc.).

siano verosimilmente rilevanti per l’applicazione della norma-tiva fiscale italiana, poiché viene loro riscontrato come tale argomentazione vada sollevata nell’ambito della procedura italiana, essendo il riferimento allo Stato richiedente stabilito dal codice del domicilio, che in questo caso reca radice 111[14]. Per ciò, sulla base di quanto precede, se ne deve dedurre che qualsiasi rifiuto alla trasmissione dei dati in Italia priverebbe l’Autorità fiscale del Paese richiedente della possibilità di esaminare essa stessa la conformità fiscale degli interessati, vanificando proprio lo scopo per il quale è stata presentata la richiesta di assistenza amministrativa, violando il princi-pio, secondo cui, di norma solo lo Stato richiedente possa determinare in modo definitivo se un’informazione sia verosimilmente rilevante.

In ultimo, se ne deve dedurre come non sia determinante se, nei singoli casi, l’esame in Italia della conformità fiscale delle persone interessate porterà alla conclusione che non vi sia alcuna loro residenza fiscale in Italia, o che pur se imponibile il soggetto nel Paese abbia pienamente e validamente dichiarato i beni sul conto o i redditi ad essi attribuibili, o ancora che non siano affatto stati generati sul conto beni o redditi imponibili.

III. Conclusioni

Da quanto sopra esposto emerge in tutta la sua chiarezza la differenza tra domande raggruppate e domande collettive, in applicazione della CDI CH-ITA e relativo Protocollo aggiun-tivo (e dell’Accordo amichevole del 27 febbraio e del 2 marzo 2017), nonché della giurisprudenza del TF e del TAF.

Essa vuole spiegare perché nel caso di domande collettive, essendo esse considerate come una pluralità di richieste individuali (con più persone identificate per i client identi-fication number/numeri di carta di credito/conto corrente bancario/polizza/codice identificativo o altro), la differenza sia netta rispetto alle domande raggruppate, in cui la richie-sta dello Stato richiedente si basa sulla caratterizzazione di un modello di comportamento che accumuna più persone, senza che sia nota alcuna caratteristica individuale.

Ciò porta con sé come nel secondo caso all’interessato non sia data possibilità di bloccare lo scambio di informazioni dando indicazione al Paese richiesto della sua conformità fiscale nel Paese richiedente, in applicazione della CDI CH-ITA (e relativo Protocollo aggiuntivo), proprio come se si trattasse di una vera e propria richiesta individuale.

A questo proposito, solo le applicazioni future del dettato convenzionale, quindi a seguito delle domande rogatoriali che è lecito attendersi per i prossimi anni, ci sapranno dire se tale differenza sia effettivamente tanto netta, come sembrerebbe perlomeno da un punto di vista concettuale,

A questo proposito, solo le applicazioni future del dettato convenzionale, quindi a seguito delle domande rogatoriali che è lecito attendersi per i prossimi anni, ci sapranno dire se tale differenza sia effettivamente tanto netta, come sembrerebbe perlomeno da un punto di vista concettuale,

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