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BULLISMO A SCUOLA: RIFLESSIONI TEORICHE,

Nel documento Legalità, responsabilitàe cittadinanza (pagine 115-135)

RIFERIMENTI NORMATIVI

E STRATEGIE OPERATIVE

di Giovanna Boda

Dirigente Ufficio III Direzione Generale per lo Studente, la Partecipazione, l’Integrazione e la Comunicazione – Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Un’azione antibullismo che voglia essere mirata e funzionale deve essere connotata dai caratteri di sistematicità e globalità

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culiari. Infine, va sottolineato che insegnanti e personale non docente devono essere supportati da una formazione specifica e mirata al fine di poter affron-tare realisticamente ed efficacemente tutti gli aspetti attinenti al tema in oggetto, a partire dall’acquisizione della capacità di riconoscere la natura del problema che hanno di fronte, per poter agire di conseguenza.

Spesso sottovalutato, il bullismo si presenta come un evento che mette a dura prova le coscienze, le responsabilità, il ruolo educativo di tutti coloro che, in quanto adulti, hanno il dovere di accompagnare le più giovani personalità in formazione nel loro percorso di crescita. Affrontare la tematica del bullismo di-venta, in quest’ottica, una responsabilità individuale, un dovere sociale, un im-perativo morale a cui le istituzioni non possono sottrarsi. In altri termini, ciò significa implementare una strategia scolastica antibullismo costante nel tempo, concreta rispetto agli obiettivi che intende perseguire, attendibile sul piano me-todologico (Fedeli, 2007).

RIFERIMENTI NORMATIVI

Di fronte a tali fenomeni e al rischio del dilagare di un processo di progressiva caduta della cultura del rispetto delle regole poste a fondamento della convi-venza civile oltre che della consapevolezza, tra i giovani, che la libertà dei sin-goli debba trovare un limite nella libertà degli altri, sono stati posti in essere, nel corso degli ultimi due anni, una serie di interventi di carattere amministra-tivo, regolamentare e legislativo che rappresentano il quadro di riferimento per contrastare episodi di violenza e di bullismo a scuola.

Da un lato, si è intervenuti sulla normativa che regola l’irrogazione delle san-zioni disciplinari nei confronti degli studenti della scuola secondaria di primo e di secondo grado offrendo alle scuole la possibilità di sanzionare con maggiore rigore e severità quei fenomeni gravi di violenza, di bullismo o comunque di offesa alla dignità e al rispetto della persona umana, che risultano particolar-mente odiosi e intollerabili soprattutto se consumati all’interno dell’istitu-zione pubblica preposta all’educadell’istitu-zione dei giovani. Ci si riferisce alle ultime mo-difiche allo Statuto degli studenti (DPR n. 249/1998), introdotte dal DPR 21 novembre 2007, n. 235, e a una serie di direttive e circolari riconducibili alla medesima materia: le linee di indirizzo sul bullismo, prot. n. 16 del 5 feb-braio 2007, la direttiva n. 104 del 30 novembre 2007 sull’utilizzo dei cellulari ed il rispetto della privacy, la direttiva n. 30 del 15 marzo 2007 e, da ultimo, la circolare prot. n. 3602/P0 del 31 luglio 2008 con la quale sono stati forniti chiarimenti interpretativi in ordine alle modifiche normative apportate allo Sta-tuto delle Studentesse e degli Studenti dal DPR n. 235/2007).

Dall’altro lato, parallelamente, è stata posta l’attenzione sulla regolamentazione dei procedimenti che precedono l’irrogazione delle sanzioni disciplinari nei

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Sono stati posti in essere, nel corso degli ultimi due anni, una serie di interventi che rappresentano il quadro di riferimento per contrastare episodi di violenza e di bullismo scuola

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fronti del personale scolastico, con particolare riferimento ai docenti, al fine di snellire le procedure e favorire l’applicazione delle sanzioni con rigore, tem-pestività ed efficacia (DL n. 147/2007 convertito nella Legge 25 ottobre 2007, n. 208 e circolare n. 72 del 19 dicembre 2006). I docenti sono chiamati infatti a svolgere un ruolo prezioso e insostituibile di vigilanza nei confronti degli stu-denti, soprattutto in presenza di situazioni di bullismo.

Una novità normativa importante, che occorre tenere presente, è che il prov-vedimento disciplinare da irrogare verso lo studente, anche nel caso in cui pre-veda l’allontanamento temporaneo dall’istituzione scolastica, dovrà tendere sempre al recupero dello studente attraverso attività di natura sociale, cultu-rale e, in genecultu-rale, a vantaggio della comunità scolastica, come previsto dal comma 2 dell’art. 4 dello Statuto in base alle citate modifiche. Il nuovo testo normativo dello Statuto, infatti, tende a sottolineare la funzione educativa della sanzione che deve sempre essere orientata a un principio «riparatorio» volto a far comprendere ai giovani il profondo disvalore sociale dei loro comporta-menti attraverso delle apposite «misure» che devono essere individuate all’in-terno dei regolamenti di istituto. La scuola del resto, anche in coordina-mento con la famiglia ed eventualmente con i servizi sociali o l’autorità giudiziaria, dovrà impegnarsi a promuovere un percorso di recupero educativo che miri all’inclusione, alla responsabilizzazione e al reintegro, ove possibile, del ragazzo nella comunità scolastica come previsto espressamente dal nuovo testo dell’art. 4 comma 8.

L’organo competente a irrogare sanzioni di allontanamento superiore a 15 giorni, compresa quella più grave di allontanamento dalla comunità scolastica con l’esclusione dallo scrutinio finale (comma 9 bis), sarà sempre, come chia-rito dal nuovo comma 6, il Consiglio di istituto che dovrà operare nella sua composizione piena con la presenza della componente degli studenti e dei ge-nitori, fatto salvo il dovere di astensione, come nel caso in cui siano componenti dell’organo lo studente sanzionato o un suo genitore.

Per le sanzioni che comportino un allontanamento dalla scuola per un periodo inferiore a 15 giorni la competenza è attribuita al Consiglio di classe, mentre, per l’irrogazione di sanzioni diverse dall’allontanamento sarà competente l’or-gano collegiale specificamente individuato dal regolamento di istituto. Per quanto riguarda il procedimento da porre in essere, in base all’art. 4 comma 1 dello Statuto, ci si dovrà attenere alle disposizioni contenute in un apposito regolamento di cui l’istituzione scolastica autonoma deve essere do-tata e che è chiamato a definire, ad esempio, le forme e le modalità della con-testazione dell’addebito, le forme e le modalità di attuazione del contradditto-rio o i termini; fermo restando che saranno comunque applicabili le regole generali previste dalla Legge n. 241/1990 sul procedimento amministrativo. Il procedimento disciplinare, previsto dal regolamento di istituto, dovrà attenersi ai criteri ed ai principi fissati dallo Statuto.

Il provvedimento disciplinare da irrogare verso lo studente dovrà tendere sempre al recupero dello studente attraverso attività di natura sociale, culturale e, in generale, a vantaggio della comunità scolastica

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L’art. 5 dello Statuto chiarisce che avverso tutte le sanzioni disciplinari, entro quindici giorni dalla comunicazione della loro irrogazione, è ammesso ricorso da parte di «chiunque vi abbia interesse», prevalentemente studenti e genitori, da proporre ad un «organo di garanzia» interno alla scuola che deve essere isti-tuito e disciplinato dai regolamenti delle singole istituzioni scolastiche. Tale or-gano deve pronunciarsi, in base alle ultime modifiche, entro dieci giorni. È pre-sieduto dal Dirigente scolastico ed è composto, di norma, salvo cioè che una scuola non voglia motivatamente prevedere una diversa composizione nell’ap-posito regolamento, da altre tre persone in rappresentanza dei docenti, dei ge-nitori e degli studenti nella secondaria superiore.

Il comma 3 dell’art. 5 prevede poi un’ulteriore fase impugnatoria, attribuendo al Direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale la competenza a decidere in via definitiva sui reclami avverso i provvedimenti disciplinari dando la possibilità di verificare anche la conformità dei regolamenti di istituto allo Statuto degli Studenti. Nel silenzio della norma deve ritenersi che il termine per la proposi-zione di questo reclamo sia, analogamente a quanto previsto espressamente per l’organo interno all’istituto, di quindici giorni.

Il Dirigente generale, o un dirigente appositamente delegato, potrà decidere soltanto sulla base di un parere vincolante che deve essere reso, entro il termine perentorio di 30 giorni, da un apposito organo di garanzia regionale, di nuova istituzione, del quale fanno parte rappresentanze dei docenti, dei geni-tori e, per la secondaria superiore, degli studenti. L’organo di garanzia regio-nale procede all’istruttoria soltanto sulla base di memorie e documentazioni scritte, non essendo consentita l’audizione orale del ricorrente o di altri sog-getti coinvolti.

Agli interventi normativi sopra richiamati, volti a fornire alle scuole degli stru-menti efficaci per la gestione di vicende comportamentali di carattere discipli-nare, quali quelle connesse a episodi di bullismo, si è aggiunto il Decreto Legge 1 settembre 2008, n. 137, convertito nella Legge 30 ottobre 2008, n. 169 che ha introdotto due innovazioni di grande portata: all’art. 1 ha previsto l’istitu-zione dell’insegnamento «Cittadinanza e Costitul’istitu-zione» e all’art. 2 ha introdotto la «valutazione del comportamento» nelle scuole secondarie di primo e di se-condo grado.

Educare ai valori della cittadinanza e della Costituzione nella scuola significa introdurre un mezzo formidabile per contrastare il bullismo dando la dovuta rilevanza educativa all’acquisizione da parte dei discenti della capacità di essere cittadini attivi, che esercitano diritti inviolabili e rispettano i doveri inderoga-bili della società di cui fanno parte ad ogni livello – da quello familiare a quello scolastico, da quello regionale a quello nazionale, nella vita quotidiana, nello studio, nel mondo del lavoro.

Contestualmente è stato introdotto in via legislativa l’obbligo da parte della scuola di fornire una «valutazione del comportamento» che concorre,

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Educare ai valori della cittadinanza e della Costituzione nella scuola significa introdurre un mezzo formidabile per contrastare il bullismo dando la dovuta rilevanza educativa all’acquisizione della capacità di essere cittadini attivi

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mente alla valutazione sugli apprendimenti, alla valutazione complessiva del di-scente. Non si tratta della mera reintroduzione dell’anacronistico «voto in condotta», ma di una innovazione culturale coerente con la necessità di diffon-dere tra i giovani una compiuta e consapevole cultura dei valori della cittadi-nanza e della convivenza civile che si esprime, anzitutto, nella pratica di com-portamenti corretti, maturi e responsabili all’interno della comunità di appartenenza. A questo proposito appare emblematica, al fine di cogliere lo stretto nesso di questa novità legislativa con l’affermazione della cultura della legalità a scuola, la descrizione delle finalità alle quali deve tendere la nuova «va-lutazione del comportamento» secondo quanto previsto dall’art. 1 comma 1 del Decreto Ministeriale n. 5 del 16 gennaio 2009 che, di seguito, si riporta:

«1. La valutazione del comportamento degli studenti di cui all’art. 2 del decreto legge 1 settembre 2008, n. 137, convertito, con modificazioni dalla legge 30 ottobre 2008, n. 169, risponde alle seguenti prioritarie finalità:

– accertare i livelli di apprendimento e di consapevolezza raggiunti, con specifico rife-rimento alla cultura e ai valori della cittadinanza e della convivenza civile; – verificare la capacità di rispettare il complesso delle disposizioni che disciplinano la

vita di ciascuna istituzione scolastica;

– diffondere la consapevolezza dei diritti e dei doveri degli studenti all’interno della co-munità scolastica, promuovendo comportamenti coerenti con il corretto esercizio dei propri diritti e al tempo stesso con il rispetto dei propri doveri, che corrispondono sem-pre al riconoscimento dei diritti e delle libertà degli altri;

– dare significato e valenza educativa anche al voto inferiore a 6/10.

2. La valutazione del comportamento non può mai essere utilizzata come strumento per condizionare o reprimere la libera espressione di opinioni, correttamente manifestata e non lesiva dell’altrui personalità, da parte degli studenti».

RIFLESSIONI TEORICHE E STRATEGIE OPERATIVE NEL CONTESTO SCOLASTICO

In generale, gestire le situazioni di bullismo significa restituire, in primo luogo, ai «bulli» e alle «bulle» una dimensione di criticità evolutiva, e collocare il loro agito nel quadro più ampio di un percorso che può e deve essere ridirezionato in senso adattivo e prosociale.

Come più sopra accennato, un’azione messa in atto a danno dei coetanei è un segnale di forte disagio emotivo e relazionale. Affrontare questo disagio signi-fica, in primo luogo, restituire ai giovani una piena titolarità: quella della ca-pacità di appropriarsi ed essere responsabili del proprio benessere, superando le difficoltà esperite e mettendo in campo una serie di risorse, competenze,

po-Gestire le situazioni di bullismo significa restituire, in primo luogo, ai «bulli» e alle «bulle» una dimensione di criticità evolutiva

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tenzialità solitamente non ascoltate o del tutto sconosciute. In tale processo il contesto scolastico assume una valenza singolare. È al suo interno, infatti, che lo studente ha l’opportunità di andare oltre le disfunzionalità comportamen-tali che possono connotare alcune fasi dello sviluppo per sperimentare sempre più solide capacità di trovare il proprio spazio di espressione nel mondo, attra-verso il confronto con un microcosmo estremamente rilevante, quale quello dei pari, che rappresenta una reale forma di società con la quale interagire «respi-rando» ostacoli, risorse, potenzialità, sviluppi.

L’inadeguatezza o mancata funzionalità dei propri comportamenti, qualora que-sti diventino una reale minaccia per la crescita evolutiva della persona, avrà un diretto effetto sulla qualità della vita del giovane, che si troverà «incastrato» al-l’interno di logiche di pensiero e di azione fortemente centrate sulla reiterazione del comportamento che, pur nella sua nocività, appare come quello conosciuto, sperimentato e per lo più associato al significato dell’autonoma e libera espres-sione del Sé.

Il coinvolgimento diretto in esperienze che possano essere percepite dai giovani come alternative realmente valide all’adozione di comportamenti disfunzionali diventa, allora, un preciso dovere-obiettivo dell’adulto che voglia farsi carico responsabilmente del compito di tutela evolutiva e promozione del benessere di chi sta costruendo con fatica una propria peculiare identità.

In tale ottica, un primo fondamentale compito formativo dell’istituzione sco-lastica è quello di lavorare nella direzione della prevenzione dei fenomeni di bul-lismo proprio a partire dalla promozione dello sviluppo attraverso percorsi e pro-cessi educativi, adottando un modello di prevenzione che: a) vada a fondo delle questioni inerenti i comportamenti a rischio, lavorando sui significati che questi comportamenti stessi assumono per il singolo e per la collettività, in re-lazione all’espressione del sé; b) si interroghi su quali siano le condizioni cogni-tivo-emozionali che stanno a monte del comportamento a rischio; c) esplori cosa intendano comunicare i giovani – a se stessi e ai propri gruppi di riferimento – attraverso la messa in atto del comportamento a rischio; d) analizzi quali siano le competenze emotive, interattive e relazionali su cui i giovani stessi possono fare affidamento e quali ambiti della personalità necessitino, invece, di promo-zione e ulteriore possibilità di sviluppo.

Adottare questa lente di osservazione all’interno del contesto scolastico signi-fica, in primo luogo, rilevare le modalità attraverso le quali gli studenti intera-giscono con i propri coetanei, modalità che rappresentano indicatori di benes-sere o malesbenes-sere molto importanti, che investono le più globali capacità del soggetto in età evolutiva di entrare in contatto con il mondo circostante. Le metodologie di intervento più funzionali ad affrontare i problemi di bulli-smo a scuola privilegiano l’utilizzo del gruppo e dei singoli considerati quali in-terlocutori attivi e partecipi dell’attività di promozione e consolidamento di una condizione di benessere collettivo.

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Le metodologie di intervento più funzionali ad affrontare i problemi di bullismo a scuola privilegiano l’utilizzo del gruppo e dei singoli considerati quali interlocutori attivi e partecipi dell’attività di promozione e consolidamento di una condizione di benessere collettivo

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In questo senso, i progetti di prevenzione e gestione delle problematiche più si-gnificative sperimentate in classe – tra cui, appunto, il bullismo –, che vogliano avere una reale possibilità di successo, devono privilegiare aspetti quali: a) l’of-ferta di occasioni di confronto sulla specifica fase evolutiva e del ciclo vitale che i giovani sperimentano nel qui e ora della loro vita scolastica e sociale; b) il po-tenziamento delle competenze psicosociali (life skills) funzionali ad affrontare i problemi e a gestirli attraverso strategie efficaci di risoluzione degli stessi; c) il rinforzo e la promozione di capacità che permettano al giovane di progettare – e in seguito realizzare – il proprio, personale, percorso di vita; d) la facilita-zione dello svolgimento di quei processi di separafacilita-zione-individuafacilita-zione che san-ciscono il passaggio dall’infanzia, all’adolescenza e all’età adulta, e che permet-tono al giovane di elaborare i modelli familiari e relazionali appresi, per svilupparne di nuovi, in modo tale che questi siano coerenti con il proprio Sé (Rosci, 1998); e) la valorizzazione del gruppo dei pari.

Va, a questo punto, sottolineato che un sistema di azioni orientate in tal senso porta con sé anche un altro essenziale vantaggio: quello di sostenere e potenziare al massimo le competenze degli adulti che vogliano sperimen-tarsi all’interno di un rapporto costruttivo e produttivo con l’interlocutore in età evolutiva.

Coerentemente con tali premesse, molti programmi antibullismo prevedono che al modello educativo tradizionalmente esperito in ambiente scolastico si affian-chi l’utilizzo di tecniche innovative che privilegiano le competenze dei destina-tari dell’intervento, la cui partecipazione attiva viene promossa e sostenuta in tutte le fasi della difficile opera di prevenzione e contrasto al bullismo. Tale modello si fonda sulla cooperazione condivisa e sullo scambio reciproco di informazioni, emozioni, esperienze e vissuti, nell’intento di far sì che tutti i partecipanti al pro-gramma dello specifico intervento implementato possano, realisticamente, bene-ficiarne usufruendo del «prodotto» dell’intervento stesso.

La ricaduta o esito di quanto agito all’interno del contesto scolastico acquista, attraverso questo modus operandi, una valenza di significato che non riguarda solo gli studenti coinvolti nella fase operativa, ma anche l’intera comunità nel suo insieme, che può partecipare direttamente ai progetti o può usufruire di per-corsi di sensibilizzazione mirati che diano voce a quanto accade all’interno de-gli edifici scolastici.

Il cambiamento evolutivo auspicato e richiesto a coloro che vengono definiti in termini di «bulli», «vittime» e «spettatori» (Olweus, 1978; Baldry, 2004) si sposa con la possibilità che costoro percepiscano se stessi come persone in grado di essere nel mondo in modo funzionale per sé e per gli altri. Ma tale possibi-lità si lega necessariamente e strettamente al più vasto insieme di politiche che promuovono l’educazione alla cittadinanza attiva e alla legalità, e che si fondano sulla promozione e il consolidamento di concetti quali «responsabilità» e «par-tecipazione consapevole», intesi quali strumenti educativi primari.

Molti programmi antibullismo prevedono che al modello educativo tradizionalmente esperito in ambiente scolastico si affianchi l’utilizzo di tecniche innovative che privilegiano le competenze dei destinatari dell’intervento

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Emerge, dunque, l’importanza di porre in primo piano un fondamentale – se non il principale – strumento di intervento a cui è possibile attingere proprio all’interno del contesto scolastico, e che appare funzionale al raggiungimento degli obiettivi più strettamente connessi alla promozione del benessere indivi-duale e collettivo, e cioè il gruppo dei pari, nella consapevolezza che sono i gio-vani e i loro sistemi di appartenenza a rappresentare lo scenario privilegiato della crescita, della messa in discussione e del cambiamento.

Sostanziandosi in termini di contesto principe in cui riconoscersi, il giovane im-para a definirsi, ma ha bisogno di aderire al modello dominante per poter iden-tificare le proprie peculiarità, differenze, individualità. In quest’ottica, a partire dalla valorizzazione delle risorse e delle competenze proprie di un gruppo, l’a-dulto può facilitare e sostenere una funzione naturalmente insita nel gruppo dei pari, quella di promuovere la capacità di affrontare i conflitti e risolvere i pro-blemi, attraverso un sano confronto e un’integrazione equilibrata tra i suoi mem-bri, capace di favorire quel sano sviluppo psicologico, cognitivo ed emozionale che non sempre il gruppo stesso riesce ad assicurare e che quindi richiede, a volte, di poter usufruire di strumenti e strategie di facilitazione mirate.

Il ruolo degli adulti che si occupano di percorsi educativi rivolti a gruppi di pari è, infatti, quello di promuovere l’adozione di stili interattivi e comportamen-tali che direzionino il gruppo stesso come socialmente competente sul piano di molteplici livelli di contenuto, che hanno a che fare con diverse capacità, quali: a) quelle intellettuali, o specifiche modalità di impostazione e risoluzione dei problemi, nonché capacità di progettare attività e percorsi e di saper comu-nicare efficacemente; b) le capacita di autoregolazione, che permettono di co-determinare il piano delle regole sociali e di rispettarle, di assumere gli impe-gni presi e di portarli a termine, di collaborare e cooperare al fine di contribuire

Nel documento Legalità, responsabilitàe cittadinanza (pagine 115-135)

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