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CAPITOLO IV: Alcune analisi pre e post crisi del 2008

2. I cambiamenti nelle categorie di rating

In line generale, tutti i default studies di Standard & Poor hanno trovato una chiara correlazione tra la qualità del credito e la distanza temporale dal default: più alto è il rating e più bassa è la probabilità di default, e viceversa.

Nell’arco di ciascun intervallo temporale, i rating più bassi corrispondono a tassi di default più elevati. Le uniche eccezioni si verificano quando il numero di default è molto piccolo, ad esempio tra le categorie di rating più alte. Gli emittenti delle categorie investment-grade raramente sono inadempienti, quindi il numero di default tra queste è molto basso. Questa piccola dimensione del campione, infatti, può tradursi in tassi di default che possono essere controintuitivi. Ciò non implica, ad esempio, che le società con rating “AA” siano più rischiose delle società con rating “AAA”, ma che entrambe abbiano una probabilità di default molto bassa.

Per questo motivo, tutti gli studi confermano che le società a cui Standard & Poor assegna valutazioni più elevate risultano essere più stabili rispetto alle società con rating inferiore. A conferma di quanto appena detto riportiamo alcune probabilità contenute nelle matrici di transizione pubblicate dall’agenzia di rating per i diversi anni analizzati:

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• 2005: la probabilità che qualsiasi emittente valutato "A" all'inizio di questo periodo (ovvero, 1 gennaio 2005) continui a essere valutato "A" alla fine del periodo (ovvero, 31 dicembre 2005) è 88,89%, mentre la probabilità che un emittente con rating "B" venga valutata "B" alla fine dell’anno è solo del 70,59%.

• 2007: la probabilità che qualsiasi emittente valutato "A" all'inizio di questo periodo continui a essere valutato "A" alla fine del periodo è 86,26%, mentre la probabilità che un emittente valutato "B" abbia un rating "B" alla fine dell’anno è solo del 75,40%.

• 2008: la probabilità che qualsiasi emittente valutato "A" all'inizio di questo periodo continui a essere valutato "A" alla fine del periodo è 87,59%, mentre la probabilità che un emittente valutato "B" abbia un rating "B" alla fine dell’anno è solo del 73,16%.

• 2010: la probabilità che qualsiasi emittente valutato "A" all'inizio di questo periodo continui a essere valutato "A" alla fine del periodo è 93,32%, mentre la probabilità che un emittente valutato "B" abbia un rating "B" alla fine dell’anno è solo del 83,32%.

• 2011: la probabilità che qualsiasi emittente valutato "A" all'inizio di questo periodo continui a essere valutato "A" alla fine del periodo è 86,7%, mentre la probabilità che un emittente valutato "B" abbia un rating "B" alla fine dell’anno è solo del 76,3%.

• 2014: la probabilità che qualsiasi emittente valutato "A" all'inizio di questo periodo continui a essere valutato "A" alla fine del periodo è 93,8%, mentre la probabilità che un emittente valutato "B" abbia un rating "B" alla fine dell’anno è solo del 79,7%.

• 2016: la probabilità che qualsiasi emittente valutato "A" all'inizio di questo periodo continui a essere valutato "A" alla fine del periodo è 91%, mentre la probabilità che un emittente valutato "B" abbia un rating "B" alla fine dell’anno è solo del 74%.

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Risulta abbastanza chiaro, dunque, quanto detto sopra, ossia che le categorie di rating più alte sono più stabili rispetto a quelle più basse. Ovviamente a seconda degli anni che si vanno ad osservare vi sono delle sottili differenze nelle probabilità causate probabilmente dal periodo del ciclo economico che si analizza. Un esempio su tutti, la differenza fra la probabilità di partire dalla categoria di rating “A” e finire l’anno nella stessa categoria nel 2008 (87,59%), anno dello scoppio della crisi, e nel 2010 (93,32%), anno in cui gli effetti della crisi cominciavano a mitigarsi.

Una volta chiarito il concetto in generale, risulta interessante fare alcune osservazioni più particolari. Infatti, fra il 2002 e il 2008 è stato osservato un andamento abbastanza lineare, dato da un periodo economico stabile ma, dopo lo scoppio della crisi si sono osservate alcune “anomalie” causate, soprattutto, dal fallimento di grandi società. In particolare, proprio nel 2008 si sono verificate alcune transizioni eccezionalmente grandi da “AAA” a “B” e “CCC”, attribuibili al marcato deterioramento di alcuni assicuratori, tra cui FGIC Corp, FGIC UK Ltd. E CIFG Guaranty. Nel 2010, poi, i tassi di transizione per il gruppo di società che ha iniziato l’anno con un rating “AAA” negli Stati Uniti hanno registrato un numero sproporzionato di downgrade e, poiché le società domiciliate negli Stati Uniti costituiscono una percentuale elevata del totale, ciò ha avuto un effetto significativo anche sui dati globali. Queste migrazioni erano attribuibili al downgrade di Berkshire Hathaway Inc. e di molte delle sue controllate nella categoria “AA+” e, in misura minore ma significativa, al downgrade di Assured Guaranty Ltd. E di molte delle sue sussidiarie sempre nella categoria “AA+”. Per dare un’idea della portata di tali cambiamenti si può dire che le azioni di rating associate a tali società hanno rappresentato oltre l’89% di tutti i downgrade della categoria “AAA” a livello globale.

Anche il 2011 è stato un anno molto importante da questo punto di vista, infatti, salvo il default del 2008 di Lehman Brothers, il downgrade del governo degli Stati Uniti il 5 agosto del 2011 ha avuto le ripercussioni più significative per il profilo degli emittenti societari rispetto a qualsiasi altro evento negli ultimi anni. Con il downgrade degli Stati Uniti da “AAA” a “AA+” un grande numero di istituzioni finanziarie con rating “AAA” implicitamente collegato a quello sul debito sovrano hanno subito un downgrade a “AA+” poco dopo. Quasi tutti i gruppi assicurativi sono stati declassati, dato il loro ampio portafoglio di titoli di stato USA. Come risultato di questi

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downgrade, il tasso di stabilità “AAA” per il 2011 è sceso al 49% a livello mondiale e addirittura a un 14,3% negli Stati Uniti. Il pool globale di entità societarie con rating “AAA” (comprese compagnie assicurative e istituti finanziari) nel 2011 era circa un quarto delle dimensioni di inizio 2007. La crisi economica e finanziaria ha causato un gran numero di downgrade, in particolare nel settore finanziario statunitense. Per intenderci, all’interno degli Stati Uniti, solo quattro entità aziendali avevano un rating “AAA” nel 2011, nessuno dei quali costituito da istituti finanziari o compagnie assicurative, mentre nel 2007 l’89% delle società con rating “AAA” apparteneva a questi due settori.

Negli ultimi anni, eventi come il downgrade degli Stati Uniti e gli effetti persistenti della crisi finanziari sugli stati sovrani europei hanno portato al downgrade di molte delle istituzioni finanziarie e delle compagnie assicurative più quotate. Nel frattempo, c’è stata una tendenza al rallentamento delle entità non finanziarie che sono disposte a operare con una maggiore leva per far crescere le loro attività o finanziare acquisizioni. Questi fattori, combinati con un aumento dei gestori patrimoniali con la volontà di investire in società di qualità inferiore, hanno portato a un numero ridotto di società con rating “AAA” nel tempo. Ad esempio, all’inizio del 2008, gli emittenti con rating “AAA” ammontavano a 89 a livello globale. Da allora il numero è sceso a 19 all’inizio del 2014. Per fare un confronto, la categoria di rating più ampia, la categoria “BBB”, contava circa 1400 emittenti nel 2007 e 1700 nel 2014.

A causa di questa drastica riduzione del numero di emittenti quotati nella categoria di rating “AAA”, il downgrade di anche un solo emittente potrebbe avere un grande effetto sul tasso di stabilità di questo segmento.

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