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Un'analisi del rischio di credito nei mercati mondiali degli ultimi anni: lo spartiacque della crisi finanziaria del 2008

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

Dipartimento di Economia e Management

Corso di laurea in Banca, Finanza Aziendale e Mercati Finanziari

TESI DI LAUREA

Un’analisi del rischio di credito nei mercati mondiali: lo spartiacque

della crisi finanziaria del 2008

RELATORE

Prof. Emanuele VANNUCCI

CONTRORELATORE

Prof. Riccardo CAMBINI

Candidato

Antonio Arcadio

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Alla mia famiglia

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3

INDICE

INTRODUZIONE

... 5

CAPITOLO I: Le catene di Markov

... 7

1. Processi stocastici ... 7

2. Catene di Markov ... 8

2.1 Probabilità di transizione in n passi ... 9

2.2 Le equazioni di Chapman-Kolmogorov ... 11

2.3 Classificazione degli Stati di una Catena di Markov ... 12

CAPITOLO II: Il rischio di credito e le agenzie di rating

... 16

1. Il Rischio di credito ... 16

1.2 Le componenti del rischio di credito ... 17

2. Le Agenzie di Rating ... 18

2.1 Che cos'è il rating ... 20

2.2 Il rating e le asimmetrie informative ... 23

2.3 Default studies ... 25

CAPITOLO III: Verifica dell’uso delle catene di Markov nella

costruzione delle matrici delle probabilità di transizione da parte di

Standard & Poor’s

... 28

1. Matrice di transizione tra livelli di rating ... 28

2. Dimostrazione dell’utilizzo delle catene di Markov nel passaggio da una matrice a un anno a una matrice con orizzonte temporale più lungo ... 30

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4

CAPITOLO IV: Alcune analisi pre e post crisi del 2008

... 44

1. Andamento del default aziendale e impatto sul rischio di credito ... 44

2. I cambiamenti nelle categorie di rating ... 50

3. L’evoluzione delle probabilità di default ... 54

4. Il coefficiente di Gini e le curve di Lorenz ... 57

CONCLUSIONI

... 61

BIBLIOGRAFIA

... 69

(5)

5

INTRODUZIONE

Obiettivo di questo lavoro sarà quello di monitorare il rischio di credito nel tempo, sia per variazioni del rating di un singolo emittente, sia per variazioni nella misurazione del rischio di credito in generale descritta dalle matrici delle probabilità di transizione costruite e pubblicate dalle agenzie di rating internazionali, oltre che dare dimostrazione del fatto che le suddette agenzie utilizzano lo strumento matematico-probabilistico delle catene di Markov per costruire le matrici di transizione su diversi orizzonti temporali.

Per fare ciò sono stati presi in considerazione alcuni default studies pubblicati da una delle agenzie di rating più importanti a livello mondiale, ossia Standard & Poor’s, contenenti diverse informazioni relative alle società emittenti, alle categorie di rating, alle probabilità di default, alla stabilità del credito, oltre che un cospicuo numero di matrici di transizione.

Come già sottolineato, lo strumento teorico che sta alla base del presente studio sono le catene di Markov di cui si parlerà nel primo capitolo, partendo dalla definizione di processo stocastico fino ad arrivare alla descrizione delle principali caratteristiche e proprietà di tale strumento.

Il secondo capitolo sarà, invece, incentrato sul rischio di credito e sulle agenzie di rating. In particolare, si cercherà di definire il concetto generale di rischio di credito tramite la descrizione delle sue principali componenti e, in seguito, si parlerà delle agenzie di rating, del ruolo da esse svolto nel mercato del credito e dei default studies pubblicati annualmente dalle stesse contenenti varie informazioni utili per la redazione del presente lavoro.

Con il terzo capitolo si tenterà di dimostrare che, nel costruire le matrici delle probabilità di transizione tra livelli di rating su diversi orizzonti temporali, Standard & Poor’s utilizza lo strumento teorico delle catene di Markov. Per fare ciò sono state estrapolate le matrici contenute nei default studies e si è cercato di ricostruire le stesse tramite l’applicazione delle formule riportate nel primo capitolo. Come ultima fase si commenteranno i risultati ottenuti cercando di dare una spiegazione alle eventuali differenze di valore tra le matrici date e quelle ottenute.

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Il quarto ed ultimo capitolo sarà composto da una serie di analisi svolte sui dati contenuti nei default studies con l’obiettivo di capire quali sono stati cambiamenti avvenuti, in diversi ambiti, prima e dopo la crisi dei mutui subprime del 2008 e quali sono state le conseguenze causate dall’evoluzione del rischio di credito e della situazione economica generale sui dati analizzati nel lasso di tempo considerato. In particolare, saranno analizzati:

• L’evoluzione del default aziendale, con specificazione del numero di inadempienti, del volume del debito interessato e delle differenze fra i segmenti investment-grade e speculative-grade;

• I cambiamenti avvenuti all’interno delle varie categorie di rating in termini numerici e di stabilità dei rating stessi;

• L’evoluzione delle probabilità di default ai vari livelli di rating; • L’evoluzione dei coefficienti di Gini.

Alla fine del lavoro svolto saranno inserite le conclusioni in cui si cercherà di sintetizzare e commentare i risultati ottenuti nei quattro capitoli evidenziando se e in che modo sono stati raggiunti gli obiettivi posti all’inizio della trattazione.

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CAPITOLO I

LE CATENE DI MARKOV

1.

Processi stocastici

Un Processo Stocastico viene definito come una successione di variabili

aleatorie {𝑋𝑡}1, con t ∈ T, dove T è l'insieme degli istanti di tempo considerati nel

processo stocastico. I processi stocastici possono essere classificati in base alla natura delle variabili aleatorie, distinguendo tra processi discreti (se si tratta di variabili discrete) e processi continui (se si tratta di variabili continue). Tali variabili possono assumere un certo numero di valori detti stati e l'insieme degli stati viene indicato con

S. Il numero degli stati può essere finito, infinito e numerabile, infinito e non

numerabile.

Per quanto riguarda il presente studio considereremo che:

• 𝑇 = 𝑁 = {0,1,2, … }, ossia che l'insieme degli istanti di tempo è composto da interi non negativi;

• Il processo stocastico {𝑋𝑡} è discreto;

L'insieme degli stati S del processo stocastico è numerabile.

In altre parole, ad ogni istante 𝑡 ∈ 𝑇 il sistema si troverà in un determinato stato 𝑘 ∈ 𝑆, dove S rappresenta un insieme numerabile di stati esaustivi e tra loro mutualmente esclusivi.

Esempio 1. Consideriamo la coda che potrebbe crearsi ad uno sportello che offre un

servizio e osserviamo la coda ad intervalli di tempo discreti, ad esempio ogni minuto. Al minuto n-esimo ci sarà un certo numero di persone in coda, aleatorio, che indicheremo con 𝑁𝑡. Qui la variabile aleatoria 𝑁𝑡 può assumere tutti i valori interi non negativi. Al variare di t abbiamo, quindi, un esempio di processo stocastico come

1 Variabile che può assumere valori differenti in corrispondenza di eventi casuali diversi. Essa può

essere discreta se assume valori che appartengono a un insieme finito e numerabile o continua se assume valori che appartengono a un insieme non finito o non numerabile.

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descritto sopra. Al trascorrere del tempo (discreto), il processo può saltare da uno stato all'altro. Se ad un certo istante di tempo t si trova in uno stato i e all'istante successivo 𝑡 + 1 si trova in uno stato j ≠ i, diremo che c'è stata una transizione.

2.

Catene di Markov

Le Catene di Markov non sono altro che particolari processi stocastici che verificano alcune proprietà. Esse consentono di attribuire la probabilità di appartenenza ad un certo stato del sistema ad una certa epoca con periodicità costante tra due epoche successive. In altre parole, ad ogni epoca una Catena di Markov descrive la variabile aleatoria che indica la probabilità di appartenenza ad ogni stato.

Un processo stocastico discreto {𝑋𝑡} avente un insieme di stati S numerabili è detto Catena di Markov se verifica due proprietà:

Proprietà di Markov: indica che la probabilità condizionata di un evento futuro,

dati lo stato attuale e tutti gli eventi passati, dipende solo dallo stato attuale del processo e non dagli stati precedenti. In sostanza, un processo stocastico verifica tale proprietà se per ogni istante di tempo 𝑡 ∈ 𝑇, per ogni coppia di stati 𝑖, 𝑗 ∈ 𝑆 e per ogni sequenza di stati 𝑘0, … 𝑘𝑡−1 ∈ 𝑆, risulta:

Ƥ{𝑋𝑡+1= 𝑗|𝑋0 = 𝑘0, … , 𝑋𝑡+1= 𝑘𝑡+1, 𝑋𝑡 = 𝑖} = Ƥ{𝑋𝑡+1= 𝑗|𝑋𝑡 = 𝑖}

La probabilità condizionata2 Ƥ{𝑋𝑡+1= 𝑗|𝑋𝑡 = 𝑖} è detta probabilità di transizione a tempo t dallo stato i allo stato j.

Probabilità di transizione stazionarie: indica che le probabilità non cambiano

nel tempo, ossia, per ogni coppia di stati 𝑖, 𝑗 ∈ 𝑆 si ha:

Ƥ{𝑋𝑡+1= 𝑗|𝑋𝑡 = 𝑖} = Ƥ{𝑋1 = 𝑗|𝑋0 = 𝑖} ∀𝑡 ≥ 0

Queste probabilità sono indicate con 𝑝𝑖𝑗 = Ƥ{𝑋1 = 𝑗|𝑋0 = 𝑖}.

2 Dati due eventi 𝐴, 𝐵 ∈ Ω, con Ƥ{𝐵} > 0, la probabilità condizionata è il valore Ƥ{𝐴|𝐵} = Ƥ{𝐴,𝐵}

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Nel caso in cui il processo stocastico appena descritto ammetta un numero finito di stati viene detto Catena di Markov a stati finiti il quale può essere studiato tramite un approccio basato sulle matrici. Infatti, se consideriamo una Catena di Markov a stati finiti si può definire come Matrice di transizione la seguente matrice P:

P = (𝑝𝑖𝑗) ∈ [0,1]𝑁×𝑁 𝑖, 𝑗 ∈ 𝑆

Essa ha elementi non negativi e somma 1 su ogni riga. Un esempio di matrice di transizione potrebbe essere il seguente:

𝑑𝑎/𝑎 𝑠1 𝑠2 𝑠3 𝑠4

𝑠1 0 0.2 0.6 0.2

𝑠2 0.1 0.2 0.7 0

𝑠3 0.8 0 0 0.2

𝑠4 0 0.1 0.5 0.4

2.1 Probabilità di transizione in n passi

Possiamo ora estendere il concetto di probabilità di transizione stazionarie inserendo il concetto di probabilità di transizione in n passi. Si consideri una catena di Markov. Per ogni coppia di stati 𝑖, 𝑗 ∈ 𝑆 e per ogni intero 𝑛 ≥ 0 risulta:

Ƥ{𝑋𝑡+𝑛 = 𝑗|𝑋𝑡= 𝑖} = Ƥ{𝑋𝑛 = 𝑗|𝑋0 = 𝑖} ∀𝑡 ≥ 0

DIM. Per 𝑛 = 0 è banale e per 𝑛 = 1 la dimostrazione coincide con la stazionarietà delle probabilità di transizione delle catene di Markov vista sopra. Dimostriamo il risultato per 𝑛 > 1: per il teorema delle probabilità totali3 e per la definizione di probabilità condizionata abbiamo:

3 Si consideri un evento 𝐴 ∈ Ω ed n eventi disgiunti 𝐵

𝑖, 𝑖 = 1, … , 𝑛, tali che Ω = ⋃𝑛𝑖=1𝐵𝑖. Allora,

essendo 𝐴 =⋃𝑛𝑖=1{𝐴, 𝐵𝑖}, risulta: Ƥ{𝐴} = ∑ Ƥ{𝐴, 𝐵𝑖} = 𝑛 𝑖=1 ∑ Ƥ{𝐴, 𝐵𝑖} 𝑛 𝑖=1 Ƥ{𝐵𝑖}

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10 Ƥ{𝑋𝑡+𝑛 = 𝑗|𝑋𝑡= 𝑖} = ∑ Ƥ 𝑘∈𝑆 {𝑋𝑡+𝑛 = 𝑗, 𝑋𝑡+𝑛−1 = 𝑘|𝑋𝑡 = 𝑖} = ∑ Ƥ 𝑘∈𝑆 {𝑋𝑡+𝑛 = 𝑗|𝑋𝑡+𝑛−1 = 𝑘, 𝑋𝑡= 𝑖} Ƥ{𝑋𝑡+𝑛−1 = 𝑘|𝑋𝑡 = 𝑖}

Per la proprietà di Markov e la stazionarietà delle probabilità di transizione si ha inoltre: Ƥ{𝑋𝑡+𝑛 = 𝑗|𝑋𝑡+𝑛−1 = 𝑘, 𝑋𝑡 = 𝑖} = Ƥ{𝑋𝑡+𝑛= 𝑗|𝑋𝑡+𝑛−1 = 𝑘} = Ƥ{𝑋𝑛 = 𝑗|𝑋𝑛−1 = 𝑘} = Ƥ{𝑋𝑛 = 𝑗|𝑋𝑛−1 = 𝑘, 𝑋0 = 𝑖} Da cui si ottiene Ƥ{𝑋𝑡+𝑛 = 𝑗|𝑋𝑡= 𝑖} = ∑ Ƥ 𝑘∈𝑆 {𝑋𝑛 = 𝑗|𝑋𝑛−1 = 𝑘, 𝑋0 = 𝑖}Ƥ{𝑋𝑛−1 = 𝑘|𝑋0 = 𝑖} = ∑ Ƥ 𝑘∈𝑆 {𝑋𝑛 = 𝑗, 𝑋𝑛−1 = 𝑘|𝑋0 = 𝑖} = Ƥ{𝑋𝑛 = 𝑗|𝑋0 = 𝑖}

Tali probabilità condizionate, anche dette probabilità di transizione stazionarie in n passi, si indicano con

𝑝𝑖𝑗(𝑛)= Ƥ{𝑋𝑛 = 𝑗|𝑋0 = 𝑖}, 𝑛 ∈ {0,1,2, … }

e rappresentano la probabilità condizionata di passare in n passi dallo stato i allo stato

j. In altre parole, è la probabilità che il sistema si trovi al tempo n nello stato j, sapendo

che è partito all'istante 𝑡 = 0 dallo stato i. Da notare che essa non è la probabilità che il sistema resti in i fino al tempo 𝑛 − 1 e poi al tempo n avvenga la transizione da i a

j: il passaggio dallo stato i allo stato j in n passi può avvenire attraverso vari passi

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all'istante 𝑡 = 0 dallo stato i, successivamente abbia seguito un certo cammino, ad esempio 𝑖 → 𝑖1 → 𝑖2 → ⋯ → 𝑖𝑛−1→ 𝑖𝑛 = 𝑗 arrivando in j al tempo n.

2.2 Le equazioni di Chapman-Kolmogorov

Le equazioni di Chapman-kolmogorov legano tra loro le probabilità di transizione in tempi diversi. Essendo le catene di Markov prive di memoria riguardo al passato, ossia che la probabilità di un evento futuro dipende solo ed esclusivamente dallo stato attuale del processo stocastico e non dai precedenti, si può dimostrare che la probabilità di transizione in 𝑛 + 𝑚 passi dipende dalla probabilità condizionata di arrivare dallo stato di partenza ad uno stato k in n passi e dalla probabilità di passare dallo stato k allo stato finale in m passi. Quindi, considerando una catena di Markov possiamo scrivere:

𝑝𝑖𝑗(𝑛+𝑚)= ∑

𝑘∈𝑆

𝑝𝑖𝑘(𝑛)𝑝𝑘𝑗(𝑚) ∀𝑖, 𝑗 ≥ 1

DIM. Per il teorema delle Probabilità totali risulta che: 𝑝𝑖𝑗(𝑛+𝑚) = Ƥ{𝑋𝑛+𝑚= 𝑗|𝑋0 = 𝑖}

= ∑ Ƥ{𝑋𝑛+𝑚= 𝑗, 𝑋𝑛 = 𝑘|𝑋0 = 𝑖}

𝑘∈𝑆

= ∑ Ƥ{𝑋𝑛+𝑚= 𝑗|𝑋𝑛 = 𝑘, 𝑋0 = 𝑖}Ƥ{𝑋𝑛 = 𝑘|𝑋0 = 𝑖} 𝑘∈𝑆

Per la proprietà di Markov e la stazionarietà delle probabilità di transizione risulta: Ƥ{𝑋𝑛+𝑚= 𝑗|𝑋𝑛 = 𝑘, 𝑋0 = 𝑖} = Ƥ{𝑋𝑛+𝑚= 𝑗|𝑋𝑛 = 𝑘}

= Ƥ{𝑋𝑚 = 𝑗|𝑋0 = 𝑘}

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𝑝𝑖𝑗(𝑛+𝑚) = ∑ Ƥ{𝑋𝑚= 𝑗|𝑋0 = 𝑘} Ƥ{𝑋𝑛 = 𝑘|𝑋0 = 𝑖} = ∑ 𝑝𝑖𝑘(𝑛)𝑝𝑘𝑗(𝑚) 𝑘∈𝑆

𝑘∈𝑆

Dalle equazioni appena esposte si può mostrare che le probabilità di transizione in n passi sono date dalla seguente sommatoria:

𝑝𝑖𝑗(𝑛) = ∑ 𝑝𝑖𝑘1· 𝑝𝑘1𝑘2· 𝑝𝑘2𝑘3· … · 𝑝𝑘𝑛−2𝑘𝑛−1· 𝑝𝑘𝑛−1𝑗

𝑘1,…,𝑘𝑛−1∈𝑆

Nel caso delle catene di Markov a stati finiti le equazioni di Chapman-Kolmogorov si possono esprimere in forma matriciale:

𝑃(𝑛+𝑚)= 𝑃(𝑛)𝑃(𝑚) ∀𝑛, 𝑚 ≥ 1

Tale forma matriciale permette di dimostrare, quindi, che in una catena di Markov a stati finiti la matrice di transizione in n passi altro non è che la n-esima potenza della matrice di transizione, ossia:

𝑃(𝑛) = 𝑃𝑛

DIM. Per 𝑛 = 0 e 𝑛 = 1 la tesi è banale. Nel caso 𝑛 ≥ 2 per le equazioni di Chapman-Kolmogorov abbiamo che:

𝑃(𝑛) = 𝑃((𝑛−1)+1) = 𝑃(𝑛−1)𝑃(1) = 𝑃(𝑛−1)𝑃

= 𝑃((𝑛−2)+1)𝑃 = 𝑃(𝑛−2)𝑃(1)𝑃 = 𝑃(𝑛−2)𝑃2

= 𝑃((𝑛−3)+1)𝑃2 = 𝑃(𝑛−3)𝑃(1)𝑃2 = 𝑃(𝑛−3)𝑃3 = ⋯ = 𝑃𝑛

2.3 Classificazione degli Stati di una Catena di Markov

Proseguendo nello studio delle catene di Markov si passa ora ad elencare alcune fondamentali caratteristiche e proprietà degli stati. Fra queste, le prime proprietà che legano gli stati di una catena sono date dalla loro possibilità di "comunicare".

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Lo stato j è detto accessibile dallo stato i se ∃𝑛 ≥ 0 tale che la probabilità condizionata di passare dallo stato i allo stato j in n passi è maggiore di zero, 𝑝𝑖𝑗(𝑛) > 0. In questo caso si userà la notazione:

𝑖 → 𝑗

Gli stati i e j sono detti comunicanti se lo stato j è accessibile dallo stato i e, a sua volta, lo stato i è accessibile dallo stato j. In altre parole, gli stati i e j sono comunicanti se ∃𝑛, 𝑚 ≥ 0 tali che la probabilità condizionata di passare dallo stato i allo stato j in n passi è maggiore di zero, 𝑝𝑖𝑗(𝑛) > 0 e contemporaneamente la probabilità condizionata di passare dallo stato j allo stato i in m passi è maggiore di zero, 𝑝𝑖𝑗(𝑚)> 0

𝑖 → 𝑗 𝑒 𝑗 → 𝑖

Lo stato i è detto assorbente se la probabilità di partire dallo stato i e rimanere nello stato i è uguale a 1, 𝑝𝑖𝑖 = 1.

Una catena di Markov è detta irriducibile se tutti gli stati del processo stocastico comunicano tra loro.

Inoltre, se consideriamo gli stati 𝑖, 𝑗, ℎ ∈ 𝑆 possiamo dire che: • Ogni stato comunica con se stesso;

Se lo stato i comunica con lo stato j allora anche lo stato j comunica con lo stato

i;

Se lo stato i comunica con lo stato j e lo stato j comunica con lo stato h allora anche lo stato i comunica con lo stato h.

La relazione che lega due stati comunicanti verifica le proprietà riflessiva, transitiva e simmetrica, per questo motivo essa è considerata una relazione di equivalenza. Quindi, gli stati di una catena di Markov possono essere suddivisi in diverse classi di equivalenza disgiunte in modo tale che tutti gli stati appartenenti a una certa classe possano comunicare tra loro.

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Vediamo ora come è possibile differenziare tra loro gli stati di una catena. Considerando una catena di Markov a uno stato 𝑖 ∈ 𝑆 possiamo dire che:

Lo stato j è detto transitorio se esiste uno stato 𝑗 ∈ 𝑆, con 𝑗 ≠ 𝑖, tale per cui j è accessibile da i mentre i non è accessibile da j, ossia se, con probabilità strettamente positiva, la catena parte da i e non ci torna più.

∃𝑗 ∈ 𝑆, 𝑗 ≠ 𝑖, tale che 𝑖 → 𝑗 e 𝑗 ↛ 𝑖

Lo stato i è detto ricorrente se non è transitorio, ossia se la probabilità che la catena parta da esso e poi ci ritorni vale 1 (Da notare che uno stato assorbente,

pii = 1, è un particolare stato ricorrente).

∀𝑗 ∈ 𝑆 risulta: {𝑖 → 𝑗 ⇒ 𝑗 → 𝑖}

Questa sezione può essere chiusa elencando una serie di proprietà riguardanti le catene di Markov:

1. In un a catena di Markov a stati finiti non tutti gli stati possono essere transitori in quanto, se così fosse, dopo un certo numero di transizioni il sistema potrebbe abbandonare tutti i suoi stati, e ciò è assurdo;

2. Una catena di Markov irriducibile è composta da un'unica classe di equivalenza di stati comunicanti;

3. Condizione sufficiente affinchè una catena di Markov a stati finiti sia irriducibile è che ∃𝑛 > 0 tale che 𝑝𝑖𝑗(𝑛) > 0 ∀𝑖, 𝑗. Inoltre, tutti gli stati di tale catena sono ricorrenti in quanto, avendo una sola classe di equivalenza, i suoi stati non possono essere tutti transitori.

Riportiamo ora un esempio di matrice stocastica o altrimenti detta matrice delle probabilità di transizione e descriviamone il funzionamento pratico:

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15 𝑃𝑎𝑟𝑡𝑒𝑛𝑧𝑎/𝑎𝑟𝑟𝑖𝑣𝑜 𝑠1 𝑠2 𝑠3 𝑠4 𝑠1 𝑚1,1 𝑚1,2 𝑚1,3 𝑚1,4 𝑠2 𝑚2,1 𝑚2,2 𝑚2,3 𝑚2,4 𝑠3 𝑚3,1 𝑚3,2 𝑚3,3 𝑚3,4 𝑠4 𝑚4,1 𝑚4,2 𝑚4,3 𝑚4,4

Sulle righe sono riportati gli stati di partenza (epoca T) mentre sulle colonne sono riportati gli stati di arrivo (epoca T+1). Gli elementi contenuti all'interno delle celle rappresentano le probabilità che la variabile presa in considerazione passi da uno stato del sistema ad un altro dall'epoca T all'epoca T+1. Quindi per ogni stato di partenza si avrà una sequenza di probabilità, ossia la probabilità di restare nello stato di partenza o di passare ad un altro stato. Ad esempio:

• m1,1 rappresenta la probabilità che la variabile considerata, che si trova nello stato

di partenza s1 all'epoca T, rimanga nello stesso stato s1 all'epoca T+1;

• m3,2 rappresenta la probabilità che la variabile considerata, che si trova nello stato

di partenza s3 all'epoca T, passi allo stato s2 all'epoca T+1.

• m1,4 rappresenta la probabilità che la variabile considerata, che si trova nello stato

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CAPITOLO II

IL RISCHIO DI CREDITO E LE AGENZIE DI RATING

1.

Il Rischio di credito

Il rischio di credito è uno dei rischi di mercato più analizzati e di più difficile quantificazione. Il problema è stato tradizionalmente affrontato applicando metodi attuariali basati su dati storici. Tuttavia, la rapida crescita dei mercati finanziari, delle attività e dei titoli derivati, in particolare dei derivati trattati nei mercati over the counter (otc) e dei derivati creditizi, nonché l'elevato livello di sofisticazione di alcuni strumenti finanziari, hanno evidenziato l'inadeguatezza dei metodi tradizionali nel valutare in modo adeguato i rischi conseguenti.

Il rischio di credito può essere definito come: “la possibilità che una variazione

inattesa del merito creditizio di una controparte nei confronti della quale esiste un’esposizione generi una corrispondente variazione inattesa del valore di mercato della posizione creditoria”4. In questa definizione sono contenuti tre concetti molto

importanti che andremo a definire meglio di seguito.

Innanzitutto, si nota che il rischio di credito non contempla la sola possibilità di insolvenza di una controparte, ma anche il semplice deterioramento del merito creditizio di quest’ultima deve essere considerata come una manifestazione di tale rischio. Infatti, esso non deve essere misurato utilizzando una distribuzione binomiale del tipo “insolvenza” vs “non insolvenza” ma deve essere misurato e gestito avendo a riferimento una distribuzione in cui l’evento “insolvenza” rappresenta solo l’evento estremo, il quale sarà preceduto da una certa sequenza di probabilità che tale evento estremo possa manifestarsi in futuro.

Il secondo concetto contenuto nella definizione riguarda il fatto che, affinché si possa parlare effettivamente di rischio, è necessario che la variazione del merito creditizio della controparte sia inattesa. Infatti, se per esempio, una banca dovesse affidare una controparte pur sapendo che questa subirà un deterioramento della qualità, vuol dire che questo deterioramento è già stato opportunamente valutato e tenuto in

4 Sironi, A. & Marsella, M., La misurazione e la gestione del rischio di credito, Roma: Bancaria Editrice,

(17)

17

considerazione nel momento della decisione di affidamento e di determinazione del tasso attivo.

Il terzo concetto riguarda il grado di estensione del concetto di esposizione creditizia. Basta segnalare il fatto che il rischio di credito si estende, oltre che agli impieghi in titoli e prestiti in bilancio, anche alle posizioni fuori bilancio, rappresentate, per esempio, dagli strumenti negoziati nei mercati otc.

Possiamo quindi distinguere diverse accezioni di rischio di credito, a seconda del fatto che la perdita creditizia si manifesti solo in seguito all’insolvenza del debitore

(default-mode paradigm) o che la variazione del valore dell’esposizione derivi dal

deterioramento del merito creditizio della controparte, trattando l’insolvenza come evento estremo (mark-to-market, o mark-to-model paradigm).

1.2 Le componenti del rischio di credito

Dalla definizione data, possiamo ora distinguere le tre componenti principali del rischio di credito:

La prima è rappresentata dal tasso di perdita attesa o expected loss (EL), ossia il valore medio della distribuzione dei tassi di perdita. La maggior parte degli studi riguardanti il rischio di credito si sono principalmente concentrati su questa componente, anche se è evidente che, essendo una perdita attesa, essa non rappresenta il vero rischio di un’esposizione creditizia.

La perdita attesa può essere scomposta in due elementi: la probabilità di insolvenza della controparte, la quale dipende dal merito creditizio del debitore e quindi da fattori come le condizioni economico-finanziarie dell’impresa, la qualità del management, le prospettive evolutive del settore produttivo ecc., e il tasso atteso di recupero in caso di insolvenza, il quale dipende, invece, della natura del finanziamento e dalle eventuali garanzie prestate. Analiticamente abbiamo:

𝑃𝐴 = 𝐸(𝑇𝐼) ∙ [1 − 𝐸(𝑇𝑅)]

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𝑃𝐴 = tasso di perdita attesa; 𝐸(𝑇𝐼) = tasso di insolvenza atteso;

𝐸(𝑇𝑅) = tasso di recupero in caso di insolvenza.

La seconda componente è rappresentata dalla perdita inattesa o unexpected loss (UL), ossia la variabilità della perdita attesa intorno al suo valore medio. Questa rappresenta il vero fattore di rischio, ossia il rischio che la perdita si dimostri, ex-post, superiore a quella inizialmente stimata.

Una differenza fra la prima e la seconda componente può derivare dal fatto che la perdita attesa non può essere eliminata diversificando il portafoglio in termini di settori produttivi, aree geografiche o classi dimensionali. Essa può solo essere stabilizzata ampliando il portafoglio impieghi in modo da garantire, in base alla legge dei grandi numeri, che il livello di perdita media sia effettivamente quello che ci si aspetta. Al contrario, la perdita inattesa può essere significativamente ridotta tramite un’adeguata diversificazione del portafoglio impieghi.

La terza componente è rappresentata dall’effetto diversificazione, ossia dalla diminuzione che il tasso di perdita inattesa subisce quando vengono inseriti, all’interno di uno stesso portafoglio, impieghi i cui tassi di perdita inattesi sono caratterizzati da una correlazione imperfetta.

2.

Le Agenzie di Rating

Si può dire che la nascita delle agenzie di rating sia stata l'innovazione finanziaria più rilevante del XX secolo. In realtà si tratta di un'innovazione piuttosto recente, considerando che al momento della loro nascita il mercato obbligazionario esisteva già da circa trecento anni. Una spiegazione plausibile a questo ritardo può essere data dal fatto che gli investitori, inizialmente, non hanno sentito l'esigenza di avere un rating in quanto, fino a quel momento, la maggior parte delle obbligazioni erano "sovrane" o garantite dallo stato, ragion per cui era più che plausibile assumerne la piena solvibilità. Infatti, con l'avanzamento dello sviluppo industriale, cresce anche il fabbisogno finanziario degli investitori che viene soddisfatto con l'emissione e la

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19

diffusione delle obbligazioni private. A questo si accompagna l'aumento della complessità degli affari finanziari e dell'esigenza di ottenere informazioni sugli operatori di mercato e sulle operazioni. Proprio questi possono essere considerati alcuni dei fattori che hanno fatto nascere la necessità di avere un rating, in quanto con la diffusione di tali tipi di obbligazioni sono venute a galla alcune difficoltà legate soprattutto all' esistenza di asimmetrie informative, le quali rendono difficoltosa l'acquisizione della fiducia degli investitori riguardo alla bontà dei progetti d'investimento.

Prima dell'avvento delle agenzie di rating la maggior parte degli affari erano locali e le transazioni avvenivano principalmente tra soggetti che si conoscono tra loro ma, quando la scala delle transazioni ha cominciato ad espandersi è nata la necessità di acquisire informazioni aggiuntive riguardanti i soggetti coinvolti nelle transazioni. È in tale contesto che sono nate e si sono sviluppate le "credit report agencies", una nuova tipologia di istituzioni specializzate nella gestione e nel monitoraggio del rischio di credito commerciale. Il primo rating venne pubblicato da John Moody nel 1909. Negli anni seguenti il numero delle agenzie di rating è aumentato esponenzialmente. Sebbene la commissione di Basilea ne conti circa 150, in realtà la più grossa fetta del mercato è detenuta da tra principali agenzie: Moody's e Standard&Poor's che detengono insieme circa l'80% della quota di mercato globale e Fitch che ne detiene circa il 14%. L'operatività di queste tre agenzie è mondiale, operando tanto nei mercati statunitensi quanto in quelli europei e asiatici ma, accanto ad esse vi sono agenzie di più piccole dimensioni che operano perlopiù in nicchie di mercato o sono controllate da quelle più grandi. Possiamo quindi identificare tre categorie di agenzie:

Agenzie di rating nazionali, che tendono a usare maggiormente metodi statistici

per determinare il merito di credito (JCR Avarasya Derecelendime As, R&I: Rating and Investment Information Inc);

Agenzie di rating regionali, che operano in una specifica regione (ERA:

European Rating Agency);

Agenzie di rating globali, che operano su scala mondiale (Moody's, S&P's,

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2.1 Che cos'è il rating

Il rating, secondo la definizione data da Standard & Poor's, è "un'opinione sul merito di credito complessivo del debitore (issuer rating) oppure sul merito di credito del debitore con riferimento a una particolare obbligazione finanziaria (issue rating), valutato sulla base di una serie di fattori di rischio rilevanti". Secondo la definizione data da Moody's il rating è "un'opinione sulla capacità futura di un emittente di adempiere alle scadenze prestabilite al pagamento del capitale e degli interessi relativi a una specifica obbligazione"5. In sostanza, lo scopo del rating è quello di fornire agli investitori opinioni neutrali, affidabili, tempestive, corrette e indipendenti sulla probabilità che un emittente sia in grado di adempiere agli obblighi derivanti dalla sottoscrizione dello strumento finanziario cui è stato attribuito il rating stesso e, con questo, di aumentare l'efficienza del mercato dei capitali.

Le agenzie di rating, al fine di adempiere al loro compito, raccolgono una vasta quantità di informazioni qualitative e quantitative sull'emittente e le traducono in un valore alfanumerico al quale è associata un determinata probabilità di default. Spesso la procedura per l’assegnazione di un rating è basata sul giudizio e sull’esperienza dell’analista creditizio e non solo su calcoli puramente matematici. Infatti, nella formazione dei ratings vengono presi in considerazione diversi fattori economici, tra cui: la prospettiva dei guadagni futuri, la struttura patrimoniale dell’emittente, la struttura dell’indebitamento, il livello di liquidità, la situazione di mercato, la situazione del Paese di riferimento, il settore industriale in cui l’impresa opera o ha le sue principali attività, la qualità della classe dirigente e così via.

Per comprendere meglio, nella tabella seguente vengono riportati i diversi valori assegnati agli emittenti da S&P's e il relativo significato:

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Rating S&P's Significato

Investment grade

AAA Qualità elevata

AA+

AA Alta qualità

AA- A+

A Forte capacità di adempimento

A- BBB+

BBB Adeguata capacità di adempimento

BBB-

Speculative grade

BB+

BB Probabile capacità di adempimento

BB- B+ B Elevato rischio B- CCC+ CCC Vulnerabilità al default CCC- C/D Bancarotta o default

Fonte: G. FERRI – P. LACITIGNOLA, Le agenzie di Rating, Il Mulino, Bologna 2014, p.60

Dai dati storici generalmente si osserva che per i rating migliori non sono state rilevate delle insolvenze. Un’interpretazione non corretta di tali dati porterebbe all’indicazione che gli investimenti in titoli emessi da società appartenenti alla categoria AAA siano del tutto privi di rischio. Si deve quindi trovare un modo di

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assegnare una probabilità di default positiva anche alla classe migliore. A tal proposito Bluhm et al. (2003) hanno proposto un metodo molto semplice per superare tale problema, denominato “quick and dirty” solution: partendo dalle frequenze relative storiche relative alle insolvenze, se ne calcolano media e deviazione standard relative all’arco temporale considerato. In seguito, si stima una curva di tendenza tramite una regressione e infine si utilizza l’equazione ottenuta per la stima delle probabilità di default e si riassegna una probabilità d’insolvenza per ogni classe. In questo modo, anche alle classi migliori verrà assegnata una probabilità di default positiva.

Le agenzie di rating raccolgono continuamente dati e procedono a classificare e riclassificare periodicamente ogni soggetto emittente titoli di debito. Una variazione di rating è definita migrazione e ha un effetto importante sul prezzo delle obbligazioni emesse a seconda che essa avvenga verso un rating superiore o inferiore: la migrazione verso un rating superiore aumenta il valore dell’obbligazione e ne riduce il rendimento, in quanto la società avrà meno probabilità di divenire insolvente. Il contrario avviene in caso di migrazione verso un rating inferiore.

Lo strumento matematico-probabilistico utilizzato per la costruzione di un modello per la migrazione di rating è la matrice di transizione.

Si consideri, ad esempio, una società classificata come AA. Ci si può chiedere quale sia la probabilità che fra un anno essa mantenga lo stesso rating, o la probabilità di passare ad un rating migliore o peggiore, o la probabilità che essa divenga insolvente. È possibile rappresentare le probabilità di questi scenari in un orizzonte temporale di un anno tramite una matrice di transizione del tipo rappresentata nella seguente figura:

AAA AA C D AAA 𝑝1,1 𝑝1,2 … 𝑝1,𝑘−1 𝑝1,𝑘 AA 𝑝2,1 𝑝2,2 … 𝑝2,𝑘−1 𝑝2,𝑘 … … … … C 𝑝𝑘−1,1 𝑝𝑘−1,2 … 𝑝𝑘−1,𝑘−1 𝑝𝑘−1,𝑘 D 0 0 … 0 1 Matrice di transizione k x k

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Lo strumento probabilistico utilizzato per descrivere tali matrici è rappresentato dalle catene di Markov, come descritte nel capitolo 1. Infatti, trattandosi di una matrice di transizione, i cui elementi sono delle probabilità condizionate, i valori 𝑝𝑖,𝑗 sono non

negativi e la somma degli elementi di ogni riga è uguale a 1. Se una società diventa insolvente e, quindi, migra nello stato D, quest’ultima non potrà più abbandonare tale stato in quanto D è uno stato assorbente. La matrice di transizione fornisce le probabilità di migrazione su un orizzonte temporale finito. La chiave di lettura della tabella è la stessa utilizzata per descrivere le matrici di transizioni nel capitolo precedente: all’epoca corrente l’obbligazione in esame è classificata nella classe di rating AA. La probabilità che fra un anno abbia ancora rating AA è rappresentata sulla riga AA dalla probabilità 𝑝2,2, mentre la probabilità di passare alla classe di rating

AAA è rappresentata da 𝑝2,1 e così via.

In generale, possiamo dire che, più è elevato il rating e più bassa è la probabilità di default. Inoltre, come evidenziato dalla tabella riportata sopra i vari rating si dividono in due categorie: investment grade e speculative grade. A tal proposito, è importante per l'emittente riuscire ad ottenere una valutazione che ricada nella prima categoria, in quanto la regolamentazione potrebbe vietare ad alcuni investitori l'acquisto di strumenti che ricadono nella seconda categoria oppure richiedere accantonamenti di capitale superiori al livello minimo.

2.2 Il rating e le asimmetrie informative

“In un mercato efficiente i prezzi delle attività finanziarie dovrebbero riflettere tutte le informazioni pubblicamente disponibili"[Fama 1970]. La corretta valutazione delle attività finanziarie è rappresentata dal valore attuale scontato del flusso dei profitti futuri attesi, tenendo conto delle informazioni disponibili; in un mercato che si consideri efficiente il prezzo di mercato di ogni attività dovrebbe essere uguale a tale valore. In un mercato popolato da individui razionali e in cui i prezzi delle attività sono il risultato dell'operare della legge della domanda e dell'offerta, le informazioni rilevanti per la determinazione dei prezzi vengono acquisite da tali individui che le elaborano e le modificano a seconda delle informazioni a loro disposizione. Nella

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realtà economica, però, difficilmente tutte le informazioni rilevanti sono nella piena disponibilità di tutti gli individui, anzi, spesso gli emittenti dispongono di un vantaggio informativo rispetto agli investitori. Si vengono così a creare delle asimmetrie informative.

In particolare, esistono due tipi di asimmetrie informative:

Adverse selection (selezione avversa): si verifica prima che si instauri il rapporto

tra emittente e investitore; l'investitore non è in grado di determinare la solvibilità dell'emittente in quanto dispone di una quantità di informazioni inferiore a quest'ultimo.

Moral hazard (azzardo morale): si verifica quando la relazione tra emittente e

investitore è già stata posta in essere. In particolare, dopo la stipula del contratto, l'emittente può mettere in atto comportamenti differenti da quanto pattuito in precedenza con l'investitore sfruttando a suo favore l'asimmetria informativa dato che non è facile, per l'investitore, monitorare continuamente il merito di credito dell'emittente.

Le agenzie di rating possono essere viste come un rimedio alle asimmetrie informative che creano delle inefficienze nel funzionamento del mercato non consentendo la esatta determinazione del valore attuale dei flussi di reddito futuri delle attività. Infatti, la valutazione della solidità e della solvibilità degli emittenti incentiverebbe lo sviluppo dei mercati finanziari, sia perché aumenterebbe il numero di emittenti in grado di offrire un tasso di interesse rispondente al proprio profilo di rischio, sia perché si metterebbe a disposizione degli investitori uno strumento che fornisce loro maggiori informazioni sulla qualità degli emittenti.

Le agenzie effettuano l'attività di osservazione e monitoraggio per conto degli operatori finanziari in due modi diversi:

• Possono ridurre, grazie a delle consistenti economie di scala, i costi legati alla raccolta di informazioni sugli emittenti;

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• Possono disincentivare comportamenti opportunistici da parte degli emittenti in quanto questi ultimi sono consapevoli di essere osservati.

Quindi, essendo i rating dei segnali della qualità del credito, possono aiutare a ridurre significativamente i problemi di selezione avversa aiutando gli investitori a distinguere gli emittenti con un buon merito di credito da quelli con un cattivo merito di credito. Inoltre, ottenendo un rating, l'emittente segnale che non ha nulla da nascondere e attraverso l'uso del giudizio di un'agenzia le imprese segnalano il proprio merito creditizio riducendo il problema di azzardo morale.

2.3 Default studies

L’attività delle agenzie di rating è stata inserita nell’ambito di diverse regolamentazioni che attengono al sistema finanziario. In particolare, il rating è contemplato come strumento regolamentare dalla SEC (Securities and Exchange Commission), dalla Commissione di Basilea e dalla commissione IOSCO (International Organization of Securities Commissions).

Proprio quest’ultima, nel settembre 2003 ha pubblicato un rapporto sul ruolo che le agenzie hanno nel mercato dei capitali e sulle nuove problematiche con cui esse sono attualmente alle prese e che possono influenzare la qualità del rating emesso. Contemporaneamente è stata pubblicata una serie di principi che le autorità regolamentari, le agenzie e i partecipanti al mercato dovrebbero seguire per rispettare l’accuratezza del processo di rating e assicurarne tempestività e qualità.

La IOSCO ha emanato il codice di condotta per le agenzie di rating, IOSCO CRA Code

of Conduct, il quale contiene 50 linee guida sulle quali la Commissione crede debba

basarsi l’attività delle agenzie al fine di evitare conflitti d’interesse, assicurare il corretto utilizzo delle metodologie di assegnazione del rating, fornire agli investitori informazioni sufficienti a valutare la qualità del rating.

Le linee guida contenute nello IOSCO CRA Code of Conduct vengono messe in pratica dalle agenzie tramite l’adozione di un proprio codice di condotta.

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Uno dei principi statuiti dal codice IOSCO per la valutazione dell’affidabilità del sistema di rating e della sua stabilità è la predisposizione dei default studies e delle matrici di transizione dei rating.

I default studies vengono predisposti con cadenza annuale e hanno lo scopo di mettere a disposizione del pubblico un’analisi ex post dei rating emessi negli anni precedenti mettendo in relazione ogni categoria di rating con i tassi di default cumulati al fine di verificare il potere predittivo del rating. Inoltre, devono essere pubblicate le matrici di transizione con l’analisi della transizione da una categoria di rating all’altra, con orizzonte temporale di uno, tre, cinque e dieci anni.

Attualmente i default studies sono effettuati dalle tre principali agenzie globali (Moody’s, S&P’s,Fitch) e da alcune agenzie nazionali.

Ai fini del presente studio sono stati presi in considerazione otto default studies pubblicati da Standard & Poor’s e, in particolare, quelli per gli anni 2002, 2005, 2007, 2008, 2010, 2011, 2014 e 2016. Tutti questi report contengono una serie di informazioni che andremo ad elencare di seguito:

• Un sommario, contenete una sintesi degli eventi chiave che hanno caratterizzato l’anno considerato, tra cui: il numero delle insolvenze, il volume del debito interessato dalle insolvenze, la situazione del mercato in generale e dei vari settori, il tempo medio di default, la stabilità dei rating ecc.;

• Andamenti globali annuali riguardanti i rating, i default e i diversi mercati considerati tra cui, in particolare, quelli degli Stati Uniti, dell’Europa e dei Mercati Emergenti;

• Andamenti trimestrali che danno una visione più ristretta degli andamenti globali;

• Le caratteristiche delle due macro-categorie di rating, ossia speculative-grade, che di solito mostra una tendenza al default elevata, e investment-grade, che invece ha una tendenza al default molto più bassa rispetto alla prima;

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27 • Le diverse matrici di transizione: annuali, biennali, triennali, quinquennali, decennali e ventennali, oltre a quelle particolari per le migrazioni tra classi di rating, e per i diversi mercati mondiali;

• I coefficienti di Gini e le Curve di Lorenz;

• Appendice sulle Metodologie e le definizioni utilizzate nel redigere i default studies.

Fra tutte le informazioni contenute nei report, le matrici di transizione tra livelli di rating e il modo in cui sono ottenute sono l’argomento di maggior interesse per quanto riguarda il presente studio. In particolare, il passaggio da una matrice annuale ad una matrice con orizzonte temporale più lungo, ottenuto applicando lo strumento matematico-probabilistico delle Catene di Markov sarà oggetto di studio nel prossimo capitolo.

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28

CAPITOLO III

VERIFICA DELL’USO DELLE CATENE DI MARKOV

NELLA COSTRUZIONE DELLE MATRICI DELLE

PROBABILITÀ DI TRANSIZIONE DA PARTE DI

STANDARD & POOR’S

1.

Matrice di transizione tra livelli di rating

Come già accennato nei precedenti capitoli, lo strumento matematico che consente la valutazione delle probabilità di transizione tra diverse classi di rating sono le Catene di Markov. Di seguito andremo a definire come è effettivamente composta una matrice di transizione tra livelli di rating.

Iniziamo col riportare una generica matrice delle probabilità di transizione 𝑀𝑛×𝑛 e col descriverne le principali caratteristiche:

𝐹𝑟𝑜𝑚/𝑡𝑜 𝐴𝐴𝐴 𝐴𝐴 … 𝐷

𝐴𝐴𝐴 𝑚1,1 𝑚1,2 … 𝑚1,𝑛

𝐴𝐴 𝑚2,1 𝑚2,2 … 𝑚2,𝑛

… … … … …

𝐷 𝑚𝑛−1,1 𝑚𝑛−1,2 … 𝑚𝑛−1,𝑛

Trattandosi di una matrice stocastica con uno stato assorbente, sappiamo che: • La sommatoria delle probabilità riportate su ogni riga dà come risultato 1; • L’ultima riga ha tutti gli elementi uguali a 0 e l’ultimo elemento uguale a 1 (per

la definizione di stato assorbente).

Quella appena vista è una tipica ripartizione delle obbligazioni nelle varie classi di rating all’epoca iniziale. Quindi all’ epoca 0 avremo:

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Dove:

• 𝐴(0) è un vettore di elementi (1 × 𝑛);

• 𝑎1(0) è la proporzione di obbligazioni che, all’epoca 0, si trovano nella classe 1 (AAA);

• 𝑎2(0) è la proporzione di obbligazioni che, all’epoca 0, si trovano nella classe 2 (AA), e così via;

• Inoltre, come si è accennato più volte sappiamo che ∑𝑛𝑖=1𝑎𝑖(0) = 1.

Passiamo ora a vedere come è possibile calcolare, tramite una semplice operazione, 𝐴(1), ossia il vettore delle probabilità all’epoca 1.

𝐴(1)1×𝑛 = 𝐴(0)1×𝑛 ∙ 𝑀𝑛×𝑛 = 𝐴1(1), 𝐴2(1), … , 𝐴𝑛(1)

Il risultato di tale operazione è una matrice 1 × 𝑛, e anche in questo caso avremo, ovviamente, che: ∑ 𝐴𝑖(1) = 1 𝑛 𝑖=1 Analiticamente si avrà: 𝑎1(0), 𝑎2(0), … , 𝑎𝑛(0) × 𝑚1,1 𝑚1,2 … 𝑚1,𝑛 𝑚2,1 𝑚2,2 … 𝑚2,𝑛 … … … … 𝑚𝑛−1,1 𝑚𝑛−1,2 … 𝑚𝑛−1,𝑛

Facendo il prodotto riga per colonna si otterrà:

𝑎1(0) ∙ 𝑚1,1+ 𝑎2(0) ∙ 𝑚2,1+ ⋯ + 𝑎𝑛(0) ∙ 0 = 𝑎1(1)

𝑎1(0) ∙ 𝑚1,2+ 𝑎2(0) ∙ 𝑚2,2+ ⋯ + 𝑎𝑛(0) ∙ 0 = 𝑎2(1)

𝑎1(0) ∙ 𝑚1,𝑛+ 𝑎2(0) ∙ 𝑚2,𝑛 + ⋯ + 𝑎𝑛(0) ∙ 1 = 𝑎𝑛(1)

Seguendo lo stesso ragionamento possiamo scrivere l’equazione successiva, che sarà: 𝐴(2) = 𝐴(1) ∙ 𝑀 = 𝐴(0) ∙ 𝑀 ∙ 𝑀 = 𝐴(0) ∙ 𝑀2

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Da quest’ultima equazione possiamo derivare, dunque, la formula generale: 𝐴(𝑡 + 𝑘) = 𝐴(𝑡) ∙ 𝑀𝑘

Quindi, lo stato di un’obbligazione all’epoca (𝑡 + 𝑘) dipende dalla probabilità di trovarsi in un certo livello di rating all’epoca 𝑡 moltiplicata per la k-esima potenza della matrice di transizione.

2.

Dimostrazione dell’utilizzo delle catene di Markov nel passaggio da

una matrice a un anno a una matrice con orizzonte temporale più

lungo

Nel presente paragrafo si proverà a dimostrare che, partendo dalle matrici di transizione tra livelli di rating a un anno, ottenute dai default studies di Standard & Poor’s, si può passare, tramite un semplice algoritmo e applicando la formula vista nel paragrafo precedente, a matrici con orizzonti temporali più lunghi (a due, a tre, a cinque e anche a dieci anni). I risultati verranno poi confrontati con quelli contenuti nei report dell’agenzia di rating, spiegando le eventuali differenze tra i valori ottenuti e quelli dati.

Cominciamo riportando le matrici delle probabilità di transizione globali medie a un anno e a due anni per l’arco temporale 1981-2016 ricavata dal default study pubblicato da S&P’s per l’anno 20166.

6 S&P Global Ratings, Default, Transition and Recovery: 2016 Annual Global Corporate Default Study

And Rating Transitions, 2016. Pubblicato il 13/04/2017.

https://www.spratings.com/documents/20184/774196/2016+Annual+Global+Corporate+Default+St udy+And+Rating+Transitions.pdf/2ddcf9dd-3b82-4151-9dab-8e3fc70a7035. (Consultato il

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Fonte: S&P Global Fixed Income Research and S&P CreditPro®.

Fonte: S&P Global Fixed Income Research and S&P CreditPro®.

Average Multi-Year Global Corporate Transition Matrices (1981-2016) (%)

--One-year transition rates (%)--

From/to AAA AA A BBB BB B CCC/C D NR AAA 87.05 9.03 0.53 0.05 0.08 0.03 0.05 0.00 3.17 AA 0.52 86.82 8.00 0.51 0.05 0.07 0.02 0.02 3.99 A 0.03 1.77 87.79 5.33 0.32 0.13 0.02 0.06 4.55 BBB 0.01 0.10 3.51 85.56 3.79 0.51 0.12 0.18 6.23 BB 0.01 0.03 0.12 4.97 76.98 6.92 0.61 0.72 9.63 B 0.00 0.03 0.09 0.19 5.15 74.26 4.46 3.76 12.06 CCC/C 0.00 0.00 0.13 0.19 0.63 12.91 43.97 26.78 15.39

Average Multi-Year Global Corporate Transition Matrices (1981-2016) (%)

--Two-year transition rates (%)--

From/to AAA AA A BBB BB B CCC/C D NR AAA 75.74 16.08 1.44 0.11 0.19 0.05 0.11 0.03 6.26 AA 0.91 75.47 14.17 1.31 0.19 0.15 0.02 0.06 7.73 A 0.04 3.19 77.22 9.24 0.81 0.29 0.05 0.15 9.02 BBB 0.02 0.19 6.43 73.67 6.01 1.13 0.22 0.52 11.82 BB 0.01 0.05 0.31 8.79 59.41 10.31 1.10 2.25 17.76 B 0.00 0.04 0.16 0.46 8.68 55.13 5.11 8.56 21.86 CCC/C 0.00 0.00 0.17 0.54 1.08 16.61 22.03 35.53 24.03

(32)

32

Di seguito si andrà a dimostrare come, applicando le formule sopra descritte, si può passare dalla prima matrice alla seconda.

Prima di procedere è necessario fare alcune osservazioni riguardanti le matrici e il metodo di calcolo utilizzato.

Come si può notare, la matrice contiene una colonna in più rispetto alle solite classi di rating, la colonna “NR”, acronimo di “Not Reported”. Tale colonna contiene la percentuale di quelle entità i cui rating sono stati ritirati o le cui obbligazioni sono giunte a scadenza e che, quindi, non rientrano in nessuna delle altre categorie di rating. I valori contenuti nella colonna in questione vanno, inoltre, a completare ogni riga portando queste ultime ad avere somma 100. Perciò, per poter procedere nei calcoli e, più precisamente, per poter fare il prodotto riga per colonna è necessario aggiungere due righe alla matrice in modo da renderla quadrata e in modo da tenere in considerazione la colonna “NR”. A tal fine si è aggiunta una riga per lo stato di default, che come sappiamo ha tutti gli elementi pari a zero e l’elemento in corrispondenza della colonna D pari a cento (essendo lo stato di default uno stato assorbente) e una riga simile a quella del default, contenente tutti gli elementi uguali a zero e l’ultimo elemento, in corrispondenza della colonna NR uguale a 100. Così facendo si va a trattare lo stato dei Not Reported come uno stato assorbente. Quindi, una volta che un’entità entra a far parte di tale categoria non ne potrà più uscire. Utilizzando tale metodo si potrà procedere nel calcolo delle matrici successive e ottenere valori di riga la cui somma sarà sempre pari a 100, rispettando, dunque, le proprietà delle catene di Markov.

Detto questo, iniziamo riportando la prima riga della matrice di transizione a un anno, ossia quella riguardante la classe di rating AAA, che chiameremo 𝐴1(1), e che

altro non è che un vettore di elementi (1 × 𝑛):

AAA AA A BBB BB B CCC/C D NR

(33)

33

Applicando la formula riportata sopra, ossia:

𝐴(2)1×𝑛 = 𝐴(1)1×𝑛 ∙ 𝑀𝑛×𝑛

Si moltiplica tale riga per la matrice delle probabilità di transizione a un anno e, facendo il prodotto riga per colonna, si otterrà un vettore di elementi (1 × 𝑛) che contiene le probabilità di transizione a due anni della classe di rating AAA che chiameremo 𝐴1(2):

AAA AA A BBB BB B CCC/C D NR

AAA 75.82 15.71 1.65 0.16 0.14 0.07 0.09 0.02 6.33

Proviamo ora ad applicare la stessa formula ad un’altra riga, ad esempio a quella della categoria di rating BB. Il risultato sarà il seguente vettore che chiameremo 𝐴5(2):

AAA AA A BBB BB B CCC/C D NR

BB 0.02 0.06 0.38 8.10 59.81 10.57 1.05 1.71 18.29

Dunque, applicando la medesima formula a tutte le righe si potrà ottenere l’intera matrice delle probabilità di transizione a due anni che avrà la forma seguente:

--Two-year transition rates (%)--

From/to AAA AA A BBB BB B CCC/C D NR

AAA 75.82 15.71 1.65 0.16 0.14 0.07 0.09 0.02 6.33

AA 0.91 75.57 14.00 1.31 0.13 0.13 0.03 0.05 7.88

A 0.06 3.10 77.4 9.26 0.74 0.26 0.04 0.13 9.00

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34 BB 0.02 0.06 0.38 8.10 59.81 10.57 1.05 1.71 18.29 B 0.00 0.05 0.17 0.57 7.82 56.08 5.30 7.78 22.21 CCC/C 0.00 0.00 0.19 0.31 1.43 15.31 19.91 39.05 23.79 D 0.00 0.00 0.00 0.00 0.00 0.00 0.00 100 0.00 NR 0.00 0.00 0.00 0.00 0.00 0.00 0.00 0.00 100

Fonte: Nostra elaborazione

Continuando nella nostra analisi possiamo ancora dimostrare che applicando la formula generale, ossia:

𝐴(𝑡 + 𝑘) = 𝐴(𝑡) ∙ 𝑀𝑘

Si possono ottenere le matrici delle probabilità di transizione con un orizzonte temporale più lungo dei due anni. Si procede, quindi, riportando le matrici a tre, a cinque e a dieci anni ricavate del default study di S&P’s del 2016 e in seguito si dimostrerà come tali matrici sono state ottenute applicando la formula appena riportata.

Average Multi-Year Global Corporate Transition Matrices (1981-2016) (%)

--Three-year transition rates (%)--

From/to AAA AA A BBB BB B CCC/C D NR AAA 65.51 22.03 2.36 0.32 0.19 0.08 0.11 0.13 9.27 AA 1.21 65.83 18.69 2.11 0.36 0.23 0.03 0.13 11.42 A 0.06 4.15 68.49 11.83 1.34 0.46 0.10 0.26 13.31 BBB 0.02 0.29 8.54 64.33 7.08 1.69 0.30 0.91 16.83 BB 0.01 0.06 0.54 11.22 46.65 11.61 1.28 4.07 24.55

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35

B 0.00 0.03 0.23 0.84 10.48 41.37 4.66 12.78 29.62

CCC/C 0.00 0.00 0.14 0.61 1.65 16.62 10.90 40.68 29.39

Fonte: S&P Global Fixed Income Research and S&P CreditPro®.

Average Multi-Year Global Corporate Transition Matrices (1981-2016) (%)

--Five-year transition rates (%)--

From/to AAA AA A BBB BB B CCC/C D NR AAA 49.58 28.37 4.86 0.81 0.24 0.16 0.08 0.35 15.53 AA 1.49 50.29 24.87 3.71 0.59 0.39 0.04 0.34 18.26 A 0.08 5.22 54.95 15.13 2.15 0.71 0.16 0.57 21.04 BBB 0.03 0.47 10.51 51.02 7.68 2.29 0.40 1.93 25.68 BB 0.01 0.08 1.06 12.72 30.83 11.08 1.32 7.84 35.06 B 0.01 0.03 0.28 1.63 10.55 24.83 2.99 19.25 40.42 CCC/C 0.00 0.00 0.12 0.74 2.98 12.18 2.53 46.96 34.49

Fonte: S&P Global Fixed Income Research and S&P CreditPro®.

Average Multi-Year Global Corporate Transition Matrices (1981-2016) (%)

--Ten-year transition rates (%)--

From/to AAA AA A BBB BB B CCC/C D NR

AAA 26.01 32.25 9.82 2.87 0.18 0.21 0.06 0.74 27.87

AA 1.32 28.24 29.36 6.82 1.05 0.44 0.03 0.83 31.90

(36)

36

BBB 0.02 0.74 10.85 32.58 6.70 2.46 0.33 4.56 41.77

BB 0.02 0.07 1.79 11.24 14.64 7.75 0.67 15.39 48.43

B 0.00 0.04 0.45 2.57 6.87 8.67 0.90 28.71 51.80

CCC/C 0.00 0.00 0.18 0.84 3.50 4.53 0.36 50.57 40.01

Fonte: S&P Global Fixed Income Research and S&P CreditPro®.

Una volta riportate le matrici delle probabilità di transizione in questione, si andrà ora a dimostrare, tramite una nostra elaborazione delle stesse e applicando dunque la formula generale, come tali matrici sono state ottenute.

Prendiamo, ad esempio, la seconda riga della matrice a un anno contenente le probabilità di transizione della classe di rating AA, che chiameremo 𝐴2(1):

Applicando la formula generale 𝐴(𝑡 + 𝑘) = 𝐴(𝑡) ∙ 𝑀𝑘 avremo che:

𝐴2(3) = 𝐴2(1 + 2) = 𝐴2(1) ∙ 𝑀2

Dove:

• 𝐴2(3) = è il vettore di elementi (1 × 𝑛) contenente le probabilità di transizione

a tre anni della classe di rating AA;

• 𝑀2 = è la matrice delle probabilità di transizione a un anno elevata alla seconda.

Da tale operazione si otterrà il seguente vettore di elementi (1 × 𝑛):

AAA AA A BBB BB B CCC/C D NR

AA 0.52 86.82 8.00 0.51 0.05 0.07 0.02 0.02 3.99

AAA AA A BBB BB B CCC/C D NR

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37

Prendiamo ora la terza riga della matrice di transizione a un anno contenente le probabilità di transizione della classe di rating A, che chiameremo 𝐴3(1):

Applicando la medesima formula a questa riga possiamo ottenere il vettore contenente le probabilità di transizione a cinque anni della classe di rating A:

𝐴3(5) = 𝐴3(1 + 4) = 𝐴3(1) ∙ 𝑀4

E il risultato sarà il seguente:

Come ulteriore dimostrazione prendiamo l’ultima riga della matrice di transizione a un anno, ossia quella contenente le probabilità di transizione della classe di rating CCC/C, che chiameremo 𝐴7(1):

Ora applichiamo la formula generale per ricavare il vettore contenente le probabilità di transizione a dieci anni della classe di rating CCC/C:

𝐴7(10) = 𝐴7(1 + 9) = 𝐴3(1) ∙ 𝑀9 Il risultato sarà: AAA AA A BBB BB B CCC/C D NR A 0.03 1.77 87.79 5.33 0.32 0.13 0.02 0.06 4.55 AAA AA A BBB BB B CCC/C D NR A 0.15 5.25 54.35 15.41 2.00 0.68 0.10 0.44 21.62 AAA AA A BBB BB B CCC/C D NR CCC/C 0.00 0.00 0.13 0.19 0.63 12.91 43.97 26.78 15.39

(38)

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A questo punto è possibile riportare le matrici delle probabilità di transizione a tre, a cinque e a dieci anni per intero, così come sono state ottenute dalla nostra elaborazione.

--Three-year transition rates (%)--

From/to AAA AA A BBB BB B CCC/C D NR AAA 66.09 20.52 3.11 0.35 0.19 0.11 0.08 0.05 9.48 AA 1.19 65.94 18.38 2.26 0.24 0.19 0.04 0.09 11.68 A 0.09 4.08 68.52 12.10 1.18 0.41 0.06 0.22 13.33 BBB 0.03 0.39 7.96 63.59 7.64 1.65 0.26 0.69 17.80 BB 0.02 0.09 0.71 9.94 46.90 12.16 1.31 2.83 26.01 B 0.00 0.07 0.24 1.00 8.97 42.87 4.88 11.37 30.59 CCC/C 0.00 0.00 0.22 0.41 2.03 14.04 9.45 44.96 28.87 D 0.00 0.00 0.00 0.00 0.00 0.00 0.00 100 0.00 NR 0.00 0.00 0.00 0.00 0.00 0.00 0.00 0.00 100

Fonte: Nostra elaborazione

--Five-year transition rates (%)--

From/to AAA AA A BBB BB B CCC/C D NR

AAA 50.30 25.98 6.40 0.94 0.29 0.17 0.08 0.13 15.69

AA 1.51 50.59 23.61 4.25 0.52 0.30 0.05 0.19 18.88

AAA AA A BBB BB B CCC/C D NR

(39)

39 A 0.15 5.25 54.35 15.41 2.00 0.68 0.10 0.44 21.62 BBB 0.04 0.70 10.13 48.16 8.70 2.49 0.35 1.33 28.11 BB 0.03 0.15 1.37 11.27 29.65 12.09 1.42 5.14 38.88 B 0.00 0.09 0.37 1.75 8.85 25.75 3.34 16.77 43.07 CCC/C 0.00 0.00 0.25 0.60 2.48 9.54 2.65 49.79 34.68 D 0.00 0.00 0.00 0.00 0.00 0.00 0.00 100 0.00 NR 0.00 0.00 0.00 0.00 0.00 0.00 0.00 0.00 100

Fonte: Nostra elaborazione

--Ten-year transition rates (%)--

From/to AAA AA A BBB BB B CCC/C D NR AAA 25.70 26.55 12.93 3.05 0.59 0.32 0.07 0.34 30.37 AA 1.56 27.25 25.31 7.91 1.29 0.56 0.09 0.56 35.46 A 0.25 5.66 32.38 16.26 3.11 1.19 0.16 1.17 39.82 BBB 0.07 1.25 10.68 25.81 7.21 3.00 0.40 3.05 48.57 BB 0.03 0.29 2.37 9.20 10.90 7.12 0.90 9.54 59.60 B 0.00 0.11 0.62 2.37 5.15 8.07 1.08 23.23 59.35 CCC/C 0.00 0.00 0.28 0.79 1.71 3.03 0.43 52.84 40.90 D 0.00 0.00 0.00 0.00 0.00 0.00 0.00 100 0.00 NR 0.00 0.00 0.00 0.00 0.00 0.00 0.00 0.00 100

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2.1 Osservazioni sui risultati ottenuti

Una volta costruite le matrici delle probabilità di transizione a uno, due, tre, cinque e dieci anni applicando i concetti e le formule delle catene di Markov sorge la necessità di fare alcune osservazioni riguardanti i risultati ottenuti.

Come si sarà notato ci sono delle differenze, purché minime, tra i valori riportati nelle matrici elaborate da S&P’s e quelli ottenuti attraverso le nostre elaborazioni.

Di seguito si cercherà di spiegare quali possano essere le cause che hanno creato tali sfasature tra i risultati. A tal fine, risulta molto utile una particolare sezione contenuta in tutti i default studies di S&P’s analizzati, contenente le metodologie e le definizioni utilizzate per redigere i report e i calcoli fatti per costruire le matrici delle probabilità di transizione, sia annuali che pluriennali.

➢ Static pool methodology

Prima di tutto è utile sottolineare che S&P Global Ratings conduce i suoi studi sul default sulla base di raggruppamenti denominati pool statici. Ai fini di questo studio, S&P’s forma i pool statici raggruppando gli emittenti (per categoria di rating, ad esempio) all'inizio di ogni anno, trimestre, o mese coperto dal database utilizzato dall’agenzia. Tutte le società incluse nello studio sono assegnate a uno o più pool statici. Quando un emittente va in default, il valore del default viene assegnato a tutti i pool statici a cui apparteneva l'emittente. S&P Global Ratings utilizza la metodologia del pool statico per evitare alcune insidie nella stima dei tassi di default. Ciò viene fatto al fine di garantire che i tassi di default rappresentino le migrazioni di rating e per permettere che gli stessi tassi vengano calcolati su orizzonti temporali multi-periodo. I pool sono statici nel senso che la loro appartenenza rimane costante nel tempo. Infatti, ogni pool statico può essere interpretato come un portafoglio “buy-and-hold” (compra e tieni). Inoltre, poiché gli eventuali errori vengono corretti da ogni nuovo aggiornamento e poiché i criteri per l'inclusione o l'esclusione delle società nel default study sono soggetti a revisioni secondarie nel corso del tempo, non è possibile confrontare i pool statici tra diversi studi.

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➢ Transition analysis

In secondo luogo, è utile spiegare in che modo viene posta in essere l’analisi delle transizioni tra diversi livelli di rating dall’agenzia in esame.

I tassi di transizione confrontano i rating degli emittenti all'inizio di un periodo con i rating alla fine dello stesso periodo. Per calcolare i tassi di transizione dei rating a un anno per categoria di rating, S&P’s confronta il rating di ciascuna entità alla fine di un particolare anno con il rating all'inizio dello stesso anno.

Un emittente che è rimasto valutato per più di un anno è stato contato tante volte il numero di anni in cui è stato valutato. Ad esempio, un emittente valutato costantemente tra la metà del 1984 e la metà del 1991 apparirebbe nelle sette matrici di transizione annuali consecutive dal 1985 al 1991. Se il rating sull'emittente fosse ritirato a metà del 1991, sarebbe incluso nella colonna che rappresenta le transizioni su "NR" nella matrice di transizione del 1991. Allo stesso modo, se fosse inadempiente a metà del 1991, sarebbe stato incluso nella colonna che rappresenta le transizioni a "D" nella matrice di transizione di un anno del 1991.

Tutti i membri del pool statico del 1981 ancora valutati il 1 ° gennaio 2016 avranno, dunque, 36 transizioni di un anno, mentre le società valutate per la prima volta il 1 ° gennaio 2016 ne avranno solo una.

Ogni matrice di transizione di un anno visualizza tutti i movimenti di rating tra le categorie di lettere dall'inizio dell'anno fino alla fine dell'anno. Per ciascuna classificazione elencata nella colonna più a sinistra della matrice, vi sono nove rapporti elencati nelle righe, corrispondenti alle valutazioni da 'AAA' a 'D', più una voce per 'NR'. Gli unici rating considerati in questi calcoli sono quelli sulle entità all'inizio di ogni pool statico e quelli alla fine. Tutte le modifiche di rating che si verificano in mezzo vengono ignorate. Ad esempio, se un'entità è stata classificata come "A" il 1 ° gennaio 2016 e è stata sottoposta a downgrade a "BBB" a metà anno e successivamente aggiornata a "A" più avanti nell'anno (senza altre modifiche di rating successive), questa entità dovrebbe essere inclusa solo nella percentuale di emittenti che hanno iniziato l'anno come "A" che ha chiuso l'anno come "A".

➢ Multiyear transitions

Una volta spiegato il funzionamento delle transizioni annuali passiamo all’analisi delle transizioni pluriennali, le quali risultano molto utili ai fini del nostro studio, soprattutto

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per comprendere meglio come le matrici delle probabilità di transizione siano state costruite ed elaborate da S&P’s.

Le transizioni pluriennali sono state calcolate per periodi che vanno dai due fino ai venti anni. In questo caso, viene confrontato il rating all'inizio del periodo pluriennale con il rating alla fine. Ad esempio, le matrici di transizione a tre anni sono il risultato del confronto dei rating all'inizio degli anni 1981-2014 con i rating alla fine degli anni 1983-2016, altrimenti, la metodologia sarebbe stata identica a quella utilizzata per le transizioni di un anno. A seguire sono state calcolate le matrici di transizione medie sulla base delle matrici pluriennali appena descritte. Queste matrici medie rappresentano un vero e proprio riepilogo e sono quelle da noi utilizzate per effettuare le nostre analisi e i nostri calcoli nel tentativo di dimostrare che nel costruire tali matrici S&P’s ha utilizzato i metodi e le formule delle catene di Markov.

A fronte di ciò che è stato appena esposto possiamo affermare con certezza che lo strumento matematico sottostante all’elaborazione delle matrici delle probabilità di transizione utilizzato da S&P’s è quello delle catene di Markov e che le differenze tra i risultati ottenuti dall’agenzia di rating e quelli ottenuti dalle nostre elaborazioni, sebbene, come detto sopra, siano minime, derivano da una serie di cause che andremo ora a esporre.

In primo luogo, bisogna evidenziare che la quantità di dati e informazioni in nostro possesso è notevolmente inferiore rispetto a quelli in possesso dell’agenzia di rating. Infatti, S&P’s effettua le proprie analisi sulla base di un quantitativo di dati ricavati sia da proprie fonti, ricerche e database, sia da informazioni ricevute direttamente dalle società emittenti, mentre i nostri calcoli e le nostre analisi sono stati elaborati unicamente sulla base delle informazioni ricavate dai default studies direttamente emessi da S&P’s.

Un’ulteriore causa dello sfasamento tra i risultati deriva, ovviamente, dal metodo di calcolo utilizzato per ricavare le matrici delle probabilità di transizione pluriennali. A questo proposito, S&P’s, nel calcolare le matrici di transizione pluriennali, confronta i tassi di transizione all’inizio del periodo pluriennale considerato con i tassi alla fine di tale periodo e, in seguito, ne ricava una matrice di transizione media. La nostra analisi, invece, basandosi su una dotazione di informazioni iniziali nettamente inferiore, è stata fatta applicando semplicemente la formula generale delle catene di

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Markov alla matrice di transizione a un anno ricavata dai default studies dell’agenzia di rating. Per questi motivi, inoltre, le sfasature tra i valori aumentano all’aumentare dell’orizzonte temporale considerato, restando, comunque, in un range abbastanza piccolo.

Nonostante tali differenze di informazioni iniziali e di metodi di calcolo utilizzati, i risultati ottenuti dalle nostre analisi si avvicinano molto a quelli ottenuti da S&P’s, soprattutto per orizzonti temporali brevi, ed essendo il nostro obiettivo quello di dimostrare che le matrici di transizione sono state costruite utilizzando lo strumento matematico delle catene di Markov, possiamo senz’altro dire di aver raggiunto il nostro scopo.

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