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ANALISI DELLE INTERVISTE

4.1 METODO DI RICERCA

4.2.3 CAMBIAMENTO E PERCEZIONE DEL RUOLO DI CCO

Benché il numero dei comunicatori in Italia sia notevolmente cresciuto rispetto una decina di anni fa, la figura del CCO richiede ancora una maggiore cultura e consapevolezza da parte delle imprese, seguita da un conseguente aumento di risorse destinate. Il responsabile della comunicazione è spesso visto con perplessità, a volte addirittura con sufficienza, non solo a livello aziendale ma anche in altri settori, dal politico all’istituzionale-pubblico. Toni Muzi Falconi ricorda che il ruolo di CCO fino agli anni ’70 era molto importante quando esisteva: nelle poche aziende in cui compariva la sua figura dipendeva direttamente dai vertici e “fungeva da voce e orecchio dell’azienda sul territorio” – si pensi all’enorme valore del comunicatore in Olivetti e Pirelli. Successivamente la complessità dell’organizzazione è evoluta causando “un imbarbarimento del ruolo” tale da declinare le rilevanti funzioni del dopoguerra in addetto stampa e organizzazione di eventi. Poi col tempo l’importanza del CCO ha ripreso a crescere ma in numero limitato di organizzazioni: “negli anni ‘50 probabilmente c’era lo stesso numero di organizzazioni che valorizza il CCO oggi, poi c’è stato un crollo, e ora siamo di fronte ad una ripresa” (intervista a Falconi).

Ci sono enormi discrepanze all’interno del contesto italiano e tra panorama italiano e quello internazionale riguardo lo stato in essere della percezione del Communication Manager interno alle imprese, pur tenendo conto delle differenze di assetto organizzativo e tipo di azienda. In uno dei suoi articoli in Lettera43, Comin afferma che “i comunicatori d’impresa appaiono come una specie ibrida, dalla difficile collocazione” e spesso si imbattono “nell’incapacità di emergere e raggiungere il vertice della propria società” perché il potere strategico della comunicazione viene sottovalutato. Il contributo del CCO rischia di essere superficiale se non può contare sulla fiducia, e quindi sul riconoscimento diretto dell’amministratore delegato e degli altri colleghi.

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Tra gli intervistati c’è chi ritiene che “la Funzione Comunicazione abbia subito una leggera involuzione riguardo la crescita di importanza all’interno delle aziende, probabilmente a causa della minore disponibilità di risorse e della definizione più stringente degli obiettivi, con la conseguenza di privilegiare certi settori piuttosto che altri” (intervista a Vercellone).

Primavera sottolinea che in numerose realtà organizzative è ancora presente “l’errata e presuntuosa convinzione” da parte di colleghi e manager che l’attività del comunicatore sia una pratica che chiunque possa svolgere efficacemente senza possedere particolari conoscenze e abilità.

Spesso molti dirigenti si comportano come se non ci fosse la necessità di uno specialista di comunicazione, o addirittura come se la comunicazione stessa non influenzi, positivamente o negativamente, i risultati, le attività e le relazioni dell’organizzazione. Molte aziende si comportano come se l’Area Comunicazione non esistesse, attribuendole compiti esecutivi sotto l’ala delle Funzioni HR o marketing, o addirittura ricorrendo a essa solo in casi di estremo bisogno ignorando l’enorme potenziale strategico. Dalle interviste sono emerse le preoccupazioni dei componenti dell’organizzazione riguardanti:

l’eventualità che il CCO acquisti eccessivo potere, tale da decidere autonomamente e indipendentemente “quali e quante informazioni diffondere sia fuori che dentro il sistema azienda”. In realtà CCO e top management devono mantenere un rapporto di fiducia tale da permettere un reciproco e completo scambio di informazioni, generare la possibilità di valutare insieme le opzioni e le decisioni per il bene dell’organizzazione. Per “valutare insieme” si intende il momento in cui manager e dirigenti considerano i differenti punti di vista, i sentimenti e le esigenze dei pubblici interni ed esterni comunicati mediante le conoscenze del CCO, escludendo il potere decisionale di quest’ultimo;

 la paura che egli diventi un “soggetto privilegiato”: il fatto di essere in stretto collegamento con la governance a volte può suscitare l’idea nelle altre Funzioni, che il comunicatore sia l’unico depositario del sapere.

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“Lo stato della Funzione Comunicazione e la percezione del ruolo del CCO dipendono molto dalla maturità e dalla consapevolezza dell’organizzazione in cui opera”, determinando anche la sua posizione all’interno dell’organigramma aziendale (intervista a Veronese).

Non in tutte le organizzazioni il CCO ricopre lo stesso rango e le stesse funzioni. Come spiega Filomena Rosato “la professione del comunicatore ha subito enormi cambiamenti a causa dell’evoluzione continua e dell’avvento del digitale, con conseguente mutamento dello spazio di relazione dell’azienda” e passando da una posizione di rappresentanza dell’azienda soprattutto di fronte la comunità mediatica limitato nelle mansioni, a un maggiore ruolo di supporto in termini strategici e di valore consulenziale. In particolare, negli ultimi 15 anni “i consulenti esterni hanno dovuto accorpare in se stessi molte funzioni - tra cui quelle strutturale-fondativa, integrativa e architettonica dei tre ruoli enunciati da Page Society in maniera più rapida rispetto i Communication Manager interni alle aziende”, perché hanno vissuto molto più pericolosamente i processi di cambiamento della società e dell’economia e hanno dovuto adattarsi velocemente alle nuove esigenze.

Al contrario, altri manager asseriscono che “oggi il Responsabile della comunicazione è considerato molto meglio rispetto al passato” riferendosi alla partecipazione del CCO alla fase di definizione delle strategie aziendali all’interno della coalizione dominante al pari di altre Funzioni, al maggiore riconoscimento del suo ruolo strategico nel condizionare il business, e alla conquista di una certa autonomia d’azione (intervista a Cino).

Manager come Comin, che hanno collezionato numerose esperienze in aziende grandi e multinazionali, non possono che confermare l’enorme contributo del comunicatore nei confronti del top management, pur ritenendo che questa posizione debba essere conquistata nel tempo con la dimostrazione quotidiana delle proprie competenze e dell’efficacia dei risultati, in un processo di escalation necessario.

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