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Cambiamento paradigmatico del concetto di spazio in Cézanne e nella tecnologia digitale: da una spazialità frontale ad una d

intorno

Merleau-Ponty, riferendosi alla capacità dell’uomo di entrare e uscire dai diversi contesti, analizza e descrive la pittura di un altro importante pittore, il quale inizia la sua carriera seguendo la scia impressionista, ma, che ben presto lascia, per assumere una sua propria autonomia artistica che lo contraddistingue da qualsiasi altro pittore dell’epoca: Cézanne.

L’arte di Cézanne descritta nel saggio Il dubbio di Cézanne di

Merleau-Ponty

Paul Cézanne è un pittore francese della seconda metà dell’800 che ha segnato una grande svolta in ambito artistico-pittorico: ciò che in lui muta radicalmente è la sua pittura e la concezione che l’artista ha di questa. Merleau-Ponty, in

L’occhio e lo spirito, discute il pensiero di Descartes relativo ai concetti moderni

di visione e spazio e li mette a confronto con i princìpi della pittura di Cézanne. Questi comincia il confronto tra i due intellettuali proprio dal modo fondamentale di Cézanne di fare arte, ossia dal concetto chiave dell’epistemologia artistica cézanniana, che è quello di “pensare in pittura”. Segue, dunque, un’analisi molto dettagliata a riguardo, e i punti salienti che Merleau-Ponty fa emergere sono fondamentalmente tre: primo punto, Descartes interpreta la vista servendosi del tatto come modello; secondo punto, sempre lui concepisce la pittura come disegno

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e, infine, terzo punto, egli ritiene che guardare la natura equivalga a un guardare qualcosa che sta fuori di noi, e con cui non abbiamo alcuna relazione.

La conseguenza di tutto ciò è per l’appunto la separazione ontologica ed epistemologica di soggetto e oggetto, di io e mondo.

Con l’affermarsi di questa idea di separazione in Descartes, emerge un determinato paradigma epistemologico, ossia quello della frontalità, secondo cui: l’uomo si trova di fronte al mondo. Ciò implica una concezione ontologica ed epistemologica dell’uomo come di un essere che, per conoscere il mondo, deve porsi di fronte, e non intorno ad esso. Tale frontalità è frutto di una filosofia che pone al suo centro la separazione di res cogitans e res extensa, ossia la scissione di due sostanze irriducibili l’una all’altra. Porsi di fronte al mondo, o comunque di fronte all’oggetto che si vuol conoscere, vuol dire porsi al di fuori di esso. L’irriducibilità reciproca delle due sostanze, non permette dunque all’uomo di percepire il mondo come intorno a se stesso, ma, anzi, lo definisce come ciò che gli è di fronte. Tale espressione “stare di fronte” è sinonimo di separazione e di allontanamento tra colui che vuole conoscere e ciò che invece è oggetto di conoscenza: il soggetto gnoseologico assume così un ruolo nella conoscenza che è sempre preminente e distaccato dall’oggetto gnoseologico. In Descartes, l’uomo conosce il mondo attraverso una metodologia razionale che non fa affidamento sui sensi, perché ritenuti fallaci. Questo, infatti, è il concetto chiave filosofico esposto nella sua opera Discorso del metodo, dal momento che è chiamato a chiarire la sua metodologia. La frontalità, che si trova nella filosofia cartesiana, trova la sua base nella prospettiva rinascimentale; infatti, ho già esposto l’importanza della prospettiva come base strutturale ed artistica nelle opere di Alberti, ma anche in

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quelle di Brunelleschi. La prospettiva rinascimentale diventa, dunque, l’elemento preminente che influenza l’arte e il pensiero di quel determinato periodo storico e filosofico, tanto che la frontalità diventa il paradigma artistico ed epistemologico proprio delle discipline del Rinascimento.

Conseguenza di tutto ciò è, per l’appunto, la separazione moderna di soggetto e oggetto e, con l’affermarsi di ciò, la frontalità diventa la base dell’idea di conoscenza (già affermata dai filosofi greci) secondo cui: l’occhio è l’organo privilegiato della conoscenza, in quanto detiene il primato della visione. Tale dinamica ottico-visiva sussume l’idea della frontalità come struttura primaria cognitiva ed epistemologica dell’uomo. Vedere l’oggetto che si vuol conoscere, significa essere di fronte ad esso, e tale posizione del soggetto non implica assolutamente una relazione con l’oggetto in questione. L’uomo conosce, mentre l’oggetto viene conosciuto: la dinamica con cui questo accade è quella propria della frontalità.

Di contro, Merleau-Ponty, a partire da questa concezione frontale tipicamente rinascimentale, presenta la pittura di Cézanne come risposta alla rigida separazione cartesiana delle sostanze.

Cézanne diventa l’autore di una delle più importanti rivoluzioni paradigmatiche nel campo dell’arte, e della pittura in particolare. Infatti, è proprio la concezione di pittura che muta in Cézanne: essa diventa qualcosa di più del semplice atto pittorico, e si trasforma in un’arte tramite la quale non è più il mondo a disvelarsi, ma è l’artista stesso che si rivela.

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Mentre le opere e i princìpi cartesiani non facevano altro che prolungare e sistematizzare le idee e le realizzazioni della prospettiva rinascimentale, Cézanne offre un cambiamento prospettico non indifferente nella sua concezione di arte. Infatti, le opere di Cézanne si contraddistinguono perché:

“lo spazio non è più quello di cui si parla nella Diottrica, un reticolo di relazioni fra gli oggetti, come lo vedrebbe un testimone della mia visione, o un geometra che la ricostruisse sorvolandola, ma è uno spazio considerato a partire da me come punto o grado zero della spazialità. E non lo vedo secondo il suo involucro esteriore, lo vivo dall’interno, vi sono inglobato. Dopotutto – rileva Merleau- Ponty – il mondo è intorno a me, non di fronte a me.”.43

Merleau-Ponty, nell’affermare che lo spazio è uno “spazio considerato a partire da me come punto o grado zero” non intende privilegiare la posizione dell’uomo nel processo gnoseologico rispetto a quella del mondo oggettuale, ma intende ridare validità alla capacità propria dell’uomo di poter conoscere a partire da se stesso: i suoi sensi devono poter essere validi (dal punto di vista gnoseologico) per potergli permettere di conoscere. L’uomo conosce lo spazio, si conosce a partire da sé come punto o grado zero, perché è egli stesso che ha la facoltà di interrogare il mondo e di poter coglierne l’essere. Inoltre, la cosa più importante che evidenzia Merleau-Ponty, è che, dopo la pittura di Cézanne, l’uomo è in grado di conoscere il mondo relazionandosi ad esso: egli diventa un soggetto conoscitivo che si trova intorno e immerso nell’oggetto che vuole conoscere. La dinamica relazionale epistemologica tra l’io e l’oggetto diventa la base di una nuova concezione

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filosofica ed artistica, secondo cui: “lo spazio non è un involucro esteriore, ma è qualcosa che vivo dall’interno, vi sono inglobato”.

Il filosofo francese basa dunque la sua critica della frontalità su un modo di concepire l’arte che si incarna totalmente in Cézanne. La separazione di oggetto e soggetto si sostituisce con la relazione che vi è tra essi, e ciò determina una serie di conseguenze fondamentali nel superamento della modernità: la corporeità dell’osservatore permette di ridare validità ai sensi, sempre l’osservatore non può essere identificato solo ed esclusivamente con il suo occhio e, infine, il rapporto tra dentro e fuori si presenta come un rapporto di differenza che si fonda sulla relazione tra i due elementi. Infatti, se si osservano le incisioni di Dürer, è possibile notare che il pittore/osservatore viene raffigurato come una estensione corporea dell’occhio. Inoltre, la finestra che separa i due elementi è delimitata da una cornice e da un reticolo, per cui, la linea che unisce soggetto e oggetto, passa attraverso la finestra, e collega materialmente l’occhio dell’osservatore con la figura osservata: in tal modo, la frontalità, tipica della concezione artistica moderna, diventa sinonimo di separazione dell’osservatore dal contesto di osservazione.

Per superare questa concezione dualista, Merleau-Ponty decide dunque di richiamare la pittura di Cézanne, perché essa rappresenta un mutamento di ruolo e di consapevolezza epistemologica: non si procede più alla mera riproduzione del mondo, ma alla rappresentazione del mondo secondo l’artista. A tal proposito, è significativa un’opera in particolare del filosofo francese: ossia il saggio Il dubbio

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Ne Il dubbio di Cézanne, Merleau-Ponty procede ad un’analisi del modo in cui l’artista francese “pensa in pittura” e si disvela tramite questa. Cézanne inizia ad interessarsi all’arte fin da giovanissimo e, una volta trasferitosi a Parigi, si interessa molto allo stile del naturalismo storico. Ma, non avendo successo con l’adozione di questo stile, cerca una propria strada e una sua propria autonomia artistica. Decide allora di seguire una corrente artistica a lui contemporanea che ha molto successo proprio a Parigi, tanto da diventare la sua sede: ossia l’impressionismo.

L’impressionismo è una corrente artistica nata in Francia a Parigi nella seconda metà dell’800 in un contesto quale quello appena successivo al Romanticismo e al Realismo. Le caratteristiche principali della pittura impressionista sono i contrasti di luci e ombre, i colori forti e vividi che hanno lo scopo di fissare le sensazioni dell’artista sulla tela. Anche il colore viene usato in modo rivoluzionario, ad esempio il nero viene quasi del tutto escluso preferendo le tonalità di blu scuro e marrone. Ma la caratteristica principale dell’impressionismo è il dipingere all’aria aperta (en plein air), ossia al di fuori di uno studio e a contatto col mondo, circondati da una realtà che non è di fronte, ma intorno all’artista. Ciò permette al pittore di fissare sulla tela anche lo scorrere del tempo, delle luci, ombre e delle stagioni. Nel 1874 Cézanne intende partecipare alla prima mostra tenuta dagli impressionisti, e vi partecipa con La casa dell’impiccato e Una moderna Olimpia, senza però ottenere molto successo.

Cézanne, per un periodo della sua vita, aderisce a questo movimento artistico d’avanguardia, e apprende tutte le sue particolarità e principi artistici, ma ben presto comprende di dover andare oltre l’impressionismo e assumere una propria

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autonomia stilistica. Egli volge estrema attenzione alla natura e alla cura del colore, ma il carattere disumano della sua pittura non è altro che una fuga dal mondo umano: quando l’artista viene lasciato a se stesso, egli può guardare la natura in un modo del tutto nuovo e particolare.

Rapporto tra Alberti, Klee e Cézanne. Definizione del ruolo del pittore

in Cézanne come di colui che deve pensare in pittura

Cézanne si trova concettualmente e stilisticamente (e non storicamente parlando) a cavallo tra due modi di fare pittura: tra il riprodurre il visibile e il rendere visibile. Promotore del primo modo, è l’arte rinascimentale, con Alberti come protagonista di questa teorizzazione; mentre, per quanto riguarda il secondo modo di fare pittura, Klee e la sua arte fanno da protagonisti. Al rapporto già analizzato tra Alberti e Klee, è possibile aggiungere un nuovo elemento/artista: Paul Cézanne. Se Alberti è colui che inaugura l’idea di rappresentazione come

duplicazione, Klee definisce l’arte come la capacità di rendere visibile, e quindi

dotare di visibilità ciò che va al di là del visibile. Cézanne, invece, è colui che, molti secoli dopo Alberti, acquisisce in modo decisivo la consapevolezza che il ruolo e il compito del pittore non può più essere quello di imitare riproducendo il visibile. Infatti, è proprio Lilian Brion-Guerry, un importante storico d’arte francese del Novecento, che paragona le opere di Cézanne (in particolar modo le ultime) alla pittura orientale, ed è lui stesso ad affermare: “L’artista europeo vive nell’idea che l’arte è un’imitazione della natura. L’artista dell’estremo oriente pensa che fare l’arte debba completare la natura”44

. Con questo riferimento della

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pittura orientale a Cézanne, lo storico d’arte vuol far emergere il concetto secondo cui: il pittore francese concepisce lo spazio in modo diverso rispetto ai pittori rinascimentali, e anche a quelli a lui contemporanei, come ad esempio Klee. Il legame Alberti-Klee-Cézanne non è altro che un’evoluzione che la critica d’arte persegue per arrivare a comprendere un’epistemologia e gnoseologia dell’arte che ha come termine ultimo il “pensare in pittura” di Cézanne. Questi rifiuta l’imitazione come rappresentazione e duplicazione, e, di conseguenza, ritiene che l’arte si fa a partire dalla natura. L’uomo vive quest’ultima dall’interno ed è, per questo motivo, che egli si considera punto o grado zero della spazialità.

Merleau-Ponty, ne Il dubbio di Cézanne, evidenzia tutte queste caratteristiche della pittura dell’artista francese, facendo anche riferimento a quello che è stato il suo percorso artistico e stilistico. Infatti, l’autore francese pone in evidenzia il rapporto che Cézanne ha con la pittura impressionista: egli deve al movimento impressionista l’aver inteso la pittura non come l’incarnazione di scene immaginate o la proiezione esterna di sogni, ma come lo studio preciso delle apparenze. Gli impressionisti hanno come concetto fondamentale quello per cui bisogna rendere, nella pittura, la medesima maniera in cui gli oggetti colpiscono la vista e aggrediscono i nostri sensi: gli oggetti devono essere rappresentati nel modo in cui li dà la percezione istantanea, e quindi senza contorni assoluti, ma costituiti da luce e aria. Cézanne intende ritornare all’oggetto senza abbandonare l’estetica impressionista (che prende il proprio modello dalla natura), ma ciò lo fa in un modo ben particolare: ossia senza servirsi degli strumenti che gli servono per raggiungere la natura stessa. Egli quindi ha come guida e come oggetto di rappresentazione nell’impressione immediata la natura, ma, nel dipingere ciò, non

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utilizza gli strumenti pittorici utili al suo fine: egli non precisa i contorni, non circoscrive il colore nel disegno e non compone né la prospettiva e né il quadro45. Cézanne ha di mira la realtà e si vieta gli strumenti per raggiungerla. A questo proposito, Èmile Bernard definisce l’arte di Cézanne, così descritta, come “il suicidio di Cézanne”, proprio perché l’intento del pittore è quello di cogliere e raffigurare la natura, ma senza servirsi degli strumenti utili a coglierla.

Infatti, nei dialoghi che Cézanne ha con Èmile Bernard, l’artista francese cerca sempre di sfuggire a soluzioni artistiche già prestabilite, proprio perchè il suo fine ultimo è quello di voler unire la natura e l’arte. Così facendo, ciò a cui le sue opere mirano è: far entrare lo spettatore nel quadro.

L’unione di natura e arte (ciò a cui Cézanne auspica) dipende anche dal fatto che il pittore sia concentrato sulla sua collocazione nello spazio quando osserva ciò che vuole raffigurare: lo spazio di Cézanne è uno spazio ben definito, ossia è quello della realtà che lo circonda. L’impressione che colpisce la percezione del pittore deve essere qualcosa che si disvela dall’interno del pittore stesso. Questi deve essere cosciente della percezione con cui la natura lo colpisce.

A tal proposito Merleau-Ponty definisce l’arte di Cézanne come un’appercezione personale, ossia come la consapevolezza, da parte di chi osserva, della coscienza artistica del pittore. Il pittore prima, e lo spettatore dopo, deve essere cosciente della percezione della realtà che lo circonda. Infatti, egli deve avere coscienza della sensazione, ossia deve essere cosciente del fatto che i suoi sensi vengono colpiti da impressioni. L’artista inizia a dipingere una volta che ha raggiunto

45 La tavolozza di Cézanne non presenta solo i 7 colori del prisma, ma ne presenta 18. La

spiegazione di ciò è che il pittore francese vuol far emergere tutte le sfumature di colore risultanti dal modo in cui la luce colpisce la realtà: Cézanne vuole ritornare all’oggetto senza abbandonare l’estetica impressionista.

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questa coscienza: il mondo che è intorno a lui colpisce non solo la vista del pittore, ma anche gli altri suoi sensi e, quando diventa cosciente di ciò, allora significa che è pronto a raffigurare la sua impressione artistica. Affinchè tutto ciò sia possibile, il pittore deve sentirsi immerso nel mondo che lo circonda, e non più di fronte ad esso. Se Cézanne vuole unire natura e arte nelle sue opere, vuole, soprattutto, che lo spettatore sia inglobato ed immerso nel mondo di cui l’autore ha avuto l’appercezione. Perciò, la frase pensare in pittura non è solo il motto che accompagna il nome di Cézanne nelle sue opere, ma diventa il cardine della sua arte, o meglio, del suo fare arte. “Pensare in pittura” vuol dire: avere coscienza della percezione di ciò che ci circonda e vedere tutto ciò su una tela, come raffigurazione dell’impressione sensibile.

Cézanne pone quest’appercezione nella sensazione e domanda all’intelligenza di organizzarla in opera. Dunque, il pittore, servendosi dei sensi, percepisce e coglie la realtà che lo circonda, e solo successivamente chiede alla facoltà intellettiva di organizzarla e tradurla in opera d’arte. Tramite la relazione tra sensi e intelletto, Cézanne rende visibile ciò che di per sé non è visibile, ciò che coglie con il suo terzo occhio, ossia l’appercezione personale. Il pittore non crede di dover scegliere tra sensazione e pensiero come tra caos e ordine, non introduce una frattura e separazione tra i sensi e l’intelligenza, ma ha il compito di ordinare e organizzare l’ordine spontaneo delle cose percepite e l’ordine umano delle idee. Infatti, l’uomo percepisce le cose e gli oggetti che lo circondano per mezzo dei propri sensi ed è tramite questi che egli conosce la realtà che lo circonda. Cézanne torna a dare validità ai sensi, perché è proprio tramite essi che l’uomo si rapporta al mondo. Questi sono i mezzi di cui l’artista si serve per accedere ad una prima

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visione e percezione del mondo. Il pittore, con il suo sguardo e con tutto ciò di cui è dotato, riesce ad avere una prima impressione di ciò che gli sta intorno, ed è, tramite questa, che entra in contatto con l’oggetto sensibile che intende raffigurare. Una volta che l’artista viene colpito dalle impressioni sensibili, egli chiede all’intelletto di organizzare le sue percezioni in opera. L’intelletto, per Cézanne, ha un ruolo organizzativo e ordinatore: l’intelligenza diventa la forza organizzativa dell’opera d’arte. Si può così osservare la cooperazione di sensibilità e intelletto, i quali, nell’epistemologia artistica di Cézanne, assumono un ruolo fondamentale per la realizzazione dell’opera d’arte. È nella relazione che vige tra i sensi e l’intelletto che egli ritrova l’ordine delle cose: l’intelletto accompagna i sensi, non li svaluta. Così facendo, il soggetto è in grado di conoscere e di percepire il sensibile. La coscienza percettiva dell’artista diventa così autocoscienza e appercezione del sensibile e l’intento di Cézanne diventa appunto quello di “rimettere l’intelligenza, le idee, le scienze, la prospettiva e la tradizione a contatto con il mondo naturale”46.

Infatti, per Cézanne, il contorno degli oggetti concepito come una linea che li recinge, non appartiene al mondo visibile, ma alla geometria.

L’uomo, quando osserva il mondo sensibile, vede i singoli oggetti e definisce i loro contorni come “linee”. Ma le linee così definite esistono realmente in natura? Esse sono delle strutture geometriche di cui l’uomo si serve per comprendere meglio i confini che delimitano e racchiudono un oggetto. La linea è utilizzata e teorizzata nelle discipline scientifiche come uno strumento di cui il teorico si serve per far riferimento e riprodurre qualcosa che esiste in natura. La realtà che ci

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circonda è, invece, una realtà che presenta oggetti ben distinti tra loro, ma tale separazione percettiva deriva dalla tendenza umana di schematizzare geometricamente i singoli oggetti. Tale tendenza si riscontra nel momento in cui l’artista riproduce il mondo che ha attorno a sé: egli, nel comporre la sua opera, si serve della linea come strumento pittorico e geometrico, ed è tramite essa che il pittore definisce i contorni degli oggetti che sta raffigurando. Questo è l’utilizzo del concetto geometrico di linea applicato all’arte.

La linea perciò non è una proprietà intrinseca dell’oggetto, ma è una proprietà riconosciuta dall’uomo, in base alla quale egli esprime: la volontà di guardare i vari oggetti singolarmente e in modo distinto. Da ciò, la linea è strettamente connessa all’intenzione dell’uomo di riprodurre un dato scenario naturale. Il