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“La cameriera mi da della scema e mi prende in giro col titolare che assiste alla scena.”

Nel documento L'etnografia di un bar. (pagine 52-64)

“Locale in piazza Castello...aperitivi da "bar dello sport" fatti pagare il doppio ma non è qui il problema. Una volta che ci siamo seduti ed abbiamo ordinato ci hanno fatto spostare di tavolino e fin qui ci può stare. Mentre aspettavamo l'aperitivo una cameriera mi ha portato ancora i listini e le è stato risposto che avevamo già ordinato e che oltretutto ci avevano anche spostato in un tavolino microscopico e di passaggio continuo. Lei è andata dalla sua amica a raccontare il fatto dandomi della scema e lo ha fatto ad un metro da me. Ovviamente le ho detto che non doveva permettersi di darmi della scema e lei ha pensato bene di mandare avanti l'altra cameriera per negare il tutto e poi, avvicinandosi a me, mi ha detto in maniera plateale che se io avevo delle frustazioni non era affar suo. Ovviamente dopo aver pagato lo abbiamo fatto notare al titolare, già abbondantemente accerchiato da 4-5 cameriere, e la risposta ottenuta è che in 8 anni non era mai successo. Preso atto anche della risposta del proprietario abbiamo salutato e ce ne siamo andati ma la cameriera maleducata ha pensato bene di fare un saluto sarcastico prontamente zittito dal proprietario che ha assistito alla scena. Ok che non è un bar di livello ed il personale è composto da ragazze che pensano di essere dalla parrucchiera e non sanno nemmeno cosa vuol dire servire i clienti, ma la maleducazione è inaccettabile. Un titolare non può lavarsi male e deve obbligatoriamente dimostrare almeno dispiacere per l'accaduto. Ciliegina sulla torta il saluto sarcastico di fronte al titolare: questo dimostra che non esistono ruoli e ognuno può fare quello che vuole. La cameriera ovviamente è una gran maleducata e va pesata per quello che è...ma il titolare a mio avviso deve imparare a farsi rispettare e soprattutto deve cacciare a pedate ragazzine spavalde che si permettono di offendere i clienti.”

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Il terzo e il quarto titolare sono quelli che vivo meno. Giorgio è colui che gestisce l’osteria, posta a fianco al Duca D’Este, è un uomo sempre sorridente e molto simpatico. È uno straordinario oste e si fa voler bene da tutti i suoi clienti che tornano soprattutto per lui. Il quarto titolare, Sandro, è un socio esterno che vive poco la vita vera di quel posto. Si occupa dei nostri contratti , delle pratiche amministrative. In realtà conosce poco di noi, e di qualcuna non sa neanche il nome. Ma è cosi pure per la frequenza in cui il personale cambia. Molte ragazze si fanno prendere dalla paura e dall’ansia di quel posto. È troppo grande e ci sono molte cose da imparare. Siamo poche le “veterane” anche se a noi piace chiamarci le “duchette”. È da due anni che siamo sempre noi cinque, io Assunta Sabrina Rosita e Valentina. Fra di noi c’è stato un bellissimo rapporto da sempre, c’è complicità e armonia, ci capiamo con uno solo sguardo ed essere in turno insieme è sempre una gioia. E’ bello stare con loro, lavorare insieme, è come essere a casa, in famiglia.

Ma i protagonisti principali del nostro bar ma soprattutto della mia ricerca sono i nostri clienti sono tanti e a me piace classificarli per categorie. Abbiamo i pensionati che osservandoli mi sono resa conto che hanno fatto del Duca D’Este la loro seconda casa. Ogni mattina sono lì al solito orario e si ritrovano tutti insieme. Sono le 9del mattino quando arriva Lola, una signora settantenne sempre ben vestita e molto profumata, che arriva per prima per prendersi il suo giornale preferito”La Nuova Ferrara”, la sua brioche rigorosamente scaldata e il suo schiumato in tazza molto calda con un posacenere visto che è una fumatrice accanita. Dopo aver chiesto tutto ciò alla cassa si dirige verso la distesa per sedersi al suo tavolo. I nostri tavoli in distesa arrivano fino al numero sedici. Lei si siede fra il 15 ed il 16 in modo da occuparne due che poi dividerà con i suoi amici che arriveranno durante la mattinata. Guai a trovare il “suo” tavolo occupato, significherebbe iniziare male la sua giornata. Una mattina uscii fuori in distesa e trovai lei in piedi al centro della distesa a fissare il suo tavolo occupato da quattro ragazzine che stavano facendo colazione. Mi sono avvicinata e ho chiesto cosa stesse succedendo, lei mi rispose che sarebbe voluta andare dalle ragazze per chiedergli di spostarsi. Riuscii a farle cambiare idea ma con un patto, non appena le ragazze fossero andate via quel tavolo doveva essere suo. Lola è una signora a cui piace apparire ed essere servita nei migliori dei modi. Mi ha confessato che la sua è stata una vita molto agiata, fatta di lusso e di pochi rapporti umani e che alla morte del marito, unica persona vera nella sua vita si è ritrovata molto sola. È stato in quel caso che ha conosciuto Bruno, un signore sulla settantina molto benestante e amante folle di tutte le donne, di qualsiasi età che incontrandola al Duca D’Este da sola l’ha invitata ad unirsi al loro gruppo. Mi raccontava

Lola che è grazie a queste persone che ha ritrovato la voglia di vivere perché finalmente ha un motivo per svegliarsi al mattino, venire in questo bar e passare le su 3ore di serenità e allegria. Bruno, per l’appunto, non è di quei signori anziani e pesanti che ti guardano come se dovessero mangiarti, è infatti un gentiluomo che ha solo voglia di trovare finalmente una donna nella sua vita. Una mattina che non era in servizio decisi di recarmi a fare colazione al Duca D’Este insieme al mio ragazzo per osservare quei clienti con occhi diversi. Mentre consumavamo la nostra colazione è arrivato proprio lui, Bruno. Mi abbracciò come se fossi una sua parente o amica e dicendomi, come ogni volta che mi vede, quanto io fossi bella ci chiese se volevamo festeggiare con lui e i suoi amici il suo compleanno. Prese una bottiglia di prosecco, un Franciacorta ovviamente, ci siamo messi a chiacchierare e mi raccontò quanto grande fosse la sua voglia di amare qualcuno non essendo mai stato sposato. Mi disse che da lui le donne dopo un po’ scappano e che non riesce a capire, a farsene una ragione. Eppure il suo sogno, dice, è sempre stato quello di donare tutto il suo amore ad una donna. Mi ha anche raccontato che c’è stata una donna che voleva sposarlo, 30anni più giovane di lui, una donna rumena con due figli, che mi ha descritto visto che fino a pochi mesi prima la frequentava e la portava con sé al Duca e in effetti mi ricordo bene di questa ragazza. Alta, bionda, con bellissimi occhi azzurri. Dice che grazie ai suoi amici del bar, così si chiamano, ha capito che voleva solo imbrogliarlo e sposarlo solo per i soldi.

<< L’hanno trovata mano nella mano con un uomo giovane, lei rideva e poi l’ha pure baciata>>

Queste sono esattamente le sue parole piene di tanta malinconia ma nello stesso tempo di tanta rabbia. Ma Lola e Bruno sono solo due dei nostri tanti pensionati. C’è Edda, una signora che ogni giorno racconta la stessa storia a tutti e ovviamente in dialetto ferrarese che onestamente mi viene molto difficile da capire.

<<Il bar migliore di Ferrara, ci sono i migliori baristi qua, Melissa, beh io l’ho vista crescere quella ragazza, è cosi carina e sempre così gentile, fa il miglior macchiato del mondo. Sai che non vengo mai al lunedi io in questo bar?>>

E come sempre io << perché Edda?>>

<<mi sono informata, mi sono. Melissa riposa al lunedì e io non ho intenzione di rovinarmi la bocca!!! Ti confesso che se lei va via in un altro bar, anch’io cambio bar,vado con lei>>

È così bello vedere come delle persone riescano ad affezionarsi a noi per dei motivi così semplici. Ci vogliono davvero bene e conoscono i nostri nomi, anche se siamo tantissime e come ho già detto, molte cambiano continuamente. È molto carina Edda ma è difficile capire quale sia la sua storia, non si apre molto, è l’unica cosa che continua a dire ogni volta che andiamo prendere l’ordine. La settimana scorsa vedendo una foto di un ragazzo giovane sul suo portachiavi le ho chiesto chi fosse quel bel ragazzo e lei mi ha risposto che era il nipote che viveva col figlio all’estero e che non li vedesse mai. Viene sempre sola e dice di aspettare una sua amica, che in due anni non è mai arrivata e ogni volta va via arrabbiata perché non è mai puntuale.

C’è Francesco, un simpaticissimo vecchietto della Basilicata che vive a Ferrara da tanto tempo ormai e che prende un “buon”deca macchiato e un bicchiere d’acqua metà naturale e metà frizzante e si siede in un tavolino della distesa cercando di rimorchiare tutte le signore sulla sessantina che vengono al bar raccontando della sua povera moglie morta, di quanto lui l’amasse e di quanta voglia abbia ancora di amare.

Questo mi ha fatto capire come una semplice sedia, un caffè speciale,una semplice abitudine può diventare di primaria importanza per persone che fondamentalmente nella vita sono sole e il nostro bar diventa il loro unico impegno giornaliero. Sono parti integranti del bar ormai, tutti insieme come in una grande famiglia.

Ma ci tante altre categorie e una fra queste è quella degli impiegati delle banche che ogni mattina si ritrovano a far colazione tutti insieme prima di arrivare a lavoro, ma in piedi al banco e di fretta. Si vede dai loro atteggiamenti e dai loro visi preoccupati che devono iniziare una giornata lavorativa. Infatti, non si gustano le loro colazioni e i loro caffè come andrebbe fatto ma scappano via subito per poi tornare con molta più tranquillità nella loro pausa pranzo. Un insalatone , una bresaola rucola e grana, un panino o una piada, una bottiglietta d’acqua e un caffè, è così che consumano il loro pranzo seduti comodamente in distesa discutendo di lavoro, delle novità che sono successe ma anche di questioni private, delle loro mogli o dei figli, delle preoccupazioni e soddisfazioni che questi arrecano. Sono tutte persone che impari a conoscere bene soprattutto nelle abitudini ma è strano notare come anche loro imparano a conoscere noi, le cameriere. Un paio di settimane fa portai un menù a Marco, un nostro cliente fisso. Pensavo di svolgere il mio lavoro come sempre,con la stessa serenità ma, a quanto pare , non era così. Infatti mi ha fatto notare che non l’ho accolto con lo stesso sorriso solito e si stava chiedendo se fosse

successo qualcosa. In realtà aveva proprio ragione, ero molto stressata e piena di problemi perché dopo due giorni avrei dovuto sostenere il mio ultimo esame. Da lì ho potuto constatare come per loro sia importante uscire da un contesto lavorativo pieno di problemi e rifugiarsi nel nostro bar e sentirsi per qualche minuto “sereni” grazie magari ad un sorriso gentile.

Poi ci sono quelli che io chiamo “i politici”. Sono consiglieri comunali, assessori, ministri e di tanto in tanto anche il sindaco Tiziano Tagliani che vengono a scambiare delle chiacchiere o a discutere di lavoro nel nostro locale. Osservandoli ho imparato a capire se la loro sosta da noi è per motivi di lavoro o di svago. Basta osservare semplicemente la loro camminata molto più tesa e impostata nel primo caso, o la posizione da seduti. Il consigliere comunale e giornalista Luigi, ad esempio, uno dei nostri clienti più affezionati, è molto diverso in base alle varie situazioni. È molto giovane, è mio coetaneo ma in alcune situazioni riesce ad essere molto maturo e più grande della sua reale età. Un mese fa, per il festival dell’Internazionale cioè un weekend di incontri con giornalisti, scrittori e artisti provenienti da tutte le parti del mondo Luigi è venuto per il suo solito aperitivo. Ma dal suo viso ho notato una certa preoccupazione in più. Infatti seduto solo aveva lo sguardo perso nel vuoto ,beveva passivamente il suo crodino ma dal ticchettio continuo della sua gamba è stato possibile notare la sua ansia. Dopo poco sono arrivati infatti dei giornalisti con i quali ha parlato animatamente dell’intervista, della sera prima, del premier italiano Matteo Renzi. Non era sereno nel raccontare come il presidente del Consiglio non fosse stato ben accolto in quell’occasione. Infatti, raccontava che è stato contestato al suo arrivo nella piazza municipale di Ferrara dove partecipa a un dibattito con tre giornalisti stranieri nell'ambito del Festival di Internazionale. Cartelli alzati e grida di "buffone, buffone" hanno accolto l'inizio del dibattito e si sono intensificate quando il presidente del Consiglio ha cominciato a parlare. Sono state anche lanciate uova marce dai contestatori. Ha raccontato anche della visita del premier al cantiere della scuola d’infanzia “aquilone” danneggiata dopo il terremoto in Emilia del maggio 2012. Accompagnato dal ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, e dal sindaco della città, Tiziano Tagliani, il premier si è fermato per una decina di minuti all'interno della struttura. Ecco spiegata l’ansia di Luigi, si stava concentrando per fare un’intervista importante.

Domenica scorsa mentre stavo tagliando delle arance e dei limoni per prepararmi al pomeriggio la mia collega Chiara mi chiama dicendomi che c’era un signore che voleva parlare con la ragazza con la treccia siciliana. Proprio quel giorno non avevo la treccia, ma

devo dire che è mia abitudine farla quando vado al lavoro. Vado fuori e vedo un signore da lontano che mi salutava, un cliente normale come tutti gli altri per me. Mi avvicino e chiedo se posso essergli utile. Lui mi risponde che non era la prima volta che veniva al nostro locale e che era rimasto abbagliato dal mio sorriso e dalla mia gentilezza ma soprattutto adorava sentirmi parlare perché il mio accento le ricordava quello della sua famiglia essendo di origine siciliana e per questo voleva presentarmi la moglie. Lo ringrazio e vado a preparare il suo ordine. Il mio titolare mi ha chiesto cosa volesse quel signore da me visto che era il questore di Ferrara. Io in realtà non sapevo chi fosse ma è bello pensare di rimanere così impressi anche a persone molto impegnate.

Fuori dal locale sulla destra, c’è la fermata dei tassisti. Loro sono coloro che ci vedono come una vera casa. Da noi mangiano, bevono, usano i servizi e per dirla tutta qualcuno si riposa sui nostri divanetti consumando un thè o una cioccolata calda per scaldarsi spesso si addormentano per pochi minuti stanchi delle tante ore lavorative. È’ il caso di Paolo che prende almeno 6orzi in tazza piccola al giorno. Entra e non dice nemmeno una parola alza la mono e si dirige verso il bagno, torna fa girare il suo euro sul piatto bianco a fianco la cassa e si dirige verso il banco dove consuma il suo orzo e si siede sul divanetto a leggere il suo giornale o se ne va direttamente alzando la mano e in tutto ciò non ha detto neanche una parola. Non ho mai sentito la sua voce. Curiosa di questa cosa ho chiesto e perché la risposta di tutti è la stessa, cioè che frequenta il nostro locale da anni ormai e nessuno lo sente mai parlare e non si sa chi sia stato a scoprire il suo nome ma soprattutto che desiderasse un orzo in tazza piccola. Eppure i suoi occhi trasmettono cosi tanto e sembra un signore così carino e buono. Sono tanti, in ogni caso i tassisti e per la maggior parte tutti giovani. Ho scoperto da uno di loro che sono tutti giovani perché si fanno trasferire in quel punto per il nostro bar, più che altro per le ragazze del bar, per provarci con loro e per “potersi rifare gli occhi”.

Quelli di cui ho parlato finora sono i “nostri clienti fissi” ma ci sono tante altre persone come i turisti, sempre diversi ma poi sempre simili. Gli atteggiamenti e gli orari dei turisti sono quasi sempre gli stessi. Arrivano intorno alle undici per fare la loro super colazione. Mangiano dei panini salati ma anche brioche dolci e uno/due cappuccini. Per loro i cappuccini non sono mai abbastanza. Per lo più sono tedeschi e inglesi. Tornano per le diciassette e pranzano o cenano, non l’ho mai realmente capito. Ovviamente chiedono dei consigli su cosa mangiare e quali siano le specialità ferraresi. Dopo aver ordinato un buon piatto di cappellacci di zucca al ragù o burro e salvia, un pasticcio alla ferrarese, involucro

di pasta sfoglia ripieno di maccheroni al ragù bianco e besciamella mi chiedo come sia possibile che da bere ordinino un ennesimo cappuccino o un bicchiere di latte bianco. Ma no, è un buon bicchiere di vino il giusto abbinamento. Eppure loro lo fanno sempre. È strano notare come delle persone così apparentemente simili possano essere cosi diversi nelle abitudini. Noi facciamo colazione, pranziamo, ceniamo e se possiamo inseriamo anche un bell’aperitivo. Loro fanno colazione quando noi l’abbiamo già digerita e pranzano/cenano quando noi facciamo aperitivo. Ma sono diversi anche alla fine del servizio, alla cassa. Un italiano paga, sorride e va via. Uno straniero paga, fa i complimenti, ringrazia e lascia delle generose mance. Tutti lo fanno, per loro è normale. Ciò che invece ho notato essere normale per un turista italiano è fare dei paragoni. Il siciliano assaggia la “Tenerina” o la “tagliatelle”, pasta di mandorle, ma non sarà mai come il suo cannolo siciliano o la sua cassata. Per un calabrese la “salamina da sugo”non sarà mai come la sua “soppressata”. Questo per me è purtroppo un limite che noi italiani abbiamo. A fine agosto una coppia di turisti romani sulla sessantina è venuta a pranzare da noi. Dopo un paio di smorfie perché il ripieno di zucca nei cappellacci non era una scelta giusta visto che la zucca è dolce, sono riuscita a fargli capire che è tipica ferrarese e che valeva la pena assaggiarli. Decisione presa: un cappellaccio di zucca al ragù, uno burro e salvia per assaggiarli entrambi e mezzo litro di vino bianco, un intenso e aromatico gewurztraminer . Siamo d’accordo e quindi procedo apparecchiando il tavolo dei signori ma dopo pochi minuti mi chiamano molto arrabbiati.

<< Le sembra giusto che mentre noi pranziamo gente di “colore” entri a chiedere continuamente se vogliamo comprare libri, rose, accendini e quant’altro? Non mi sembra molto igienico!! E soprattutto le sembra normale che mentre io aspetto il mio pranzo il signore in quel tavolo in fondo stia fumando? Guardi sarei tentato ad andar via!!!>>

Ho fatto notare al simpatico signore che aveva scelto lui la distesa dove facciamo un servizio un po’ meno elegante rispetto alla sala dove ovviamente non avrebbe trovato nessuno che fumasse o nessuno di “colore” che voleva vendergli la qualsiasi. Chiedendogli se gradissero spostarsi nella sala all’interno la risposta è stata che si erano stancati e che volevano andar via perché mai nessuno si era mai rivolto a loro in questo modo. Io non ho ancora capito che problemi avesse il signore e sinceramente credo che la mia gentilezza sia stata giusta ma lui non l’ha pensata come me ed è andata via. Ma la cosa che mi ha stupito di tutto ciò è stata la moglie, apparentemente tranquilla e silenziosa ma con uno sguardo cattivo e serio, come se fosse proprio lei ad istigare il marito. Ipotesi

confermata quando allontanandosi dal locale con il tailleur beige e la sua camicina

Nel documento L'etnografia di un bar. (pagine 52-64)

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