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L’INTERAZIONISMO SIMBOLICO

Nel documento L'etnografia di un bar. (pagine 33-41)

CAPITOLO 2. IL DISEGNO DELLA RICERCA

2.3 L’INTERAZIONISMO SIMBOLICO

Attraverso l’etnografia ho potuto osservare dall’interno le interazioni che avvenivano tra i diversi attori in campo, rilevando fattori di facilitazione ed elementi di ostacolo al costituirsi di “buone relazioni”. Importante è considerare la base del pensiero interazionista, secondo le quali gli esseri umani agiscono verso le cose intese come oggetti sociali, quindi anche le persone secondo il significato che queste hanno per loro. A questa logica non può sfuggire lo studioso della società, che interpreterà le cose che vede sulla base del senso che queste hanno per lui. L’unico modo per poter raggiungere risultati significativi e non fuorvianti, è dunque quello di acquisire lo stesso punto di vista delle persone che vivono nel contesto che si vuol comprendere.

Blumer era del parere che i metodi positivistici applicati alla ricerca sociale non portassero ad alcun risultato, nella misura in cui ignoravano totalmente il processo di interazione e di formazione del senso. Parimenti, fu estremamente critico nei confronti della metodologia quantitativa, per lo stesso motivo. Non negò esplicitamente la possibilità che la ricerca quantitativa potesse arrivare a proporre generalizzazioni valide sulla società, tuttavia riteneva che tutto l’impianto teorico sul quale si basava, e si basa tutt’ora, fosse quantomeno lacunoso. Sottolineava la scelta sostanzialmente caotica delle variabili, connotata da una mancanza di “regole, guide, limitazioni e proibizioni” a suo parere sconcertanti, come sconcertante era la mancanza di variabili che rappresentassero categorie astratte essenziali per la ricerca empirica dovuta alla pratica, comune nella ricerca sociologica, dell’operativizzazione dei concetti. Gli indicatori scelti per rappresentare le variabili si discostano sempre, più o meno arbitrariamente, dal concetto originario; essi sono sempre inerenti al “qui ed ora”, determinano le variabili in base al loro stesso contenuto, come dimostra il fatto che per la stessa variabile, analizzata in contesti differenti, vengano scelti indicatori diversi, con il risultato che le due ricerche non potranno essere comparate e non si potranno effettuare generalizzazioni significative riguardo alla variabile studiata.38

Un altro limite delle metodologie quantitative sottolineato da Blumer è che la variabile indipendente è sempre scelta a monte della ricerca. In questo modo, ci si accontenta di riscontrare la regolarità dell’influenza, presunta dal ricercatore in maniera necessariamente arbitraria, che questa variabile ha sulle altre all’interno dei dati raccolti,

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ignorando totalmente il processo di interpretazione o dandolo per scontato. Facendo ciò, potrebbe darsi il caso che non ci si renda conto che l’effetto riscontrato viene prodotto da un’altra variabile non presa in considerazione dalla ricerca, o che in contesti differenti potrebbero intervenire altre variabili a smorzare, parzialmente o del tutto, l’influenza della variabile indipendente. Inoltre, si compie l’errore di dare per scontato un meccanismo di stimolo-risposta, in cui l’interpretazione, il senso attribuito dagli attori sociali alle cose, viene negato, relegando l’individuo ad un ruolo di mero ricettore passivo. Sempre fedele alla logica interazionistica, Blumer indica la strada da intraprendere per la ricerca sociale legandola strettamente al punto di vista del soggetto studiato e ad una metodologia flessibile, capace di correggersi in itinere e di utilizzare gli strumenti qualitativi più disparati: storie di vita, lettere, osservazione partecipante.

L’espressione “integrazionismo simbolico” si riferisce allo studio della vita e della condotta dei gruppi umani. Mead, Dewey, Park, William James, sono teorici molto differenti tra loro ma nel complesso assai simili per il modo in cui hanno studiato la vita del gruppo umano.

Questo approccio poggia su tre premesse:

 Gli individui agiscono verso le cose in base al significato che esse hanno per loro;

 Il loro significato è derivato dall’interazione sociale di ciascuno con i suoi simili;

 Questi significato sono trattarti e modificati lungo un processo interpretativo usato dalla persona nel rapporto con le cose che incontra.

L’interazionismo simbolico39 si basa su una serie di idee fondamentali, “le “immagini

originali” che rappresentano il modo in cui quest’approccio vede la società umana e il comportamento: sono in pratica la struttura dello studio dell’analisi. La vita del gruppo presuppone l’interazione tra i suoi membri o comunque una società consiste di individui che interagiscono. In genere l’interazione sociale è data per scontata ed è trattata come di poco significato; diviene una semplice tribuna attraverso la quale le determinanti sociologiche e psicologiche agiscono per dare origine a forme specifiche del comportamento umano. È Mead che fa l’analisi più acuta dell’interazione sociale ed identifica nella società umana due livelli di interazione sociale: interazione simbolica ed interazione non simbolica. Si ha quest’ultima quando si risponde direttamente all’azione degli altri senza interpretarla ed è propria delle risposte automatiche, mentre l’interazione simbolica coinvolge l’interpretazione dell’azione. Nel loro stare insieme, gli individui si

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impegnano nell’interazione non simbolica, rispondono automaticamente ai movimenti reciproci dei corpi, alle espressioni, ai toni della voce, ma il loro modo tipico d’interazione è a livello simbolico, nel tentativo di capire il senso delle azioni reciproche.

L’analisi dell’interazione simbolica svolta da Mead è molto importante. Egli la vede come un’espressione di gesti e una risposta ai loro significati; il significato del gesto si determina lungo tre direttrici:

1. Quanto la persona cui il gesto è diretto deve fare; 2. Quanto la persona che lo sta facendo progetta di fare; 3. L’azione comune

Per l’interazionismo simbolico i mondi esistenti per gli individui e per i loro gruppi sono composti da oggetti. Un oggetto è qualcosa che può essere indicato, definito, a cui ci si può riferire. Si possono classificare in tre categorie:

a) oggetti fisici (sedie, alberi, etc)

b) oggetti sociali (gli studenti, i preti, una madre, etc) c) oggetti astratti (principi morali, dottrine filosofiche, etc)

Il significato determina il modo in cui una persona vede l’oggetto e può avere significati diversi per diversi individui. In sostanza il significato degli oggetti nasce per una persona dal modo in cui li vede definiti dagli altri con cui interagisce. Da queste considerazioni sugli oggetti è possibile dedurne delle conseguenze: intanto gli individui o i gruppi che vivono nello stesso spazio possono appartenere ad ambienti diversi; gli oggetti devono essere visti come creazioni sociali. La gente forma, conferma e trasforma gli oggetti del proprio mondo man mano che dà loro significato.

L’individuo è visto come un organismo che non solo risponde agli altri a livello non simbolico ma che da anche loro indicazioni e interpreta quelle a lui dirette e può farlo solo perché possiede un “sé”. Per divenire oggetto per se, una persona deve vedersi dall’esterno e può farlo solo mettendosi nella posizione degli altri, considerandosi o agendo da quella verso se stesso.

Nelle scienze sociali e psicologiche contemporanee l’individuo è sociale solo o come membro della specie sociale o come interlocutore di altri, o come colui che ha interiorizzato l’organizzazione del suo gruppo ma nell’interazionismo simbolico tutto ciò è sostanzialmente differente. L’individuo è visto come sociale in un senso molto più

profondo, nel senso di un organismo che s’impegna nell’interazione sociale con se stesso, dandosi indicazione e rispondendo ad esse.

L’individuo per agire affronta un mondo da interpretare invece che un ambiente con la cui organizzazione interagire. Questa visione è chiaramente in contrasto con quella dominante nella psicologia e nella scienza sociale attuale. Questa attribuisce l’azione umana a un fattore iniziale o ad una combinazione di quei fattori. L’attività degli individui è costituita da una serie di incontri con situazioni nelle quali devono agire e che la loro azione è costruita in base a quanto notano, a come lo valutano e quali tipi di azioni progettano.

Nel trattare la collettività e l’azione comune si può essere portati facilmente ad assumere una posizione sbagliata, non riconoscendo che quell’azione comune costituisce un aggregazione di quelle separate dei partecipanti. Questa mancanza porta a trascurare che un azione comune deve sempre passare attraverso un processo di formazione.

L’interazionismo simbolico40

è da trattare non come una dottrina filosofica ma come una prospettiva della scienza sociale empirica, un approccio destinato a fornire una conoscenza verificabile della vita del gruppo umano e della sua condotta. Il mondo empirico esiste come qualcosa di utilizzabile per l’osservazione, lo studio e l’analisi. La realtà della scienza empirica esiste solo nel mono empirico, può essere cercata e verificata solo in esso. Ogni cosa conosciuta agli individui ha una forma da poter indicare o cui riferirsi. Per indicare qualcosa, gli individui devono vederla dalla loro prospettiva, rappresentarla come loro appare ma ciò non vuol dire che la realtà va cercata nelle immagini. La scienza empirica mostra che la realtà del mondo empirico è basata su un “qui e ora”, una continua acquisizione di nuove scoperte. La metodologia della scienza empirica si riferisce ai principi che sono alla base e guidano l’intero processo di studio del carattere resistente del mondo empirico dato. In questa concezione sono impliciti tre punti importanti:

1. la metodologia abbraccia l’intera ricerca scientifica e non solo alcune sue parti; 2. ogni parte della ricerca scientifica deve accordarsi al carattere resistente del

mondo empirico studiato; metodi di studio gli sono funzionali e dovrebbe riuscire a verificarlo;

3. il mondo empirico studiato fornisce la risposta decisiva e definitiva alla prova.

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Come si fa a stare molto vicini al mondo sociale empirico e guardarlo in profondità? Non c’è un modo semplice di avvicinare una determinata area e di guardarla. È un lavoro duro, che richiede un livello profondo di analisi accurata e onesta, immaginazione creativa anche se disciplinata, flessibilità e risorse nello studio, attenzione a quanto si trova, costante disponibilità a verificare e ricomporre i punti di vista e le immagini che si hanno di un’area. E’ possibile trovare risposta a tutto ciò nell’analisi dell’”esplorazione” e nell’ “ispezione”. Questi due modi di ricerca distinguono l’esame naturalistico diretto del mondo sociale empirico dal modo di ricerca seguito dalla metodologia attuale

Esplorazione: lo studio esplorativo della vita del gruppo umano è il mezzo per raggiungere contemporaneamente due obbiettivi complementari e interconnessi. Da un lato è il metodo tramite il quale un ricercatore può formarsi una conoscenza dettagliata ed esauriente di una sfera della vita sociale poco familiare, dunque a lui sconosciuta. Dall’altro è il modo per sviluppare e approfondire la sua ricerca così che il suo problema, la direzione delle sue indagini, i dati, i rapporti di analisi e le interpretazione che ne derivano restino legati alla vita del mondo empirico studiato. L’esplorazione è una procedura flessibile, nella quale il ricercatore passa da una ad un’altra area di ricerca, adotta, lungo il procedere del proprio studio, nuovi punti di osservazione, muove verso direzioni prima impensate e cambia il suo riconoscimento dei dati rilevanti. Per la sua natura flessibile la ricerca esplorativa, non è legata ad un gruppo particolare di tecniche. Usa una procedura eticamente lecita che offra credibilmente la possibilità di acquisire una rappresentazione abbastanza chiara di quanto avviene in un area della vita sociale. Essa perciò può ricomprendere l’osservazione diretta, l’intervista alle persone, l’ascolto di una loro conversazione, l’acquisizione di resoconti di storie di vita, l’uso di lettere e diari, l’uso di quanto si mostra degno di nota. Si adatta alle situazioni, limitandosi a valutare la sua appropriatezza e creatività. È particolarmente importante nella ricerca esplorativa per il ricercatore un attenzione costante al bisogno di verificare e rivedere le sue immagini, le sue credenze e le concezioni dell’area di vita studiata. Una parte di tale verifica e revisione deriverà dall’osservazione diretta e da quello che gli dicono gli informatori, ma, poiché il suo compito arriva a un’ indagine interna a quell’area, oltre quanto già noto, dovrebbe essere sempre pronto a vedere in modi nuovi la propria area di studio. Obbiettivo è sviluppare e implementare, in modo esauriente e accurato, una rappresentazione dell’area di studio e dei suoi caratteri. La rappresentazione dovrebbe aiutare il ricercatore a sentirsi come a casa

in quell’area, e a parlare in base a fatti e non a ipotesi. La rappresentazione della sfera della vita sociale formata attraverso un esplorazione efficace non elimina quanto richiesto da un esame diretto e attento del mondo sociale empirico. Quell’esame diretto esige un’altra procedura, definita ispezione.

 Ispezione: L’esame diretto del mondo sociale empirico non si limita alla costruzione di spiegazioni esaurienti e profonde di quanto avviene, dovrebbe anche prevedere un’analisi. Il ricercatore che si impegna in un esame diretto dovrebbe puntare a dare al proprio problema una dimensione teorica, a trovare rapporti generici, ad affinare i riferimenti descrittivi dei suoi concetti e ad enunciare preposizioni teoriche. Per ispezione si intende un esame accurato del contenuto empirico di tutti gli elementi analitici usati nell’esame, come anche del carattere empirico dei rapporti tra quegli elementi. Si intende per elementi analitici qualsiasi cosa, generale o categoriale, usata come elemento chiave dell’analisi: l’integrazione, la mobilità sociale, l’assimilazione, la leadership carismatica, il rapporto burocratico, il sistema dell’autorità, la soppressione del dissenso, la morale, la deprivazione relativa, gli atteggiamenti e il legame istituzionale. La procedura dell’ispezione deve sottoporre gli elementi dell’analisi a un esame accurato, in un indagine flessibile e attenta delle istanze empiriche investite dall’analisi. L’ispezione consiste nell’esame di un elemento specifico dell’analisi, che è avvicinato in molti modi differenti, guadato da angoli diversi, sul quale ci si fanno molte domande articolate e alla cui analisi si torna a partire da quelle domande. Il prototipo di un ispezione è rappresentato dal prendere in considerazione un oggetto fisico sconosciuto; lo si può sollevare, guardarlo da vicino, ruotarlo mentre lo si guarda, contemplarlo da questo o quel punto di vista, avanzare ipotesi su come potrebbe essere, riconsiderarlo alla luce delle nostre domande, cercarne un senso e , in un modo o in un altro verificarlo. L’ispezione41

è flessibile, fantasiosa, creativa e libera di prendere nuove direzioni. Questo tipo di esame può essere fatto anche per un oggetto sociale, un processo o un rapporto o uno degli elementi usati nell’analisi teorica di una determinata area o di un aspetto della vita sociale empirica. Come metodo dio ricerca, l’ispezione rappresenta l’antitesi della ricerca scientifica evidenziata dall’attuale metodologia delle scienze sociali e psicologiche. Non è legata a un metodo costante di approccio e di procedura; non inizia con elementi analitici la cui natura è stata fissata in precedenza e sviluppa la natura degli elementi analitici nell’esame del

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mondo empirico stesso. L’ispezione rappresenta anche la procedura adatta a realizzare l’altra parte dell’analisi sociale, la separazione dei rapporti tra gli elementi dell’analisi. Un rapporto simile presuppone l’esistenza di una connessione significativa tra gli elementi che compongono il mondo empirico.

Esplorazione ed ispezione, rappresentando rispettivamente la descrizione e l’analisi, costituiscono la procedura necessaria per l’esame diretto del mondo sociale empirico.

L’interazionismo simbolico è un approccio concreto allo studio scientifico della vita del gruppo umano e della sua condotta. Il suo mondo empirico è quello naturale della vita e del comportamento di quel gruppo. <esso colloca i suoi problemi in questo mondo naturale, riconduce i suoi studi, e deriva da questi la sua interpretazione.

Caposaldo dell'interazionismo simbolico è rappresentato dal campo della devianza. Ricercatori come Alfred Lindesmith, Howard Becker e Edwin Schur hanno fatto proprio un approccio "dall'interno" alle situazioni e ai modi di vedere dei delinquenti, degli alcolizzati, dei drogati e degli altri individui che violano i criteri di giudizio della società invece di accettare il punto di vista ufficiale delle agenzie di controllo sociale. Essi hanno messo in chiaro in che modo i "devianti" vivono le loro "carriere" e giungono ad un'interpretazione di se stessi che li porta a seguire un itinerario opposto a quello dell'agire "retto" e "onesto". Da questo punto di vista, la "devianza" non è una categoria da dare per scontata; i criteri che vengono violati non sono una entità oggettiva, ma a loro volta sono oggetto di negoziazioni politiche. Edward Schur descrive come nascono i "crimini senza vittime", quali l'uso di stupefacenti, il gioco d'azzardo o l'aborto e Howard Becker ha proposto il concetto di imprenditori morali per analizzare le manovre delle persone che, trovandosi in una posizione ufficiale, cercano di creare le categorie della devianza da imporre ad altri. E’ negli anni Sessanta che, negli Stati Uniti, nasce e si sviluppa un orientamento teorico che si occupa dello studio dei comportamenti devianti, ad opera di studiosi come Becker, Erikson, Lemert, Scheff, Goffman e Matza. Tale prospettiva, nota come Labeling Theory

42(“teoria dell’etichettamento”), si richiama alla corrente filosofica, psicologica e sociologica

dell’Interazionismo simbolico ed è caratterizzata da un superamento dei tradizionali paradigmi del correzionalismo e patologismo (nella versione sia medico-psichiatrica che sociologica) e dall’importanza attribuita ai processi di reazione e controllo sociale per la comprensione e l’analisi dei fenomeni devianti. In contrapposizione alle teorie “strutturali”, interessate all’eziologia della devianza, i labeling theorists propongono una concezione

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che si focalizza sul “processo” del divenire devianti, in cui giocano un ruolo fondamentale i processi di attribuzione, di etichettamento e di stigmatizzazione che colpiscono la condotta deviante. Il punto di vista interazionista non è interessato alle "cause soggettive" del disagio o del conflitto, in quanto fa oggetto della sua ricerca scientifica quello spazio normativo e regolativo che scaturisce dall'incontro e dalle definizioni delle situazioni sociali. L'area di studio di tale orientamento gravita intorno, non ad un universo d'individui precostituiti, bensì ai processi di costruzione sociale della realtà e delle persone prodotti dall'interazione tra gli individui all'interno dei contesti umani.

Nel documento L'etnografia di un bar. (pagine 33-41)

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