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CAPITOLO 2 ANALISI DEL TERMINE MUSICALE PIÙ USATO NE

2.5 Il canto dei personagg

I vari personaggi all’interno del romanzo non sono altro che elementi necessari affinché il romanzo abbia il suo seguito. Sono necessari perché creano quello humus che consente il continuo proseguire del canto nei Canti, ossia sono gli strumenti soffici e sottili sopra i quali si snoda l'articolata storia dei quattro protagonisti. Ogni personaggio ha un suo canto personale da far ascoltare, ogni individuo analizzato nel testo, sia esso reale o fantastico, partecipa come substrato al tessuto dell'opera al fine che questa scorra ed abbia un senso più forte; è una presenza psicologica forte che deve puntare in alto, forare il cielo ed espandersi verso l’infinito.

La voce dei personaggi nel romanzo, e conseguentemente la storia che essi narrano, ha una duplice valenza: esprimere da una parte lo stato interno di chi sta parlando e dall’altra lo stato esterno, cioè come il personaggio e il mondo si mettono in relazione.

Attraverso questo connubio tra stato esterno, percepito attraverso i sensi dai personaggi, e stato interno, percepito attraverso i sentimenti, Moresco attiva le varie psicologie dei personaggi e l’intreccio della storia permettendo anche a chi legge di rimanere intrappolato all’interno di questi meccanismi, quasi smarrendosi.

Moresco riesce così a catturare il lettore perché non importa che chi narri la storia sia un personaggio di “pura follia” o un uomo appartenente alla vita quotidiana di tutti i giorni poiché, nella baraonda generale, l’insegnamento sta nel senso e nella verità delle parole contenute nel romanzo e nelle singole storie ed è questo aspetto che Moresco, da “addetti ai lavori” e non, è odiato o amato.

Moresco propone una sola verità: una verità oggettiva, vera e pura con la quale ogni giorno, tutti, ci confrontiamo.

La sua è una realtà che usa la letteratura come nei grandi romanzi storici al fine di risultare fastidiosa, pungente, pesante eppure, allo stesso tempo, che grida, urla e canta. È una verità stanca di tacere e di essere celata dietro false risate e propositi vani.

Moresco è l’autore che col suo canto ha spezzato le catene dell’ignavia e della passività per far riemergere, fulgida e splendente, una verità delle origini, o semplicemente ciò che deve essere realmente la letteratura.

In funzione di quanto è stato appena detto appare chiaro che i personaggi cantano ciò che sono; non si inventano una storia drammatica perché essi vivono già in un dramma; non si coprono di vana gloria per apparire belli e “aristocratici”, perché la vita non ha spazio per tali soggetti. Al contrario, i personaggi di Moresco, cantando il disastro e il disagio del quotidiano, squarciano le loro viscere dal profondo facendo sorgere un urlo talmente forte che stordisce chi lo ascolta, sembrando silenzio. Vivono nella consapevolezza della dimenticanza, sono cioè consci del fatto che oltre la morte non ci resta che l’oblio, o l'increato; e che è meglio lasciare un segno senza però lasciare la firma, come nel caso del donatore di seme:

«Ma perché fai tutto questo?» gli ho provato a domandare una volta.

«Vuoi lasciare una traccia?»

«Mah, non saprei…» mi ha risposto «vorrei lasciare una traccia che

non lasci dietro sé alcuna traccia» . 69

Ma che canti cantano questi personaggi? Cosa vogliono rappresentare con le loro storie? Molto probabilmente rappresentano la società del

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2000, con i suoi mille problemi e le sue più strambe situazioni. Si fa infatti ricorso alla prostituzione e al commercio legato ad essa, alla banca del seme e alla paura di esporsi per mettere realmente al mondo un figlio o di esprimere una appartenenza sessuale, all’economia e al settore pubblicitario; quest’ultimo campo vede coinvolto lo stesso Dio che mette la terra all’asta per disfarsene ed avvia una campagna pubblicitaria affinché la terra venga venduta.

Volendo portare un esempio mi viene alla mente il Gatto che, non riuscendo a trovare la Meringa, “canta” la sua disperazione e le sue preoccupazioni:

«Devo trovare una traccia, un segno? E dove sarà adesso la Meringa,

in questo momento, di notte, nell’ora in cui nelle strade si cominciano a sguinzagliare da tutte le parti stupranti e stuprate, e le ruote di

quell’investitore cominciano improvvisamente a cantare? Mi sembra di vederlo… Si muove piano, scivola per le strade senza far rumore,

come a motore spento. Il muso della sua macchina è scuro e bombato, il paraurti tutto schizzato e incrostato. […] Si è svegliato da poco, è

uscito in silenzio dalla sua casa, come ogni notte, dopo essersi lavato e rasato, es essere disceso senza far rumore lungo le scale deserte,

addormentate. " Sto solo facendo i primi giri per scaldare il motore, non pensate…" si dice, immobile dietro il parabrezza, sbadigliando.

[…]"Voi non sapete cos’è la notte. Io vi falcio!"» . 70

I personaggi “portano in scena” una società contemporanea così pieno di sé, egoista ed egocentrica, da dare spazio solo alle cose materiali: una società che si preoccupa di se stessa e dell'apparire. È un essere che pensa talmente tanto a se stesso che tutto ciò che gli è attorno diviene marginale ed un ostacolo da eliminare all’origine.

Solo quando subentra il caos nella vita ci si sente implodere e, finalmente, si ascolta ciò che si sarebbe da sempre dovuto ascoltare: l’anima.

Il canto dell’anima è un canto straziante, stanco, graffiato, gutturale: un urlo.

È un suono così forte che stordisce tanto da apparire quasi silenzio.

Ritornare nella tomba cieca e rovente, nuotarci dentro cigliati,

irrealizzati! Impossibile andare, impossibile ritornare. Urlare e poi ancora urlare, nell’elemento molle che niente ricorda, niente sente.

Ogni movimento impossibile, solo urlare e poi ancora urlare, senza nessuno che possa sentire, possa decifrare. Almeno potersi spegnere,

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poter tornare… Urlare, urlare, si può solo urlare . 71

Ed ancora:

La mia bocca era sempre spalancata e bloccata, non capivo se da quella parte non scaturiva alcun suono o se stavo gridando così forte

da insordire . 72

Il canto in tutto ciò è forse la forma più sublime e primaria che abbiamo per esprimere quella ricerca del suono unico che raggruppi tutti gli altri suoni. Un unico suono, una unica nota come a tutti che venga prima di qualunque altra cosa. Una sorta di genesi della creazione e del tutto. Una genesi dell'increato che crea:

Io canto, canto, e intanto aspetto il tempo in cui nascerà qualcuno che

avrà finalmente il coraggio di ascoltare una voce che viene prima ancora che ci sia la voce.

Diapason sottile, lacerante, lancinante, della voce che viene prima ancora che ci sia la voce .
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71

Ivi, p. 14.

72

Ivi, p. 18.

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CONCLUSIONE

Spero con questo scritto di aver dato una chiave di lettura nuova ai testi di Moresco, una analisi in chiave musicale, e al tempo stesso aver sensibilizzato il mondo letterario a riappropriarsi degli studi musicali e musicologici al fine di ottenere più risposte e aprire nuovi orizzonti.

Ricordo infatti che musica e poesia, o più in generale la letteratura, in epoca antica non erano campi distinti. Camminavano l'una di pari passo all'altra. 


BIBLIOGRAFIA

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