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Capacità e soggettività: qualifiche attribuibili all'embrione?

Considerato il primato della persona umana nel quadro dei valori costituzionali, la soggettività, quale diritto inviolabile della persona, assurge a valore strutturale del soggetto, configurandosi quale diritto naturale assoluto ed esclusivo, inviolabile ed intangibile102 della persona. In questo senso, se la

capacità di diritto è da intendersi come “punto di legittimazione soggettiva di conseguenze giuridiche”103, inevitabilmente non può essere scissa dalla

soggettività, che configura il concetto attraverso il quale si esalta la riconduzione al soggetto delle manifestazioni che da essa discendono104.

Da qui l'equivalenza fra “persona” ed “uomo”105.

Il riconoscimento dell'uomo in quanto tale, infatti, implica l'automatica attribuzione della titolarità di quell'insieme di diritti immanenti alla persona volti a connotarla come tale.

E proprio richiamando il processo di formazione del corpo umano attraverso il già menzionato percorso a ritroso, deve ammettersi che “l'essere umano è legato in toto al fattore genetico umano che si determina

102 P. PERLINGIERI e P. STANZIONE, Manuale di diritto civile, P. Perlingieri e AA.VV. (a cura di), op. cit., p. 114.

103 A. FALZEA, Voce Capacità (teoria gen.), cit., p. 15.

104 G. BALLARANI, La Cassazione riconosce la soggettività giuridica del concepito: indagine sui

precedenti dottrinali per una lettura “integrata” dell'art. 1 c.c., nota a Cass. Civ., 11 maggio 2009,

n. 10741, in Dir. fam. pers., 2009, fasc. 3, pt. I, p. 1159 ss.

105 C. M. MAZZONI, La tutela reale dell'embrione, in Bioetica. Rivista interdisciplinare, Vol. XII,

nell'embrione; quest'ultimo non è mera spes hominis, bensì species hominis, trovando collocazione nel continuum del processo evolutivo umano che inizia con la fusione dei gameti e termina con la morte”106.

Ciò posto, la nascita, quale distacco dal grembo materno107, è uno stadio

evolutivo dell'esistenza, che individua nel concepimento il suo principio. Lo stesso concetto di evoluzione presuppone un'esistenza in atto.

Evolve ciò che già esiste, non una teorizzazione astratta di futura potenzialità. In questo contesto l'embrione, racchiudendo in sé l'essenza umana108, è già

persona e quindi, secondo le argomentazioni suddette, soggetto di diritto109.

Ne discende che, in quanto dotato di soggettività giuridica, l'embrione è “vita”.

E' evidente, che le argomentazioni svolte per giungere all'asserita immanenza della soggettività, quale diritto inviolabile della persona, presuppongono il superamento della “teoria organica” e della “teoria atomistica” quali modelli teorici di ricostruzione della nozione di capacità e di soggettività.

106 G. BALLARANI, La Cassazione riconosce la soggettività giuridica del concepito: indagine sui

precedenti dottrinali per una lettura <<integrata>> dell'art. 1 c.c., nota a Cass. Civ., 11 maggio

2009, n. 10741, op.ult.cit., p. 1196; per completezza si richiama anche G. OPPO, Ancora

su persona umana e diritto, in Riv. dir. civ., 2007, I, p. 259 ss., ove si legge “l'embrione non è

una persona […], questo nulla toglie alla dignità di una realtà nella quale vi è già tutto l'uomo futuro”.

107 F. SCARDULLA, Voce Nascita (dir.civ.), in Enc.dir., XXVII, Milano, 1977, p. 520 ss.

108 V. IVONE, Vulnerabilità del corpo e diritto al consenso, op. cit., p. 134.

109 Cass. Civ., 11 maggio 2009, n. 10741, in Nuova giur. civ. comm., 2009, I, p. 1258 ss., ove il concepito viene riconosciuto dotato di un'autonoma soggettività giuridica in quanto “titolare, sul piano esistenziale, di alcuni interessi personali in via diretta, quali il diritto alla vita, e quelli alla salute o integrità psico-fisica, all'onore o alla reputazione, all'identità personale”.

Si pone, quindi, all'attenzione del giurista, la necessità di operare una “qualificazione giuridica” della vita nascente, ossia la sussunzione della vita prenatale sotto comuni elementi idonei a equipararla al concetto di “persona” quale “centro di imputazione di diritti e rapporti”110 .

Posto di fronte a tale questione, il lessico della soggettività si scopre contraddistinto da una grave forma di indeterminatezza, generata dall'inadeguatezza delle risorse concettuali di cui il giurista dispone per accostarsi ai problemi biogiuridici. Tale inadeguatezza permea tutte le fattispecie di inizio vita: dalla fecondazione in vitro alla clonazione umana; dalla ricerca scientifica sugli embrioni e sul tessuto embrionale alla diagnosi prenatale; dall'aborto terapeutico ai casi di vita non desiderata (wrongful life)111.

Per accostarsi a tali problematiche, occorre chiarire quale funzione svolge l'atto di qualificazione della vita prenatale, che tipi di qualificazione sono adottati dal legislatore e dalla giurisprudenza, e quali sono le loro conseguenze normative.

Dal punto di vista della teoria generale del diritto, per godere di tutela giuridica, la vita umana deve assurgere a categoria riconosciuta dal diritto.

Il concetto di soggettività costituisce - tradizionalmente - lo strumento attraverso il quale tale qualificazione viene operata conducendo all'individuazione dei termini “essere umano”, “individuo” e “persona” quali sinonimi di “centro di imputazione di diritti e rapporti”.

110 D. CANALE, La qualificazione giuridica della vita umana prenatale, in Trattato di Biodiritto, S. Rodotà e P. Zatti (diretto da), Tomo II, op. cit., p. 1256 ss.

Molteplici ed a volte contraddittorie, appaiono, però, le ragioni sottese a tale qualificazione giuridica, tali da consentirci una classificazione in due categorie generali riconducibili, rispettivamente, ad una concezione essenzialista del vivente, contrapposta ad una concezione nominalista della vita prenatale.

In base alla concezione essenzialista, l'accertamento di un insieme di proprietà naturali in capo al vivente costituirebbe una fonte immediata di diritti ed obblighi giuridici; laddove, per la concezione nominalista, la qualificazione giuridica deriverebbe da un atto ascrittivo di diritti e rapporti. Tale diversa impostazione metodologica attiene, però, unicamente alle ragioni morali e/o scientifiche che concorrono a giustificare la qualificazione giuridica della vita umana e non vanno confuse con l'atto di qualificazione, il quale ha natura meramente nominalistica e vincola i consociati in modo diverso rispetto alle ragioni sottostanti.

Con ciò non si intende escludere che il diritto possa subire influenze morali, scientifiche o religiose, ma solo evidenziare che gli innumerevoli rapporti che il diritto intrattiene con la morale, influenzano la giustificazione delle norme giuridiche ma non la loro esistenza e validità.

Come detto in precedenza, il lessico giuridico ricorre alla formulazione di termini quali “essere umano”, “individuo”, “persona” e “soggetto di diritto”, per qualificare la vita umana prenatale. Tali espressioni, però, non vanno ritenute puramente e semplicemente sinonimi di uno stesso concetto, dovendo, all'opposto, ravvisarsi la presenza di caratteri contenutistici differenti.

Per comprendere appieno il connotato giuridico di tale differenziazione, è opportuno richiamare alla mente la distinzione operata nella filosofia morale fra i termini “sottili”112 (thin) ed i termini “spessi”113 (thick) utilizzati con

riferimento al contenuto descrittivo dei concetti normativi.

Tale distinzione, infatti, ricondotta nel linguaggio giuridico, consente di distinguere il contenuto prescrittivo dei concetti normativi, consentendone la distinzione fra mera idoneità e vera e propria titolarità di diritti ed obblighi. Esempio concreto di tale divergenza prescrittiva va rinvenuto nella contrapposizione dei termini “essere umano” ed “individuo”, da una parte, e “persona” e “soggetto di diritto”, dall'altra.

Discorrendo di vita prenatale, infatti, il ricorso ai termini “essere umano” o “individuo” operato dai giuristi, presuppone l'implicita attribuzione alla suddetta figura, di una mera attitudine ad essere partecipe di una relazione disciplinata dal diritto, implicante un generico dovere dell'ordinamento di garantirne tutela senza determinarne forma ed intensità.

Una siffatta qualificazione giuridica, però, proprio perchè operata attraverso l'uso di predicati “sottili”, fornisce una tutela incompleta, dovendo sottoporsi ad un'ulteriore qualificazione legislativa o giurisdizionale, il contenuto e l'intensità di tale eventuale tutela.

112 Un termine “sottile” esprime un concetto normativo, utilizzato cioè per guidare l'agire individuale, il cui contenuto descrittivo è assai ridotto e dunque compatibile con un'ampia gamma di comportamenti regolati.

113 Un termine “spesso” esprime invece un concetto normativo che possiede un

Il ricorso, invece, all'uso di termini “persona” o “soggetto di diritto”, all'opposto, consente il riconoscimento alla vita prenatale, di diritti e doveri garantiti dall'ordinamento nel suo complesso, con la conseguenza che la semplice qualificazione giuridica, implica l'ascrizione di diritti soggettivi.

Ne discende che, il ricorso all'uso di predicati “spessi” nella qualificazione della vita nascente, rende meno flessibili le relazioni soggettive nelle quali la vita individuale si trova coinvolta prima della nascita, ingenerando maggiori vincoli per i soggetti che sono partecipi di tali relazioni. Da ciò scaturiscono inevitabili condizionamenti nei rapporti fra le fonti del biodiritto.

Per comprenderne le conseguenze giuridiche occorre, innanzitutto, distinguere fra fonti vincolanti e fonti non vincolanti (soft law).

Appartengono alla prima categoria le disposizioni giuridiche in senso stretto, connotate, fra loro, da un vincolo di subordinazione gerarchica implicante un riconoscimento apicale alle fonti costituzionali e sovra-nazionali ed un rango inferiore alle fonti legali e regolamentari.

Le fonti non vincolanti sono, invece, costituite da disposizioni deontologiche, regole programmatiche, finali e tecniche che non attengono all'ordinamento giuridico ma, comunque, condizionano la produzione e l'interpretazione delle disposizioni giuridiche.

Nell'ambito delle fonti vincolanti, l'uso di qualificazioni “sottili” o “spesse”, ingenera conseguenze nell'ambito dei rapporti gerarchici fra fonti di rango differente.

Ed infatti, laddove le fonti di rango sovra-nazionale o costituzionale facessero ricorso a predicati “sottili” nella qualificazione del valore della vita prenatale, il legislatore ordinario avrebbe la possibilità di utilizzare predicati “spessi” per configurare lo statuto giuridico della vita nascente, senza incorrere in antinomie con le fonti superiori, attesa la flessibilità ed indeterminatezza semantica offerta dalle espressioni adoperate dalle fonti superiori.

Nell'ipotesi opposta in cui, invece, le fonti di rango superiore ricorressero a qualificazioni “spesse” nella determinazione della vita prenatale, alle fonti di grado inferiore residuerebbe il compito di specificare i contenuti della tutela nei limiti imposti dalle fonti superiori. E così, ove l'embrione venisse qualificato, a livello costituzionale, quale “persona”, e tale termine fosse utilizzato con l'accezione qualificativa “spessa”114, il legislatore ordinario

si vedrebbe circoscritto il proprio margine di operatività, dovendo attenersi alle norme e disposizioni immanenti nell'ordinamento che si richiamano al concetto di persona.

Non altrettanto divergente risulterebbe, invece, il margine di discrezionalità riconosciuto al Giudice in sede di interpretazione ed applicazione della norma nelle due ipotesi prospettate in precedenza atteso che, sia di fronte a qualificazioni “sottili” che “spesse” il Giudice conserva un

114 E' il caso dell'ordinamento irlandese, la cui costituzione recita all'art. 40.3.3 “The State

acknowledges the right to life of the unborn and, with due regard to the equal right to life of the mother, guarantees in its laws to respect […] thet right”. In questo contesto l'ascrizione al non-nato del

diritto alla vita rende possibile, sotto il profilo concettuale, la qualificazione dell'embrione come persona fin dal concepimento già a livello costituzionale. La Supreme Court irlandese ha tuttavia fino ad oggi negato all'embrione la qualifica di “unborn child” e, dunque, di persona. Cfr. Roche v. Roche & ors., in IESC, 2009, p. 82.

rilevante margine di autonomia interpretativa nella soluzione della fattispecie concreta, ricorrendo - nel primo caso - all'uso del criterio di interpretazione sistematica o teleologico-oggettiva basata sul ricorso ai principi inespressi dell'ordinamento e - di fronte ad espressioni a contenuto "spesso" - operando attraverso il procedimento analogico o di interpretazione estensiva per colmare lacune e risolvere antinomie.

Discorso differente va affrontato per quanto concerne i rapporti fra fonti vincolanti e fonti di soft law in presenza di qualificazioni "sottili" o "spesse".

Nel primo caso, le fonti non vincolanti, infatti, vengono usate dal legislatore quale strumento attuativo di scelte politiche costituzionalmente orientate, e dal Giudice quale criterio di bilanciamento dei principi costituzionali coinvolti115, mentre, rispetto a qualificazioni "spesse" le fonti di

soft law perdono rilevanza de facto, venendo impiegate in via residuale solo per la ricostruzione della ratio legis e della ratio iuris della norma.

Individuati gli aspetti problematici della qualificazione giuridica dell'embrione e l'incidenza del lessico giuridico sulla formulazione e, quindi, sull'interpretazione ed attuazione delle norme, procediamo alla verifica di

115 La Prima Sezione della Cassazione Civile ha sostenuto, sulla base di quanto argomentato

in ordine alla funzione rivestita dalle fonti non vincolanti rispetto a predicati “sottili” adoperati da fonti di rango superiore, che sebbene la Convenzione di Oviedo sui diritti dell'uomo e la biomedicina non sia stata ancora ratificata dallo Stato Italiano, “da ciò non consegue che sia priva di alcun effetto nel nostro ordinamento”. A tale Convenzione che conserva il rango di fonte di soft law, può essere attribuita “una funzione ausiliaria sul piano interpretativo: esso dovrà cedere di fronte a norme interne contrarie, ma può e deve essere utilizzato nell'interpretazione di norme interne al fine di dare a queste una lettura il più possibile ad essa conforme”. Cass. Civ., Sez. I, 16.10.2007, n. 21748, par. 7.2 (Sentenza Englaro).

quanto teorizzato attraverso il riscontro dei termini “essere umano”, “persona” e “non-persona” ricorrenti nelle fonti nazionali ed internazionali.

L'espressione “essere umano” è una qualificazione a contenuto “sottile” tipica della legislazione sovranazionale. Con essa si suole indicare qualsiasi individuo appartenente alla specie umana, e quindi centro di imputazione di diritti soggettivi in genere.

Relativamente alla nostra indagine, l'utilizzo del termine “essere umano” come identificativo della figura dell'embrione, consente una qualificazione indeterminata ed incompleta che, per produrre effetti, deve essere accompagnata da un'ulteriore qualificazione che ne specifichi i contenuti. Tale qualificazione trova sostegno nei valori fondamentali dell'ordinamento, tra i quali primeggia il valore giuridico della dignità116.

Tale valore ha trovato ampio riconoscimento sia nelle fonti di rango costituzionale che in quelle sovra-nazionali ed internazionali.

Riscontriamo, infatti, il richiamo al valore della dignità umana, sia nel Preambolo della Carta delle Nazioni Unite del 26.06.1945117, sia nella

Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo firmata a Parigi il 10.12.1948118, 116 D. CANALE, La qualificazione giuridica della vita prenatale, op. cit., p.1276; P. BECCHI, Il

principio dignità umana, Brescia, 2009, p. 98 ss.; A. CASSESE, I diritti umani oggi, Bari, 2010,

pp. 54 e 55, ove richiama l'espressione kantiana “L'umanità è in se stessa una dignità”, tratto da I. KANT, Metafisica dei costumi. Elementi dell'etica, parte II, cap. I, parg. 38, Merker, Bari, 1970 (a cura di), pp. 333 e 334.

117 Nel secondo capoverso si legge che i popoli delle Nazioni Unite si impegnano “a

riaffermare la fede nei diritti fondamentali dell'uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nell'eguaglianza dei diritti [...]”.

118Sia nel Preambolo che nell'art. 1, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite promuove il rispetto della dignità umana affermando testualmente “Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti imembri della famiglia umana […]

così come nella generalità dei trattati internazionali119 e dei testi

Costituzionali120 .

Ebbene, tale valore, per sua natura, indefinibile in maniera assoluta, può essere valutato secondo tre accezioni differenti, frutto dell'elaborazione giuridica moderna.

Sotto il profilo morale, infatti, la dignità assurge a parametro di valori spirituali e trascendenti dell'uomo; dal punto di vista giuridico, il valore di dignità viene associato al primato delle libertà individuali, ed infine, secondo

costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo” [...] “Tutti gli essere umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritti”.

119 Trattato di Lisbona del 1.12.2009, Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea del 14.12.2007.

120 L'art. 1 della Legge fondamentale della Repubblica Federale Tedesca recita “La dignità dell'uomo è intangibile. Rispettarla e proteggerla è obbligo di tutto il potere statale”. Riguardo la garanzia costituzionale tedesca della dignità umana (Menschenwürde), utilizzando una formula kantiana, Günther Dürig sostiene che la Legge Fondamentale (Grundgesetz) vieta di “degradare l’uomo concreto a oggetto, semplice strumento, entità fungibile”, di trattarlo cioè come una res o un animale. La dignità è una qualità di soggetto insopprimibile, inalienabile ed irrinunciabile, ma può essere violata nella sua pretesa di rispetto (Achtungsanspruch) e di protezione (Schutzanspruch), pretesa che peraltro ha giustificato anche la configurazione di appositi reati. Sul punto cfr. G. DÜRIG, Der

Grundrechtssatz von der Menschenwürde, in Archiv des öffentlichen Rechts, 1956, 81, 117ss. Più

diffusamente cfr. M.T. MAUNZ, G. DÜRIG, R. HERZOG, R. SCHOLZ, Art. 1, in Grundgesetz.

Kommentar, München, 2003. L'art. 1 della Costituzione della Repubblica portoghese

proclama: “Il Portogallo è una Repubblica sovrana, fondata sulla dignità della persona umana e sulla volontà popolare ed è impegnata nella costruzione di una società libera, giusta e solidale”. Il testo della Costituzione portoghese è consultabile, in lingua portoghese, sul sito web http://didattica.spbo.unibo.it/pais/ceccanti/dispense/constpt2005.pdf.. La Costituzione spagnola sancisce tale principio nell’art. 10. Il testo della Costituzione spagnola è consultabile, in lingua italiana, sul sito web

un'accezione di ispirazione illuministica, l'idea di dignità rinvia al concetto di autodeterminazione121.

Negli ordinamenti contemporanei, queste tre accezioni di cui può connotarsi il valore della dignità umana rispetto alla figura della vita prenatale, possono coesistere e/o modularsi in maniera difforme, influenzando e giustificando forme diverse di tutela.

In materia di sperimentazione sugli embrioni umani, ad esempio, la legislazione italiana122 e quella tedesca123, aderendo ad una visione trascendente

della natura umana, limitano la libertà di ricerca in questo campo, operando una scelta di preminenza dei valori esistenziali, morali e spirituali dell'“essere umano” laddove, il legislatore del Regno Unito124 e della Spagna125, aderendo

ad un approccio illuminista della materia, disconosce all'embrione il potere di autodeterminazione ed autocoscienza, giungendo a scelte differenti.

E' evidente che laddove le diverse accezioni specificate del concetto di “essere umano” riescano a coesistere, potremmo assistere ad una pluralità di scelte normative orientate secondo la qualificazione attribuita al valore della dignità; ove, all'opposto, si desse preminenza ad una sola di tali componenti

121 F. D. BUSNELLI, Verso una giurisprudenza che si fa dottrina. Considerazioni in margine al

revirement della Cassazione sul danno da c.d. “nascita malformata”, op. cit., p. 1519.

122 Art. 13 L. 19 febbraio 204 n. 40 in http://www.camera.it/parlam/leggi/04040L.htm.

123Embryonenschutzgesetz del 13 dicembre 1990,§ 2 in http://www.gesetze-im- internet.de/bundesrecht/eschg/gesamt.pdf.

124 Human Fertilization and Embriology Act 1990, Allegato 2, Paragrafo 3 e nel regolamento

attuativo Human Fertilisation and Embryology (Research Purposes) Regulations

2001.

125 L. 14 del 2006, artt. 14-16, in http://www.camera.it/cartellecomuni/leg16/files/pdf/LS2006_3.

semantiche, si assisterebbe ad una inversione di tendenza imponendo scelte legislative giustificative del valore giuridico imposto.

Discorso diverso va effettuato relativamente all'uso del termine “persona” e del suo opposto “non-persona” che, come anticipato, assumono negli ordinamenti contemporanei una qualificazione “spessa”.

Nel linguaggio tecnico-giuridico il termine “persona” ha una valenza più ristretta rispetto a quella attribuita alla qualifica di “essere umano”, costituendo “un centro di interessi giuridici che riceve dal diritto una protezione unitaria ed organica”126.

A differenza di quanto argomentato relativamente alle forme ed all'intensità di tutela prevista per le qualificazioni “sottili”, l'uso del termine “persona” nella sua accezione “spessa”, realizza una qualificazione più rigida, imponendo uniformità di tutele ai soggetti che ne sono destinatari.

Lungi dal ripercorrere l'evoluzione delle tutele apprestate alla “persona” in funzione della sua qualificazione, ora come homo127, ora nelle varie

manifestazioni di status personali128, fino al concetto di “soggetto unico di

diritto” capace di assumere in astratto qualsiasi ruolo sociale129, oggi assistiamo 126 P. ZATTI, Maschere del diritto volti della vita, Milano, 2009, p. 10; Id., Persona giuridica e

soggettività. Per una definizione del concetto di persona nel rapporto con la titolarità delle situazioni soggettive, Padova, 1975.

127Homo inteso come l’uomo-individuo, espressione meramente biologica. Cfr. Institutiones

di Gaio, che, nel II sec. d. C., parlava di personae anche riguardo agli schiavi: Gai 1.9: et

quidem summa divisio... personarum haec est, quod omnes homines aut liberi sunt aut servi. Dal brano

si suole dedurre un significato generico di persona, senza implicazioni giuridiche.

128 U. AGNATI, Persona iuris vocabulum. Per una interpretazione giuridica di <<persona>> nelle

ad un ampliamento di tali tutele130 che, proprio grazie alla qualificazione

“spessa”, ne garantiscono un sistema egualitario131. Come detto, tale

qualificazione determina un irrigidimento delle forme di tutela riducendo il margine di indeterminatezza ed incertezza connesso alla ricostruzione giuridica della vita prenatale, incorrendo, però, nel rischio opposto di non riuscere a proteggere interessi non riconducibili nell'alveo del concetto di “persona”.

Proprio per far fronte a tale problematica si fece strada in dottrina e giurisprudenza la tesi che qualificava la vita prenatale in termini negativi come