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Come abbiamo visto, il successo biologico di una popolazione dipende da un insieme di condizioni che influenzano il suo accrescimento reale.

La resistenza ambientale si può considerare la somma dei fattori limitanti dell'ambiente che impediscono la completa realizzazione del potenziale biotico.

Si distinguono fattori limitanti ambientali fisico-chimici (tipi si suolo, temperatura, luce, piovosità, inquinamento, ecc.) e fattori biologici (competizione, predazione, malattie, ecc.).

In tutti gli ecosistemi, ogni popolazione evolve tendenzialmente verso l'autoregolazione attraverso la selezione naturale ed i meccanismi di adattamento.

Più in particolare, si distinguono popolazioni che tendono ad autolimitarsi in quanto il loro tasso di accrescimento diminuisce con il crescere della loro densità ed altre invece in cui non esiste alcun rapporto tra questi due fattori.

Passiamo adesso in esame alcuni tra i principali fattori limitanti di un ecosistema naturale: cioè non alterato dall' uomo.

La competizione interspecifica (tra specie diverse), come si è detto, si verifica ogni qualvolta vi è una concorrenza per qualcosa che non è disponibile in quantità sufficiente tra due o più specie affini che occupano una stessa nicchia. Se la competizione è forte, può accadere che una delle due specie sia eliminata o respinta in un'altra nicchia o in un altro luogo; molto raramente accade che le due specie riescano a raggiungere una sorta di equilibrio

27 convivendo ad una densità (K) ridotta. In genere la specie più plastica (dominante) occupa l'interna nicchia ecologica costringendo la rivale ad allontanarsi o ad estinguersi. Questo è quanto si verifica anche tra le popolazioni di Capriolo e Cinghiale, che pur non avendo una identica nicchia ecologica, entrano in competizione alimentare durante l'inverno per procurarsi ghiande, castagne, ecc. Immancabilmente si ha l'affermarsi del Cinghiale e la rarefazione del Capriolo.

La competizione intraspecifica (tra individui della stessa popolazione) risulta, in genere, provocata dalla concorrenza sia per lo spazio (territorialità) durante il periodo riproduttivo, sia per quanto riguarda il fabbisogno alimentare (territorio di caccia). È quindi un fattore di regolazione che contribuisce ad evitare il sovraffollamento e, allo stesso tempo, densità troppo basse dannose all'economia della popolazione stessa.

Anche la predazione svolge un ruolo molto importante e può avere notevoli ripercussioni sulle dimensioni delle popolazioni. In teoria si possono verificare 3 tipi di situazioni fondamentali.

Nel primo caso il predatore si trova in rapporto diretto con la preda: cioè vi è un solo tipo di predatore che si rivolge ad una sola specie predata. Si può avere una forte limitazione numerica della preda e del predatore, con notevoli oscillazioni; in alcuni casi si arriva sino all'estinzione di ambedue le popolazioni.

Nella seconda ipotesi più predatori, presenti sullo stesso territorio, non risultano strettamente legati ad una determinata specie, ma possono scegliere fra molte prede. In questo caso la predazione agisce come fattore regolatore per la densità delle prede e viceversa.

Infine, il predatore si trova svincolato dal rapporto con la preda, disponendo di fonti alimentari succedanee (rifiuti, animali domestici, ecc.). Non svolge quindi alcuna azione limitante o regolatrice e pertanto la popolazione predata può anche scomparire se aumenta moltissimo il numero di predatori.

In genere il primo tipo di rapporto preda-predatore si verifica in ecosistemi degradati dove la fauna è stata notevolmente impoverita, mentre il secondo risulta tipico di ambienti in fase climax o comunque assai stabili.

Purtroppo, il caso più frequente, nei nostri ecosistemi terrestri, viene fornito dalla terza ipotesi: cioè quando il predatore, od i predatori, si trovano svincolati da ogni rapporto con le loro prede. In questo caso la diminuzione delle prede non comporta la corrispondente diminuzione dei predatori perché questi possono rivolgersi ad altre fonti alimentari come topi, spazzature, cascami di macelleria, animali domestici ecc. che consentono loro di sopravvivere anche se le popolazioni predate si estinguono. È la situazione tipica degli ambienti sub-urbani o delle campagne con numerosi insediamenti colonici od anche residenziali.

Riassumendo, le leggi principali che regolano la predazione possono essere così schematizzate: la predazione dipende dal grado di vulnerabilità della preda, dalla densità della preda e del predatore nonché dal flusso di energia che dalla prima passa al secondo.

Il predatore pertanto rimane limitato non solo dal numero di prede, ma anche dall'energia che deve impiegare per catturarle in rapporto all'energia alimentare che ne può trarre.

Più le prede diminuiscono e maggiore è il tempo che il predatore deve spendere per la caccia; di conseguenza subirà un notevole dispendio energetico che ne rallenterà la riproduzione rendendo inoltre più difficoltoso l'allevamento della prole. Non a caso i cuccioli dei Carnivori raggiungono l'emancipazione dopo un notevole periodo di tempo: tempo durante il quale possono morire di fame se le prede scarseggiano.

In secondo luogo, gli effetti limitanti della predazione tendono ad essere ridotti, mentre aumentano quelli di regolazione, quando preda e predatore hanno avuto una comune storia evolutiva in un sistema ecologico relativamente stabile. Quindi tale equilibrio dinamico è più facile che venga raggiunto tra specie autoctone che non

28 in caso di immissione di soggetti provenienti da altri ecosistemi o regioni; ad esempio, i ripopolamenti a scopo venatorio o la reintroduzione di predatori in ambienti dove questi si sono estinti.

La selezione naturale tende in genere ad instaurare rapporti di autoregolazione reciproca, se non vi sono interventi esterni che possono distruggere tali meccanismi.

Infine, è da ricordare come la predazione svolga un ruolo fondamentale nella selezione delle popolazioni predate eliminando gli individui menomati, deboli, malati, anziani, o malformati evitando così la trasmissione di caratteristiche negative alla popolazione stessa.

I problemi nascono nel momento in cui l'uomo rimuove i meccanismi di autoregolazione, come si è verificato nella quasi totalità degli ecosistemi italiani dove non esiste più una valida azione dei predatori. Né è praticamente possibile pensare alla loro reintroduzione a causa della grande antropizzazione degli habitat.

Nella situazione attuale, i reali fattori limitanti sono purtroppo:

1) la distruzione degli habitat;

2) la carenza di fonti alimentari e, in definitiva, una minore percentuale di nascite;

3) l'inquinamento genetico delle popolazioni;

4) l'eccessivo accrescimento numerico delle specie più adattabili come Cinghiale, Volpe e Cornacchia grigia, ecc.;

5) l'errata gestione delle risorse naturali e quindi anche della selvaggina.

L'effetto di questi fattori causa generalmente, invece di una regolazione, una diminuzione della vitalità delle popolazioni selvatiche con conseguente flessione della natalità, diffusione di epidemie, impoverimento generale dell'ecosistema.

Per porre rimedio a tale eccesso di resistenza ambientale, che potremo definire patologico, occorre introdurre un meccanismo di regolazione artificiale che sostituisca quello naturale, dove logicamente quest'ultimo è stato alterato. In sostanza occorre programmare la gestione delle popolazioni animali selvatiche attraverso piani di risanamento ambientale che tengano presenti tutte le diverse attività del settore primario.

Rimuovere la resistenza ambientale eccessiva significa eliminare gradualmente tutti quei fattori, spesso collegati alla presenza dell'uomo, che limitano il potenziale biotico di una specie o di una popolazione in modo che questa possa raggiungere la densità ottimale (K) prevista dall'ecosistema stesso una volta ripristinato.

Si tratta quindi di individuare i motivi per cui le popolazioni animali selvatiche hanno subito una diminuzione degli effettivi, tramite accurate indagini di campagna, e nel correggere tali fattori negativi.

In altre parole, tutte le operazioni di ripopolamento e di ricostituzione del patrimonio faunistico dovranno essere precedute da azioni volte a ridurre gli eccessi della resistenza ambientale, altrimenti saranno destinate ad un probabile insuccesso.

Ogni caso andrà esaminato singolarmente, in relazione agli obiettivi che si vogliono raggiungere ed alle condizioni ambientali in cui si opera. È necessario quindi che per ogni territorio venga studiato un piano di gestione sulla base di una valutazione oggettiva delle sue potenzialità.

29 Si possono comunque riassumere alcuni tra i principali interventi attuabili per diminuire la resistenza ambientale, per conservare gli habitat e per salvaguardare la vita selvatica.