CONCLUSIONE
Sommario: 1.- Considerazioni conclusive
1. – Considerazioni conclusive – Lo sport, come si evince dal presente elaborato, è stato oggetto di un’importante evoluzione che, figlia di una modernizzazione, talvolta caotica, dei costumi della società, ha portato tale fenomeno a dismettere i panni di attività essenzialmente ludica per vestire quelli di una vera e propria “macchina da soldi”.
Per questo motivo, considerato l’alto rischio di danni derivante dall’esercizio della pratica sportiva a causa delle modalità di svolgimento e soprattutto della trance agonistica, dottrina e giurisprudenza hanno iniziato ad interrogarsi, ormai da tempo, sulla categoria della responsabilità civile sportiva e in particolar modo sull’autonomia di tale espressione rispetto al concetto di responsabilità civile tout court prevista dalla clausola generale dell’articolo 2043 cod. civ.
Sembrerebbe a tal proposito doversi condividere la visione di coloro che propendono per l’autonomia della categoria della responsabilità
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sportiva, giacché non si può pensare di applicare metodicamente, ad ogni ipotesi di danno sportivo, il regime di responsabilità di cui sopra. È infatti innegabile che chi partecipa ad eventi sportivi accetta i rischi di possibili lesioni fisiche ad essi connessi e poi, se così non fosse (ovvero non si propendesse appunto per un’autonomia concettuale di tale forma di responsabilità) non si potrebbe spiegare l’intento dell’ordinamento di voler incoraggiare e, ad un tempo, reprimere l’attività sportiva, sottomettendone i praticanti ad un rigido sistema risarcitorio, tale da rendere quasi impossibile l’espletamento della carica agonistica.
Si deve, dunque, ritenere, in virtù dei singolari principi che connotano il mondo sportivo e degli orientamenti giurisprudenziali recenti (a favore di un trattamento di minor rigore per i casi di responsabilità civile in ambito sportivo), che le lesioni risarcibili in tale ambito debbano essere soltanto quelle rappresentate da condotte imprevedibili dell’atleta che, come tali, si pongono al di fuori di qualsivoglia collegamento funzionale con le regole del gioco, che individuerebbero il rischio tipico che il partecipante alla competizione accetta di poter correre.
L’accettazione delle regole e in sostanza del rischio da parte degli atleti rappresenterebbe una sorta di scriminante sportiva, un tacito consenso che sposta inevitabilmente i confini della responsabilità ordinaria, rendendo risarcibili soltanto i danni che esorbitino dalla c.d. soglia del rischio.
È poi oggettivamente difficile inquadrare entro i confini di un unico modello di imputazione della responsabilità i danni occorsi in ambito sportivo, dato che ve ne sono molteplici a seconda del tipo di sport e dei soggetti coinvolti nell’evento dannoso tra cui spiccano i gestori di impianti e gli organizzatori di eventi.
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