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Fenomeno sportivo e responsabilità

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZA

Corso di laurea magistrale in Giurisprudenza

Tesi di laurea

FENOMENO SPORTIVO E

RESPONSABILITA’

Relatore: Prof.ssa Pellecchia Enza Correlatore: Dott. Pardini Stefano

Candidata: Devoli Gea

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“alla mia famiglia”

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INDICE

Introduzione...4

Capitolo primo...6 FENOMENO SPORTIVO E ORDINAMENTO

1. Definizione del concetto di “sport”...6 2. La dimensione individuale del fenomeno sportivo: il “diritto allo sport”...10 2.1.Evoluzione del concetto di diritto allo sport negli atti

internazionali...13 3. Fenomeno sportivo e Unione Europea...17 4. La dimensione istituzionale del fenomeno sportivo e suoi rapporti con l’ordinamento giuridico statale...26 4.1. Il mutamento dei rapporti tra ordinamento sportivo e ordinamento giuridico interno: dalla reciproca indifferenza alla legge n. 280 del 2003, passando per il ‘Caso Catania’...30 4.1.1. Le implicazioni del decreto “salva-calcio” e la legge di

conversione n. 280/2003...52

Capitolo secondo...65 LA RESPONSABILITA’ CIVILE SPORTIVA

1. La responsabilità civile in generale: i principi-guida del codice civile………65 2. La responsabilità civile sportiva...74 3. Premessa. Fondamento della liceità dell’attività sportiva: la c.d. scriminante sportiva………79 3.1. Ambito di operatività della scriminante sportiva...83 4. Fondamento e criteri di valutazione della colpa sportiva: quando la condotta illecita dell’atleta sconfina nell’illecito civile...87 4.1. Responsabilità dell’atleta: violazione delle regole tecniche e rischio sportivo...89 5. La responsabilità dell’atleta in alcuni contesti sportivi. La soglia del rischio nello sport del calcio e del pugilato...102 5.1. Il pugilato...110

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Capitolo terzo………113 LA RESPONSABILITA’ DEL GESTORE DI IMPIANTI

SPORTIVI

1. Altre figure significative in ambito sportivo...113 2. La responsabilità civile del gestore sportivo...120 2.1. L’operatività del regime di responsabilità oggettiva ex art. 2050 nei diversi contesti di gestione sportiva...125 3. Il gestore di impianti natatori...140

Capitolo quarto...148 CONCLUSIONE

1. Considerazioni conclusive...148

BIBLIOGRAFIA...150 GIURISPRUDENZA...158

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INTRODUZIONE

Accostare oggigiorno lo sport al concetto di responsabilità può sembrare una sorta di controsenso, in quanto l’attività sportiva rientra, da tempi ormai remoti, tra quelle attività ricreative cui l’uomo si dedica per il mantenimento del proprio benessere psicofisico.

In realtà se ci focalizziamo sulla realtà dei fatti, che contempla la possibilità di subire lesioni a seguito dello svolgimento della pratica sportiva, vediamo come anche questo ambito della vita quotidiana non possa non configurarsi rilevante sotto il profilo civilistico, e quindi sotto l’aspetto della responsabilità extracontrattuale.

Normalmente si intende far riferimento alla c.d. responsabilità civile sportiva appunto per indicare tutti quei fatti che, posti in essere da coloro che a vario titolo sono coinvolti nell’attività sportiva, comportano pregiudizi ingiusti nei confronti di altri soggetti partecipanti alla competizione o semplicemente spettatori.

Nella disamina del macro tema del fenomeno sportivo, ci soffermeremo preliminarmente sull’evoluzione avutasi sul piano dei rapporti tra ordinamento sportivo e ordinamento statale per poi passare ad esaminare nel dettaglio il profilo della responsabilità civile sportiva – con particolare attenzione alla questione circa la sua riconducibilità alla clausola generale del neminem laedere – soffermandoci sui criteri peculiari di valutazione che caratterizzano il regime di responsabilità di coloro che hanno un ruolo attivo nel

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contesto della competizione, e che si rinvengono nel concetto di “rischio sportivo” e nelle regole tecniche.

Una volta chiarito l’ambito di applicazione della responsabilità sportiva, soprattutto con riferimento alla figura dell’atleta, la riflessione è stata poi spostata su altre figure appartenenti all’ambiente, delle quali è stato puntualmente inquadrato il regime giuridico di responsabilità: si tratta degli organizzatori di manifestazioni sportive e dei gestori di impianti sportivi.

Per quanto riguarda quest’ultimi, si è optato per una trattazione che prendesse spunto dalla casistica giurisprudenziale sia recente che meno recente: in particolare sono state approfondite diverse figure di gestore sportivo, nell’ottica di poter dare una visione d’insieme il più esaustiva possibile.

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Capitolo primo

FENOMENO SPORTIVO E ORDINAMENTO

Sommario: 1. Definizione del concetto di “sport”. - 2. La dimensione individuale del fenomeno sportivo: il “diritto allo sport”. - 2.1. Evoluzione del concetto di diritto allo sport negli atti internazionali. - 3. Fenomeno sportivo e Unione Europea. - 4. La dimensione istituzionale del fenomeno sportivo e suoi rapporti con l’ordinamento giuridico statale. - 4.1. Il mutamento dei rapporti tra ordinamento sportivo e ordinamento giuridico interno: dalla reciproca indifferenza alla legge n. 280 del 2003, passando per il ‘Caso Catania’. - 4.1.1. Le implicazioni del decreto “salva-calcio” e la legge di conversione n. 280/2003.

1. – Definizione del concetto di “sport” – Al fine di poter inquadrare

in modo esaustivo il tema del duplice1 profilo del fenomeno sportivo e

conseguentemente quello della responsabilità civile sportiva, occorre preliminarmente tentare di dare una definizione giuridicamente rilevante del concetto di “sport”, prendendo le mosse dal significato che il termine assume nel linguaggio comune.

Indubbiamente lo sport, ormai espressione di una cultura mondiale sempre più orientata alla pratica sportiva, è divenuto col tempo un fenomeno talmente complesso e rilevante sotto il profilo socio-economico da giustificare, sul piano del diritto, un nuovo approccio di

1 A. Randazzo, Lo sport tra ordinamento nazionale e ordinamento sovranazionale,

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7

studio del tutto improntato alla tutela della persona, «dal momento che

lo sport è innanzitutto un’attività umana»2.

Si ritiene che il termine “sport” provenga, dal punto di vista etimologico, «dall’inglese “disport” o dal corrispettivo francese

“desport”3, con il significato di “portar fuori dal lavoro, dalle

tensioni”»4 e anche, ad avviso di un noto scrittore5 francese di fine ‘800, dal vocabolo latino “deportare” che, tra i suoi vari significati ha anche quello di “uscire fuori porta,fuori le mura” nel senso di uscire per dedicarsi ad attività sportive da svolgersi, appunto, nel tempo libero con l’unico obiettivo dello svago e del divertimento.

Questo aspetto del fenomeno sportivo, riconducibile al divertimento, al passatempo, e più in generale al benessere psico-fisico, lo rintracciamo nella comune definizione di sport quale “insieme delle gare e degli esercizi compiuti individualmente o in gruppo come manifestazione agonistica o per svago o per sviluppare l’agilità del corpo”6.

Quindi, in sostanza, si possono ricomprendere nella nozione di attività sportiva comunemente intesa tutte quelle azioni che, nonostante la reciproca diversità, siano comunque riconducibili, a vario titolo, ad un comune denominatore: quello di attività motoria svolta per occupare il tempo libero, per il piacere che deriva dalla sua pratica, senza alcun intento particolare.

Da una attenta analisi della suddetta comune definizione di pratica sportiva, però, emerge che la medesima può considerarsi anche sotto un profilo nettamente diverso, in quanto si tratta di un’attività che

2M. Cimmino, Sport, tempo libero e diritti della personalità, in Riv., Diritto

Ricerche, Napoli, 2015, p. 1.

3Il termine francese ci rimanda al concetto del Divertimento, a riprova della radice

ludica del fenomeno sportivo.

4A. Maietta, Lineamenti di diritto dello sport, Torino, 2016, p. 2. 5Paul Adam.

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talvolta «impegna sul piano dell’agonismo le capacità psicofisiche»7

perseguendo obiettivi sia dilettantistici (si pensi agli agonisti non professionisti) che professionistici, a seconda dei casi.

Abbiamo dunque compreso come oggi lo sport, a seconda della scelta individuale, si caratterizzi o per la presenza prevalente della dimensione competitiva, configurandosi in tal senso come sport “istituzionalizzato” finalizzato all’agonismo e svolto all’interno di circuiti federali, o per la presenza di altri elementi quali la piacevolezza e lo sviluppo di abilità psicofisiche che lo rendono, al

contrario, intuitivamente qualificabile come “sport per tutti”8 ovvero

come sport che raggruppa tutte le restanti attività svolte al di fuori dei suddetti circuiti.

Appare sorprendente come, ancor oggi, nonostante siano state riconosciute allo sport molteplici funzioni quali quella ludica, agonistica, educativa, socioeconomica e politica, manchi una definizione giuridicamente rilevante di tale fenomeno.

A tal proposito, non si può non prendere atto della lacuna del dettato Costituzionale sul punto: infatti, a differenza di altre costituzioni europee più recenti, la nostra Costituzione menziona lo sport solo

all’art 117, c. 39, in riferimento alla ripartizione delle competenze

legislative tra Stato e Regioni, prevedendo la materia

dell’ordinamento sportivo tra quelle di competenza legislativa (concorrente) regionale, in base al principio di sussidiarietà.

7G. Devoto-G.Oli, Dizionario della lingua italiana, Firenze, 1992. 8Si rimanda a Coccia, Diritto dello sport, Firenze, 2004, cit., p. 3 .

9Così come modificato dalla legge costituzionale n° 3 del 2001, il comma in

questione elenca «le materie di legislazione concorrente, per le quali spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato, tra le quali comprende anche l’ordinamento sportivo e la tutela della salute», si veda sul punto G. Valori, Il diritto nello sport, Torino, 2016.

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In ambito dottrinario, però, sebbene siano varie le scuole di pensiero che hanno tentato, a loro modo, di rintracciare un fondamento seppur indiretto dello sport in alcuni articoli della costituzione (tra i quali ravvisiamo gli artt. 2, 3 c.2, 18, 32 ecc), non si è giunti ad una visione

unitaria in merito, ragion per cui, di norma, si ritiene10 che il

presupposto normativo dello sport risieda simultaneamente in svariate

disposizioni costituzionali: «abbia cioè carattere diffuso»11.

E’ evidente, quindi, come lo sport, influenzando notevolmente molteplici aspetti della vita sociale, si presti ad essere tutelato dalla ampia portata di quei diritti costituzionali che, per ragioni varie, possono ricollegarsi al fenomeno sportivo: si tratta dei cc.dd. diritti fondamentali dei cittadini, tra i quali primeggiano il diritto alla salute, i diritti della personalità, la libertà di associazione.

Se rivolgiamo lo sguardo al panorama sovranazionale, notiamo come

“le Carte e i Documenti sovranazionali”12 esprimano un certo favor

per la promozione dello sport e dell’attività motoria, ponendo si l’accento sulla funzione sociale ed educativa dello stesso ma anche sulla sua funzione di promozione di concetti quali l’inclusione, la partecipazione, il rispetto delle regole e la democrazia.

In particolare, la “Carta europea dello sport”13, redattasi nel 1992,

riporta una definizione di sport decisamente onnicomprensiva, perché concepisce lo stesso come “qualsiasi forma di attività fisica che attraverso una partecipazione organizzata o non abbia per obiettivo l’espressione il miglioramento della condizione fisica e psichica, lo

10In argomento, A. Randazzo, Lo sport tra ordinamento nazionale e ordinamento

sovranazionale, Pisa, 2008, p. 84.

11A. Randazzo, Lo sport tra ordinamento nazionale e ordinamento sovranazionale,

in AA.VV., Sport e ordinamenti giuridici, Pisa, 2008, p. 84.

12Ad esempio il TFUE all’art. 165, Il Libro Bianco sullo sport 2007, La

Dichiarazione del consiglio di Nizza del 2000, Codice europeo di etica sportiva, Il Trattato di Lisbona 2007ecc.

13Redatta in occasione della settima Conferenza dei Ministri europei responsabili

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sviluppo delle relazioni sociali e l’ottenimento di risultati in competizioni a tutti i livelli”.

Pare utile, in questa sede, per affrontare in un momento successivo il tema della responsabilità civile in ambito sportivo, ricorrere ad una classificazione delle varie attività sportive che tenti di delineare delle categorie principali all’interno delle quali poter collocare gli sport di futura nascita14.

Sono state individuate tre categorie15 fondamentali che si basano sul

criterio del contatto fisico: vi sono infatti sport a contatto “necessario” previsto dai relativi regolamenti come la boxe e le arti marziali, sport “senza contatto” come la pallavolo e sport a “contatto eventuale”, in cui il contatto è ammesso ma pur sempre nei limiti del rispetto dei regolamenti emanati dalle Federazioni di riferimento, come nel caso del basket e del calcio.

Esistono però anche altri criteri di classificazione, sulla base dei quali si può operare un distinguo tra sport individuali e di squadra, tra sport agonistici e non agonistici e tra sport professionistici e sport dilettantistici.

2. - La dimensione individuale del fenomeno sportivo: Il diritto allo

sport - Alla luce di quanto affermato, in precedenza, in merito al presupposto giuridico del fenomeno sportivo, risulta senza dubbio pacifico che il “fenomeno sport”, malgrado non sia espressamente disciplinato nella Carta, possa configurarsi come un vero e proprio

14Si rimanda a Benedetti, Sport violento – sport pericoloso: tra libertà di disporre

del proprio corpo e risarcimento del danno, che afferma come “ogni sport è un unicum, con caratteri specifici e definiti, e perciò assai difficilmente apparentabile ad altri. Emerge quindi un quadro complessivo assai frastagliato. Le diverse attività sportive possono essere ricondotte entro una definizione unitaria molto generica”.

15Si veda Frau, La responsabilità sportiva, in Il diritto civile nella giurisprudenza,

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“diritto allo sport”16 e, in quanto tale, considerarsi meritevole di tutela

ai sensi dell’art 2 della suddetta.

La ratio di tale tutela costituzionale si rinviene, inequivocabilmente, nella nuova visione interpretativa, in senso estensivo, (accolta in

dottrina e giurisprudenza)17 della categoria dei Diritti Inviolabili

dell’uomo ex art 2 cost., grazie alla quale è possibile annoverare lo sport e in generale l’attività motoria in questa famiglia giuridica in quanto rientranti tra quelle tipiche attività realizzatrici della personalità.

Pertanto comprendiamo, come tale fenomeno riceva dalla costituzione una forma di legittimazione indiretta che si esplica, da un alto, nel prevedere implicitamente all’art. 2 cost. una sorta di clausola aperta di tutela dei diritti inviolabili della persona, tra i quali contemplarvi il nuovo diritto allo sport, e, dall’altro, nel garantire altri «valori e.. situazioni giuridiche (che sono) con lo sport intimamente

connessi»18(si vedano i vari disposti costituzionali dedicati alle libertà

o ai diritti non menzionati dall’art. 2).

Si può, dunque, affermare che tale clausola generale dei diritti fondamentali sia da ritenersi passibile di integrazione costante da parte del giudice, il quale, nella veste di “mediatore esistenziale” tra la Carta e la legge, è chiamato a operare di fatto “la

costituzionalizzazione”19 di quei diritti che assumono rilevanza nel

caso concreto e quindi, nel caso specifico del diritto in esame, a

16 A. Randazzo, Lo sport tra ordinamento nazionale e ordinamento sovranazionale,

in AA.VV., Sport e ordinamenti giuridici, Pisa, 2008, p.84.

17Si veda A. G. Parisi, Sport e diritti della persona, Torino, 2009, pp. 86-98. 18A. G. Parisi, Sport, diritti e responsabilità: un confronto con l’esperienza francese,

Torino, 2009, p.2.

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compiere «una interpretazione costituzionalmente orientata (anche) alla luce, tra gli altri, degli artt. 32, 2, 18, 3 Cost.»20 .

Degni di nota, in fatto di tutela, sono alcuni statuti regionali che, nel richiamare lo sport in relazione al diritto alla salute e al benessere in generale, ne hanno sancito la rilevanza sociale; è palese come l’intento

di queste Regioni21 sia quello di promuovere e incentivare lo sviluppo

della pratica sportiva e delle attività motorio-educativo ricreative22.

In sostanza, lo sport, in qualità di diritto-strumento volto all’affermazione della personalità umana in forma individuale o associata, entra a far parte, di conseguenza e a pieno titolo, del

“contenuto minimo”23 della personalità e dei diritti della persona.

E’, infatti, ormai chiaro, come l’attività sportiva, considerata nella sua globalità, interessi e influenzi positivamente ambiti di primaria importanza nella vita umana, quali la cultura, l’educazione, l’integrazione, e soprattutto la salute, o meglio, la qualità della vita. Con riferimento a quest’ultimo aspetto, si riscontra un frequente richiamo allo sport in stretta connessione con il benessere psicofisico del soggetto anche in altre fonti normative sovrastatali: la Carta Internazionale per l’Educazione fisica e lo Sport dell’Unesco, infatti, nel preambolo riconosce espressamente “che la preservazione e lo sviluppo delle possibilità fisiche, intellettuali e morali dell’ essere

20M. D’Arienzo, Tutela della salute e diritto allo sport nel sistema delle fonti, in

Riv. Online, Progetto di promozione e diffusione: tutela della salute e attività sportiva non agonistica, www.uniparthenope.it, Napoli, 2014, p. 1.

21Campania(art.9);Emilia-Romagna(art.6);Lazio(art.7);Marche(art.5); Puglia(art.12);

Sicilia(art.17);Umbria(art.13).

22Si veda La Legge quadro regionale sugli interventi per la promozione e lo

sviluppo della pratica sportiva e delle attività motorio-educativo ricreative n. 18 del 25 novembre 2013. A tal proposito l’art 1 di tale legge riconosce la funzione sociale dello sport, della pratica delle attività motorie e sportive, ricreative, educative ed agonistiche, per assicurare il miglioramento delle condizioni psicofisiche dei cittadini nonché il pieno sviluppo della loro personalità.

23 M. Cimmino, L’indisponibilità del diritto all’integrità fisica della persona umana

in ambito sportivo e i limiti al rischio consentito, in Rivista Ius Humani.Revista de Derecho, vol. 5, pp. 69-103, 2016.

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umano migliorino la qualità della vita sul piano nazionale ed internazionale”24, e il Trattato dell’Unione Europea, detto altresì

TUE, a sua volta e ugualmente al TFUE, promuove il miglioramento della qualità della vita all’art 325 .

2.1 - Evoluzione del diritto allo sport negli atti internazionali – Al fine di completare la disamina circa il fenomeno sportivo, inteso come diritto, è opportuno, a questo punto, concentrare la trattazione sul rilievo che assume il diritto in questione in ambito sovranazionale. Prima di tutto, occorre rilevare che, sebbene si parli per la prima volta ed in modo espresso di diritto allo sport nella Carta Internazionale

dello Sport e dell’Educazione fisica dell’Unesco26, nella quale viene

esaltata in particolar modo la funzione educativa e formativa dello sport, le stesse Nazioni Unite «riconoscono che il diritto allo sport trova la sua prima esplicitazione nella Dichiarazione Universale dei

Diritti dell’Uomo»27. Da un attento esame degli articoli28 in

argomento della Dichiarazione, si evince come, alla dimensione dello sport concernente lo svago e il passatempo, cominci ad affiancarsi una nuova concezione in merito che vede lo sport, non solo, come mezzo

24 Si veda il Preambolo della medesima Carta.

25Così come modificato dall’articolo 1 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007

ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130, su G.U. n. 185 del 8-8-2008.

26Agenzia specializzata dell’ONU che si occupa educazione, cultura e scienza. 27A. Stelitano, Diritto allo sport: evoluzione del concetto di diritto allo sport negli

atti internazionali rilevanti, in Sport, Unione Europea e Diritti Umani, di J. Tognon e A. Stelitano, Padova, 2011, p. 209.

28Artt. 24, 25, 26, Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. In particolare

l’art. 26 ci riconduce ad una dimensione di terza generazione del diritto allo sport affermando che l’istruzione “deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana e al rafforzamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l’amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l’opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace”.

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educativo-formativo della personalità e come mezzo di tutela della

salute ma anche, in qualità di diritto di “terza generazione”29, come

strumento di pace, promozione dei diritti umani e veicolo di uguaglianza.

Tutto questo si sposa perfettamente con l’idea di sport del CIO30,che

già cinquant’anni prima, nella Carta Olimpica, parlava di sport e amicizia, sport per favorire l’incontro tra giovani di tutto il mondo, sport senza discriminazioni.

Invero, però, la parola sport non compare esplicitamente nel testo della Dichiarazione e la stessa sorte del riferimento in questione la riscontriamo nel Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali del 1966 che, all’art 7 recita : “Gli stati parti del presente atto riconoscono il diritto di ogni individuo di godere di giuste e favorevoli condizioni di lavoro, le quali garantiscono in particolare..d)il riposo,gli svaghi …”.

Occorrerà attendere il 1978 perché il diritto allo sport per tutti sia esplicitato nella Carta internazionale dell’Unesco: non a caso, l’art 1 ravvisa nella pratica dell’educazione fisica e dello sport “un diritto fondamentale per tutti”.

La Carta, poi, nei seguenti commi e articoli si preoccupa di definire31,

in maniera più precisa, i vari profili del diritto, prendendone in esame,

29Si rimanda a M. Cimmino, L’indisponibilità del diritto all’integrità fisica della

persona umana in ambito sportivo e i limiti al rischio consentito, in Rivista Ius Humani Revista de Derecho, vol. 5, p. 74.

30Abbreviazione di Comitato Internazionale Olimpico.

31In particolare l’art 1.2 “Tutti..debbono avere tutte le possibilità di praticare

l’educazione fisica e lo sport, di migliorare la loro condizione fisica e giungere al livello di prestazione sportiva che corrisponda alle loro doti”, l’art. 1.3 “Condizioni particolari debbono essere offerte ai giovani, compresi i bambini in età prescolare, alle persone anziane e agli handicappati per permettere lo sviluppo integrale della loro personalità grazie a programmi di educazione fisica e di sport adattati ai loro bisogni”, l’art. 2.1 “L’educazione fisica e lo sport costituiscono un elemento essenziale dell’educazione permanente nel sistema globale di educazione … debbono sviluppare le attitudini .. di ogni essere umano e favorire la piena

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non solo, l’aspetto educativo-formativo e quello inerente lo sviluppo psicofisico dell’individuo, entrambi riferiti soprattutto alle giovani generazioni e ai soggetti deboli, ma anche aspetti quali quello relativo alla tutela della salute e quello riguardante la promozione della piena integrazione nella società, nel rispetto delle diversità di ciascuno. Quanto dichiarato dall’Unesco, sicuramente segna uno “spartiacque tra il sottointeso e il dichiarato”, anche se di fatto non vincolante per gli Stati aderenti.

Sempre in ambito NU, altri rilevanti documenti in tema di sport e diritti umani sono la Dichiarazione Internazionale contro l’Apartheid

nello sport (1977)32 e la Convenzione Internazionale contro

l’Apartheid nello sport (1985).

Tali Documenti, fondamentali sotto il profilo del riconoscimento di un diritto allo sport, segnano, di fatto, il passaggio definitivo ad una idea di sport improntata, anche e soprattutto, alla promozione dei diritti umani e del diritto alla pace.

Infatti l’ONU, nell’intento di contrastare lo sconfinamento dell’Apartheid nello sport in Sud Africa, ha voluto sottolineare e tutelare la strumentalità del diritto allo sport attraverso la predisposizione di misure coercitive atte ad assicurare tale diritto: pertanto, anche se manca un riferimento espresso al diritto allo sport, quest’ultimo «diventa un mezzo di pressione e una nuova forma di

integrazione nella società”, infine l’art 2.2 afferma che la pratica sportiva contribuisce “alla preservazione e al miglioramento della salute, ad una sana occupazione del tempo libero … A livello della comunità arricchiscono i rapporti sociali e sviluppano lo spirito di fair-play, che al di là dello sport stesso è indispensabile nella vita sociale”.

32Allegata alla Risoluzione dell’Assemblea generale delle NU 32/105 del 14

dicembre 1977; La Convenzione Internazionale contro l’Apartheid nello Sport, invece, è allegata alla Risoluzione dell’Assemblea generale 40/64 del 10 dicembre 1985.

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embargo per colpire e condannare il Sud Africa»33, resosi

responsabile, a causa della sua politica di segregazione razziale, della violazione del diritto allo sport e dei diritti umani ad esso collegati. Il diritto allo sport, come diritto di tutti, viene ulteriormente ribadito in altri atti significativi: è necessario citare, la Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne del 1979 che invita espressamente gli Stati membri ad adottare misure che assicurino alle donne le stesse opportunità di partecipare, in modo attivo, alle attività sportive, ricreative e culturali nonché all’educazione fisica in generale, e la Convenzione sui diritti del fanciullo che, pur non menzionando direttamente il diritto in questione, ci riporta implicitamente ad un’idea di diritto allo sport per tutti i più giovani34.

Rilevante in merito e più recente è la Convenzione sui diritti dei

disabili (2006), che35 ribadisce il diritto alla pratica sportiva anche per

le persone con disabilità, le quali devono poter prendere parte, nel rispetto del principio di uguaglianza, alle varie iniziative sportive e avere la possibilità di accedere a tutte le fasi di preparazione atletica

che caratterizzano qualunque tipo di attività sportiva.

Una nota36 Risoluzione delle NU del ’93, sempre in tema di sport,

nell’affrontare in modo puntuale il tema dell’Olimpismo, ha messo in risalto la comunanza di obiettivi tra il Sistema della NU e il

33J. Tognon e A. Stelitano, Sport, Unione Europea e Diritti Umani. Il fenomeno

sportivo e le sue funzioni nelle normative comunitarie e internazionali, Padova, 2011, p. 214.

34Sul punto si veda l’art 29 che al comma a) individua tra le finalità degli stati quella

di “favorire lo sviluppo della personalità del fanciullo nonché lo sviluppo delle sue facoltà e delle sue attitudini mentali e fisiche, in tutta la loro potenzialità”, e l’art. 31 che dichiara che “gli Stati parti riconoscono al fanciullo il diritto al riposo e al tempo libero, di dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età e di partecipare liberamente alla vita culturale ed artistica”.

35I n argomento l’art 30, “partecipazione alla vita culturale, alla ricreazione, al tempo

libero e allo sport”, comma 5.

36Risoluzione 48/11 del 1993, “Costruire un mondo migliore e più pacifico

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Movimento Olimpico, che si risolve nell’intento di “costruire un mondo migliore e più pacifico educando la gioventù di tutto il mondo attraverso lo sport, praticato senza discriminazioni di alcun genere”37.

Da quanto evidenziato, questo aspetto del diritto allo sport di essere considerato funzionale alla tutela del diritto alla pace è contemplato anche nella Carta Olimpica che richiama, al punto 6, il medesimo obiettivo finale del Movimento Olimpico, in relazione al diritto allo sport.

In conclusione, possiamo dire di aver appreso come lo sport sia, senza alcun dubbio, uno strumento efficace nell’ambito della promozione dei diritti umani e come, in ragione di ciò, sia da considerarsi collegato a importanti concetti, quali la dignità umana, la non

discriminazione e l’integrità morale38.

3. - Fenomeno sportivo e Unione Europea - Nel corso degli anni, l’attenzione dell’U.E. nei confronti del fenomeno sportivo è cresciuta in modo considerevole, tant’è che se ne rintraccia la causa, non solo nelle trasformazioni che lo hanno interessato e nei progressi compiuti in ambito di integrazione europea, ma anche e in particolar modo, nella naturale attitudine dello sport a «distendersi in svariati campi

materiali, sui quali ha modo di manifestarsi l’interesse»39 o meglio la

politica dell’Unione Europea.

Infatti lo sport, consolidandosi quale “materia trasversale”, ha potuto acquisire sempre più rilievo sotto molteplici profili: in primis sotto il profilo economico, sociale e mediatico.

37NU, Risoluzione del 48/11 del 25.10.93.

38Commissione Etica del CIO, Codice etico, Pechino, 2007.

39A. Randazzo, Lo sport tra ordinamento nazionale e ordinamento sovranazionale,

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Di conseguenza l’iniziativa comunitaria, a fronte della rilevanza ad ampio spettro del fenomeno, ha indirizzato la propria azione su due distinte direttrici con l’obiettivo di attrarre il fenomeno sport nell’ambito dell’ordinamento comunitario: al riguardo è, infatti, noto come, oltre alle istituzioni comunitarie e agli Stati membri, anche la Corte di giustizia dell’Unione Europea sia intervenuta in modo incisivo nel settore sportivo, occupandosi fin dagli anni ’70 della «complessa dinamica dei rapporti tra ordinamento sportivo e diritto

comunitario, (che come vedremo) ha conosciuto varie fasi»40.

Tale problematica, connessa ai rapporti tra sport e ordinamento comunitario, si può comprendere solo se si tiene in considerazione la pratica sportiva come attività che coinvolge, non soltanto interessi economici, ma anche ambiti e diritti di primaria importanza, di cui peraltro abbiamo già ampiamente parlato, quali la salute, l’educazione, l’integrazione ecc; pertanto lo sport, considerato nella sua globalità, non può ritenersi, da un lato, totalmente esente dall’applicabilità della normativa comunitaria, data la sua dimensione

economica, e dall’altro considerarsi solo una semplice41 attività

economica assoggettabile in modo incondizionato alle norme sulla concorrenza.

È in questo contesto, dunque, che si inseriscono i vari tentativi da parte degli organi UE di enucleare dei principi cardine che permettano una risistemazione dell’intricata materia relativa ai rapporti tra i due ordinamenti.

Tornando alle fasi che hanno contraddistinto l’iter di riconoscimento dello sport a livello comunitario, non si può non tener conto del decisivo apporto prestato, almeno in un primo momento, dalla giurisprudenza della Corte di giustizia di Lussemburgo, le cui

40G. Valori, Il diritto nello sport, Torino, 2016, cit., p. 107. 41G. Valori, Il diritto nello sport, Torino, 2016, p. 107.

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pronunce hanno tentato di fare chiarezza, in tale ambito, limitandosi ad investire esclusivamente profili connessi al principio della libera circolazione delle persone e dei servizi.

La prima decisione rilevante ai fini indicati è la sentenza Walrave del

197442 nella quale la Corte, dopo aver specificato43 che lo sport debba

ritenersi assoggettato alla normativa comunitaria solo ove costituisca un’attività economica ai sensi dell’art 2 del Trattato CEE (ora art. 3

TUE), ha provveduto, in ordine al problema di compatibilità44

sollevatole, a temperare l’operatività della norma sopra richiamata, affermando che il principio di non discriminazione (che provvede comunque ad estendere alle federazioni sportive nazionali in linea di principio poiché, malgrado la loro natura privata, lo stesso interessa anche la materia sportiva) non riguarda “la composizione di squadre sportive e in particolare delle rappresentative nazionali (in quanto) operata esclusivamente in base a criteri tecnico-sportivi; è perciò impossibile configurare tale attività sotto il profilo economico”45;

infine, ha risolto il caso specifico concludendo che, al di fuori dell’eccezione poc’anzi richiamata, le clausole di cittadinanza

42Corte di giustizia CE, 12 dicembre 1974, Walrave e Koch c. Association Union

cycliste internazionale. In tale contesto il giudice comunitario era stato chiamato a pronunciarsi in merito alla compatibilità con gli artt. 48 e 59 del Trattato CE di una clausola prevista dal regolamento dell’UCI, in base alla quale il corridore e l’allenatore che partecipavano alle gare del campionato mondiale di corse dietro battistrada dovevano avere la medesima nazionalità. Secondo l’UCI tale regola non presentava alcun effetto discriminatorio.

43Si rimanda a M. Pierini, Fenomeno sportivo e ordinamento europeo dopo il

Trattato di Riforma, articolo on-line in www.europedirectmarche.it, sito Marcello Pierini, Università di Urbino “Carlo Bo” e a G. Valori, Il diritto nello sport, Torino, 2016. La corte in tale sede chiarisce che l’attività sportiva deve essere assoggettata alla normativa comunitaria solo se e in quanto qualificabile come attività economica: quando riveste il carattere di una prestazione di lavoro subordinato o di una prestazione di servizi rientra a pieno titolo nell’ambito di applicazione delle norme sulla libera circolazione dei lavoratori.

44Nello specifico tra la clausola di cittadinanza federale e la normativa comunitaria

in tema di libera circolazione dei lavoratori.

45Corte di Giustizia, sentenza 12 dicembre 1974, causa 36/74, Walrave e Koch, in

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20

debbano ritenersi illegittime sulla base della considerazione che il divieto di discriminazioni fondato sulla cittadinanza sia tale da investire, in quanto corollario del principio di non discriminazione, qualsiasi rapporto giuridico in concreto riconducibile all’egida

territoriale della Comunità46.

Tali precisazioni, pur nella loro chiarezza di fondo, hanno fatto permanere in capo agli esperti di diritto dubbi circa la portata dell’esenzione in ragione del fatto che la Corte, nell’affrontare il delicato tema della libera circolazione degli sportivi, «ha citato le squadre nazionali solo quale esempio non esaustivo e, d’altra parte, se così non fosse, la Corte finirebbe per sindacare aspetti tecnico-sportivi

che non le competono»47.

Tuttavia, a distanza di due anni, la Corte ha avuto modo di ritornare

sulle medesime questioni con il caso Donà48. Con tale sentenza la

Corte, rimarcando il principio, già espresso, della tendenziale assoggettabilità dello sport ai principi del diritto comunitario, ha

provveduto in merito ad un altro caso49 di incompatibilità tra norme

federali e normativa comunitaria questa volta riguardante il contesto calcistico.

Infatti, in questa sede, i giudici della Corte, nell’intento di definire al meglio gli aspetti della controversia, hanno ritenuto, in primo luogo, incompatibile, in linea generale e in accordo con la premessa relativa alla particolare configurazione dell’attività sportiva, con il Trattato CE

46Sul punto Randazzo, Sport tra ordinamento nazionale e ordinamento

sovranazionale, Pisa, 2008, p. 91.

47M. Pierini, Fenomeno sportivo e ordinamento europeo dopo il Trattato di Riforma,

articolo on-line in www.europedirectmarche.it, sito Marcello Pierini, Università di Urbino “Carlo Bo”, cit., p.10.

48Corte di Giustizia, sentenza 14 luglio 1976, causa numero 13/76 Donà/Mantero. 49Nel caso di specie la Corte fu chiamata a pronunciarsi in merito alla compatibilità

con la normativa comunitaria della disposizione del regolamento della FIGC a tenore della quale si riservava ai soli cittadini italiani il diritto di partecipare, come professionisti o semi professionisti, ad incontri di calcio; detto in altri termini vi era, a livello federale, un divieto assoluto di ingaggiare calciatori stranieri.

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21

la “disciplina o prassi nazionale, anche emanante da

un’organizzazione sportiva, che riserva ai soli cittadini dello Stato membro in cui tale disciplina o prassi vige, il diritto di partecipare, come professionisti o semiprofessionisti, ad incontri di calcio” e in secondo luogo hanno delimitato l’ambito di operatività di tale incompatibilità facendo salva l’ipotesi in cui detta disciplina non precluda ai giocatori stranieri la partecipazione a taluni incontri per motivi non economici, ma inerenti al carattere ed alla fisionomia specifica di detti incontri, e che hanno quindi natura prettamente sportiva... come ad esempio è in occasione di incontri tra squadre nazionali di Paesi diversi”.

Di certo il riferimento50 agli incontri tra squadre nazionali operato,

anche in detta occasione, dalla Corte e la mancanza di chiarezza rispetto ai cc.dd. “motivi economici”, hanno lasciato immutati gli stessi dubbi interpretativi emersi dopo la sentenza Walrave.

Sebbene le due pronunce appena richiamate siano rilevanti nell’ambito del delicato equilibrio tra sport e diritto europeo, bisogna attendere circa vent’anni perché si approdi ad una svolta decisiva in merito ai rapporti tra diritto dell’Unione e diritto sportivo: la pietra

miliare in materia sportiva è rappresentata dalla sentenza Bosman51.

Con la decisione in argomento, in primo luogo la Corte ha sancito l’incompatibilità con il Trattato CE (in tema di libera circolazione dei lavoratori-art 48) delle norme sportive che impongono il versamento di un’indennità di trasferimento a carico della società sportiva che intende ingaggiare un calciatore professionista cittadino UE alla scadenza del contratto perché costituisce un ostacolo alla libera circolazione degli atleti all’interno del territorio UE, e in secondo

50Si veda G. Valori, Il diritto nello sport, Torino, 2016, p.109 e M. Pierini,

Fenomeno sportivo e ordinamento europeo, p. 10.

51Corte di Giustizia, sentenza del 15 dicembre 1995, causa C-415/93, Union royale

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22

luogo ha decretato l’illegittimità delle norme federali che limitano il numero di calciatori stranieri, cittadini di Stati membri, partecipanti alle competizioni sportive poiché si tratta di un’«ipotesi di discriminazione fondata sulla nazionalità con riferimento all’accesso

al mondo del lavoro»52.

Da un’analisi più approfondita di quanto enunciato nella sentenza in esame si evince, però, come la Corte, nel limitarsi a precisare le questioni di cui è stata investita, abbia, ulteriormente e in modo implicito, operato una puntuale precisazione circa l’ambito di autonomia di cui gode lo sport, la c.d. “eccezione sportiva”: secondo la Corte, infatti, tale autonomia deve ritenersi ammessa solo ed esclusivamente con riferimento alla regolamentazione dei profili

tecnico-sportivi (riconducibili appunto alla sporting exception53) in

relazione agli obiettivi legittimi perseguiti.

Pertanto la Corte, preso atto che l’attività svolta dai calciatori professionisti sia da considerarsi a tutti gli effetti connotata dai crismi dell’economicità in quanto avente carattere di prestazione di lavoro subordinato, «ha fugato definitivamente qualunque dubbio circa la

riconducibilità dello sport al diritto comunitario»54, ovvero di quelle

regole sportive riguardanti gli aspetti economici di tale attività, le così

dette “regole economiche”55.

Se il diritto comunitario, per effetto di tale pronuncia, ha incominciato ad irrompere in modo prepotente nell’ambito della regolamentazione delle attività sportive, negli anni immediatamente successivi ha preso

52A.Tomaselli, Sport e Unione Europea: un binomio vincente? in Rivista elettronica

del centro di documentazione europea dell’Università Kore di Enna,

www.koreuropa.eu, p. 11.

53Termine inglese spesso usato per riferirsi alla c.d. eccezione sportiva.

54A. Randazzo, Sport tra ordinamento nazionale e ordinamento sovranazionale,

Pisa, 2008, p. 92.

55Costituiscono una categoria di regole sportive insieme a quelle c.d. puramente

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23

campo il dibattito circa il tema relativo ai rapporti tra sport e Comunità Europea il quale, si è ulteriormente acceso, a seguito di numerose istanze tese a scardinare il sistema sportivo al fine di negarne qualsiasi autonomia rispetto all’ordinamento comunitario. A tal proposito, infatti, l’arco temporale che va dal 1996 al 2000, è caratterizzato dall’immane sforzo della Corte volto ad arginare le suddette pretese che invocavano l’incompatibilità di ogni forma di regolamentazione sportiva rispetto a quella comunitaria: grazie alle pronunce Agostini, Deliège, Lehtonen e Olsson la Corte ha avuto la possibilità di chiarire ulteriormente quelli che sono i confini delle eccezioni al diritto comunitario, scongiurando definitivamente gli effetti devastanti di un eventuale interpretazione estensiva della sentenza Bosman.

Negli stessi anni si registra un nuovo approccio della Comunità allo sport anche sul piano istituzionale; al riguardo merita di essere menzionata la Comunicazione con cui la Commissione di Bruxelles, già nel 1991, ha sottolineato «come lo sport debba essere preso in considerazione in sede di sviluppo delle politiche europee in materia

di salute, ambiente, tutela dei consumatori, turismo ed educazione»56.

Proseguendo nella disamina, degna di nota nell’ambito del Trattato di Amsterdam (1997), è la Dichiarazione n. 29 ad esso allegata ove si rimarca la valenza socio-culturale dello sport sottolineandone il fondamentale ruolo nella formazione dell’identità delle persone e nel ravvicinamento delle stesse e ove si invitano gli organi dell’Unione a riservare particolare attenzione alle “caratteristiche specifiche dello sport dilettantistico”.

56A. Tomaselli, Sport e Unione Europea: un binomio vincente? In Rivista elettronica

del centro di documentazione europea dell’università Kore di Enna,

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24

Dopo “il modello europeo di sport”57 che ne descrive l’organizzazione

nel contesto europeo, le caratteristiche e i relativi sviluppi, è la volta della c.d. Relazione di Helsinki presentata in occasione del Consiglio Europeo sullo sport del 1999, attraverso la quale la Commissione ha evidenziato la funzione sociale che lo sport riveste nel quadro comunitario, la necessita di tener conto della sua specificità nell’attuazione delle politiche comunitarie e di salvaguardare le strutture sportive, a livello nazionale ed europeo.

Successivamente, nel corso del Consiglio Europeo di Nizza (2000)

viene adottata la Dichiarazione sulla specificità sociale dello sport58

nella quale il Consiglio, oltre a mettere in luce “i valori sociali, educativi e culturali” che stanno a fondamento dell’attività sportiva e la tutela dei disabili, ha riconosciuto la necessaria indipendenza delle organizzazioni sportive e il loro diritto di auto-organizzarsi e di adottare le regole necessarie per promuovere le varie discipline.

In quest’ottica la Dichiarazione in esame ha di fatto «invitato le istituzioni europee e gli Stati membri ad esaminare le proprie politiche in materia di sport nel rispetto del TFUE, in base alle rispettive competenze ed in conformità ai principi generali enunciati nella

dichiarazione stessa»59.

Altrettanto rilevante è l’interesse espresso dalla Costituzione Europea (2004) che dedica al fenomeno sportivo l’art III-282 in base al quale

57Olimpia, maggio 1999, Commissione Europea direzione generale per

informazione, comunicazione, cultura, audiovisivo. È la prima Assisa europea che descrive l’organizzazione dello sport in Europa, le sue caratteristiche e i suoi sviluppi fino al 1999.

58Nello specifico venne affermato che “nell’azione che esplica in applicazione delle

differenti disposizioni del trattato, la Comunità deve tener conto, anche se non dispone di competenze dirette in questo settore, delle funzioni sociali, educative e culturali dello sport, che ne costituiscono la specificità, al fine di rispettare e di promuovere l’etica e la solidarietà necessarie a preservarne il ruolo sociale”.

59M. D’Arienzo, Tutela della salute e diritto allo sport nel sistema delle fonti, in

Riv. online, Progetto di promozione e diffusione: tutela della salute e attività sportiva non agonistica, www.uniparthenope.it, Napoli, 2014, p. 3.

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l’Unione Europea contribuisce “a sviluppare la dimensione europea dello sport, promuovendo l’imparzialità e l’apertura nelle competizioni sportive e la cooperazione tra gli organismi responsabili dello sport e proteggendo l’integrità fisica e morale degli sportivi, in particolare dei giovani sportivi”. Tale azione dell’Unione nel senso del sostegno e del completamento delle iniziative statali rappresenta un

primo passo in avanti verso la “comunitarizzazione”60 dello sport,

ferma restando la competenza dei suddetti, a cui l’Unione non può sostituirsi.

Si perviene così, nel 2007, alla presentazione del famoso Libro Bianco sullo sport da parte della Commissione che, attraverso tale documento contenente i principi dello sport europeo, ha tentato di delineare un orientamento strategico sul ruolo e la funzione del fenomeno in questione nel contesto dell’Unione: a tal proposito si sofferma in primis sul fondamentale ruolo dello sport quale fenomeno rilevante sia sul piano sociale che economico e in secundis sul concetto di specificità dell’attività sportiva.

Tuttavia è interessante notare come, in realtà, tale specificità non sia opportunamente tutelata dal Libro in questione, dal momento che sembra mettere in risalto solo i profili puramente economici dell’attività sportiva senza riconoscere il giusto peso al settore sportivo che, per le sue peculiari caratteristiche, non può essere

inquadrato alla stregua di una qualsiasi attività economica61.

In definitiva però il processo di avvicinamento tra Unione e sport è culminato nel 2009 con l’entrata in vigore del Trattato di Riforma

60M. Pierini, Fenomeno sportivo e ordinamento europeo dopo il Trattato di Riforma,

articolo on-line in www.europedirectmarche.it, sito Marcello Pierini, Università di Urbino “Carlo Bo”, cit. p. 21.

61Si veda G. Valori, Il diritto nello sport, Torino, 2016, p.119. In proposito il Libro

Bianco ha affermato che “la specificità dello sport continuerà ad essere riconosciuta ma non può essere vista come giustificazione per una generale esenzione dall’applicazione della legge UE”.

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26

(c.d. TFUE, firmato a Lisbona) grazie al quale lo sport è entrato ufficialmente tra le competenze di coordinamento e sostegno dell’Unione Europea.

A tenore dell’art 165, norma di apertura del titolo XII del Trattato relativo all’istruzione, formazione professionale, gioventù e sport, l’Unione Europea “contribuisce alla promozione dei profili europei dello sport, tenendo conto delle sue specificità, delle sue strutture fondate sul volontariato e della sua funzione sociale ed educativa” ed è intesa allo sviluppo “della dimensione europea dello sport, promuovendo l’equità e l’apertura nelle competizioni sportive e la cooperazione tra gli organismi responsabili dello stesso e proteggendo l’integrità fisica e morale degli sportivi, in particolare dei più giovani di essi”;

Tale operato di riforma del Trattato ha sancito definitivamente l’ammissione in sede europea della preminente funzione sociale dello sport che, quindi, diventa oggetto di “azioni di sostegno”; interventi

che non vogliono tradursi in un “condizionamento incisivo”62

(trattandosi di interventi di soft law) nei confronti degli Stati membri ma piuttosto in un reale monito affinché quest’ultimi, e soprattutto il nostro Paese, intervengano per disciplinare in modo organico ed esaustivo la materia del fenomeno sportivo.

4. - La dimensione istituzionale del fenomeno sportivo e suoi rapporti

con l’ordinamento giuridico statale - Come abbiamo in precedenza evidenziato, prima di approfondire il tema della responsabilità civile sportiva, si rende necessaria una puntuale analisi del profilo istituzionale del fenomeno sportivo ovvero della sua dimensione

62A. Randazzo, Lo sport tra ordinamento nazionale e ordinamento sovranazionale,

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27

ordinamentale, la quale costituisce l’elemento chiave che ci permetterà di apprezzare appieno la problematica relativa alla rilevanza giuridica del fenomeno in esame.

Previamente bisogna prendere atto del fatto che la ragione per la quale il “sistema sportivo” debba essere inquadrato e studiato come ordinamento, si rinviene nella peculiare caratteristica dello stesso di soddisfare quella serie di requisiti che, come vedremo di seguito, gli valgono la connotazione di ordinamento giuridico.

In sostanza la prospettiva in chiave ordinamentale del diritto in questione si deve all’applicazione in ambito sportivo della nota teoria

istituzionalistica63 o del pluralismo giuridico, formulata dalla dottrina

classica64, che individua nei caratteri della pluralità di soggetti, della organizzazione e della normazione i requisiti essenziali necessari a qualificare come ordinamento giuridico qualsivoglia formazione sociale che ne sia dotata: in altre parole un ordinamento può dirsi giuridico ogni qual volta si presenti quale «insieme di soggetti

organizzati in strutture predefinite e retti da regole certe»65.

Perciò, come già anticipato, sulla scorta di tale insegnamento

dottrinario, alcuni studiosi66, intorno alla metà del secolo scorso,

hanno sottolineato la natura ordinamentale del fenomeno sportivo considerandolo, talvolta come manifestazione ordinamentale del diritto dei privati, e talaltra come vero e proprio ordinamento giuridico, in quanto dotato di quei tre elementi costitutivi che caratterizzano ogni ordinamento giuridico.

63Teoria elaborata da Santi Romano, della quale fu il maggior esponente.

64Di cui Santi Romano fa parte insieme a Kelsen, sostenitore della c.d. teoria

normativistica.

65A. Maietta, Lineamenti di diritto dello sport, Torino, 2016, cit., p. 4.

66In primis bisogna menzionare Cesarini-Sforza, il primo ad affermare l’autonomia e

la natura ordinamentale del fenomeno sportivo; successivamente, sempre in ambito dottrinario, vi fu il professor M. S. Giannini che, grazie al suo celebre scritto, Prime osservazioni sugli ordinamenti giuridici sportivi, in Riv. dir. Sport., 1949, ebbe l’occasione di riaffermare nuovamente la giuridicità dell’ordinamento sportivo.

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28

In generale, la prevalenza, ad oggi lampante, dell’orientamento che riconosce all’organizzazione sportiva la dimensione di ordinamento giuridico è dovuta ad una serie di interventi che hanno contribuito negli anni a rafforzare il ruolo del sistema sportivo nell’ambito del panorama giuridico statale: tale rafforzamento ha avuto infatti inizio nel 1942 con la legge n. 426, grazie alla quale si è giunti al riconoscimento a favore del CONI della personalità giuridica di diritto pubblico67.

Dalla ricostruzione in chiave ordinamentale del diritto sportivo si evince come quest’ultima sia espressione del conseguente riconoscimento dell’esistenza di una pluralità di ordinamenti giuridici, considerata quale corollario dell’impostazione istituzionalistica. Pertanto, all’interno di ciascun macrocosmo giuridico statale, è possibile rinvenire una molteplicità di “sottosistemi” giuridici,

qualificabili anche come ordinamenti settoriali68 in quanto costituenti

ciascuno un microcosmo a sé, che perseguono la realizzazione di interessi di settore o collettivi (propri soltanto della collettività di soggetti che ne fanno parte), di fatto contrapposti a quelli generali di cui si fa portatrice l’Istituzione Statale.

Data la vasta gamma di ordinamenti settoriali, è opportuno dunque distinguere tra quelli posti in essere dallo Stato (che ne stabilisce la soggettività, la normazione e l’organizzazione) e quelli a formazione spontanea, fondati sull’associazionismo, che al contrario determinano almeno in parte i propri elementi costitutivi.

Alla luce di quanto appena esposto, si rende necessario annoverare nella categoria degli ordinamenti particolari l’ordinamento sportivo (considerato nella dimensione giuridica statale), il quale, in ragione

67Istituito con la l. 426/42 “Costituzione e coordinamento del Comitato Olimpico

Nazionale Italiano (C.O.N.I.)”.

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29

della sua derivazione dalla «spontanea aggregazione di soggetti

accomunati da specifica identità di interessi e di bisogni di base»69, è

in grado di fondare la propria efficacia esclusivamente sulla forza propria e «non su quella di altri ordinamenti che diventano arbitri

della sua esistenza»70: è dunque un ordinamento originario ma tuttavia

non sovrano.

L’ordinamento sportivo, infatti, manca di sovranità cioè non gode della piena effettività della forza su un determinato territorio, elemento questo che non rileva affatto tra i caratteri costitutivi propri dell’ordinamento stesso.

È bene chiarire però che l’organizzazione sportiva sempre intesa nel suo complesso ha carattere mondiale, è ordinamento a carattere internazionale «non nell’accezione consueta di un diritto proprio di un ordinamento giuridico costruito dalle comunità internazionali, di cui i singoli Stati sono soggetti (giuridici), bensì di un diritto esistente

come “normativa interstato o superstato”»71 in cui le singole realtà

statuali rilevano soltanto come sede delle sue articolazioni nazionali. In conclusione è importante ricordare che quanto sostenuto in dottrina riguardo la giuridicità dell’ordinamento in esame, è stato successivamente accolto dalla giurisprudenza della Corte di

Cassazione, la quale in una sentenza72 del 1978 ha confermato la

validità della tesi ordinamentale definendo l’organizzazione sportiva un ordinamento giuridico sezionale e autonomo (qualità di cui si parlerà ampiamente in seguito) avente in sé potestà amministrativa,

69A. Massera, Sport e ordinamenti giuridici: tensioni e tendenze nel diritto vivente in

una prospettiva multilaterale, in AA.VV., Sport e ordinamenti giuridici, Bruscuglia-Romboli, Pisa, 2008, p. 42.

70G. Valori, Il diritto nello sport, Torino, 2016, p. 6.

71A. Massera, Sport e ordinamenti giuridici: tensioni e tendenze nel diritto vivente in

una prospettiva multilaterale, in AA.VV., Sport e ordinamenti giuridici, Pisa, 2008, p.42.

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30

normativa e giurisdizionale, comunque sottoposto all’ordinamento statale e a quello internazionale.

4.1 - Il mutamento dei rapporti tra ordinamento sportivo e

ordinamento giuridico interno: dalla “reciproca” indifferenza alla legge n. 280 del 2003, passando per l’intricato ‘Caso Catania’ - Riconosciuta all’organizzazione sportiva la precisa qualificazione di ordinamento giuridico sezionale, è doveroso a questo punto incentrare la riflessione concernente l’ordinamento sportivo sul relativo profilo dell’autonomia, da sempre rivendicato da quest’ultimo nei confronti dei vari ordinamenti giuridici statali.

Passando ad occuparci del panorama giuridico italiano prima di tutto merita rilevare, come premessa, che l’iter che ha condotto all’effettivo riconoscimento dell’autonomia del “microcosmo giuridico” sportivo e dei confini della stessa è stato sì scandito, almeno inizialmente, dalla graduale formazione ed evoluzione della comunità sportiva sul piano sia organizzativo che normativo ma anche e altresì dalla successiva presa d’atto da parte del legislatore statale dell’esistenza dell’ordinamento sportivo e della contestuale esigenza di riconoscerne e tutelarne le relative funzioni a livello nazionale.

Da quanto detto si deduce, pertanto, che ancor prima degli interventi legislativi in materia di rapporti tra i due ordinamenti, l’organizzazione sportiva era riuscita a consolidarsi nel senso dell’autonomia che si è rilevata essere, in un secondo momento, la chiave di volta idonea a destare l’ordinamento statale dall’ormai stabile torpore legislativo circa il complessivo inquadramento dell’ordinamento sportivo.

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31

L’atteggiamento di sostanziale indifferenza del legislatore italiano perdura sostanzialmente sino all’emanazione nel ’42 della legge n. 426, con la quale si raggiunge una maggior consapevolezza in merito all’esistenza dell’ordinamento in esame: infatti, viene in tale sede riconosciuto il Comitato Olimpico Nazionale Italiano come ente di diritto pubblico con personalità giuridica e vengono inquadrate le Federazioni Sportive Nazionali come suoi organi.

Tuttavia, l’azione legislativa in questione non si è limitata a sancire solamente la qualificazione del rapporto CONI-Federazioni ma ha provveduto a riconoscere formalmente la titolarità del potere normativo in capo alle suddette, attribuendo loro nello specifico il potere di stabilire “con regolamenti interni, approvati dal presidente del Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI), le norme tecniche e amministrative per il loro funzionamento e le norme sportive per l’esercizio dello sport controllato”73.

Si tratta, chiaramente, del riconoscimento di una potestà di autonormazione, in quanto l’ordinamento sportivo nazionale, fermo restando il limite dei principi generali dello Stato in ragione della sua posizione di preminenza sui c.d. ordinamenti derivati, ha la facoltà di darsi regole proprie sia di tipo tecnico-amministrativo relative all’organizzazione, al funzionamento delle proprie strutture e alla regolamentazione e disciplina dello svolgimento dell’attività sportiva, che regole di condotta da rispettare nell’esercizio delle varie discipline sportive, con potestà sanzionatoria in caso di mancata osservanza di queste ultime.

Ne consegue, infatti, che la “norma sportiva” in senso lato è quella che promana esclusivamente dai soggetti dell’organizzazione a cui sono demandate le attività normative e i cui destinatari sono solo ed

73Articolo 5, Legge 16 febbraio 1942, n. 426, Costituzione e ordinamento del

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32

esclusivamente i soggetti che fanno parte dell’ordinamento sportivo, nazionale e/o internazionale.

Pertanto l’assetto normativo individuato dalla legge in esame si traduce, sul piano della correlazione tra i due ordinamenti, in un rapporto che potremo definire di mutuo riconoscimento, nel quale ciascun sistema ordinamentale gode di una posizione di completa autonomia nel proprio ambito di competenza d’autoregolamentazione senza interferire, almeno in linea di principio, con le previsioni normative operate dall’altro.

In linea con tale impostazione si colloca la giurisprudenza della Corte Cassazione (sentenza n. 625 del 1978), la quale nel sintetizzare con estrema chiarezza le opinioni dottrinali e giurisprudenziali inerenti la giuridicità del fenomeno sportivo, ha riconosciuto come la potestà normativa attribuita all’ordinamento sportivo, con efficacia nell’ordinamento giuridico statale, sia limitata ad una potestà regolamentare di settore e che il sistema sportivo debba considerarsi esistente in posizione di autonomia rispetto all’ordinamento interno, in quanto “per effetto della legge [n. 426/1942] il rapporto fra l’ordinamento giuridico statale e l’ordinamento giuridico sportivo è di riconoscimento: riconoscimento, da parte dell’ordinamento giuridico statale, dell’ordinamento giuridico sportivo già autonomamente esistente e perciò originario”.74

74La Corte prosegue sul punto affermando che: “il riconoscimento è accordato

perché l’interesse generale per il cui conseguimento è costituito l’ordinamento giuridico sportivo è anche uno degli interessi generali propostisi dall’ordinamento giuridico statale: vi è coincidenza tra la funzione propria dell’ordinamento giuridico sportivo ed una delle funzioni dell’ordinamento giuridico statale. Questa coincidenza di funzioni fa sì che l’ordinamento giuridico statale attribuisca una particolare qualificazione all’ordinamento giuridico sportivo. La tutela, la disciplina e l’incremento delle attività sportive è un interesse generale .., una delle funzioni che l’ordinamento giuridico statale si attribuisce”.

(34)

33

L’espresso riconoscimento statale a favore dell’ordinamento sportivo, tuttavia, ha lasciato di fatto irrisolta la problematica inerente la possibile sfera di conflittualità tra le due realtà ordinamentali.

I rapporti di reciproca autonomia o, che dir si voglia, di reciproca indifferenza tra i due ordinamenti infatti possono sfociare, in determinate ipotesi, in rapporti contraddistinti da evidente conflittualità; al riguardo i motivi vanno ravvisati nel contrasto normativo che può sorgere quando i medesimi fatti o rapporti si prestano ad una duplice rilevanza e quindi ad un duplice qualificazione: quella effettuata dall’ordinamento sportivo e quella, non conforme alla prima, effettuata dall’ordinamento statale.

In sostanza, dunque, la qualificazione di un fatto operata da parte di entrambi gli ordinamenti rileva quale causa di conclusioni tra loro discordanti qualora il medesimo fatto sia qualificato diversamente dai due ordinamenti, sportivo e statale, o quando allo stesso vengano ricollegati effetti diversi.

Un esempio del conflitto tra mondo ordinario e mondo ludico deve rinvenirsi nel c.d. ‘vincolo di giustizia sportiva’, previsto dalle

disposizioni emanate dalle Federazioni sportive75.

La suddetta clausola compromissoria, espressione di una sorta di codificazione tacita del principio di autonomia, una volta sottoscritta dalle società affiliate e dai soggetti tesserati, impegna gli stessi ad adire esclusivamente, per la risoluzione di qualsiasi controversia attinente all’attività sportiva, gli organi federali di giustizia sportiva, comportando quale conseguenza «il divieto assoluto di devolvere, salvo specifica autorizzazione (da parte della Federazione di

75Si veda G. Aureliano, Vincolo di giustizia sportiva e vincolo sportivo. Legittimità e

pluralismo giuridico. Un’autonomia dipendente, in AA.VV., Sport e ordinamenti giuridici, Pisa, 2008, p. 106.

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34

appartenenza), tali vertenze all’autorità giudiziaria statale»76, pena

l’irrogazione, in caso violazione del precetto, di sanzioni disciplinari che vanno dalla penalizzazione in classifica, per le società, e dall’inibizione, per i tesserati, fino all’espulsione dalla Federazione (revoca dell’affiliazione per società e associazioni e radiazione per le persone fisiche): inoltre sempre riguardo l’ipotesi di inottemperanza, il ricorso alla giustizia ordinaria deve considerarsi illegittimo e, pertanto, non vincolante in sede sportiva la conseguente decisione assunta. Il sistema delineato è giustificato in parte dalla necessità di rimettere le questioni sportive ad organi dotati di specifica competenza tecnica in materia e in parte dall’esigenza di garantire la rapidità delle decisioni.

Tuttavia, tale previsione, atteso che sembra sollevare, ad avviso di

illustre dottrina77, non pochi problemi di compatibilità con riferimento

agli artt. 24, 103 e 113 Cost., che sanciscono il diritto del cittadino ( in tal caso anche tesserato) di chiedere la tutela giurisdizionale dei propri diritti o interessi legittimi giuridici dinanzi agli organi statali preposti, di riflesso ha posto di fatto l’accento, nell’ormai aperto ambito di conflitto tra i due ordinamenti, sulla questione concernente i rapporti esistenti tra il sistema di giustizia sportiva e quello di giustizia ordinaria, i cui contrasti, come vedremo, si protrarranno sino al momento dell’adozione dell’ormai famosa legge in materia, la n. 280 del 2003.

E’ chiaro quindi che la clausola di giustizia pone non solo un problema di legittimità costituzionale del relativo vincolo in riferimento ad uno dei principi cardine dell’ordinamento statale quale

76G. Aureliano, Vincolo di giustizia sportiva e vincolo sportivo. Legittimità e

pluralismo giuridico. Un’autonomia dipendente, in AA.VV., Sport e ordinamenti giuridici, Pisa, 2008, p. 106.

77Per citarne alcuni: Luiso, La giustizia sportiva, e Lubrano, Il Tar Lazio segna la

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1 I tassi sono calcolati con riferimento alle persone che dichiarano di praticare sport in modo continuativo, sport in modo saltuario, di praticare solo qualche attività fisica e di