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LA RESPONSABILITA’ DEL GESTORE DI IMPIANTI SPORT

Nel documento Fenomeno sportivo e responsabilità (pagine 115-150)

Sommario: - 1. Altre figure significative in ambito sportivo - 2. La responsabilità civile del gestore sportivo - 2.1 L’operatività del regime di responsabilità oggettiva ex art. 2050 nei diversi contesti di gestione sportiva - 3. Il gestore di impianti natatori

1 . – Altre figure significative in ambito sportivo – Anche se nella disamina appena conclusa ci siamo occupati esclusivamente della responsabilità che sorge in capo ai soggetti aventi un ruolo attivo sul campo di gara (gli atleti), esistono tuttavia altre figure che, nell’ambito dell’attività sportiva, ricoprono mansioni notoriamente importanti a livello organizzativo e promozionale: si tratta di quei soggetti che, pur non prendendo attivamente parte alle competizioni sportive, possono essere chiamati a rispondere, in ragione della loro posizione in ambito sportivo, per i danni verificatisi nello svolgimento dell’attività sportiva.

Dunque, assodato che gli atleti in sostanza sono gli unici che in senso stretto esercitano l’attività sportiva e rispondono, come visto, a titolo di dolo o di colpa per i danni provocati, da loro azioni, ad altri atleti

avversari, nonché ad eventuali terzi spettatori, tra i soggetti227 che

operano nel backstage e a vario titolo in ambito sportivo vi sono gli

227 Tra le varie figure è bene ricordare quella del medico sportivo che può rispondere

degli eventi dannosi occorsi all’atleta ritenuto erroneamente idoneo a praticare l’attività sportiva, quella delle società sportive responsabili ex art. 2049 del fatto dei propri atleti tesserati, e quella delle Federazioni sportive.

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organizzatori di manifestazioni sportive e i gestori di impianti sportivi, i quali spesso nella pratica risultano coincidere.

Gli organizzatori di manifestazioni sportive possono essere definiti come «coloro che promuovono una determinata performance

sportiva»228, nella cui prospettiva sono tenuti a predisporre ogni

misura idonea a prevenire eventi dannosi nei confronti sia degli atleti che dei terzi: nello specifico è la dottrina a fornirne una adeguata definizione, qualificandolo come «la persona fisica, la persona giuridica, l’associazione, il comitato che promuove, assumendosene tutte le responsabilità – civili penali amministrative – nell’ambito dell’ordinamento giuridico dello Stato, l’incontro di uno o più atleti con lo scopo di raggiungere un risultato in una o più discipline sportive, indipendentemente dalla presenza o meno di spettatori e,

quindi, indipendentemente dal pubblico spettacolo»229.

L’organizzatore di un evento sportivo, sia che si tratti di competizione che di manifestazione sportiva, è chiamato ad osservare una serie di obblighi che consistono sostanzialmente nel controllare l’idoneità e la sicurezza dei luoghi e degli impianti in cui si svolge la manifestazione, nel controllare l’adeguatezza, la pericolosità e la conformità ai principi di sicurezza dei mezzi tecnici utilizzati e nel garantire l’idoneità, sul piano psico-fisico, dell’atleta che si appresta ad affrontare la gara. Ora, è chiaro che, per assolvere tali obblighi, non basterà attenersi alle norme regolamentari sportive e alle prescrizioni in senso stretto sulla sicurezza ma sarà necessario rifarsi al generale principio di comune prudenza, predisponendo opportunamente «tutte le misure di

228M. Conte, Il risarcimento del danno nello sport, Torino, 2004, p. 23;

229Dini, L’organizzatore e le competizioni: limiti della responsabilità, in Riv. Dir.

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protezione che riducano la portata dei rischi connessi all’attività

sportiva nei luoghi dove si svolge lo spettacolo sportivo»230.

Sarà quindi onere dell’organizzatore improntare la propria attività di prevenzione all’osservanza delle comuni regole di diligenza e prudenza per poter andare esente da responsabilità: in particolare, bisogna tener presente che la stessa sarà parametrata non solo in base alle regole viste ma anche al rischio insito nella singola disciplina sportiva rapportato al caso concreto.

Ne deriva quindi che la valutazione dell’adeguatezza delle misure preventive deve essere effettuata ex ante in base alla specificità del rischio e del suo possibile accadimento nell’ambito dell’espletamento della specifica manifestazione, in modo tale da garantire uno svolgimento adeguato della stessa, in virtù del previsto obbligo di protezione dell’incolumità fisica di atleti, spettatori e terzi.

È in sostanza un attività di specifica ed analitica programmazione di determinate cautele mediante la “previsione di tutto il prevedibile”, nell’ottica di «contenere il rischio nei limiti confacenti alla specifica attività sportiva (c.d. rischio consentito), entro i quali nessuna responsabilità può, in linea di principio, essere addebitata

all’organizzatore»231.

Quanto al profilo della responsabilità, l’organizzatore risponde sul piano civile (e non solo) dei danni arrecati agli atleti che partecipano alla competizione, ai terzi spettatori della stessa o comunque a soggetti terzi a queste ultime.

La responsabilità dell’organizzatore, per quanto riguarda l’ambito civile, può essere sia di natura contrattuale, in caso di danni occorsi ad atleti, legati al suddetto da rapporto giuridico preesistente, e a

230G. Valori, Il diritto nello sport, terza edizione, Torino, 2016, p. 291.

231M. Pittalis, La responsabilità contrattuale ed aquiliana dell’organizzatore di

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spettatori paganti, che extracontrattuale nei confronti di terzi lesi (siano essi atleti, spettatori non paganti, terzi abusivi) non legati contrattualmente al soggetto in questione.

Sotto il profilo extracontrattuale, autorevole orientamento riconduce (almeno in linea di principio) la responsabilità dell’organizzatore sportivo a quella per fatto illecito, ai sensi dell’art 2043 cc., in base al quale, ricordiamo, chi agisce per il risarcimento dovrà provare tutti gli elementi costituenti la fattispecie (fatto materiale, colpevolezza e ingiustizia del danno), avuto riguardo, per ciò che riguarda la figura in esame, a tutte le cautele e a tutti gli obblighi posti a carico dell’organizzatore.

Non dimentichiamoci, per dovere di cronaca, che l’organizzatore potrà essere chiamato a rispondere in caso di eventuale condotta colposa dei propri preposti ed ausiliari, ai sensi dell’art. 2049 cc.

Ora, tornando a quanto detto sopra, nei confronti dei gareggianti l’organizzatore può essere chiamato a rispondere, verosimilmente, a titolo di colpa per un proprio comportamento omissivo, in quanto le cautele previste a carico dei titolari del potere direttivo sull’evento, rispondono a veri e propri obblighi specifici di vigilanza: trattasi, nello specifico, della c.d. responsabilità semi-oggettiva che fa leva sul concetto di rischio oggettivamente prevedibile ed evitabile.

A tal proposito, vi è, peraltro, da tenere in considerazione il principio dell’accettazione del rischio per coloro che prendono parte all’attività agonistica, i cui danni eventualmente subiti e rientranti nell’alea normale dello sport praticato ricadranno inevitabilmente sugli stessi, a meno che questi ultimi non dimostrino la loro riconducibilità alla mancata osservanza di doverose cautele da parte dell’organizzatore.

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Quindi, qualora il danneggiato vinca la “presunzione tramite la prova

della colpa”232, l’organizzatore per andare esente da responsabilità,

dovrà dimostrare di aver adottato le normali misure cautelari utili a limitare il rischio che gli atleti – ma come vedremo, anche i soggetti terzi – possono correre durante lo svolgimento della competizione: in altri termini, per usare le parole della Suprema Corte, sarà sufficiente dimostrare di aver predisposto “le normali cautele atte a contenere il rischio nei limiti confacenti alla specifica attività sportiva, nel rispetto

di eventuali regolamenti sportivi”233; è chiaro tuttavia che a carico di

atleti ed organizzatori resterà comunque l’obbligo di rispettare il generico principio del neminem laedere.

Con riferimento invece agli eventi lesivi occorsi ai terzi spettatori (siano essi paganti o meno), bisogna constatare come non possa applicarsi il principio sopra esposto, per cui in ipotesi di danno a seguito dello svolgimento della competizione, quest’ultimi (nella specie quelli non paganti) potranno in ogni caso avanzare la propria pretesa di protezione alla stregua del generale principio del neminem laedere, operante sia nei confronti degli atleti che, ovviamente, nei

confronti degli organizzatori234.

La tematica dell’aspetto extracontrattuale della responsabilità dell’organizzatore ci pone il problema circa l’eventuale inquadramento dell’attività di organizzazione di una competizione sportiva nell’ambito del concetto di esercizio pericoloso ai sensi dell’art 2050 cc.

232Galligani-Piscini, Riflessioni per un quadro generale della responsabilità civile

nell’organizzazione di un evento sportivo, in Rivista di diritto ed economia dello sport, Vol III, Fasc. 3, 2007, p. 119.

233Cass. Civ., 20 febbraio 1997, sent. n. 1564, RCP, 1997, 699.

234Cfr. Galligani-Piscini, Riflessioni per un quadro generale della responsabilità

civile nell’organizzazione di un evento sportivo, in Rivista di diritto ed economia dello sport, Vol. III, Fasc. 3, 2007, p. 119.

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Il fatto che parte della giurisprudenza abbia ricondotto tale profilo di responsabilità dei soggetti in esame nell’ambito del criterio di imputazione suddetto ha scatenato non poche reazioni nell’ambiente, anche tra i giuristi, provocando di fatto un accesso dibattito che ad oggi non può dirsi certo risolto.

Tale instabilità di vedute circa l’applicabilità della norma (art. 2050) – non potendo rientrare l’attività in questione tra quelle pericolose ex lege – ha infatti finito per comportare una reale impossibilità per la giurisprudenza di elaborare un criterio di imputazione univoco valido per tutte le discipline sportive, tant’è che l’indagine sulla pericolosità dell’attività di organizzazione viene lasciata all’apprezzamento case by case del giudice designato alla cognizione del singolo evento dannoso: in sostanza, «stabilire se una determinata attività sia in concreto da qualificarsi come pericolosa o meno (per sua stessa natura o per i mezzi utilizzati) è compito del giudice, il quale deve valutare tutti gli elementi di fatto acquisiti e decidere anche in base a nozioni di comune esperienza. Per di più le circostanze in cui l’attività è

esercitata incidono in maniera decisiva sulla pericolosità»235, che,

ricordiamo, deve individuarsi in una potenzialità lesiva di grado superiore al normale.

Ora, chiarito che l’attività di organizzazione sportiva non rientra tra le c.d. attività pericolose ‘tipiche’, e che si può parlare, sulla base del caso concreto, di una riconducibilità della stessa alla categoria di attività di cui alla norma in esame grazie ad una verifica ex ante – da parte dell’interprete – sulla probabilità di danno eventualmente insita nell’attività (a prescindere dall’evento dannoso), si evince che è dunque possibile la piena applicazione della disciplina ex art. 2050 cc

235Morandi-Izzo, L’ACQUA, mare, laghi e fiumi, La responsabilità civile e penale

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e, quindi, ritenere responsabile l’organizzatore per esercizio di attività pericolosa qualora ricorrano tutti i presupposti previsti dal codice. Passando alla figura del gestore di impianti sportivi, dobbiamo innanzitutto dire che si tratta di un soggetto il cui obbligo di cura si espleta nei confronti dell’impianto stesso, in quanto il suo scopo è proprio quello di mettere a disposizione degli utenti (atleti e non) determinati spazi per lo svolgimento di una o più pratiche sportive, indipendentemente dal loro rilievo agonistico.

Compito principale del gestore è quello di «assicurare l’idoneità e la sicurezza dell’impianto con specifico riguardo all’uso cui è destinato, ricadendo quindi sullo stesso le conseguenze pregiudizievoli derivanti, in capo agli atleti o ad altri soggetti, da carenze nell’apprestamento e

nella manutenzione che siano al medesimo imputabili»236.

Il soggetto in questione ha, quindi, il dovere di vigilare sulla sicurezza delle attrezzature e degli impianti, di provvedere alla loro manutenzione ordinaria e straordinaria, nonché di adottare tutte le cautele opportune al fine di prevenire gli eventi dannosi che potrebbero danneggiare coloro che per varie ragioni fruiscono della struttura sportiva.

Si comprende come il gestore sia, in pratica, responsabile della sicurezza e della incolumità di tutte le persone che accedono all’impianto.

Per tale motivo la posizione del gestore assume una qualificazione particolare: egli, infatti, è titolare di una posizione di garanzia che, è bene sottolineare, non è senza limiti; «potrà (pertanto) essere chiamato a rispondere solo degli eventi dannosi prevedibili ed evitabili, i quali,

236M. Pittalis, La responsabilità sportiva , prinicpi generali e regole tecniche a

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proprio in quanto prevedibili ed evitabili gli impongono un potere-

dovere di intervenire al fine di scongiurarne l’insorgere»237.

In virtù di quanto detto, il gestore sarà dunque tenuto a predisporre tutto quanto si renda necessario ad impedire ogni pregiudizio dell’integrità fisica dei propri utenti.

Per quanto riguarda il regime di imputazione su cui si fonda la responsabilità extracontrattuale del gestore per danni a terzi, è opportuno precisare che la giurisprudenza lo riconduce, a seconda del tipo di impianto e di sport praticato, talvolta al detto dell’art. 2043 cc., talaltra a quello ex art. 2050 cc., per esercizio di attività pericolose. Non sono tuttavia mancati casi in cui i gestori sono stati riconosciuti responsabili ai sensi dell’art. 2051 relativo alla responsabilità per cose in custodia: in tale prospettiva il gestore può essere chiamato a rispondere per eventi di danno risultanti da insufficiente manutenzione delle parti strutturali dell’impianto, fatta salva la possibilità di esonerarsi attraverso la prova del caso fortuito.

Esamineremo nel prossimo paragrafo e più dettagliatamente le ipotesi di responsabilità suddette, che appunto interessano la figura del gestore sportivo.

2 . – La responsabilità civile del gestore sportivo – A questo punto della trattazione occorre esaminare più da vicino quella che è la tematica della responsabilità civile applicata alla particolare figura sportiva del gestore di impianti.

Posto che l’attività del soggetto in questione consiste sostanzialmente nella messa a disposizione di terzi di uno o più spazi per lo

237G. Febbo, La responsabilità civile e penale del gestore di impianti sportivi, in

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svolgimento di attività non agonistica, quest’ultimo avrà il compito di garantire l’idoneità e la sicurezza dei locali e degli impianti, nonché la sicurezza delle persone che vi accedono.

Ne discende, pertanto, che lo stesso avrà l’obbligo di controllare le attrezzature e gli impianti, effettuando manutenzioni periodiche e di adottare le misure di sicurezza utili per evitare eventuali danni: viene in tal senso in rilievo la posizione di garanzia del gestore, così come prevista dall’art. 40 c.p., peraltro sostenuta da recente

giurisprudenza238.

Sebbene nella prassi non sia inusuale che la figura del gestore sportivo venga a coincidere con quella del proprietario dell’impianto, tuttavia accade spesso che gli enti pubblici, titolari degli impianti, diano gli stessi in gestione a privati, in particolar modo alle società sportive, purché ne facciano determinati usi e solo mediante concessione amministrativa: in tali casi i rapporti tra il proprietario della struttura sportiva e il soggetto gestore vengono regolamentati dal rapporto contrattuale tra essi sorto, mentre «nei riguardi dei terzi danneggiati risponde unicamente il gestore, tenuto a verificare la perfetta funzionalità della struttura deputata ad ospitare lo svolgimento della

relativa disciplina sportiva e/o evento sportivo organizzato»239.

Al riguardo, in capo all’ente pubblico, potrebbe ravvisarsi in via concorrente con il gestore una responsabilità riconducibile all’obbligo

238Cass. Pen., sez. IV, 14 dicembre 2005, n. 4462, in Giur. it., 2007, 1, 182. nella

specie la corte era stata chiamata ad esprimersi sulla tematica della responsabilità penale omissiva del gestore di impianti ed ha fatto proprio un orientamento per il quale il responsabile delle attrezzature sportive e ricreative destinate alla comunità, è titolare di una posizione di garanzia riconducibile all’art. 2051 volta alla protezione dell’incolumità personale di coloro che utilizzano le stesse.

È bene ricordare che l’art. 40 c.p. pone sullo stesso piano cagionare un evento con il non impedirlo; prevede infatti che”non impedire l’ evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”: tale obbligo di garanzia assume la forma dell’obbligo di protezione o di controllo.

239G. Febbo, La responsabilità civile e penale del gestore di impianti sportivi, in

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di custodia del bene ai sensi dell’art. 2051240 cc. ed anche una

responsabilità connessa ad eventuali danni provocati da rovina di edificio ex art. 2053 cc.

Per quanto invece concerne la responsabilità del gestore che assume anche la posizione di organizzatore di manifestazioni sportive, è evidente che, in tal caso, al gestore si applicherà il regime di responsabilità proprio del suddetto e sarà altresì tenuto a «non consentire l’ingresso ad un numero di spettatori superiore a quello della capienza dell’impianto ed evitare spostamenti di persone da un

settore e l’altro»241: al riguardo, poiché copiosa è la casistica relativa

al gestore, soprattutto quando sia anche organizzatore dell’evento sportivo, vi sono rilevanti fattispecie che si ritiene opportuno segnalare242.

In tema di responsabilità civile del gestore per danni a terzi, come già anticipato, dottrina e giurisprudenza si trovano concordi nel ricondurla, alternativamente, all’alveo dell’art. 2043 o a quello dell’art. 2050, tenendo conto del tipo di impianto e dello sport praticato.

Tuttavia, è possibile ravvisare in capo al gestore sportivo anche una responsabilità di natura contrattuale, ogniqualvolta, provvedendo alla

240Secondo il Tribunale di Milano (1 luglio 2004, in Resp. Civ. prev., 2006, p. 1311)

entrambi i soggetti sono “gravati dell’obbligo di custodia con riferimento alle attrezzature presenti nel centro […] ove è avvenuto l’incidente: la qualità di custode discende dall’essere, al momento dei fatti, il soggetto gestore del centro come risulta dal contratto stipulato con il comune […]”. Nonostante la qualità di custode in capo al soggetto menzionato, non si può escludere nel caso concreto “l’obbligo di custodia esistente in capo al Comune proprietario del suddetto centro, dovendo ritenersi che il comune, con la stipula del contratto de quo, non si sia neppure temporaneamente spogliato del potere-dovere di vigilanza dello stato di conservazione delle proprie strutture”.

Il caso di specie, nel quale erano coinvolti sia il gestore che il proprietario, vedeva protagonista un utente di una piscina che era scivolato dalla scaletta mentre stava uscendo dall’impianto e che si era procurato un’ampia ferita al tallone destro poiché i gradini erano “taglienti e non smussati”.

241G. Valori, Il diritto nello sport, Giappichelli editore, Torino, 2016, p. 300. 242In ambito calcistico si ricorda Caso Giampà e Caso Juventus.

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vendita di biglietti in qualità di organizzatore di una manifestazione sportiva, si assume anche l’obbligazione contrattuale di assicurare lo svolgimento e la fruizione dello spettacolo sportivo, oltre a quello di predisporre ogni più efficace misura atta a garantire la sicurezza degli spettatori.

Tornando al profilo extracontrattuale, è chiaro che qualora vi sia un danno ingiusto conseguente ad un comportamento (azione od omissione) doloso o colposo del gestore, la cui attività di gestione sportiva non sia ascrivibile alla rosa di attività pericolose ex art. 2050, si applicherà il regime di responsabilità dell’art. 2043 che, come sappiamo, pone a carico del danneggiato la prova del danno ingiusto, della colpevolezza del danneggiante, nonché la prova del nesso causale tra la condotta e l’evento lesivo.

Ne deriva, quindi, che nel caso in cui si ritenga la gestione in oggetto un’attività pericolosa, debba applicarsi l’art. 2050 cc. il quale, configurando una responsabilità c.d. presunta (che prescinde quindi da un’indagine sulla colpa) per coloro che esercitano un’attività particolarmente rischiosa, comporta gioco forza un ribaltamento dell’onere probatorio a favore del danneggiante: tale probatio diabolica consistente nella dimostrazione che il danno è derivato da causa a lui non imputabile, ovvero nella prova di aver adottato tutte le misure idonee a prevenire il danno stesso, che variano in relazione alle specifiche situazioni attraverso le quali l’attività pericolosa viene esercitata243.

Quanto alla pericolosità della gestione di impianti sportivi, la giurisprudenza ha riconosciuto come attività pericolosa l’esercizio di

243G. Valori, Il diritto nello sport, Giappichelli editore, Torino, 2016, cit. p. 293.

Pertanto, ai fini dell’esonero dalla responsabilità in oggetto, non sarà sufficiente per il danneggiante fornire la prova negativa di non aver commesso alcuna violazione di norme di legge o di comune prudenza e diligenza.

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alcuni di essi, senza esprimersi in modo uniforme sul punto; la giurisprudenza di merito, peraltro, è piuttosto variegata.

Prima però di passare all’esame della casistica, facendo previamente il punto sul concetto di attività pericolosa previsto dal codice, occorre ricordare che il gestore di impianti risponde dei danni a terzi anche in base al regime previsto dall’art. 2051 cod. civ., in quanto è colui che, in virtù della piena disponibilità dell’impianto e delle sue strutture, è tenuto alla manutenzione e alla custodia degli stessi.

Perciò qualora accada un infortunio ad un utente dell’impianto a causa di una scarsa manutenzione a livello strutturale, la vittima avrà diritto ad agire per il risarcimento dei danni subiti.

In tal senso, a fronte della acclarata244 sussistenza “anche in relazione

alle cose inerti e prive di un proprio dinamismo” (nella fattispecie un

Nel documento Fenomeno sportivo e responsabilità (pagine 115-150)

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