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2.2 GIUSEPPE CAPOGRASS

2.2.4 CAPOGRASSI E DANTE

Al fine di comprendere come Capograssi si avvicina a Dante, è importante tenere presente che il primo passo è rappresentato dalla Divina

Commedia, la quale non è considerata come prodotto letterario, bensì come

sintesi suprema di una visione unitaria della vita e della morte dell'uomo, del suo destino e di quello dell'umanità, sintesi di altissima poesia in un contesto di civiltà cristiano-medioevale, come sintesi filosofico-teologica, invece, viene considerata l'opera di San Tommaso.

Con la rappresentazione dell'itinerario paolino-bonaventuriano dallo smarrimento nella selva a Dio, secondo Capograssi259 Dante, concludendo la generazione di giganti del Medio Evo, «ha riassunto le aspirazioni e i sentimenti dell'anima umana»: «solo vista in questa folla di geni smarriti nel loro sogno di pensiero, si può comprendere la grande e stupenda figura assorta e sognante di Dante. [...] Così quel poema è veramente il poema dell'umanità, a cui tutta l'umanità ha messo mano».

258

CAPOGRASSI G., Pensieri a Giulia, cit., pp. 135.-136, n. 513.

Ma già precedentemente egli aveva affermato: «A differenza del filosofo, del suo grande Tommaso, del suo grande Bonaventura, del suo grande Agostino, egli, il Poeta, vede tutte le grandi idee che quelli videro, non nelle forme delle idee, non nella forma morta ed esangue del concetto, ma nella viva forma della vita. [...] Le grandi verità eterne, che nessuno ha espresso come egli le ha espresse, sono viste da lui nella pienezza e nella bellezza della vita, sono viste da lui in quanto non sono altro che vita»260.

Nei due pensieri riportati viene brevemente indicato il motivo fondamentale per cui tutta la vita di Capograssi e di Giulia si è svolta «sotto gli auspici di Dante» ed alla luce e nelle prospettiva nel suo Poema.

La presenza di Dante negli scritti di Giuseppe Capograssi è continua e costante, sia per richiami diretti, sia per echi evidenti, che urgono quasi con prepotenza, in modi diversi negli scritti dello studioso e nei Pensieri a

Giulia.

Il colloquio del Capograssi con Dante permane ininterrotto per tutta la vita, senza dimenticare che esso viene accompagnato da quello, altrettanto impegnativo, con Manzoni, Leopardi e Pascoli, per limitarci ai poeti italiani.

Nei Pensieri a Giulia emerge il fatto che, sin dal momento dell'incontro con lei, soprattutto nel colloquio con Dante, è presente un terzo interlocutore, poiché Giulia vi partecipa intensamente, con discrezione, ma non in posizione secondaria.

È possibile affermare che il colloquio è stato certamente favorito da lei, infatti non può sfuggire quale profondo significato ha avuto il suo

regalo dell'immagine di Dante, collocata nella camera del Capograsssi a Sulmona: il primo dono nel primo anno del loro amore.

Il significato di ciò è fornito da un pensiero scritto appunto da Sulmona: «Ieri l'ho ricevuta, Giulia mia, la piccola, cara, bella immagine di Dante, che tu avevi comprato l'anno passato, che in cuor tuo tu mi avevi donato un anno fa, che con tanto vigile volere di amore avevi scelto pensando a me»261. Capograssi aggiunge: « Mi sono ricordato che il primo

dono che tu mi facesti, tu che tanti ne hai fatti, è quella immagine di Dante che è ora in camera mia; è quella immagine che mi portò la prima volta il segno che tu ti eri messa a contatto della corrente più profonda e più sotterranea dell'anima mia».

Da questi brevi tratti si comprende bene che il rapporto del Capograssi con Dante risale ad un tempo antecedente, sia per lui che per lei, che ne ha colto l’importanza del significato per lui. In tal modo si crea una comunione nel nome di Dante, «il tuo e mio Dante»262.

Successivamente, nei Pensieri, si legge «E in Dante la rappresentazione della Eucaristia è, secondo me, sopratutto, del suo ‘aspetto’ con il Valore Infinito: avviene spiegatamente quello che inspiegabilmente avviene nella Comunione Eucaristica, in cui tutto si comunica al fedele che ama»263.

Oltre all’opera Pensieri a Giulia, Dante si scorge anche nelle Riflessioni

sulla autorità e la sua crisi. In effetti, si legge «la volontà è proprio la ragione

261 Pensiero del 17 agosto 1919, n. 257. 262

CAPOGRASSI G., Pensieri a Giulia, 30 dicembre 1918, n. 26; 21 aprile e 3 maggio 1919, nn. 140, 148; 3 gennaio 1920, n. 401.

che ha dominato le forze pratiche dello spirito e tende ai suoi fini […]. La volontà stessa pone il problema del fine […]. Col suo ripiegarsi sopra di sé la ragione vede se stessa illuminata dal lume dell’assoluto, si ‘posa’, per riprendere la parola di Dante, nella verità prima e sostanziale che essa intuisce e sulla quale fonda tutta quanta la sua esperienza disposta in un vasto ordine di fini»264. Ed ecco, invece, i versi nei quali Dante canta il travaglio nella ricerca del vero: «Io veggio ben che già mai non si sazia / nostro intelletto, se ‘l ver non lo illustra / di fuor dal qual nessuno vero si spazia. / Postasi in esso, come fera in lustra, / tosto che giunto l’ha; e giugner puollo: / se non, ciascun disio sarebbe frustra»265.

Un altro ricordo in onore di Dante, inerente un «vasto ordine di fini», viene reso esplicito nel momento in cui si riprende il discorso: «L’ordine delle cose rivela un ordine più profondo ancora, quello che fu chiamato, con frase platonica, ‘ordo amoris’, cioè tutto l’essere che tende a salire sino all’infinito. Essere è Amore. L’ordine delle cose rivela non solo la somiglianza di cui parla Dante tra universo e Dio, ma la spinta di tutte le cose a completare il proprio essere finito, a integrare la propria natura difettosa, a risalire al centro di tutto l’essere. Così l’ultimo bene, il bene incommutabile, il bene del quale ogni bene partecipa, rimane l’Assoluto. E in esso, la volontà trova il suo finale appagamento»266.

Ed ecco di seguito i versi nei quali Dante si fa spiegare da Beatrice l’ordine dell’universo: «[…] e cominciò: ‘Le cose tutte quante / hanno ordine tra loro, e questo è forma / che l’universo a Dio fa somigliante. /

264

CAPOGRASSI G., Riflessioni sulla autorità e la sua crisi, cit., p. 54.

265

Qui veggion l’alte creature l’orma / de l’etterno valore, il quale è fine / al quale è fatta la toccata norma. / Ne l’ordine ch’io dico sono accline / tutte nature, per diverse sorti, / più al principio loro e men vicine; / onde si muovono a diversi porti / per lo gran mar de l’essere, e ciascuna / con istinto a lei dato che la porti»267.

Inoltre, non deve trascurarsi che nei Pensieri a Giulia, Capograssi richiama spesso l’Inferno dantesco, in contemporanea con le Riflessioni

sull’autorità, che lo hanno tenuto occupato dal 1918 al 1921.

«Il Signore vorrà darci lume, nell’ardua ricerca, nell’atroce viaggio traverso i giorni infernali del pensiero moderno, che all’ultimo conducono al fondo di tutto il male, a Lucifero, incastrato nella ghiaccia eterna e dannato a muovere in eterno le tristi ali di pipistrello non per volare ma per rimanere più confitto»268.

«[…] non c’è nessuno che ardisce di riunire i cuori degli uomini che il Demonio, che lo spirito maligno interrompe e disunisce e sconnette senza posa. […] Tutti i dannati di Dante si sono staccati, vanno girovagando solitari e sconnessi»269.