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2.2 GIUSEPPE CAPOGRASS

2.2.3 CAPOGRASSI E LEOPARD

L’opera di Leopardi ebbe un ruolo rilevante nella formazione spirituale e speculativa di Giuseppe Capograssi.

Le considerazioni sul Leopardi ricorrono nel corso dell’epistolario dal 1919 al 1924, nello specifico durante gli anni della composizione del secondo scritto249, a volte con richiami precisi ai precedenti orientamenti spirituali e culturali.

Il sentimento lirico che costituisce una delle ispirazioni di fondo dei Pensieri a Giulia, ha come modello di riferimento la poesia di Leopardi. Il Capograssi, infatti, sotto certi punti di vista, sembra aver fatto al propria considerazione leopardiana che «la lirica di può chiamare la cima, il colmo, la sommità della poesia la quale è la sommità del discorso umano»250.

Il proposito leopardiano di una poesia in prosa, realizzato nelle

Operette morali, informa lo stile e il linguaggio del Capograssi e gli conferisce

una caratteristica particolare. Leopardi è uno degli autori di Capograssi

248

ACCARDOS., Capograssi e Manzoni, Milano, Giuffrè, 1992, pp. 3 segg..

249

CAPOGRASSI G., Riflessioni sulla autorità e la sua crisi, 1820-1921.

insieme a Sant’Agostino, Pascal, Vico, Hegel, Rosmini, Manzoni, Blondel251. Capograssi confida a Giulia di essere nato «leopardianamente»252. Infatti, si legge «Ricordo nelle giornate serene, Giulia mia, nel grande orizzonte di Macerata il lontano profilo di Recanati, e la macchia biancastra di Loreto […]. Tornavano alla mente i versi del Recanatese “lingua mortal non dice quel ch’io sentiva in seno” (A Silvia). E ricordo Giulia mia tutta la nostalgia che mi appuntiva potente e profonda, quando io guardavo quei lontani monti, quando io guardavo quelle stazioni piccole e piene di fumo e di sogno […]»253.

Quelli furono anni determinanti per la formazione della personalità del Capograssi, anni leopardiani, in cui la poesia e la concezione del mondo del poeta rappresentarono per il Capograssi la risposta più coerente alla crisi religiosa e nello stesso tempo la grande e vera consolazione.

Dunque, l’opera poetica e filosofica di Leopardi fu intensamente vissuta da Capograssi, fatta propria, assimilata, nel senso che la risoluzione della sua crisi religiosa avvenne all’interno del mondo poetico leopardiano in virtù dell’incontro veramente illuminante con la spiritualità e la filosofia di Rosmini254.

In relazione ai famosi Pensieri, il presupposto della speculazione capograssiana è il rapporto che sussiste tra la poesia e la filosofia, come si pone all’interno della poetica leopardiana, poiché la poesia coglie la verità della vita.

251 PIOVANI P., Un’analisi esistenziale dell’esperienza comune, in La filosofia dell’esperienza

comune di G. Capograssi, Napoli, 1976, p. 36.

252

CAPOGRASSI G., Pensieri a Giulia, Milano, 1978, p. 344, n. 290; lett. 35, pp. 56-61.

253

Leopardi aveva messo in evidenza il rapporto filosofia-poesia osservando che l’ispirazione di fondo del filosofo, l’idea che gli consente di vedere i rapporti delle cose e di esprimerli sistematicamente scaturisce dall’immaginazione: per Leopardi, infatti, il vero filosofo deve essere un «sommo e perfetto poeta, ma non già per ragionar da poeta; anzi per esaminare da freddissimo ragionatore e calcolatore ciò che il solo ardentissimo poeta può conoscere»255.

Il nesso leopardiano appena riportato è fatto proprio dal Capograssi nel senso che la poesia dà una voce, una parola, una forma a ciò che è originario e profondo nell’animo umano, cogliendolo nella sua verità: la poesia, dunque, anticipa e precede la ragione nel senso che esprime proprio ciò che umanamente la ispira e la oriente: in tal modo si nota nei Pensieri considerazioni di chiara intonazione leopardiana

Dalla poesia si origina la nostra conoscenza, come avvertenza iniziale, come sentimento di quello che si è, come momento in cui l’individuo sente ed acquista consapevolezza della verità della sua vita. Da tale prospettiva, Leopardi è un poeta autobiografico nel senso che la sua poesia rappresenta la storia della sua anima, del suo mondo poetico. «I sentimenti, le passioni, le illusioni, più particolarmente la malinconia, la noia, il dolore, l’infelicità diventano puro esserci, sentire e possedere la propria esistenza solamente nella poesia»256.

Ed è proprio questa per Capograssi la verità della poesia leopardiana, l’identità della poesia e della filosofia.

255

LEOPARDI G., Zibaldone di pensieri, cit., p. 1171.

256

D’ADDIO M., Capograssi e Leopardi, in Mercadante F., (a cura di), Due convegni su Giuseppe Capograssi, (Roma- Sulmona, 1986), Giuffré, Milano, 1990, p. 1090.

La poesia di Leopardi coglie ed esprime i sentimenti e le passioni che danno all’individuo la consapevolezza dolorosa e drammatica della sua situazione esistenziale. La ricerca continua ma vana di ciò che veramente appaga il nostro animo si conclude alla fine con la negazione di quella vita che, invece, si intendeva affermare: le illusioni man mano cadono ad una ad una e subentra lo sconforto e la stanchezza, che si traducono a loro volta in disinteresse e distacco nei confronti della vita. Il tedio leopardiano esprimeva per Capograssi le ragioni profonde della crisi della società contemporanea: «È tutto un ondeggiare ampio e vasto, tutto un mareggiare di eventi, e di tormenti, di giornate assolate e di giornate tristi, di notti piene di stelle e di notti piene di buio, un immenso intreccio di eventi, in mezzo ai quali la povera anima vive, passa, soffre, pensa, sogna, s’indugia, si scosta, e alla fine capisce che fintanto andrà sul mare infinito della vita visibile vana è la speranza di quiete, vano è il desiderio della calma, vano è il cercare la pace […] E allora l’anima leopardiana si dispera, si dibatte, si cruccia senza posa, non trova posa e non trova pace, ed è assalita da un grande tedio, da quel tremendo tedio, da quel mortale tedio della vita, tedio del mondo, e dell’esistere, che rende così atroci e piene di spasimo le tragedie di queste fosche anime»257.

La solitudine dell’io nell’esperienza leopardiana è resa drammatica dal fatto che essa, dissolte tutte le illusioni, si trovi dinanzi al nulla, che è la logica conclusione del pessimismo cosmico, della convinzione che il male e il dolore sono l’essenza del reale, della vita, e del conseguente ateismo. C’è in Leopardi, secondo Capograssi, un atteggiamento nei confronti del

mondo, delle cose che nella vita appaiono grandi ed importanti, che richiama i grandi pensatori cristiani nella comune avvertenza di tutti gli sforzi degli uomini volti a conseguire una inattingibile felicità nell’aspirazione costante a conseguire una vera pace dello spirito, per questo Leopardi «è stato colui che nell’età moderna ha con più tragica e perenne inesistenza sentito il bisogno della fede nella venuta di Dio»258.