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Caratteristiche anatomo-patologiche

2.1.4 Diagnosi

2.1.4.3 Caratteristiche anatomo-patologiche

Le lesioni apprezzabili all’analisi anatomo-patologica identificano un elemento cruciale nel formulare la diagnosi di IgG4-RD in quanto i diversi distretti colpiti dalla malattia riconoscono il medesimo pattern di presentazione istopatologica, tale peculiarità è risultata indispensabile nell’inquadramento nosologico della malattia poiché ha consentito di riunire sotto un’unica definizione molteplici patologie con il medesimo aspetto istologico ma fino ad allora considerate non correlate dal punto di vista clinico; a tale comportamento fanno tuttavia eccezione i linfonodi, il polmone e la mucosa orale in cui i reperti istologici possono essere più variabili mimando altre patologie in grado di colpire tali distretti. Più nel dettaglio i tratti

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salienti della malattia correlata ad IgG4 corrispondono ad un denso infiltrato linfoplasmacitico con un’elevata rappresentazione di plasmacellule IgG4+, alla fibrosi storiforme, alla flebite obliterante e ad una moderata eosinofilia tissutale; tra le caratteristiche istopatologiche minoritarie, apprezzabili comunque in molteplici distretti, si ricordano invece la presenza di centri germinativi e follicoli linfoidi, l’arterite obliterante e la flebite non obliterante19.

2.1.4.3.1 Infiltrato linfoplasmacitico

La prima caratteristica anatomo-patologica corrisponde alla presenza di un denso infiltrato linfoplasmacitico (Fig. 9A-9B) in cui è possibile rilevare livelli elevati di plasmacellule IgG4+ le quali risultano predominanti rispetto alle plasmacellule esprimenti altri isotipi di Ig (IgE, IgG1, IgG2, IgG3), per quanto pur sempre rintracciabili in caso di IgG4-RD: l’elemento che può consentire di orientare verso la diagnosi di IgG4-RD rispetto ad altre patologie infiammatorie, in cui possono egualmente essere repertate plasmacellule IgG4+, consiste proprio nella spiccata rappresentazione di tali cellule ed in particolare è considerata suggestiva la presenza di entrambi i seguenti parametri quali >10 plasmacellule IgG4+/HPF ed un rapporto plasmacellule IgG4+/plasmacellule IgG+ >40%; la sola presenza di un elevato numero di plasmacellule IgG4+/HPF non può infatti essere ritenuta sufficiente in quanto altre malattie infiammatorie oltre alla IgG4-RD possono condividere tale reperto in cui l’accumulo tissutale delle plasmacellule esprime soltanto una grande concentrazione di queste ultime senza che siano necessariamente molto più rappresentate rispetto agli altri isotipi, prerequisito fondamentale nel contesto della malattia da IgG483.

Nonostante le plasmacellule IgG4+ siano considerate a tutti gli effetti uno degli aspetti istologici principali della patologia (Fig. 9C), la malattia da IgG4 si caratterizza tuttavia per un infiltrato infiammatorio costituito da un’abbondanza di linfociti T CD4+: nella maggior parte dei casi, infatti, le cellule della linea B sono confinate in aggregati linfoidi o, meno frequentemente, in centri germinativi tra i quali si dispongono in maniera diffusa i linfociti T maturi CD4+. Tale infiltrato può sia rimanere confinato all’organo interessato, come nel caso dell’interessamento sottomandibolare, o in alternativa estendersi agli organi circostanti secondo quanto si verifica nel caso dell’AIP1 in cui è frequentemente descritto il coinvolgimento del retroperitoneo; nella maggior parte delle circostanze il reclutamento infiammatorio altera la struttura degli organi interessati senza determinarne la necrosi, evento che tuttavia è stato descritto in una minoranza dei casi sotto forma di distruzione dell’aorta e delle ossa craniche.

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2.1.4.3.2 Fibrosi storiforme

Il secondo elemento caratteristico della malattia da IgG4 corrisponde alla fibrosi storiforme (Fig. 9A-9B) secondo cui il collagene si deposita in maniera tale da ricordare una ruota di carro, aspetto raramente apprezzato nel contesto delle malattie infiammatorie reumatologiche e tipico, invece, delle neoplasie mesenchimali; questo reperto può essere descritto in qualsiasi organo colpito dalla malattia correlata ad IgG4 tuttavia non risulta particolarmente significativo in corrispondenza dei linfonodi e delle ghiandole lacrimali. La deposizione di collagene è probabilmente secondaria all’attivazione dei miofibroblasti a sua volta indotta dagli stimoli profibrotici correlati alla presenza di un processo infiammatorio cronico e, nel complesso, identifica un elemento peculiare delle fasi più tardive della malattia sebbene un certo grado di fibrosi possa essere sempre apprezzato anche in quelle iniziali: secondo gli studi più recenti, infatti, la fase attiva della malattia sarebbe caratterizzata dalla presenza di un cospicuo quantitativo di linfociti B e T mentre la progressiva scomparsa dell’infiltrato linfoplasmacellulare e delle plasmacellule IgG4+, accompagnata ad una significativa fibrosi, indicherebbe la conversione in una lesione di vecchia data; tale comportamento risulta estremamente rilevante al momento della diagnosi anatomo-patologica in quanto il campionamento bioptico fornito può presentarsi in diverse fasi di malattia e soprattutto perdere il classico infiltrato linfoplasmacitico qualora il sospetto, ed i relativi accertamenti, siano eseguiti in fase tardiva oppure non sia stata campionata un’area con malattia in fase attiva12.

2.1.4.3.3 Flebite obliterante

Il terzo elemento coincide con la flebite obliterante (Fig. 9D) la quale consiste nell’occlusione parziale o completa del lume delle vene di piccolo e di medio calibro da parte di un abbondante infiltrato infiammatorio costituito da linfociti e plasmacellule, quadro che può essere distinto da altre forme di vasculite (es. poliarterite nodosa, poliangite microscopica) per l’assenza di necrosi parietale e di deposizione di fibrina; il riconoscimento di tale aspetto, alla valutazione anatomo-patologica, costituisce un importante ausilio nel formulare il sospetto di malattia da IgG4 in quanto apprezzabile soltanto in questa patologia. Sebbene l’obliterazione vascolare coinvolga preferenzialmente la rete vascolare venosa, più raramente un aspetto sovrapponibile può essere riscontrato anche sul versante arterioso: nella maggior parte dei casi sono interessate le arterie di piccolo e medio calibro, in particolare quelle dislocate in sede polmonare, tuttavia possono talvolta essere colpite anche le arterie di grosso calibro come l’aorta.

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2.1.4.3.4 Eosinofilia tissutale

L’ultima caratteristica principale della malattia da IgG4 è rappresentata dalla eosinofilia tissutale: raramente gli eosinofili sono assenti in tale patologia, infatti tali cellule sono presenti in più della metà delle lesioni correlate alla malattia da IgG4 risultando apprezzabili in percentuali variabili da scarse a modeste; talvolta possono rappresentare l’elemento istologico principale, tipico è il caso della fibrosi eosinofilica angiocentrica in cui si verifica l’interessamento dell’orbita o delle vie respiratorie superiori, e risultare così abbondanti da far nascere il sospetto di una patologia su base allergica come nel caso della colangite eosinofilica IgG4-correlata19.

2.1.4.3.5 Altri reperti

Devono infine essere citati due aspetti che, qualora identificati alla valutazione anatomo- patologica, possono rappresentare dei criteri di esclusione di malattia correlata ad IgG4 quali i granulomi epitelioidi e l’infiltrato infiammatorio neutrofilo, tuttavia quest’ultimo può essere non così infrequente in corrispondenza del distretto polmonare, che pertanto identifica una sede con tratti anatomo-patologici relativamente atipici, probabilmente in relazione all’interfaccia presente tra il parenchima polmonare ed i fattori lesivi ambientali in grado di penetrare all’interno delle vie aeree.

FIGURA 9 Tipiche caratteristiche istopatologiche della malattia correlata a IgG4 in sede polmonare,

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bioptico di polmone. L’infiltrato cellulare diffuso si intreccia con una massiva fibrosi storiforme. Colorazione in ematossilina-eosina, ingrandimento 100x. B | Alto ingrandimento di un infiltrato linfoplasmacitico (frecce bianche) e di fibrosi storiforme (frecce nere). Colorazione in ematossilina-eosina, ingrandimento 400x. C | Campionamento bioptico del retroperitoneo di un paziente con fibrosi retroperitoneale correlata ad IgG4 sottoposto a colorazione immunoistochimica per identificare le plasmacellule IgG4+ (nuclei marroni). Sono inoltre apprezzabili anche i centri germinativi (frecce). Ingrandimento 400x. D | Flebite obliterante in un campionamento bioptico polmonare proveniente da un paziente con mediastinite fibrosante. Il lume della vena (freccia nera) è pressoché completamente obliterato dall’infiltrato linfoplasmacitico (freccia grigia). Colorazione in ematossilina-eosina, ingrandimento 400x. (Immagine tratta da IgG4-related disease and the kidney di Cortazar e Stone, Nature reviews Nephrology)

2.1.4.4 Algoritmo diagnostico

In seguito alla formulazione del sospetto diagnostico, la diagnosi di IgG4-RD può essere confermata, considerata possibile/probabile o negata applicando uno specifico algoritmo diagnostico (Fig. 10) che si articola in tre valutazioni sequenziali in merito all’interessamento d’organo, all’elevazione sierica delle IgG4 ed alle caratteristiche anatomo-patologiche:

- Il primo parametro da valutare corrisponde all’interessamento d’organo, inteso come ingrandimento diffuso/focale o disfunzione, in quanto soltanto in sua presenza è possibile ipotizzare in maniera concreta la malattia IgG4-correlata la quale è esclusa in caso contrario.

- Il secondo parametro da considerare corrisponde all’elevazione dei livelli di IgG4 ad un valore >135 mg/dl poiché la positività/negatività di tale esame prospetta scenari differenti se combinato alle caratteristiche anatomo-patologiche:

 La presenza di valori di IgG4 >135 mg/dl contestualmente alla positività anatomo-patologica (IgG4+/IgG+ >40% e >10 cellule IgG4+/HPF) consente di formulare in maniera certa la diagnosi di IgG4-RD (categoria 1) mentre la negatività del referto anatomo-patologico o la sua non esecuzione rendono la diagnosi possibile (categoria 2 e 3);

 In caso di IgG4 <135 mg/dl e positività anatomo-patologica la diagnosi è probabile (categoria 4), diversamente la negatività del referto anatomo- patologico o la sua non esecuzione (categoria 5 e 6) escludono del tutto la diagnosi di IgG4-RD.

Nei pazienti che rientrano nella categoria 2 – 5 è tuttavia possibile valutare se siano rispettati o meno i criteri diagnostici proposti per l’interessamento pancreatico, salivare e renale riconducibile alla malattia da IgG4 poiché, in caso di positività alla

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pancreatite autoimmune di tipo 1, alla malattia di Mikulicz o alla malattia renale IgG4- correlata è possibile raggiungere la diagnosi di certezza di malattia (categoria 7)84.

FIGURA 10 Algoritmo diagnostico della malattia correlata a IgG4.

2.1.5 Trattamento

Il trattamento della malattia IgG4-correlata deve essere sempre attuato nei pazienti sintomatici mentre in caso di completa asintomaticità è possibile adottare un approccio prudenzialista di see and wait il quale può essere praticato in maniera concreta soltanto qualora siano colpiti distretti minoritari, come i linfonodi o le ghiandole sottomandibolari, diversamente il coinvolgimento degli organi vitali (pancreas, fegato, vie biliari, reni, tiroide, polmoni e vasi di grosso calibro) impone il ricorso ad una specifica terapia parimenti al soggetto con malattia clinicamente manifesta; ciò deriva dal fatto che l’interessamento di questi distretti critici può mantenersi relativamente asintomatico fino agli stadi più avanzati della malattia in cui il processo infiammatorio cronico e la fibrosi determinano un sovvertimento strutturale tale da non essere più responsivo a qualsiasi misura terapeutica (Fig. 11).

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FIGURA 11 Protocollo decisionale in merito alla terapia da adottare nei pazienti con malattia correlata a IgG4.

2.1.5.1 Glucocorticoidi

I farmaci glucocorticoidi rappresentano la prima strategia terapeutica sfruttata per indurre la remissione in quanto consentono la risoluzione della maggior parte delle manifestazioni cliniche: l’approccio classicamente utilizzato prevede di somministrare una dose iniziale di Prednisolone orale di 0,6-1 mg/kg/die per 2-4 settimane, periodo oltre il quale risulta indispensabile procedere con una riduzione graduale della dose di 5 mg ogni 1-2 settimane in funzione della sintomatologia del paziente, degli esami laboratoristici e dell’interessamento d’organo documentato alle tecniche di imaging; lo scalare della dose è infine seguito da due strategie terapeutiche differenti in quanto da un lato è possibile interrompere del tutto il trattamento dopo 2-3 mesi, ed eventualmente prendere in considerazione farmaci steroido- risparmiatori qualora la patologia divenisse recidivante o refrattaria al trattamento, o, in alternativa, mantenere il Prednisolone ad un basso dosaggio (2,5-5 mg/die) per tre anni, quest’ultimo approccio preferibile nei pazienti che possiedano un elevato rischio di recidiva quali pazienti a) con malattia multiorgano, b) con elevati valori sierici di IgG4, c) con interessamento delle vie biliari intra-/extra-epatiche e d) con storia positiva di ricaduta80,85. La risposta ai glucocorticoidi è in genere brillante e rapida fornendo un criterio ex juvantibus qualora il trattamento della patologia fosse stato avviato prima di una conferma diagnostica, infatti una scarsa risposta a tale terapia rappresenterebbe un elemento atipico tanto da far propendere verso la possibilità di altre patologie alla base del corredo sintomatologico e, in particolare, di tipo neoplastico; si precisa tuttavia che l’entità della risposta farmacologica può

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variare sulla base della fibrosi, infatti la malattia riconosce una maggiore risposta soprattutto nelle fasi iniziali in cui predomina l’infiltrato infiammatorio linfoplasmacitico rispetto al processo fibrotico, e del distretto poiché concreta in caso di interessamento pancreatico e salivare mentre meno significativa in caso di fibrosi retroperitoneale, mesenterite sclerosante e mediastinite fibrosante.

L’efficacia del trattamento è valutata dopo circa 2 settimane dall’inizio della terapia attraverso l’esecuzione di esami laboratoristici che possono essere accompagnati ad un monitoraggio con le tecniche di imaging nel momento in cui il paziente presentasse il coinvolgimento di alcuni distretti critici come quello bilio-pancreatico, renale e polmonare50.

La prevalenza ed il tipo di effetti collaterali correlati al trattamento con glucocorticoidi sono stati valutati soltanto da sette studi tra cui spicca quello condotto da Ebbo et al.76: secondo le osservazioni di questo gruppo di studiosi gli effetti collaterali si sviluppano nel 67% dei pazienti risultando prevalentemente rappresentati dallo sviluppo di diabete mellito, tuttavia sono stati apprezzati tutti gli effetti avversi classicamente associati a questo tipo di trattamento quali ripercussioni scheletriche (osteoporosi/osteonecrosi), ipertensione, incremento ponderale e psicosi.

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