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III. I rapporti sociali nella giustizia aristotelica

3. Sul dikaios e il philos

3.1 Caratteristiche dell’amicizia

Alla discussione dell’amicizia Aristotele dedica i libri VIII e IX dell’Etica

Nicomachea. In queste pagine per parlare dell’amicizia è spesso utilizzato il confronto

con la nozione di giustizia, che con l’amicizia presenta molti punti in comune. Se

dikaiosynē aiuta a chiarificare il concetto di philia, non è da escludere che questi passi

possano illuminare anche la giustizia in maniera diversa rispetto al libro V. Intraprendere una simile analisi comparativa è operazione avvallata dal fatto che è lo stesso Aristotele ad accostare i due temi e si mostrerà rilevante nel suo notare, tra i tratti convergenti e divergenti, una interessante funzione di coesione sociale nelle

485 Aristot., EN, VIII 5, 1157a 25-28. Il confronto tra l’amicizia e la giustizia viene approfondito in infra,

III 3, cfr. in partic. III 3.3, dove sarà ulteriormente precisata l’esclusione delle amicizie per l’utile dai rapporti che possonoo rientrare nel genere della giustizia.

181 comunità comune a dikaiosynē e philia. Inoltre occorre rivolgersi allo studio dei libri VIII e IX dell’EN, dedicati alla philia, per le già accennate indicazioni sulla giustizia che non è sempre facile far corrispondere con le informazioni contenute nel libro V dell’Etica. Specialmente risulta utile analizzare la dichiarata coincidenza tra dikaios e

philos, precisando esattamente punti di congruenza e di dissomiglianza tra i due

soggetti.

Avendo già svolto un’analisi della giustizia, si considereranno note le definizioni essenziali del suo genere e delle sue specie, mentre si procederà con una breve esposizione generale riguardo all’amicizia. Seguirà un confronto tra i due concetti e infine un’analisi di alcuni nodi testuali problematici per il concetto di giustizia. All’amicizia sono dedicati i libri VII-IX dell’EN, i cui rapporti con il resto dell’Etica non sono ancora stati chiariti.486 L’amicizia è esplicitamente avvicinata alla giustizia fin dal primo capitolo del libro VIII, che presuppone il concetto di dikaiosynē come noto, mentre la philia non consta di alcuna occorrenza nel libro della giustizia.

Prima di darne una definizione, Aristotele elenca tre tratti dell’amicizia conosciuti e condivisi da tutti. Il primo è che essa sia diffusa tra tutti, senza distinzioni di ceto sociale, censo o età. La seconda è che essa sia naturale e innata, e che per questo tenga unite le comunità. La terza è che l’amicizia sia moralmente bella.

Dopo alcune altre considerazioni, questa è la definizione di amicizia cui si perviene:

In conclusione si deve essere benevoli e desiderare il bene reciprocamente, senza restare celati, e a causa di uno dei motivi suddetti [per l’utile, per il piacere o per il bene].487

Dell’amicizia è detto innanzitutto che consiste in un voler bene. È poi indicata una sua caratteristica essenziale, che la distingue dal voler bene della benevolenza (eunoia), che è la reciprocità.488 Aristotele nota infatti che un oggetto inanimato non può ricambiare (antiphilēsis) la benevolenza, e per questo non può esservi philia nei suoi

486 Natali 2017, pp. 163-167. 487 Aristot., EN, VIII 2, 1156a 3-5.

488 “Infatti quando la benevolenza è contraccambiata diviene amicizia [eunoian gar en antipeponthosin

182 confronti.489 Per questo motivo l’amicizia è un sentimento rivolto a esseri umani che la possono contraccambiare. Ne consegue che l’amicizia è un rapporto di benevolenza tra persone caratterizzato dalla reciprocità.

La seconda caratteristica che contraddistingue l’amicizia è quella di essere un sentimento manifesto, poiché taluni “sono reciprocamente benevoli” ma non possono dirsi amici “quando rimane celato il sentimento che hanno gli uni verso gli altri”.490 La terza caratteristica dell’amicizia è che può originarsi da tre cause diverse. Esse sono utilità, piacere o bene.491 Le prime due forme di amicizia sono definite accidentali, poiché basate su caratteristiche non essenziali del rapporto ma motivate da cause esterne.492 L’amicizia per il bene invece è scelta per se stessa ed è chiamata amicizia perfetta (ē teleia philia).493 Essa si dà esclusivamente tra agathoi (i buoni) “simili per virtù” (kat’aretēn omoiōn).494

Esiste poi “un’altra specie di amicizia, quella basata sulla superiorità”.495 Non è chiaro quando viene introdotta quale sia la sua posizione rispetto ai tre tipi di amicizia già nominati. A tal proposito potrebbero essere fuorvianti gli esempi presentati da Aristotele nei passi precedenti, poiché si riferiscono sempre a persone socialmente uguali, anche se non necessariamente a cittadini. Ma nel capitolo quindicesimo si può appurare che tutti i tre tipi di amicizia (quella secondo il piacere, secondo l’utile e secondo il bene) presentano sia relazioni che partono da una situazione di uguaglianza che di disuguaglianza (configurandosi queste ultime come relazioni basate sulla superiorità).

489 Aristot., EN, VIII 2, 1155b 26-31.

490 Cfr. Aristot., EN, VIII 2, 1155b 30-1156a 3.

491 L’esistenza di tre tipi di amicizia secondo le cause è introdotta in Aristot., EN, VIII 2, 1155b 12-21. 492 All’amicizia per l’utile e per il piacere è dedicato il capitolo terzo del libro VIII.

493 All’amicizia perfetta sono dedicati i capitoli quarto e quinto del libro VIII. 494 Aristot., EN, VIII 4, 1156b 7-8.

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Dato che, come si è detto all’inizio, vi sono tre forme di amicizia, e dato che ciascuna di esse comporta amicizie fondate sull’uguaglianza reciproca e altre fondate invece sulla superiorità […].496

Gli esempi riportati per l’amicizia tra diseguali sono quelli dell’amicizia tra padre e figlio, tra l’anziano e il più giovane, tra marito e moglie e tra governante e sottoposto. Si vede come essi richiamino, senza coincidervi, con quei tipi di relazioni che si erano visti esser simili alla giustizia ma non rientravano in essa: la relazione padrone-servo, padre-figli, marito-moglie; vengono aggiunte le relazioni tra governanti e governati, e quella più generica tra anziano e giovane.

Tra questi membri della società può darsi amicizia, anche se essa deve essere proporzionale nel dare e nel ricevere al valore di ciascuno:

[…] la virtù e l’opera propria di ciascuno di questi individui sono differenti, e differenti sono le cause che provocano affetto: diversi sono quindi gli affetti e le amicizie.

Quindi l’uno non riceve dall’altro le stesse cose né deve cercare di ottenerle: quando i figli rendono ai genitori quello che spetta a chi ci ha generato, e i genitori rendono ai figli ciò che si deve alla discendenza, l’amicizia reciproca sarà stabile e appropriata.

In tutte le amicizie che si basano sulla superiorità deve essere proporzionale anche l’affetto [analogon … philēsin], cioè, per esempio, il migliore deve essere amato più di quanto deve amare, e ciò vale anche per il più utile e per tutti gli altri; quando l’affetto si genera secondo il valore [kat’axian] allora si produce in qualche modo un’uguaglianza, la quale, in conclusione, pare essere la caratteristica tipica dell’amicizia.497