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I soggetti della giustizia nei libri sull’amicizia

III. I rapporti sociali nella giustizia aristotelica

3. Sul dikaios e il philos

3.3 I soggetti della giustizia nei libri sull’amicizia

Definiti i punti comuni e di differenza tra amicizia e giustizia, si passi ora all’analisi dei nodi problematici. Essi riguardano i soggetti coinvolti nei rapporti di giustizia e amicizia, dal momento che alcuni passi sembrano indicare possibili relazioni di giustizia e amicizia da parte dei cittadini nei confronti di individui esterni alla cittadinanza della polis. Questo contraddirebbe quanto affermato nel libro V, che indica la giustizia come una virtù esercitata da cittadini nei rapporti con altri concittadini.518 Il capitolo undicesimo del libro VIII inizia a indicare il problema preannunciato, quando afferma infatti che i soggetti di amicizia e giustizia coincidono.

Come abbiamo detto all’inizio, a quanto pare l’amicizia e la giustizia riguardano lo stesso ambito e si hanno tra le stesse persone.

516 Cfr. Aristot., EN, VIII 4, 1156b 25-32. 517 Aristot., EN, VIII 7, 1158a 9-17. 518 Cfr. infra, III 2.

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Infatti in ogni comunità [koinōniai] vi è una qualche forma di giustizia, e un tipo di amicizia, quanto meno vengono chiamati ‘amici’ i compagi di navigazione, i commilitoni, e, allo stesso modo, anche quelli che partecipano ad altri tipi di comunità.519

Il passo preoccupa in quanto altrove sono nominati esempi di amicizia nei confronti di persone che non sono cittadini. Ma se ci limita all’analisi di quanto appena letto, pur ammettendo l’amicizia tra non cittadini, questo non significa che i soggetti di amicizia e giustizia coincidano tout court. Anzi non vi sono ancora ragioni di ammettere tra i soggetti dell’amicizia persone quali donne, figli minori o schiavi. Quello che questo brano mette in luce è che, nelle relazioni di giustizia che coinvolgono i membri di una stessa comunità (ma facenti parte di tale suddetta comunità a pieno titolo), tali relazioni implicano vi sia anche una qualche forma di relazione di amicizia tra i coinvolti. Questo, a riflettere, è inevitabile: il fine della giustizia è il bene della comunità, di cui è parte sia il soggetto che l’altro, e corrisponde dunque in qualche misura al bene dell’altro, lo stesso bene altrui che dev’essere necessariamente preso in considerazione e posto come fine (secondo utile, piacere o bene) nell’amicizia.

Ed è secondo questo peculiare intreccio tra bene dell’individuo e della comunità che si può affermare che:

Vi è amicizia nella misura in cui partecipano alla comunità, e infatti nella stessa misura vi è giustizia. Il proverbio ‘le cose degli amici sono comuni’ è corretto: l’amicizia consiste nella comunità.520

Questo non significa che ogni membro della comunità partecipa allo stesso modo e a pieno titolo di relazioni di amicizia e di giustizia. Vale certamente l’equivalenza per chi fa parte della comunità a pieno titolo, e cioè partecipa allo stesso modo dei beni in comune (che, lo si noti, sono appunto l’oggetto della specie della giustizia particolare): tra essi vi saranno relazioni di amicizia e di giustizia. Non si può dire lo stesso per chi invece non gode dei beni comuni alla stessa maniera. Se certamente non può essere

519 Aristot., EN, VIII 11, 1159b 26-29. 520 Aristot., EN, VIII 11, 1159b 29-33.

193 giusto chi non è cittadino a pieno titolo poiché non partecipa dei beni comuni, vale la pena leggere cosa accade quanto all’amicizia:

Tra fratelli e membri di una compagna tutto è in comune, mentre per gli altri le cose sono distinte, per alcuni di più, per alti di meno: infatti anche le amicizie sono più o meno stette.521

Esistono dunque delle amicizie, inferiori però in grado, anche tra chi non è cittadino. Si può così mantenere il paragone tra teleia philia e dikaiosynē anche riguardo i soggetti, aprendo la questione sull’esistenza di forme di rapporti tra non cittadini: se esistono amicizie non perfette che si danno anche tra non cittadini, può darsi giustizia in situazioni analoghe? Il libro V aveva risposto negativamente a questo quesito, tuttavia, le affermazioni del libro ottavo paiono affermare il contrario. Si esamini il passo che segue.

Anche le forme di giustizia presentano differenze [diapherei de ta dikaia]: non è la stessa quella dei genitori verso i figli e dei fratelli tra loro, né lo sono quella che vi è tra i membri di una compagnia e quella che si dà tra concittadini, e lo stesso vale per i vari tipi di amicizia.522

Questa affermazione, introdotta per completare il parallelo che avvicina i soggetti di

philia e dikaiosynē considerando l’amicizia non perfetta, introduce due casistiche. La

prima è quella di comunità di pari diverse da quella formata dai cittadini della polis: in esse, esiste una forma di amicizia inferiore, che sarà tanto più vicina alla perfezione quanto più si avvicinerà alla situazione in cui si trovano i soggetti della giustizia, ovvero quella di comunanza dei beni. La seconda casistica contemplata, più problematica, è quella delle amicizie da parte dei cittadini nei confronti dei propri sottoposti. Tuttavia, anche in questo caso il testo lascia emergere che si tratti di amicizie che si approssimano ma non coincidono con l’amicizia perfetta per il bene. Come queste amicizie sono simili all’amicizia perfetta, parimenti esistono forme di giustizia verso i sottoposti che sono simili alla giustizia, senza tuttavia rientrare

521 Aristot., EN, VIII 11, 1159b 33-34. 522 Aristot., EN, VIII 11, 1159b 35-1160a 3.

194 appieno nel genere. Si tratta della giustizia nei confronti di sé stessi – dal momento che figli, schiavi e mogli sono considerati essere parti di chi li possiede. È questa una giustizia che, pur essendo conosciuta con lo stesso nome, con la giustizia non coincide, dal momento che non si dà ingiustizia (né giustizia) verso se stessi. Eccola descritta nell’ultimo paragrafo del libro V:

Per traslato e per similitudine si dà una specie di giusto relativo, non al rapporto di uno con se stesso, ma di certe parti di se stesso con altre: ma ciò non vale per qualunque tipo di giusto, vale solo per quello relativo alla sfera dei possessi o quello relativo alla sfera familiare; infatti in tali discussioni la parte razionale dell’anima viene distinta da quella irrazionale: guardando a esse si ritiene che vi sia un’ingiustizia verso se stessi, per la ragione che per queste parti vi è la possibilità di subire un qualche influsso contrario ai propri appetiti; quindi vi è un certo tipo di giusto tra loro, come quello che vi è tra governante e governato.523

Quando, dunque, nel libro VIII e IX sembra ci si riferisca a forme di giustizia rivolte verso non cittadini, il riferimento è a questa forma di giusto che è relativo, traslato e tale solo per similitudine. È, incidentalmente, la stessa forma di giustizia interna alle parti dell’anima che era diffusa in Grecia a partire dalla concezione platonica. Si può dunque comprendere come i paragoni istituiti nella discussione dell’amicizia presuppongano solo in parte le considerazioni aristoteliche di Etica Nicomachea V, servendosi più ampiamente di nozioni sulla giustizia comunemente note con il fine di sostenere le proprie tesi sulla philia.

Ecco spiegata la natura dell’amicizia e della giustizia tra subordinati, come tra genitori e figli, eliminando le apparenti contraddizioni con quanto affermato nel libro V. Le varie forme di amicizia, più o meno perfetta e contemporaneamente coesistenti entro una polis, corrispondono poi ai tanti tipi di giustizia presenti in ogni tipo di costituzione. Tuttavia, in ogni polis sarà in vigore un solo tipo di politeia e quindi di giustizia alla volta. Questo può trovare conferma nel fatto che ‘ciò che è giusto è in un certo modo secondo la legge’ unito alla considerazione che ogni polis può essere governata solo da un tipo di costituzione per volta. Si legge infatti, proprio nel libro VIII:

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È evidente che vi è un’amicizia secondo ciascuna delle costituzioni, nella misura in cui vi è anche un tipo di giustizia.524

Gli esempi che seguono confermano quanto si è argomentano sin ora: ad ogni relazione di amicizia costituisce la giustizia presente in un tipo di costituzione, cosa che rende impossibile la contemporanea compresenza di tipi differenti di giustizie:

Per il re, nei rapporti coi sudditi, l’amicizia consiste nella superiorità dei benefici […]. Di questo tipo è anche l’affetto paterno, ma differisce dal primo per la grandezza dei benefici […]. L’amicizia del marito verso la moglie è la stessa che si ha in una costituzione aristocratica, dato che si basa sulla virtù […]; anche la giustizia è dello stesso tipo.

L’amicizia tra fratelli somiglia a quella tra i membri di una compagnia, dato che sono uguali e hanno la stessa età […]. Somiglia a questa anche l’amicizia che si ha secondo la costituzione timocratica: i cittadini vogliono essere uguali tra loro e reciprocamente corretti, quindi il governo è attribuito a turno sulla base dell’uguaglianza: anche l’amicizia è di questo tipo.525

Sempre in questo contesto, si consideri anche questo passo di poco successivo, che parla dell’amicizia e della giustizia nei confronti degli schiavi:

Quindi in quanto è uno schiavo, non vi è amicizia nei suoi confronti, in quanto essere umano, sì: pare che vi sia una qualche forma di giustizia da parte di ciascun essere umano nei riguardi di tutto ciò che può avere comunanza di leggi e di convenzioni, e quindi anche dell’amicizia, nella misura in cui l’altro è un essere umano.526

È dunque ragionevole, tornando alla giustizia, pensare che possa esserci un’azione giusta da parte di un cittadino nei confronti di uno schiavo nel momento in cui si rapporta ad esso secondo leggi e convenzioni della comunità, tuttavia, questa giustizia sarà quella così chiamata nel linguaggio comune, che è solo prossima al concetto aristotelico di dikaiosynē per i motivi sopra esposti. Vi somiglierà per il suo essere

524 Aristot., EN, VIII 13, 1161a 10-11. 525 Aristot., EN, VIII 13, 1160a 11-30. 526 Aristot., EN, VIII 13, 1161b 5-8.

196 condotta secondo la legge, tuttavia non sarà piena, poiché non si esercita verso il prossimo ma nei confronti di una parte di sé.

Parimenti è possibile spiegare questo passaggio del capitolo quattordicesimo:

[…] sembrano essere principalmente [amicizie] di tipo comunitario, dato che si basano su una sorta di accordo. Nello stesso gruppo si potrebbe porre anche quella verso gli ospiti stranieri.527

L’ospitalità è una forma particolare di amicizia nei confronti di un non cittadino, ma anche in questo caso non si tratta di un’amicizia per il bene. Giustizia si dà nei confronti di uno straniero in quanto si rispetta la legge e la consuetudine della propria

polis di ospitare lo xenos, tuttavia, questa forma di giustizia è tale solo per somiglianza,

ed è possibile chiamarla così (impropriamente) in quanto disposizione interiore del rispetto di una legge che si rivolge al prossimo. Un senso incompleto di giustizia, che elimina completamente la considerazione dell’altro centrandosi unicamente sulle caratteristiche del soggetto agente, mentre Aristotele nel libro V afferma con chiarezza che non si dà giustizia nei confronti di coloro che non sono cittadini.

Concludendo, pare che la similitudine più notevole sia quella tra amicizia per il bene e giustizia; particolarmente interessante quando accostata al contraccambio. Le altre due forme di amicizia invece, quelle secondo l’utile e il piacere, assomigliano alla concezione di giustizia diffusa comunemente in Grecia, resa probabilmente familiare all’uditorio aristotelico dai dibattiti sulla giustizia precedenti e coevi alla stesura dell’Etica.

L’amicizia e le sue forme sembrano dunque aggiungersi alla giustizia descrivendo un altro aspetto di quei rapporti sociali che aiutano la coesione della polis e un suo sviluppo secondo il fine umano.