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1. La teoria economica del consumo: alcuni cenni introduttivi

1.3. Caratteristiche dell’informazione ed effetti sul consumo

Un contesto economico nel quale ogni agente dispone di un’informazione completa, certa, simmetrica e non costosa è quello ipotizzato dal modello di concorrenza perfetta dove il valore e il ruolo economico dell’informazione sono nulli o del tutto irrilevanti. Tuttavia, questo tipo di struttura economica è solo puramente teorica. Infatti, le condizioni reali in cui gli agenti economico sociali operano, sono caratterizzati da una struttura informativa imperfetta.

L’informazione è fonte di potere per chi la possiede (Stigler, 1961). Da allora la teoria economica ha in vario modo e da diversi punti di vista, affrontato la tematica relativa ai problemi collegati all’informazione. Tuttavia, mettendo al centro della propria analisi il problema dell’informazione, la teoria economica ha dovuto accantonare il principio tradizionale della perfetta informazione tra gli agenti del sistema economico e partire invece da due nuove ipotesi fondamentali: a) esistenze di lacune nella informazione posseduta dagli operatori nel sistema economico e quindi incompletezza dell’informazione; b) esistenza di una non uniforme distribuzione del grado di informazione fra i vari operatori e quindi imperfezione dell’informazione.

In particolare, si ha asimmetria di informazione allorché l’insieme di agenti, che opera in un dato mercato, ha un grado di informazione differenziato al proprio interno. Questo si verifica quando, per esempio, un lato del mercato, i venditori sono in possesso di informazioni rilevanti che l’altro lato, i compratori, non possiedono.

L’applicazione dei concetti dell’asimmetria informativa ha stimolato molte analisi relative al suo impatto sui modelli di scelta del consumatore.

L’imperfezione informativa determina, infatti, rilevanti effetti sui meccanismi di funzionamento dei mercati.

I due fenomeni più importanti che si verificano nei mercati a causa delle asimmetrie informative sono quelli definiti della ‘selezione avversa’ e dell’‘azzardo morale’. Il fenomeno dell’azzardo morale (moral hazard) riguarda essenzialmente il mercato del lavoro e si realizza quando, in una situazione con asimmetria di informazione, la parte più informata, detta ‘agente’, intraprende, dopo la definizione del contratto determinate azioni rilevanti, che la parte meno informata, detta ‘principale’, non è in grado di controllare. E’ quindi necessario che le azioni intraprese dagli agenti siano ‘nascoste’ agli occhi del principale e che egli non sia in grado di risalire con sicurezza ad esse dai risultati che le azioni stesse determinano. Nel caso

dell’azzardo morale, quindi, la ‘qualità’ degli agenti si rivela (o si crea) soltanto dopo la definizione del contratto attraverso le azioni intraprese dagli agenti sulla base delle condizioni fissate dal contratto.

Dare una definizione precisa di soluzione avversa (adverse selection) risulta meno agevole soprattutto perché è difficile individuare un modello generale di riferimento. La selezione avversa comunque, generalmente, si verifica in quella situazione in cui una parte di una transazione, l’agente, conosce elementi rilevanti, che l’altra parte, il principale, ignora ma che preesistono alla transazione stessa e non dipendono dalla volontà dell’agente. Il termine ‘selezione avversa’ Sta quindi ad indicare il risultato che si determina sul mercato in seguito alla situazione descritta, e cioè la riduzione della qualità media dei beni e servizi scambiati sul mercato. Uno dei lavori più celebri in cui il concetto di selezione avversa è emerso in tutta la sua rilevanza è il modello dei ‘bidoni’ (Akerlof, 1970) in cui il riferimento è al mercato delle auto usate dove sono tipicamente presenti auto di qualità molto diversa tra loro.

In un mercato concorrenziale in cui l’oggetto di scambio sono le automobili, si ipotizzi che esistano due livelli qualitativi: le occasioni o ‘gioiello’ ed i ‘bidoni’. L’attribuzione di uno o dell’altro carattere alle automobili può essere fatto in base a criteri oggettivi come lo stato di usura, il numero e la frequenza dei guasti, eccetera. Dal lato della domanda, gli acquirenti di auto usate sono disposti a pagare prezzi diversi per le auto dei due tipi. Data la perfetta informazione del mercato, gli agenti sanno che il mercato può raggiungere un equilibrio caratterizzato dalla configurazione di due sotto-mercati separati (quello delle auto gioiello e quello delle auto bidone) con prezzi e quantità scambiate.

Essendoci perfetta informazione, gli acquirenti sono in grado di valutare perfettamente la qualità delle automobili prima dell’acquisto e vi è una domanda separata per auto bidone e auto gioiello. I venditori non possono offrire bidoni spacciandoli per gioielli.

La perfetta informazione consente al mercato di funzionare in modo efficiente e le transazioni si realizzano ad un prezzo marginale di domanda uguale al costo opportunità marginale.

Tuttavia, l’ipotesi più verosimile e realistica è che non vi sia perfetta informazione, ma che, al contrario, il mercato sia caratterizzato da asimmetria informativa tra acquirenti e venditori, cioè, che gli acquirenti non dispongano delle informazioni

necessarie per valutare la qualità di un’automobile prima dell’acquisto. I venditori invece sanno perfettamente se l’auto usata che offrono è un gioiello o un bidone. In questa situazione di informazione imperfetta, il prezzo di domanda un’auto usata è pari al valore atteso di un’auto di media qualità, quindi è funzione delle probabilità degli acquirenti di acquistare un bidone o un gioiello.

Ovviamente, il valore dato dal mercato ad un auto è tanto più vicino a quello di un’auto bidone, quanto più l’aspettativa di acquistare un bidone è elevata. Il prezzo di domanda e la domanda di un’auto usata esprimono la valutazione incerta circa la qualità dell’auto offerta: quindi dipendono dalle aspettative degli acquirenti circa la probabilità di acquistare un gioiello o un bidone. Queste aspettative dipendono a loro volta da altri fattori: la reputazione dei venditori di auto usate, gli acquisti precedenti e così via.

Dal lato dell’offerta, il possessore di un’auto gioiello non ha modo (date le ipotesi del modello) di convincere i potenziali acquirenti della migliore qualità della sua offerta. D’altro canto, il possessore di un bidone comportandosi in modo opportunistico o sleale può presentarlo come un gioiello senza il timore di essere scoperto.

Risulta evidente che l’incapacità degli acquirenti di valutare la qualità delle auto usate si traduce in un danno per questi ultimi e per i possessori di auto gioiello. A causa dell’asimmetria informativa tra acquirenti e venditori, l’unico equilibrio possibile e stabile nel lungo periodo è quello con transazioni di soli ‘bidoni’, perché i beni di bassa qualità scacciano dal marcato quelli di alta qualità. E’ questo un tipico fenomeno di ‘selezione avversa’, che ha indotto gli economisti a considerare tale fenomeno come un caso particolare di fallimento del mercato.

L’imperfezione informativa, oltreché avere delle rilevanti conseguenze sui meccanismi di funzionamento dei mercati, provoca effetti altrettanto rilevanti anche sul comportamento del consumatore e degli altri agenti individuali in genere.

In un contesto informativo imperfetto, quando la capacità informativa degli agenti è limitata e diseguale e l’acquisizione dell’informazione è costosa, diventa paradossalmente irrazionale voler essere perfettamente informati. Il postulato di razionalità assoluta, che è alla base della tradizionale teoria della scelta, appare quindi, oltreché irrealistico, anche contraddittorio. Ecco che, in questa circostanza, i fattori determinanti del comportamento degli agenti diventano le loro motivazioni e le loro caratterizzazioni psicologiche. In un ambiente competitivo e sociale

perfettamente trasparente, le motivazioni egoistiche ed altruistiche di un imprenditore o di un consumatore sono irrilevanti.

Anzi, gli agenti per poter sopravvivere, cioè per poter perseguire il massimo profitto o la massima utilità privata, devono agire in modo assolutamente razionale ed egoistico. In un ambiente informativo trasparente, quindi, il comportamento egoistico è perfettamente giustificato. Al contrario, in un contesto non trasparente, le motivazioni personali non egoistiche possono essere un elemento determinante del comportamento.

In presenza di imperfezioni informative, gli agenti sono consapevoli che la loro limitata capacità cognitiva e i costi derivanti dalla non gratuità dell’acquisizione di nuove informazioni, creano notevoli difficoltà al miglioramento dello stock di informazioni disponibili. Quindi gli agenti, anche se razionali nelle loro intenzioni, sono di fatto indotti ad essere limitatamente razionali nelle azioni, accontentandosi di una scelta accettabile o soddisfacente. Gli schemi e i criteri a cui allora occorre fare riferimento circa il comportamento degli agenti devono essere improntati ad una logica di razionalità limitata. Lo scopo degli agenti non è più quello di massimizzare un obiettivo, ma di giungere ad una scelta soddisfacente.

Nei confronti delle imperfezioni informative, è possibile individuare

fondamentalmente due tipi di comportamento degli agenti. Uno è basato sull’adattamento o accettazione passiva dei vantaggi e degli svantaggi conseguenti all’informazione imperfetta. Un tipico esempio è quello di un consumatore che per valutare la qualità di un bene basa la sua decisione su sostituti disponibili dell’informazione mancante, come il prezzo o la garanzia offerta. L’altro tipo di comportamento è la reazione attiva nei confronti del contesto informativo, che si traduce in attività come la ricerca ed acquisizione di informazioni, la segnalazione di caratteri o azioni e la costruzione di una reputazione.

In molte transazioni, il potenziale acquirente non dispone delle informazioni necessarie (o delle capacità cognitive) per valutare le caratteristiche qualitative di un bene o di un servizio presente sul mercato e che intende acquistare. Questa particolare situazione di asimmetria informativa è tipica delle transazioni che riguardano i cosiddetti ‘beni esperienza’, cioè quei beni la cui qualità è sperimentabile solo con l’uso e non al momento dell’acquisto e i ‘beni fiducia’, la cui qualità non è valutabile né prime né dopo l’acquisto per carenza di conoscenze tecniche. In tutte queste situazioni, l’acquirente può formarsi aspettative razionali sulla qualità del bene utilizzando informazioni sostitutive.

L’informazione sostitutiva che l’acquirente utilizza più spesso per valutare la qualità di un bene, è il prezzo, in quanto fornisce al consumatore informazioni immediate sul bene all’atto stesso dell’acquisto. La teoria economica tradizionale afferma che, in mercati altamente concorrenziali e nel lungo periodo, i beni di qualità superiore hanno costi medi e marginali più elevati di quelli di qualità inferiore e quindi vengono venduti necessariamente a prezzi più alti. In queste circostanze i prezzi dipendono dalla qualità e quindi costituiscono dei validi indicatori e dei segnali accettabili circa la qualità dei prodotti.

Tuttavia, in presenza di informazione incompleta, il prezzo non è un segnale sempre attendibile della qualità, anzi spesso, al contrario, può essere forviante. Se un acquirente trae indicazioni sulla qualità dei beni esclusivamente o prevalentemente dal loro prezzo, il suo comportamento può essere razionalmente in contrasto con la legge della domanda e giustificare una diminuzione della quantità domandata in relazione ad una diminuzione del prezzo.

Se, infatti, un acquirente valuta la qualità di un bene in base al suo prezzo, in condizioni di carenza di informazioni, esso tenderà ad aspettarsi al diminuire del prezzo una qualità marginale continuamente decrescente.

Questo vuol dire che per il consumatore in questione la domanda del bene sarà massima per il prezzo che massimizza la sua utilità marginale e invece diminuirà paradossalmente al diminuire del prezzo con un andamento particolare e piuttosto anomalo.

Questo perché se il prezzo indica la qualità del bene diminuzioni di prezzo generano una percezione di unità marginale negativa per il consumatore che diminuisce quindi la domanda corrispondente.

La diminuzione del prezzo induce l’acquirente ad accrescere la quantità domandata fino al massimo rapporto qualità/prezzo che massimizza la propria utilità. Per prezzo inferiori la diminuzione del prezzo induce l’acquirente a ridurre la quantità domandata perché ‘abbassamento del rapporto qualità/prezzo provoca un ‘effetto qualità’ negativo per il bene che prevale sull’‘effetto convenienza’, positivo per la quantità domandata dello stesso. Se dunque un agente economico deduce dal prezzo la valutazione della qualità dei beni, in presenza di informazione imperfetta circa la qualità stessa, il suo comportamento di acquirente razionale può indurlo a violare la legge della domanda.

Ovviamente, questa anomalia nel comportamento di domanda degli acquirenti economici ha notevoli conseguenze anche sul funzionamento dei mercati.

Una prima possibile conseguenza è che la valutazione della qualità attraverso il prezzo può impedire il processo di ricontrattazione tra acquirenti e venditori (cioè l’aggiustamento tra domanda e offerta) che funziona da meccanismo riequilibratore del mercato. Può accadere infatti che in presenza di eccesso di quantità offerta, i venditori non trovino conveniente praticare una riduzione del prezzo perché sanno o prevedono che questa riduzione possa provocare un’ulteriore diminuzione della quantità domandata.

Se il mercato si trova in una situazione di squilibrio (con eccesso di quantità offerta su quella domandata) i venditori hanno convenienza a ridurre il prezzo perché si aspettano di conseguenza un aumento della quantità domandata. Infatti, il prezzo corrente è relativamente alto ed una sua riduzione implica un aumento del rapporto qualità/prezzo. Tuttavia, una volta raggiunto il livello di prezzo percepito dai consumatori come corrispondente alla qualità minima richiesta, i venditori non hanno più nessuna convenienza a ridurre ulteriormente il prezzo fino al possibile prezzo di equilibrio. Il mercato si viene così a trovare in una situazione stabile ma senza equilibrio: ovvero, ciò che si configura è una sorta di disequilibrio stabile, detto anche ‘equilibrio di razionamento’.