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2.2. L’analisi di bilancio

3.1.2. Caratteristiche delle società cooperative

Le società cooperative presentano delle caratteristiche peculiari a seconda della tipologia alla quale appartengono. Come sopra evidenziato, le cooperative possono dividersi in: cooperative di produzione e cooperative di consumo. Nelle cooperative di produzione il ruolo dei soci sta nell’apportare all’interno della società o la propria attività lavorativa o beni e servizi; nelle cooperative di consumo, invece, i soci cooperatori sono coloro a cui è destinata la vendita dei beni prodotti dalla stessa impresa89. Ancora, nelle cooperative di produzione i beni conferiti dai soci possono

essere valutati o secondo i prezzi di mercato o secondo la logica residuale90. Tutte

queste particolarità hanno determinano la necessità di disporre di differenti riclassificazioni per valore aggiunto a seconda delle specificità dell’entità oggetto di indagine.

Le diverse tipologie, appena enunciate, possono poi caratterizzare imprese cooperative appartenenti a diversi settori di attività produttiva: in questi casi non vengono presentati schemi diversi di riclassificazione, ma saranno i risultati dell’analisi ad evidenziare le particolarità delle imprese operanti nei diversi settori ATECO91.

Le cooperative, inoltre, possono presentarsi come: cooperative a mutualità prevalente, se posseggono le particolarità elencate nel codice civile agli articoli 2512 e seguenti; cooperative a mutualità non prevalente, se, invece, non sono conformi ai criteri enunciati dal codice civile92. In maniera più esplicita, vengono individuate come

cooperative a mutualità prevalente, le imprese che:

a) svolgono l’attività prevalentemente in favore dei soci, consumatori o utenti di beni o servizi (ci si riferisce alle cooperative di consumo);

b) si avvalgono prevalentemente, nella loro attività, delle prestazioni lavorative dei soci (ci si riferisce, ad evidenza, alle cooperative di produzione e lavoro);

89

Per una esposizione analitica delle caratteristiche delle differenti tipologie di cooperative, si veda: R. Mosconi, La società cooperativa, il sole 24 ore, 2000, pg 221-249.

90 Si veda: G. Melis, Gli indici di bilancio delle imprese cooperative, CEDAM 1989, p.29. L’Autore dice: “ Se

tali scambi sono stati definiti sulla base dei prezzi correnti di mercato, i costi per i conferimenti o i ricavi per la cessione dei beni e dei servizi possono essere assimilati ai costi di acquisizione ed ai ricavi di vendita propri delle imprese non cooperative. Le integrazioni al compenso per i conferimenti ed i ristorni possono interpretarsi come valori complementari del risultato economico formalmente espresso in bilancio. Quando i prezzi-costo ed i prezzi-ricavo, relativi alla remunerazione dei conferimenti ed ai corrispettivi richiesti ai soci, sono definiti con logica residuale, esprimono, unitamente al saldo del conto economico formalmente riportato in bilancio, il risultato lordo dell’attività di produzione svolta dalla cooperativa nell’esercizio.”

91

Ad esempio le società cooperative agricole e della piccola pesca godono di agevolazioni fiscali maggiori rispetto alle altre categorie. Per un’esemplificazione sulla tassazione delle società cooperative agricole in confronto con le altre tipologie, si veda: P. Congiu, Il bilancio d’esercizio delle imprese cooperative, Giuffrè, 2005, p. 205.

92 Per lo studio delle differenze esistenti tra le cooperative a mutualità prevalente e non prevalente, si

veda: P. Congiu, Il bilancio sociale delle imprese cooperative, la rendicontazione della mutualità, Giuffrè, 2009,pp. 29-33; G. Racugno, La società cooperativa, Giappichelli, 2006, pp. 23-28.

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c) si avvalgono prevalentemente, nella svolgimento dell’attività, degli apporti di beni o servizi da parte dei soci (come accade, ad esempio nelle cooperative agricole di trasformazione).

I fattori di prevalenza, enunciati all’articolo 2512 del codice civile, vengono approfonditi dall’articolo successivo, dove si constata la sua presenza, quando:

a) i ricavi delle vendite di beni e prestazioni di servizi verso i soci (cooperative di consumo) sono superiori al 50% del totale dei ricavi delle vendite e delle prestazioni ai sensi dell’articolo 2425, primo comma, punto A1;

b) il costo del lavoro dei soci è superiore al cinquanta per cento del totale del costo del lavoro di cui all’articolo 2425, primo comma, punto B9;

c) il costo della produzione per servizi ricevuti dai soci ovvero per beni conferiti dai soci è rispettivamente superiore al cinquanta per cento del totale dei costi dei servizi di cui all’articolo 2425, primo comma, punto B7, ovvero al costo delle merci o materie prime acquistate o conferite, di cui all’articolo 2425, primo comma, punto B6.

Inoltre, quando si realizzano contestualmente più tipi di scambio mutualistico, la condizione di prevalenza è documentata facendo riferimento alla media ponderata delle percentuali alle lettere precedenti.

Le società cooperative a mutualità prevalente devono essere iscritte in un apposito albo, presso il quale depositano annualmente i propri bilanci93. Infine, ai sensi dell’art.

2514 c.c., esse devono prevedere nei loro statuti:

a) il divieto di distribuire i dividendi in misura superiore all’interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo;

b) il divieto di remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci cooperatori in misura superiore a due punti rispetto al limite massimo previsto per i dividendi;

c) il divieto di distribuire le riserve fra i soci cooperatori;

d) l’obbligo di devoluzione, in caso di scioglimento della società, dell’intero patrimonio sociale, dedotto il capitale sociale e i dividendi eventualmente maturati, ai fondi mutualistici per la promozione e sviluppo della cooperazione.

Le cooperative a mutualità prevalente vedono, quindi, ridotta la possibilità di tenere comportamenti orientati ad avvantaggiare i fini “speculativi” legati all’apporto di capitale netto, al fine di sostenere l’attività (acquisto, conferimento di beni o lavoro) svolta dai soci.

Inoltre, la possibilità di individuare una cooperativa come impresa a mutualità prevalente permette il riconoscimento ad esse del più favorevole regime di tassazione agevolata.

93

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Per le imprese cooperative a mutualità prevalente e per quelle diverse da esse non abbiamo presentato riclassificazioni alternative, ma i risultati ottenuti nei due diversi casi saranno influenzati dalle caratteristiche e dalle previsioni legislative che le caratterizzano94.

Elemento caratterizzante delle società cooperative è, quindi, il ruolo complementare e non essenziale svolto dal capitale conferito dai soci. Nelle società cooperative l’entità del capitale sociale è variabile, ossia non predeterminata nell’atto costitutivo ed è destinata a mutare automaticamente in ragione dell’entrata e uscita dei soci, senza necessità di modificare l’atto costitutivo, così contribuendo a consentire la fruizione della cooperativa ad un numero sempre più ampio di soggetti in un’ottica solidaristica e democratica di valorizzazione della gestione di servizio95.

Il possesso della quota di capitale costituisce elemento essenziale per la partecipazione del socio alla vita della cooperativa, nonostante il principio “una testa un voto”, per il quale ciascun socio ha diritto ad un solo voto indipendentemente dalla quota di capitale posseduta.

L’articolo 2525 dispone che il valore nominale di ciascuna azione o quota non possa essere inferiore a venticinque euro né superiore a cinquecento euro. Inoltre, è previsto che nessun socio possa avere una quota superiore a centomila euro, né tante azioni il cui valore nominale superi tale somma, salvo diversa disposizione di legge.

Vista la possibile esiguità e variabilità del capitale sociale, nelle imprese cooperative sono le riserve ad assumere particolare rilevanza al fine di rafforzare i mezzi propri dell’impresa. Infatti, l’articolo 2545-quarter, dispone che le cooperative a mutualità prevalente destinino almeno il 30% degli utili netti annuali a riserva legale, indipendentemente dall’ammontare totale raggiunto dalla stessa. Per le cooperative diverse da quelle a mutualità prevalente, invece, il limite stabilito per l’accantonamento annuale alla riserva legale è pari al 20% degli utili netti. Per le cooperative a mutualità prevalente è inoltre prevista all’art. 2514 c.c. l’obbligatoria previsione statutaria di divieto di distribuzione di tutte le riserve tra i soci cooperatori. Ne consegue che, nelle società cooperative a mutualità prevalente, tutte le riserve sono da considerarsi indivisibili e non possono essere ripartite tra i soci neppure in caso di scioglimento della società96.

Anche nelle società cooperative diverse da quelle a mutualità prevalente è previsto (all’articolo 2545-quinquies, 2° comma, del codice civile) un limite di carattere generale che prevede la distribuzione di utili e riserve a favore dei soci solo nel caso in

94

Si presume che le società cooperative a mutualità prevalente, rispetto alle cooperative a mutualità non prevalente, siano caratterizzate da una minore distribuzione di ricchezza alla pubblica amministrazione (sotto forma di imposte), mentre abbiano una maggiore distribuzione di ricchezza residuale ai soci.

95 G. Racugno, La società cooperativa, Giappichelli, 2006, pp. 34-36. 96

In caso di scioglimento della società le riserve dovranno essere devolute ai fondi mutualistici (art. 2545- ter).

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cui il rapporto tra il patrimonio netto e il complessivo indebitamento della società è superiore ad un quarto, ferma naturalmente, la indivisibilità ex lege della riserva legale.

Proprio per l’importanza assunta dalle riserve nelle cooperative sarà utile indagare la capacità delle dette imprese di autofinanziarsi e ciò sarà definito attraverso l’utilizzo dell’indicatore di sviluppo (si veda pag 86).

Il ruolo del socio delle società cooperative non è essenziale solo dal punto di vista economico, ma risulta fondamentale anche dal punto di vista gestionale, in quanto la maggioranza degli amministratori è scelta tra i soci cooperatori o tra le persone indicate dai soci cooperatori con personalità giuridica (ad esempio altre società cooperative)97.

L’utilizzo del conto economico riclassificato a valore aggiunto, è, fra le altre cose, in grado di raggruppare sotto la stessa sezione la complessiva ricchezza distribuita ai soci, indipendentemente dal motivo che ne ha dato origine, al fine di individuare il suo peso all’interno dell’economia cooperativa indagata.

97

59

3.2. Riclassificazione

del

Conto

Economico

secondo

creazione e distribuzione di valore nelle società cooperative.

3.2.1. Presentazione della struttura di riclassificazione.

Il conto economico riclassificato in modo da evidenziare la creazione e distribuzione di valore mira all’analisi dell’andamento della gestione aziendale, focalizzando la propria attenzione sull’ammontare di ricchezza economica prodotta da ciascuna azienda, ed attribuita all’insieme di soggetti coinvolti nell’attività aziendale.

Il prospetto, nella fase di distribuzione, è caratterizzato da una riclassificazione del tipo “a destinazione della ricchezza ai diversi stakeholder” in quanto la sua finalità è quella di evidenziare l’ammontare di ricchezza riconosciuto a ciascun collaboratore della società cooperativa. Lo schema proposto per le società cooperative è caratterizzato dall’introduzione dello stakeholder “fondi mutualistici”, non presente nello schema delle società capitalistiche in quanto tipico della realtà cooperativa. Inoltre, elemento ancor più caratterizzante è il diverso ruolo giocato dal socio nelle diverse tipologie di cooperative esistenti e di conseguenza la differente natura presentata dalla remunerazione a questo “soggetto interno per eccellenza”.

Nella sezione di CE destinata alla distribuzione di valore viene quindi presentata una sotto sezione rivolta ai soci, avente la finalità di evidenziare l’ammontare lordo della ricchezza attribuita ad essi e quindi la rilevanza mutualistica raggiunta da ciascuna cooperativa. Questa nostra scelta ha talvolta portato lo schema di creazione e distribuzione di valore al raggiungimento di un risultato con significato differente rispetto al tradizionale VA ottenuto per le società capitalistiche. Tale problema interpretativo non si pone per le società di consumo e di conferimento lavoro, in quanto nel primo caso la ricchezza attribuita al socio è rappresentata dal ristorno (integrazione del risultato d’esercizio) elemento riconducibile alla tradizionale nozione di VA; mentre nel secondo caso si fa riferimento alla remunerazione del fattore lavoro (solitamente individuata come una componente del valore aggiunto) che anziché essere riconosciuta al personale dipendente viene considerata come una remunerazione a favore dei soci. Nelle cooperative di lavoro si presenta, quindi, una semplice traslazione di valori dalla sotto sezione relativa alla ricchezza riconosciuta ai lavori dipendenti a quella relativa ai soci cooperatori, senza tuttavia inficiare il tradizionale significato riconosciuto al VA.

Problemi di entità ben più rilevante si sono riscontrati, invece, nelle cooperative di conferimento beni e servizi, infatti in esse gli apporti vengono valutati con logica residuale e il loro ammontare considerato come remunerazione al socio; mentre secondo la logica tradizionale del VA i beni intermedi dovrebbero essere compresi tra i costi esterni ed esclusi dall’ammontare totale del valore aggiunto.

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Per seguire la tradizionale logica di riclassificazione per VA la valorizzazione del conferimento si sarebbe dovuta scindere in due parti: nella prima parte avremmo dovuto considerare il prezzo di mercato dei beni conferiti (da inserire tra i costi della produzione e quindi come elemento da sottrarre per il calcolo del VA); nella seconda parte si sarebbe dovuta considerare l’eventuale integrazione riconosciuta a favore del soci. Questa logica auspicabile dal punto di vista teorico non si è potuta peraltro applicare a causa della mancanza di informazioni in bilancio relative ai prezzi di mercato dei beni conferiti e delle integrazioni riconosciute per gli apporti98. Inoltre la

determinazione dei prezzi di mercato, in base al quale la cooperativa avrebbe dovuto acquistare i beni conferiti dai soci, è spesso un’operazione molto complessa, anche per la mancanza di validi pilastri di riferimento (le valutazioni ufficiali di borsa si riferiscono infatti a determinate piazze e a mercati all’ingrosso) tanto da rendere inattuabile simile proposta. Inoltre la valutazione a prezzi di mercato dei beni conferiti difficilmente può essere effettuata ponderando l’influenza che, sui prezzi di mercato, potrebbe avere, nell’ipotesi di collocamento sul mercato di ingenti quantità di merci, la vendita effettiva dei beni conferiti dai soci99. Ne deriva che nelle cooperative di

conferimento beni, il risultato della ricchezza riconosciuta ai soggetti interni ottenuto utilizzando la riclassificazione per destinazione del valore creato può essere individuata con il nome di “valore aggiunto allargato”100. Tale riclassificazione presenta,

quindi, il limite di non identificare il tradizionale concetto di valore aggiunto, comunque non determinabile in nessun altro modo per via della mancanza di informazioni in bilancio, ma offre comunque l’opportunità di evidenziare le modalità di distribuzione di ricchezza attuate da ciascuna impresa. I risultati di VA e “VA

allargato” ottenuti attraverso le riclassificazioni di bilancio (presentate nelle pagine successive) saranno poi analizzati attraverso una serie di indicatori.

Il valore aggiunto/valore aggiunto allargato è, quindi, dato dalla sommatoria delle remunerazioni ai soggetti interni d’azienda; tra le varie possibili accezioni secondo cui considerare i soggetti interni o esterni, si presceglie una nozione allargata per cui i soggetti individuati come interni e partecipanti alla distribuzione di valore economico creato dall’azienda, sono:

• i soci;

98

Nessuna delle cooperative di produzione comprese nel campione ha riportato per tutti e cinque gli anni l’informativa relativa al valore di mercato dei beni conferiti e delle integrazioni economiche riconosciute.

99

M. S. Avi, Cooperative: riclassificazione del conto economico ai fini gestionali, problemi aperti e soluzioni operative, Contabilità Finanza e Controllo, ed. Il Sole 24 Ore, n. 12/2006, p. 1004. Ancora P. Congiu afferma: “ Con riferimento specifico alle cooperative di trasformazione agricola, che determinano il valore finale dei conferimenti in sede di chiusura dell’esercizio, tale valore, prezzo finale riconosciuto ai soci conferenti, include concettualmente un eventuale ristorno, che è impossibile scindere.” Si veda P. Congiu, Il bilancio d’esercizio delle imprese cooperative, Giuffrè, 2005, p. 130.

100 Il valore aggiunto allargato viene così denominato in quanto al suo interno viene considerata anche la

valorizzazione degli apporti dei soci (conferimento beni) che sono utilizzi di beni intermedi conferiti da soggetti interni.

61 • il personale; • i finanziatori; • la pubblica amministrazione; • il sistema impresa; • i fondi mutualistici.

Soggetti esterni all’impresa sono considerati i fornitori di beni e servizi a cui l’impresa cooperativa si rivolge al fine di poter svolgere la propria attività produttiva.

Ai clienti, essendo i soggetti a cui le aziende rivolgono molte delle proprie attenzioni al fine di garantirsi la loro approvazione, viene attribuita una distribuzione di valore di tipo economico indiretta e sociale; così, come al sistema ambiente (inteso in senso fisico-naturale), al quale non può essere riconosciuta una distribuzione di valore di tipo strettamente economico. I clienti sono di fondamentale importanza per il sistema azienda: ad essi sono destinati i prodotti finiti e il loro consenso è indispensabile per garantire la sopravvivenza di ciascuna azienda. I vantaggi economici indiretti garantiti da un’azienda alla propria clientela sono legati agli attributi qualitativi, di sicurezza e puntualità nelle consegne dei beni; tali azioni sono, infatti, mirate alla soddisfazione delle esigenze dei consumatori al fine di garantirsene la fidelizzazione101.

Per il sistema ambiente vale quanto già detto per lo stakeholder clientela: il valore ad esso distribuito non è individuabile come un valore economico. Ciascuna azienda può garantire all’ambiente una distribuzione di valore economico indiretto tutte le volte in cui viene evitato lo spreco di energie e materie prime e si intraprendono iniziative volte alla riduzione dell’inquinamento e al recupero di rifiuti102. In altre

parole, se non vengono considerati come soggetti che partecipano alla ripartizione del valore aggiunto secondo i criteri considerati dalla maggior parte della dottrina, gli stakeholder clienti e ambiente possono essere considerati in una più ampia nozione di valore economico e sociale creato dall’impresa, che non costituisce, però, oggetto dell’analisi del presente studio.

La grandezza valore aggiunto sarà quindi riconosciuta come la sommatoria di:

Va = L+F+P+S+A+M Dove:

L = remunerazione lavoratori dipendenti; F = remunerazione finanziatori esterni;

101Anche ai clienti viene distribuita una forma di valore, ma vista la sua particolarità non può essere identificata come ripartizione di valore economico.

102

Si tratta di iniziative intraprese dalle diverse aziende al fine di garantire minori costi gravanti sull’ambiente e generare una creazione di valore di tipo sociale

62

P = remunerazione pubblica amministrazione; S = remunerazione ai soci;

A = remunerazione sistema aziendale; M = remunerazione ai fondi mutualistici.

La motivazione che spinge all’ottenimento delle due differenti tipologie di risultato economico (determinazione dell’utile o perdita d’esercizio; analisi del valore aggiunto), sta nella logica di fondo che guida le due diverse metodologie e gli interessi conoscitivi dei soggetti che ciascun conto economico tende a soddisfare. Nello schema di conto economico finalizzato alla determinazione del risultato d’esercizio, si tutelano gli interessi degli apportatori di capitale di rischio; il risultato residuale ottenuto (se positivo) rappresenta, infatti, la remunerazione al capitale conferito in azienda. Nelle società cooperative, dove gli elementi “persone” e “apporti dei soci” contano più dell’elemento “capitale conferito”, perde di significatività la remunerazione al capitale apportato in azienda, mentre assume rilevanza la distribuzione di valore a favore di tutti gli apportatori di interesse e particolarmente dei soci cooperatori. La riclassificazione per valore aggiunto focalizza, quindi, il proprio interesse sul totale delle remunerazioni spettanti al complesso dei soggetti interni d’azienda, riconoscendo questa forma di distribuzione di valore come la ricchezza che l’azienda distribuisce alla collettività di soggetti che con essa collaborano in maniera duratura. L’analisi sul valore aggiunto è, quindi, incentrata sull’analisi della distribuzione sociale della ricchezza.

Il conto economico a valore aggiunto è completato dell’analisi a valori percentuali degli importi in esso riportati. L’analisi dei dati percentuali permette di evidenziare come la sommatoria delle ricchezze generate (posta pari a 100) venga destinata alla remunerazione dei soggetti esterni ed interni d’azienda. La presenza dei valori indicati su base percentuale favorisce il confronto dei risultati per una stessa azienda nei diversi esercizi e, per lo stesso esercizio, facilita le comparazioni fra differenti aziende. Il prospetto è diviso in due diverse sezioni: la creazione del valore e la distribuzione del valore.

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3.2.2. Schemi di riclassificazione del conto economico a creazione e