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Le analisi condotte in questo capitolo ci hanno portato ad affermare che il principale ostacolo per l’applicazione del modello del VA nelle imprese cooperative è la mancanza di informazioni in bilancio relative alle remunerazioni nette spettanti ai soci.

Per la determinazione del VA, come tradizionalmente concepito, sarebbe quindi necessaria la conoscenza dei prezzi di vendita (nel caso delle cooperative di consumo e abitazione) e di acquisto (nel caso delle cooperative di conferimento beni) a valori di mercato. La consapevolezza dei prezzi/costi di mercato sarebbe finalizzata al confronto di questi ultimi con i corrispettivi, determinati con logica residuale, applicati/riconosciuti dalle cooperativa agli scambi effettuati con i propri soci, al fine di determinare le remunerazioni integrative riconosciute agli stessi. Come già affermato precedentemente139, il valore di mercato è difficilmente determinabile (ad

eccezione del fattore lavoro per il quale sono presenti delle previsioni legislative), motivo per cui l’auspicato confronto risulta spesso inattuabile. Dall’analisi effettuata si è notato che per le cooperative di consumo e abitazione (che in maniera più sporadica forniscono informazioni relative alle remunerazioni integrative ai soci) è stato impossibile, tutte le volte in cui non fosse esplicitato il compenso riconosciuto ai soci, presentare un prospetto completo di distribuzione di ricchezza agli stakeholder. Nelle cooperative di conferimento beni (utilizzanti la logica residuale per la valorizzazione dei conferimenti) è stata, invece, possibile la redazione del prospetto di creazione e

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G. Melis, Gli indici di bilancio delle imprese cooperative, CEDAM 1989, pag 76.

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distribuzione di valore, ma il risultato della remunerazione riconosciuta ai soggetti interni ottenuto attraverso questo modello ha assunto un significato differente rispetto a quello ricondotto al classico VA. L’applicazione del modello di creazione e distribuzione di valore si è dimostrata, quindi, colma di ostacoli per un analista esterno.

L’analisi settoriale è stata condotta suddividendo il campione delle imprese cooperative in sub-campioni che ci permettessero di studiare le imprese indagate considerando il loro settore ATECO di appartenenza. E’ noto, infatti, che il valore aggiunto ottenuto dalle imprese presenta ampiezze differenti a seconda del settore in cui le stesse operano140; inoltre il VA risulta maggiore quanto più ampia si presenta la

differenza tra il valore dei beni e servizi che formano oggetto della trasformazione industriale e il valore dei prodotti ottenuti in forza della capacità dell’impresa di trovare risposte o anticipare le esigenze del mercato141.

In linea generale, quindi, dovrebbero presentare valori aggiunti notevoli le società di servizi (dove non è richiesto l’approvvigionamento di beni da altre realtà); mentre dovrebbero presentare ridotte percentuali di VA sul totale VC le imprese commerciali che si occupano di effettuare il trasferimento nello spazio e nel tempo di beni acquisiti da terze economie.

Nell’analisi dei settori cooperativi, oltre a tenere in considerazione le caratteristiche tipiche di ogni attività produttiva, occorre considerare il ruolo differente che può essere assunto dai soci142. Ad esempio, i soci delle cooperative manifatturiere ed

agricole sono spesso coloro che si occupano di apportare le materie prime necessarie per la trasformazione economica e, quindi, il valore distribuito ai soggetti interni di queste tipologie imprenditoriali risulta sicuramente più ampio se confrontato con quello ottenuto dalle imprese manifatturiere di tipo capitalistico143.

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Si veda G. Bruni, Contabilità del valore per aree strategiche d’affari, G. Giappichelli ,1999, p. 38. L’Autore scrive: “le attività di produzione originaria e quelle che, nel settore secondario, comportano uno scarso livello tecnologico e di investimento del capitale, sopperendo in contropartita con un elevato impiego di mano d’opera, appartengono alla classe di aziende cosiddette a basso valore aggiunto. Va pur osservato, corrispondentemente, che l’attesa di riparto del valore è altrettanto bassa per cui non è detto che, comunque, queste attività non possano raggiungere una soddisfacente condizione di equilibrio economico e, come vedremo, di profittabilità.

Al contrario, per altri settori e specialmente in quelli maggiormente coinvolti nell’alta tecnologia (Hi-tech) nella R&S, nell’immaterialità dell’effetto marketing, dei brevetti, delle esclusive e dei marchi prestigiosi e, più in generale, per tutte quelle aziende che richiedono un’elevata intensità di capitale contrapposta a risorse umane limitate nel numero, ma altamente qualificate, il valore aggiunto che ne caratterizza l’economia è, in genere, altrettanto alto.

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Si veda G. Bruni, Contabilità del valore per aree strategiche d’affari, G. Giappichelli ,1999, p.39.

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Le remunerazioni ai soci di società cooperative vengono sempre considerate parte del VA anche quando si tratta di distribuzione di ricchezza effettuata per ricompensare l’approvvigionamento di materie prime o merci che nelle società capitalistiche sarebbero riconosciute come distribuzione di ricchezza a favore di soggetti esterni all’azienda.

143 La motivazione di questi differenti risultati è dovuta alla scelta di utilizzare il VA allargato nella

riclassificazione delle società cooperative di conferimento beni. Si ricorda, inoltre, che nel settore agricoltura in sette cooperative sul totale di nove analizzate i soci sono apportatori di prodotti, mentre

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In sintesi, nel considerare e analizzare l’ammontare di valore aggiunto e il relativo indicatore di produttività (VA/K) occorre sempre considerare il settore di appartenenza di una cooperativa nonché la tipologia alla quale essa appartiene al fine di identificare il ruolo svolto dai socio.

Le cooperative analizzate sono accomunate dal distribuire gran parte del proprio valore creato ai soggetti interni d’azienda. Il settore in cui si rende massima questa situazione è quello delle società manifatturiere dove la percentuale di valore aggiunto allargato sul totale valore creato si aggira intorno agli 80 punti percentuali144; inoltre,

valori elevati nelle remunerazioni ai soggetti interni rispetto al totale VC, sono presenti nelle cooperative di servizi, agricole e di costruzioni. L’unica eccezione riscontrata è quella delle cooperative commerciali; infatti, in esse le remunerazioni ai soggetti interni non superano in media i 30 punti percentuali e questo è principalmente dovuto alle caratteristiche del settore di appartenenza prima enunciate.

Inoltre, le società cooperative sono caratterizzate dal distribuire gran parte del proprio valore aggiunto (la cui percentuale sul valore creato è abbastanza elevata) ai propri soci e secondariamente ai lavoratori dipendenti, al sistema impresa e alla pubblica amministrazione145; mentre solamente in maniera residuale se non nulla è

distribuita ricchezza a favore dei terzi finanziatori e ai fondi mutualistici.

In linea generale si può affermare che le cooperative tendono a distribuire la ricchezza da esse creata principalmente a favore dei soggetti interni e fra essi risultano favoriti i soci.

Altra caratteristica che accomuna le società cooperative analizzate è la loro scarsa attitudine alla produzione (oltre che alla ritenzione) di utili e di conseguenza i bassi livelli ottenuti nei risultati del tasso di sviluppo.

nelle cooperative manifatturiere in dieci su dodici cooperative analizzate i soci conferiscono materie prime.

144 Ricordiamo che il VAL è dato dalla somma del tradizionale VA aumentato della valorizzazione attribuita

ai conferimenti apportati dai soci.

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La percentuale di distribuzione di ricchezza a favore della pubblica amministrazione dipende fortemente dalla tipologia di cooperativa che si va ad analizzare e dai vantaggi tributari riconosciuti ad essa; infatti, la percentuale di distribuzione di ricchezza a favore delle cooperative agricole e manifatturiere assume talvolta dei valori negativi per via dei contributi che vengono ad esse attribuiti.

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Capitolo 5

Analisi comparata del settore capitalistico e

cooperativistico