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Caratteristiche formali e geometriche delle strutture curvilinee antiche

resilienza dell’edilizia speciale antica

II.I. Caratteristiche formali e geometriche delle strutture curvilinee antiche

Tra i monumenti dell’antichità - strutture accentrate coesive e unitarie - gli edifici ludico scenici per spettacoli sono tra i protagonisti delle trasformazioni della città sedimentata in tutto il mondo greco-romano e tra i più evidenti e identificabili all’interno dei tessuti urbani. Il bacino del mediterraneo è così il luogo delle città di sostrato ed è possibile trovare un nuovo elemento culturale e urbano comune legato alla processualità e alla ciclicità delle trasformazioni all’interno del mondo della realtà plastica dei nostri centri storici. Dal Portogallo alla Turchia, dalla Francia all’Italia questi manufatti architettonici hanno rappresentato la volontà umana di mettere in relazione con un linguaggio formale e tecnologico

diverse aree geografiche attraverso una comune koinè che ha innescato processi comparabili di esperienze del riuso. Se il teatro greco dalla sua forma primitiva sino all’età classica ha sfruttato la topografia del terreno scavando la materia naturale attraverso la sottrazione di un volumetria concava o adagiandosi come uno strato superiore seguendo la pendenza del declivio, il teatro, l’odeon, il circo o stadio e l’anfiteatro romani hanno segnato un punto di svolta nel sistema di “attrezzature” della città antica. Questi infatti a partire dal teatro di Pompeo a Roma vengono costruiti in muratura su terreno pianeggiante e pochi sono i casi attestati in cui sia stata sfruttata una forte pendenza del terreno. La qualità plastica di queste costruzioni di grande dimensione e la loro posizione urbana hanno innescato nell’arco temporale i fenomeni di trasformazione ancora oggi caratterizzanti le nostre città. La scelta di circoscrivere la ricerca a queste strutture romane deriva inoltre dal loro essere contenitori delle tematiche di carattere teorico, esplicate nel primo capitolo, attraverso le quali trovano la loro finalità pratica evidenziata dalla veridicità delle testimonianze sia materiali che iconografiche e cartografiche.

Ma perché queste strutture antiche, la cui materialità muraria e monumentalità non è dissimile da altre strutture urbane speciali come terme, templi e palazzi, ha avuto una così grande fortuna nelle dinamiche di sedimentazione e trasformazione della città, della realtà costruita?

L’edilizia speciale antica per spettacoli, in particolare l’anfiteatro, è prodotto ultimo della tipologia costruttiva romana e non è possibile come per molte strutture antiche partire da un “processo all’intenzionalità”, specifico dell’edilizia speciale, ma dalle caratteristiche tipologiche di questi organismi speciali, dal loro rapporto con il tessuto urbano e con i percorsi. Il teatro, l’odeon, anfiteatri e stadi presentavano in sé le caratteristiche dell’unitarietà architettonica definita dalla ratio vitruviana: la ratio

romane sono tra loro inscindibili e compenetrate e l’eccessivo potenziamento di una componente rispetto alle altre è sempre indicativo di una situazione di crisi. Per tanto se analizziamo questi organismi attraverso la ricostruzione dei concetti pre-operativi che stanno alla base della costruzione antropica dei diversi edifici speciali nel tempo; concetti che sono unitari e sintetici di tutte le componenti indispensabili a strutturare in maniera esaustiva l’oggetto attuato dall’uomo, allora sarà possibile riconoscere le caratteristiche dell’edilizia minore, seriale e ritmica, che hanno formato e poi permesso la de- specializzazione della struttura speciale trasformandola in sostrato per successivi sviluppi del tessuto. Riferendosi alla triade vitruviana è possibile dunque esplicitare le caratteristiche formali e formative di questi edifici speciali oggetto dello studio:

Utilitas

La destinazione d’uso, l’utilità funzionale, è il fattore primario che determina e giustifica la forma degli edifici a scopo ludico-scenico. Il teatro e l’odeon destinati a spettacoli rappresentativi e musicali presentano sempre l’elemento della grande cavea, identificabile con la figura geometrica della curva, contrapposta alla linearità della scena. La differenza tra le due matrici geometriche elementari dipende dalle due funzioni distinte che accolgono: quella dello spettatore e quella dell’attore-musico - importante è lo spazio dell’orchestra che sarà oggetto di interessanti fenomeni urbani di occupazione e non di consumo della

materia-forma -1. La funzione della rappresentazione

1 La geometria dei teatri romani si componeva di quattro triangoli o tre quadrati inscritti in una circonferenza che danno origine a dodici vertici da cui si traevano le scale della cavea, i margini dell’orchestra, il palcoscenico e gli accessi pertinenti l’edificio scenico. I vertici superiori definiscono le scale della cavea che racchiudono i cunei in cui sono suddivisi i gradoni. Quando si arriva al diazoma, le scale ed i cunei da esse formate si raddoppiano a causa dell’ampliarsi della cavea. Rif. Vitruvio, De Architectura, Pierre Gross (a cura di), Einaudi, Torino,

teatrale cede il posto nello stadio alle competizioni equestri e ginniche che determinano una modifica sostanziale nella forma e nella dimensione: i lati che connettono l’elemento curvo alla scena si allungano per seguire la pista interna percorsa degli atleti o dagli animali. La scena cede il posto come nel caso del circo Massimo ai carceres, ovvero gli odierni box per la sosta e la partenza degli equini da corsa. Questa tipologia presenta uno dei rapporti più stretti ed evidenti tra funzione e forma che si concretizza quando il teatro “esce” dal suo involucro plastico per contribuire alla forma della la città.

Firmitas

“I materiali e le relative tecniche costruttive sono la cultura specifica che un’area civile applica nella costruzione degli edifici: entrambi sono elementi tipici – variabili in maniera diacronica e diatopica - e, nel loro insieme, rappresentano il concetto del costruire ovvero la sintesi a priori di tutti i caratteri propri del concetto stesso come prefigurazione mentale antecedente alla produzione

dell’organismo”2 inoltre “materiale, matrice, materia,

maternità sono articolazioni della radice sanscrita “mat” che significa misurare con la mano, costruire, cioè nel caso dell’architettura, materiale e costruzione non sono l’uno mezzo per l’altra ma unità inscindibile e la dissoluzione della stabilità del materiale è dissoluzione della costruttività stessa dell’architettura”3.

La solidità statica e materiale delle strutture romane in esame confermano l’organicità delle costruzioni antiche e il loro carattere plastico. Plasticità di cui Maffei attraverso il pensiero di Caniggia ne deduce i caratteri fondamentali riassumibili nella continuità dell’appoggio al suolo 1997.

2 G. L. Maffei, M. Maffei, Lettura dell’edilizia speciale, alinea editrice, Firenze, 2011, pp. 142-143.

3 V. Gregotti, Morfologia, Materiale, in Casabella n° 515, Mondadori editore, Milano, 1985, pag. 22.

per sostenere le stratificazioni soprastanti, l’uso di un solo materiale per la parte portante e le tamponature e l’indifferenza tra l’assetto dell’involucro esterno e quello

interno dell’edificio4. Indifferenza solo teorica, ma che

nella realtà costruita l’organismo realmente plastico- murario presenta, attraverso un esterno che è “montagna” e un interno che è “grotta”. La “montagna” esplicita la sua omogeneità e stratificazione tettonica attraverso l’orizzontalità dei marcapiani mentre la “grotta” si articola attraverso l’alleggerimento della massa muraria scavando e sottraendo materia con nicchie, volumetrie, che appaiono quasi come anfratti naturali.

Evidente che l’elemento costruttivo e formale principe di questi edifici speciali sia però l’arco. Non solo per il diverso concepimento delle forze che forniva la possibilità di dislocare il peso ai lati dando vita a luci più estese, ma

perché la sua traslazione e rotazione da origine alla volta5.

Questa rappresenta insieme alla cupola di conglomerato cementizio la struttura spaziale di massima organicità possibile in quanto sia chiudente che portante. Inoltre sia l’arco che la volta sono le strutture che meglio si adattano al movimento curvilineo della cavea e come negli acquedotti svolgono anche la duplice funzione di struttura e decorazione.

Venustas

Tralasciando il tema decorativo superficiale e degli ordini che non ha ripercussioni morfologiche nella de- specializzazione e nel riuso del manufatto è doveroso soffermarsi sulla forma dell’organismo e la sua 4 Dalla distinzione tra i caratteri fondamenti della costruzione plastica e quella elastico-lignea si può dedurre l’importanza che nella cultura nordica prevalentemente elastica ebbe l’influenza della tecnologia costruttiva romana e i suoi lacerti. G. L. Maffei, M. Maffei, Lettura dell’edilizia speciale, alinea editrice, 2011, Firenze, pp. 143-144. 5 Rif. F. Coarelli, Roma, Guide Archeologiche Laterza, Editori Laterza, Bari, 2012.

gerarchizzazione. La bellezza estetica di un’opera artistica e di un’architettura era riconoscibile da Vitruvio nelle proporzioni, in quel rapporto armonico tra le parti. Parti che nei teatri maturi e negli anfiteatri sono caratterizzate da serialità, modularità e ritmicità. Gli stessi elementi riconoscibili nell’edilizia minore o di base. Prendendo come esempio l’anfiteatro infatti sono immediatamente riconoscibili sia a livello planimetrico che in facciata le caratteristiche di un tessuto di edilizia di base: la scala monumentale permette infatti di confrontare uno solo di questi edifici con un intero isolato. Appare evidente che l’elemento della ripetizione è tra i temi cardine della fortuna di queste forme urbane nel tempo e permette di mettere a sistema le caratteristiche sopra espresse: “l’architettura è arte della ripetizione” affermava Purini in

Comporre l’architettura sostenendo che tramite l’impiego

di elementi seriali si trasforma il “fattore espressivo” dell’opera di architettura. L’elemento ripetente e ripetuto costituisce così una parte di un sistema unitario e non presenta carattere di autonomia e dunque “l’individualità di una parte componente deve subordinarsi all’insieme, ovvero all’individualità del tutto”6.

Nel caso dell’anfiteatro di Arles appare evidente come queste strutture siano potenzialmente predisposte alla trasformazione e ad una variazione funzionale nel tempo. La loro venustas sta proprio in questa serialità delle strutture murarie, poi esplicitata in facciata, che nel tempo accoglieranno e daranno la misura a nuove costruzioni che ne consumeranno e ne sedimenteranno la forma che diverrà sostrato. La presenza di un vano centrale, l’arena o l’orchestra nel teatro, su cui convergono i percorsi interni, fanno di queste strutture degli annodamenti a scala edilizia. I velari che coprivano la cavea e le gradinate, la copertura lignea dell’odeon, confermano il potenziale 6 Purini F., Comporre l’Architettura, Laterza, Bari, 2011. Pag. 42.

Confrontro tra una vecchia cartolina francese dell’anfiteatro di Arles e un disegno di Carlo Aymonino, copertina de “Il significato della città”. Fig. 2-3

La curva come figura generatrice di superficie ed elemnto geometrico con il più alto grado di resistenza. Reinterpretazione di un disegno di W. Kandinsky. Fig.4

nodale di queste costruzioni e la possibilità di un incontro tra il mondo plastico ed elastico.

II.II La Curva: strumento di riconoscibilità e