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Capitolo primo

I.II Permanenza e mutamento della forma come Sub-stratum

Sulla questione del “cosa sia” e “da dove venga origine” la forma si è dibattuto così a lungo non solo in architettura ma in tutto lo scibile che abbia una rappresentazione nel reale - e non - che potrebbe solo portare confusione persino un semplice accenno al tema e questa ricerca non cerca di suggerirne una nuova interpretazione o definizione ma si enuncia in maniera trasparente l’adesione al concetto della scuola muratoriana – trattando di morfologia - di forma

22 C. Aymonino, , Il significato delle città, Marsilio, Padova, 2000. Pag. 18.

23 Monestiroli A., L’architettura della realtà, Umberto Allemandi & C., Torino, 1999. Pag. 20.

come trasmissione nella realtà fisica dei caratteri di una struttura25; ponendo che “si usa il termine “struttura” nel suo significato generale di legge di relazione che comprende tanto il senso di struttura di elementi, quanto di sistema di strutture che di organismo26”. La forma è oggetto della ricerca nel suo carattere di permanenza ma non come segno statico e imperituro ma nel suo mutare e influenzare forme susseguenti pur mantenendo riconoscibili alcune sue caratteristiche che vengono ereditate e interpretate dal nuovo costruito.

Mettendo a sistema le tematiche enunciate e individuando il comun denominatore che sottende alle ricerche teoriche esposte ricorre ossessivamente il concetto operante di forma di Sub-stratum.

In ambito filosofico il termine sostrato compare per la prima volta in Grecia nella Metafisica aristotelica, talora con riferimento alla materia rispetto alla forma, talora alla sostanza - sub-stantia - rispetto agli accidenti, talora al soggetto logico - sub-iectum - rispetto ai predicati.

E’ Materia perchè è sub-stratum delle potenzialità della realtà, ovvero puro possibilismo: la materia/sostrato non è elemento statico, ma detiene un potenziale creativo legato alla sua forma e alle sue caratteristiche di Materia Signata. A segnarla è il tempo a cui è platonicamente soggetta; muta continuamente rimandando a forme diverse da quelle di origine, in cui il segno, la traccia iniziale emerge più o meno esplicitamente. Il Sostrato è così “Ciò che sta sotto” - sub- sotto e stratum-strato - e che raccoglie l’eredità di un topos e di un’area culturale in ogni sua accezione, dalla filosofia alla linguistica, dalla geologia alla morfologia urbana. Esso accoglie e stimola le trasformazioni della realtà, della materia e della forma in questo ambito di ricerca, attraverso una processualità indirizzata dalle sue caratteristiche,

25 Cfr. G. Strappa, Unità dell’organismo architettonico. Note sulla formazione e trasformazione degli edifici, Dedalo edizioni, Bari, 1995, pag. 77 e succ.

prodotto di una stratificazione storica, che catalizzano i fenomeni riemergendo attraverso essi.

In architettura inoltre Aldo Rossi intuì l’importanza del pensiero aristotelico all’interno degli studi sulla forma urbana attribuendogli il merito di aver aperto la strada alla geografia e agli studi della città27.

Lo studio del concetto di Sostrato come Materia Signata implica un’immediata, e dovuta, analogia con il pensiero di Giorgio Agamben sulla Signatura Rerum28 paracelsiana,

partendo dall’affermazione che tutte le cose portano un segno manifestante e rivelatore delle loro qualità invisibili. “Nulla è senza segno” scrive Paracelso, “poiché la natura non lascia uscire da sé nulla, in cui essa non abbia segnato ciò che in esso si trova” (Paracelso, III, 7, 131) ed è attraverso il segno, la traccia, che l’uomo può conoscere ogni cosa. Si può affermare così che l’architettura del sostrato è un’architettura davvero umana perché è architettura del peccato adamitico, in quanto Adamo, unico essere non-segnato, cadendo nella natura è stato toccato da colei che “non lascia nulla non-segnato”. Infatti Agamben continua affermando che la segnatura non è una relazione causale ma retroagisce sul segnatore. È in primis qualcosa di immateriale e logico ad essere scrigno madre della segnatura: la lingua. La lingua che da significato ai segni, alle cose naturali, è la Kunsta Signata, ovvero la segnatura originaria. Il signator principale che interessa la ricerca è dunque l’uomo, il quale è al centro

27 “Sono propenso a credere che l’impostazione aristotelica in quanto studio dei fatti abbia aperto la strada in modo decisivo allo studio della città e anche alla geografia urbana e all’architettura urbana. E’ però indubbio che non possiamo renderci conto del valore concreto di certe esperienze se non operiamo tenendo conto di questi due piani di studio; infatti alcune idee di tipo puramente spaziale hanno modificato in modo notevole e in forme e con interventi diretti o indiretti i tempi e i modi della dinamica urbana” A. Rossi, L’architettura della città, Quodlibet, Roma, 2015, pag. 15.

28 Si fa riferimento al saggio magistrale di Giorgio Agamben, Signatura Rerum. Sul metodo, Bollati Boringhieri editori, Torino, 2008.

dei nostri studi perché non esisterebbe l’architettura senza l’esistenza dell’uomo e anche una forma naturale come la caverna, è architettura perché l’uomo le da significato tale di riparo, e riprendendo il concetto di Antonio Monestiroli dell’architetto come rivelatore di una conoscenza, è ancora più forte il parallelismo con il pensiero di Jakob Bohme29, che porta avanti il concetto di segnatura come “operatore decisivo di ogni conoscenza”: la segnatura è ciò che rende intellegibile il mondo che altrimenti apparirebbe muto e senza ragione. Ma se il segno (il Bezeichmung di Bohme) è in se muto, la segnatura, come un liuto silenzioso che può essere compreso solo se suonato, lo rende vivo e comunicabile nel fenomenico. Il sostrato è così un segno che significa, o forse bisognerebbe dire un insieme di segni o ancor meglio una gerarchizzazione di segni, perchè porta sempre con sé una segnatura, “ma questa ne predetermina necessariamente l’interpretazione e ne distribuisce l’uso e l’efficacia secondo regole, pratiche e precetti che si tratta di conoscere. L’archeologia è, in questo senso, la scienza delle segnature”30.

È definibile il Sub-stratum così come concetto operante in quanto è il soggetto matrice, il protagonista spesso invisibile delle trasformazioni che si attuano nella città. Il sostrato ha permesso - e permette - di perimetrare delle scelte e di non perdersi nel mare del possibilismo31 ed esprime l’arte della trasformazione attraverso il processo. Processo che coinvolge ogni scala del costruito e ogni contesto di azione antropica.

De Carlo nella sua opera su Urbino si interroga sulla

29 L’opera di Bohme, che presenta lo stesso titolo dell’opera paracelsiana De Signatura Rerum, riprende il discorso del pensatore del passato sollevando nuove questioni sulla lingua adamitica e ponendo la segnatura come operatore primario di conoscenza cercando di superare le problematiche relative al concetto di segno come oggetto muto. 30 G. Agamben, Signatura Rerum. Sul metodo, Bollati Boringhieri editori, Torino, 2008. Pag. 66.

31 Cfr. Cfr. G. Strappa, L’architettura come processo. Il mondo plastico murario in divenire, Franco Angeli, Roma, 2014, pag. 10 e succ.

permanenza delle forme attraverso il tema della ripercussione che il loro sostrato ha nella città contemporanea: “la forza di riverberazione – è quella forza intrinseca che consente alle forme dell’architettura di – conservarsi attive in un contesto nuovo, diverso da quello antico per il quale erano state configurate”32. Egli intende per forma “la materializzazione in termini fisici tridimensionali di una struttura, e cioè di un sistema organizzativo attraverso il quale una o più funzioni divengono attuali”33, mentre per forme resistenti, oggetto di questa ricerca, quelle per le quali il “tempo di consumo dura più a lungo della loro originaria appropriatezza. In misura diretta rispetto alla loro riverberazione le forme acquistano la capacità di sopravvivere ai tipi strutturali che hanno materializzato e di riappropriarsi a nuovi contesti”34.

Tra le scuole italiane quella muratoriana ha sistematizzato il rapporto tra città e manufatto attraverso una lettura del costruito e delle sue parti definite come edilizia di base ed edilizia speciale che, come si vedrà in seguito, è nell’esperienza e nel riutilizzo che trovano il loro fondamento metodologico: “Nella storia delle città spesso si è creato un rapporto tra tessuto ed edilizia speciale basato sulla riutilizzazione – non solo tipologica ma anche fisica – di un tessuto di base a formare, in un aggregato preesistente, un edificio specialistico. L’esperienza acquisita è poi la base anche per i successivi edifici che vengono costruiti ex novo in aree di espansione urbana. Anche il rapporto inverso ha molti esempi nelle nostre città: un edificio speciale si de-specializza e vi si viene a formare un tessuto di base, avvalendosi delle sue connessioni tipiche lette al rovescio. Ciò che era percorso interno – la distribuzione orizzontale – riacquisisce la valenza di un percorso esterno vero e proprio – ovvero la strada – così come le cellule elementari

32 G. De Carlo, Urbino. La storia di una città e il piano della sua evoluzione urbanistica, Marsilio, Padova, 1966, pag. 124.

33 Ivi. Pag. 123.

aggregate, in modo seriale o non seriale, riassumono la veste tipologica che avevano nell’edilizia di base” 35. Si parla così nella letteratura architettonica di “durata” della forma urbana, ma Giuseppe Strappa ci avverte che il termine “durare” ha un valore generale dall’origine etimologica incerta36 e che sia più utile per i nostri studi l’accezione di “conservarsi nel tempo” associata a nozioni complementari quali “plasticità” e “resilienza” che indicano la capacità di assorbire le trasformazioni dove la fine di un ciclo di declino coincide con una nuova epifania37.

Architettura di sostrato / architettura metamorfica

Nell’arte della costruzione vi è sempre un ordo, l’ordine latino che nella liturgia cattolica assume un significato mistico di rito, e il sostrato diviene l’elemento chiave della dialettica tra l’ordine naturale – ordo naturalis – e l’ordine artificiale - ordo artificialis -. Si è detto infatti che in una delle accezioni aristoteliche il sostrato presenta inizialmente uno stato di possibilismo nel momento in cui appare come materia naturale plasmabile, evocando quell’ordo naturalis che dispone gli argomenti di un discorso attraverso una concatenazione logica di eventi nel tempo. Tempo che segue la sua linearità attraverso fasi in cui il sostrato per divenire materiale, e manifestarsi in forma nuova, necessita di un

ordo artificialis. Se l’ordine naturale infatti porta ad una

logica nascita e morte della forma – che possiamo definire con i tempi del progetto, della costruzione, dell’esistenza e della rovina – è l’ordine artificiale, ovvero l’intervento

35 G. L. Maffei, M. Maffei, Lettura dell’edilizia speciale, Alinea editrice, Firenze, 2011, pag. 50.

36 G. Strappa fa riferimento al Dizionario Etimologico della Lingua Italiana , M. Cortelazzo, P. Zolli, Zanichelli, Bologna, anni 1979- 1988.

37 Cfr. G. Strappa, Durata del Temporaneo, U+D urban and design n.09/10, International Journal on Urban Morphology, L’Erma di Bretschneider, Roma, 2018.

Du Perac: il tempio Adrianeo a Roma (piazza di Pietra) nel suo stato di catalizzatore di fenomeni urbani. Si notino le case a schiera romane addos- sate alla costruzione oltre che la “chiusura” del limite poroso del peristilio. Fig. 5

intenzionale dell’uomo, che reinterpreta questi tempi attraverso opportunità pragmatiche ed esigenze estetiche: la rovina, come si denuncia in questa ricerca, diviene così nuovamente cantiere e la disposizione logica del discorso trova interferenze e scambi di tempi attraverso la lettura e la rivelazione del segno inespresso. Il sostrato presenta così una dimensione metamorfica che nella crisi dell’ordine naturale trova la sua ragione d’essere attraverso gli elementi resistenti, presenti in ogni tempo, e che vengono trasmessi anche nel ribaltamento della successione logica e temporale del discorso architettonico.

Il persistere del sostrato - sia materiale che immateriale - e la sua trasmissibilità sono le caratteristiche matrici che hanno segnato l’architettura italiana e la forma delle nostre città sino agli ultimi decenni del ‘900 e “una cultura progettuale è quindi tanto più valida quanto più riesce a vivere in una condizione di organica alternanza tra permanenze e mutamenti”38 rifondendosi su se stessa, cercando nella dialettica tra le singole opere come monumenti e la città come opera sintetica un terreno di ricerca per interpretare i caratteri originali in forma nuova: “qualsiasi cultura progettuale vive di una serrata dialettica tra continuità e discontinuità, permanenze e mutamenti, ricorrenze e casualità”39.

È doveroso dunque “materializzare” alcune architetture di sostrato che sono manifesto del metamorfismo e della dicotomia tra permanenza e mutamento tra i soggetti della ricerca; l’inter-scalarità del sostrato è uno dei fattori principali: dal territorio alla città, dalla cellula abitativa sino al manufatto artigianale è difficile concretizzare in una sola immagine o in una sola opera tutte le tematiche coinvolte.

Per inter-scalarità del sostrato inoltre non si intende solo

38 F. Purini, Permanenze e mutamenti nell’architettura italiana, collana: Architettura a Valle Giulia, Palombi Editori, Roma, 2006, pag. 43

39 Ibid.

Piazza di Pietra, Roma. Fig. 6

un approccio trasversale alle diverse scale e discipline nel tentativo di “[…] legare, insieme, in un unico sistema, tutte le prefigurate grandezze di intervento”40 nel senso quaroniano, ma si tratta di una realtà organica in cui una forma trova il suo essere solo perché facente parte di tutte le altre, o contenendole o perché contenuta. Tutte le parti sono già interdipendenti in ogni fase del processo ed è compito dell’architetto coglierne la relazione e il segno di una nell’altra - o sull’altra - .

Contro il “mito delle forme fragili” si erge, a manifesto della continuità del costruire “sul” e “nel” costruito e del tema del consumo e riuso della forma, il Duomo di Siracusa. Se la metamorfosi nella letteratura rimanda immediatamente alla trasformazione di un uomo in un elemento naturale animato o inanimato che perde ogni tratto della sua riconoscibilità e la sua forma viene consumata sino ad eliminare i suoi caratteri originali per divenirne una totalmente nuova, non è così nel caso di un’architettura metamorfica. L’edificio della trinacria non perde la sua forma iniziale poiché il sostrato agisce come organizzatore delle forme future sul medesimo sedime: qui alla definizione già citata di sostrato agisce parallelamente quella di substrato geologico applicato alla roccia, alla materia, che si trova al di sotto del suolo o di altri strati rocciosi definibili come coperture superficiali. Il Duomo sorge al centro nella parte più alta di Ortigia, cuore dell’antica colonia della Magna Grecia, ed è il contenitore della memoria materiale e collettiva non solo della città ma di tutta l’area culturale.

“Prendete un tempio greco, incorporatelo per intero in un edificio cristiano, al quale Successivamente si aggiungono le modifiche e la ricostruzione dell’edificio per il culto cristiano adoperate dai normanna, tra le altre, la facciata

40 Cfr. L. Quaroni, Il progetto per la città, G. Esposito Quaroni (a cura di), Kappa edizioni, Roma, 1996.

La “colonna prigioniera” del duomo di Siracusa. Fig. 7

“È inutile stabilire se Zenobia sia da classificare tra le città felici o tra quelle infelici. Non è in queste due specie che ha senso dividere le città, ma in altre due: quelle che continuano attraverso gli anni e le mutazioni a dare la loro forma ai desideri e quelle in cui i desideri o riescono a cancellare la città o ne sono cancellati”. Italo Calvino, Le città invisibili.

abbattuta dal grande terremoto del 1693. Senza scoraggiarvi vi rimettete all’opera e, cambiando completamente direzione, sostituite la vecchia facciata con una deliziosa composizione barocca all›incirca del 172854. E il tutto, deteriorato com’è, continua a vivere e a sorridere, diffondendo nel mondo la sua immagine come se fosse stato ideato da un Leonardo o da un Michelangelo”

Lawrence Durell È un caso di sopravvivenza non solo formale e materiale ma anche funzionale poiché prodotto delle trasformazioni che hanno portato al consumo del tempio di Atena, prima forma del sostrato, la cui struttura, il suo carattere di recinto sacro, ha permesso la permanenza delle sue componenti e della sua spazialità. Il tempio dorico fu trasformato in chiesa dai bizantini murando lo spazio tra le colonne e aprendo otto varchi tra le pareti della cella. Una traslazione della porosità e della permeabilità del limite: il recinto più interno plastico e continuo – la cella - si apre e avvolge la discontinuità elastica esterna. Le pietre che un tempo costituivano le pareti della cella vengono reimpiegate per tamponare i vuoti tra gli elementi puntiformi. La gerarchia dei percorsi medievali cambia e il retro del tempio antico diviene il fronte della nuova chiesa affacciata sullo spazio pubblico in una relazione dipendente tra città e manufatto. La facciata barocca che sostituì quella normanna è in continuità materica con le pareti laterali in cui le colonne doriche, affoganti nelle murature, ora sostengono le merlature medievali. Oltrepassato l’ingresso il sostrato emerge in ogni sua azione e le due colonne doriche dell’Opistodomo segnano l’inizio del percorso sacro inquadrando il portale: è qui che il tempo può essere interpretato sinteticamente come “tempo della mescolanza”41. Anche Carlos Martì Arìs ricorse all’immagine di questa cattedrale per enunciare il

41 G. Deleuze, Logica del senso, Feltrinelli Editore, Milano, 2014, pag. 145.

Duomo di Siracusa: da tempio a chiesa, dal dorico al barocco. Fig. 8-9-10

Rappresentazione diagrammatica del metamorfismo del duomo di Siracusa: tamponatura e traslazione del limite concluso. Fig. 10

suo concetto di trasformazione in ambito architettonico affermando che proprio nelle due semplici operazioni di tamponatura e foratura che traslano gli attributi di continuità e chiusura da un limite ad un altro vi è la chiave per comprendere come “un tipo deriva da un altro, per un meccanismo di inversione. Come un gioco di prestigio, mediante un semplice movimento si ottiene la sostituzione di un oggetto, al cui posto ne appare uno nuovo, del tutto imprevisto. Di conseguenza, due forme apparentemente tanto diverse, come la forma del tempio periptero e quella della basilica, finiscono per mostrare la loro profonda ientità”42

Anche nella Lusitana romana si conservò sino a pochi decenni fa un esempio di architettura metamorfica e di riuso in loco: ad Evora il tempio attribuito al culto di Diana dopo l’abbandono nel V secolo fu trasformato in torre difensiva dai mori per poi divenire parte di un castello medievale di cui l’attico merlato che compare nelle testimonianze iconografiche del XIX secolo era il segno più riconoscibile. Le sue colonne come a Siracusa furono incorporate in nuovi paramenti murari attraverso una continuità materica sostenuta dall’alto podio di oltre tre metri in cui si aprivano poche bucature goticheggianti. La struttura romana perdendo la sua funzione originale di edificio dedito al culto sacro fu lentamente consumata e assorbita dall’edificio di proprietà dell’inquisizione portoghese che fu costruito in adiacenza; il tempio rimase però sempre riconoscibile nei suoi caratteri e mantenne un ruolo centrale, legato alla sua posizione acropolica, come perno di un sistema di edifici, in particolare religiosi - la Cattedrale Sè, gli edifici dell’inquisizione tra cui il palazzo dell’inquisitore, il palazzo dei Duchi di Cadaval e Chiesa e Convento di Lòios - , nonostante la sua funzione di macelleria sino al 1836 quando iniziarono le demolizioni dopo il suo isolamento

42 C. M. Arìs, Le variazioni dell’identità. Il tipo in architettura, CittàStudi edizioni, Novara, 2016, pag. 115.

dagli edifici in aderenza. È un sostrato che analogamente al suo uso terminologico in botanica è la base o la sostanza su cui un vegetale vive traendone nutrimento. La conclusività della forma-recinto del tempio rende il substrato “sostanza organica” morta per gli organismi parassitari o sapotrofi o anche suolo inteso come “supporto”: fondamenta- fondazione per nuovi organismi che ne assumono i caratteri ereditari consumandoli e reinterpretandoli secondo luogo e necessità.

Spostandosi nella penisola italica Roma è città metamorfica eccezionale, un magma a tratti fluido, a tratti modellato dalla sua struttura di sostrato naturale e archeologico, di cui gli esempi come il tempio di Adriano in Piazza di Pietra, sintetizzato in forma nuova attraverso un’operazione di denuncia del frammento-struttura dal Fontana, sono senza alcuna esagerazione impossibili da catalogare in una sola opera.

Ha particolare rilevanza nell’ambito della morfologia urbana uno spazio pubblico non sempre viene percepito come prodotto del sostrato e manifesto di una metamorfosi spaziale intenzionale: Piazza della Repubblica. Il recinto monumentale delle Terme di Diocleziano ha segnato l’Urbe per tutta la sua storia medievale e moderna come luogo del riuso, cava a cielo aperto da saccheggiare43, città nella città, recinto nel recinto delle mura aureliane, senza perdere mai il suo limite che di volta in volta è stato oggetto di occupazione e ridefinizione. Se i principali ambienti della