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Caratterizzazione della quasiconvessit`a

Osservazione 4.8. Se n = 1 o m = 1 allora convessit`a, policonvessit`a e rango-

uno convessit`a sono nozioni equivalenti e, sono equivalenti alla quasiconvessit`a, se, in pi`u, f prende valori in R.

Per quanto riguarda le implicazioni inverse, i minori di ordine maggiore di uno sono policonvessi ma non convessi. Un esempio di funzione quasiconvessa ma non policonvessa `e proposto di seguito. Per un esempio di funzione convessa di rango-uno che non sia quasiconvessa facciamo riferimento al controesempio di Sver´ak (cfr. [31] per maggiori dettagli).

Il seguente esempio `e dovuto a Dacorogna e Marcellini (cfr. [11] per mag- giori dettagli), ed illustra le diverse nozioni di convessit`a. Sia n = m = 2 e

consideriamo f(F ) =|F |4− γ|F |2det F . (4.12) Allora f convessa ⇔ |γ| ≤ 4 3 √ 2, f policonvessa ⇔ |γ| ≤ 2, f quasiconvessa ⇔ |γ| ≤ 2 + ǫ, f convessa di rango-uno ⇔ |γ| ≤ 4 3.

Si sa che ǫ >0; il fatto che 2 + ǫ sia o no uguale a √4

3 `e un problema aperto.

4.2

Caratterizzazione della quasiconvessit`a

Concetto base per la convessit`a dei problemi variazionali a valori vettoriali `e la nozione di quasiconvessit`a. `E strettamente legata alla semicontinuit`a inferiore dei funzionali ed all’esistenza (e regolarit`a) dei minimizzatori. Le funzioni quasi- convesse sono gli oggetti duali naturali per le misure di Young gradienti (vedi la Sezione 5.1).

Nel seguito Ω indicher`a un dominio limitato di Rn e considereremo mappe u :→ Rme il funzionale

I(u) = Z

4.2 Caratterizzazione della quasiconvessit`a 40

Teorema 4.9. Supponiamo che f : Mm×n → R sia continua. Il funzionale I `e

sequenzialmente semicontinuo inferiore debole* (l’acronimo inglese `e: w*slsc) su W1,∞(Ω; Rm) se e solo se f `e quasiconvessa.

Dimostrazione. Per stabilire condizioni necessarie per la quasiconvessit`a poni-

amo Q = (0, 1). n, ϕ ∈ W01,∞(Q; Rm), estendiamo ϕ periodicamente a Rn e

poniamo uj(x) = F x + 1 jϕ(jx), per x∈ Ω. Allora uj ⇀ u in W∗ 1,∞(Ω, Rm), dove u= F x e. f(Duj)⇀ cost.∗ = Z Q f(F + Dϕ(y)) dy in L∞(Ω),

(cfr. la sezione 3.2). La condizione necessaria per la quasiconvessit`a segue. Per mostrare le condizioni sufficienti consideriamo uj ⇀ u in W∗ 1,∞(Ω; Rm)

e supponiamo innanzitutto che u(x) = F x. Se uj − u `e nullo sul ∂Ω la tesi

segue dalla definizione di quasiconvessit`a. Per uj generali consideriamo un sot-

todominio compatto Ω′ ⊂⊂ Ω, una funzione η ∈ C

0 (Ω) con η = 1 su Ω′ e

poniamo

vj = u + η(uj − u).

Poich´e uj → u localmente uniformemente in Ω per il teorema di immersione di

Sobolev e poich´e |Duj| ≤ C possiamo assumere |Dvj| ≤ C′ per j ≥ j0(η). Se poniamo M = sup. {|f(F )| : |F | ≤ C + C} ed usiamo la quasiconvessit`a

otteniamo

lim inf

j→∞ I(uj) ≥ lim infj→∞ Z Ω f(Dvj) dx + Z Ω\Ω′ f(Duj)− f(Dvj) dx  ≥ |Ω|f(F ) − 2M|Ω\Ω′|.

Poich´eΩ′ ⊂⊂ Ω `e arbitrario, la tesi segue per u = F x e in modo analogo per le u

affini a tratti.

Per funzioni u ∈ W1,∞(Ω; Rm) arbitrarie, il risultato `e ottenuto tramite ap-

prossimazioni. Per sottodomini compattiΩ′ ⊂⊂ Ω′′ ⊂⊂ Ω esiste vktale che v k `e

4.2 Caratterizzazione della quasiconvessit`a 41

affine a tratti suΩ′, u= v

kinΩ\Ω′′,|Dvk| ≤ C, Dvk→ Du in misura (e quindi in

tutti gli spazi Lp, p <∞). Per costruire una tale vkiniziamo con l’approssimare u

suΩ′′con una funzione C1e poi consideriamo un approssimazione lineare a tratti

su una, sufficientemente fine, triangolazione (regolare). Sia uj,k = uj + vk− u.

Allora

uj,k ⇀ v∗ k in W1,∞(Ω; Rm) quando j → ∞, (4.13)

|Duj,k| ≤ C (4.14)

Quindi per il risultato precedente e per il teorema di convergenza dominata

lim k→∞lim infj→∞ Z Ω′ f(Duj,k) dx ≥ lim k→∞ Z Ω′ f(Dvk) dx = Z Ω′ f(Du) dx Z Ω f(Du)− C|Ω\Ω|.

D’altre parte per la relazione (4.14), per l’uniforme continuit`a di f sugli insiemi compatti e per la convergenza in misura di Dvk si ha

lim k→∞sup Z Ω′ |f(Duj,k)− f(Duj)| dx = 0. Quindi lim inf j→∞ Z Ω f(Duj) dx Z Ω f(Du) dx− 2C|Ω\Ω|,

e la tesi segue poich´eΩ′ `e arbitrario. 

Osservazione 4.10. Usando questa classificazione e i risultati sulle misure di

Young (vedi la Sezione 3.3), si estende facilmente la semicontinuit`a inferiore per integrandi del tipo f(x, u(x), Du(x)).

Teorema 4.11 (Esistenza). Supponiamo p∈ (1, ∞), c > 0 e che f soddisfi

c|F |p ≤ f(F ) ≤ C(|F |p+ 1).

4.2 Caratterizzazione della quasiconvessit`a 42

classe

Wυ1,p(Ω; Rm)=. u ∈ W1,p(Ω; Rm) : u− υ ∈ W01,p(Ω; Rm) .

Teorema 4.12 (Regolarit`a). (cfr. [22] per ulteriori dettagli)

Supponiamo che f sia una funzione regolare, che soddisfi

0≤ f(F ) ≤ C(|F |2+ 1)

e che sia uniformemente quasiconvessa, ossia che esista un c > 0 tale che Z Ω f(F + Dϕ)− f(F ) dx ≥ c Z Ω|Dϕ| 2 dx, ∀ϕ ∈ W01,∞(Ω; Rm).

Sia u ∈ W1,2(Ω; Rm) un minimizzatore locale per I, cio´e I(u + ϕ)≥ I(u) ∀ϕ ∈ C0(Ω).

Allora esiste un insieme apertoΩ0 di misura piena tale che

u∈ C∞(Ω0)

Concludiamo questo capitolo con una caratterizzazione dell’inviluppo quasi- convesso di una funzione

Proposizione 4.13. Supponiamo p∈ (1, ∞), c > 0 e che f soddisfi

c|F |p ≤ f(F ) ≤ C(|F |p+ 1).

Per ogni f : Mm×n→ [−∞, ∞) ed ogni dominio U limitato con |∂U| = 0 si ha

fqc(F ) = inf ϕ∈W01,∞ 1 |U| Z U f(F + Dϕ) dx. (4.15) Dimostrazione. Sia Qf(F, U )=. inf ϕ∈W01,∞ 1 |U| Z U f(F + Dϕ) dx.

4.2 Caratterizzazione della quasiconvessit`a 43

Dobbiamo mostrare che fqc(F ) = Qf (F, U ). `E noto che Qf non dipende da U .

Dalla definizione di quasiconvessit`a segue Qf ≥ Qfqc = fqc. Per mostrare la

disuguaglianza opposta Qf ≤ fqc `e sufficiente mostrare che Qf `e quasiconvessa poich´e Qf ≤ f. Iniziamo mostrando che

1 |U| R UQf(F + Dψ) dx≥ Qf(F ), ∀ψ ∈ W01,∞(Ω; Rm), ψ affine a tratti. (4.16)

Sia U l’unione finita dei sottoinsiemi Uiaperti e disgiunti tali che ψ `e affine su Ui

e sia ǫ > 0. Per la definizione di Qf ( applicato a Ui ) esiste ϕi ∈ W01,∞(Ui; Rm)

tale che Qf(F + Dψ)≥ 1 |Ui| Z Ui f(F + Dψ + Dϕi) dx− ǫ su Ui.

Poniamo ϕ= ψ +P ϕi ∈ W01,∞(U ; Rm). A meno di riordinare i termini si ha Z U Qf(F + Dψ) dx Z U f(F + Dϕ) dx− ǫ|U| ≥ Qf(F ) − ǫ|U|,

e l’affermazione (4.16) segue poich´e ǫ >0 `e arbitrario. Adesso la relazione (4.16)

`e sufficiente per concludere che Qf `e convessa di rango-uno e perci`o continua e localmente Lipschitziana (cfr. l’Osservazione 4.3). Quindi per la (4.16) e un ar- gomento di densit`a Qf `e quasiconvessa, allora fqc= Qf . 

Capitolo 5

Misure di Young che derivano da

gradienti

In questa sezione verranno studiate le misure di Young generate da successioni di gradienti{Duj}. Come prima Ω ⊂ Rndenota un dominio limitato con bordo

Lipschitziano.

Definizione 5.1. Una mappa ν : Ω → M(Mm×n) `e una misura di Young

gradiente se `e generata da una successione di gradienti Duj, dove uj ⇀ u in∗ W1,∞.

Usando questa notazione possiamo riformulare il Problema 2 (sulle soluzioni approssimate) come segue.

Problema 4. Dato un insieme K ⊂ Mm×ncaratterizzare tutte le misure di Young gradienti ν tali che

supp νx ⊂ K per q.o. x.

5.1

Classificazione delle misure di Young gradienti

Teorema 5.2. Una mappa ν : Ω → M(Mm×n) (debolmente* misurabile) `e una

misura di Young gradiente se e solo se νx `e una misura di probabilit`a per ogni x,

ed esistono un insieme compatto K ⊂ Mm×ned una u ∈ W1,∞(Ω; Rm) tale che

valgano le seguenti tre condizioni: 1. supp νx ⊂ K per q.o. x,

5.1 Classificazione delle misure di Young gradienti 45

2. hνx, idi = Du per q.o. x,

3. x, fi ≥ f(hνx, idi) per q.o. x e ogni funzione f : Mm×n→ R quasicon-

vessa.

Osservazione 5.3. Il punto cruciale `e il terzo che `e in dualit`a con la definizione

di quasiconvessit`a. Correttamente parlando, le funzioni quasiconvesse soddisfano la disuguaglianza di Jensen per i gradienti, mentre le misure di Young gradiente devono soddisfare la disuguaglianza di Jensen per ogni funzione quasiconvessa.

Osservazione 5.4. Sia K ⊂ Mm×nun compatto. Definiamo l’insieme delle mis- ure di probabilit`a supportate in K che soddisfano la terza condizione del teorema come Mqc(K)=. ( ν ∈ M(Mm×n) : ν ≥ 0, suppν ⊂ K, hν, fi ≥ f(hν, id i) ∀f : Mm×n→ R quasiconvessa ) (5.1)

Dal teorema segue cheMqc(K) `e formato esattamente dalle misure di Young

gradiente omogenee con supporto in K. In modo analogo si definiscono gli insie- miMrc(K) eMpc(K) usando, rispettivamente, le funzioni convesse di rango-uno

e le policonvesse.

Osservazione 5.5. Ogni minore M : Rm×n → R `e una funzione quasiaffine

(ossia (4.1) vale con uguaglianza), (vedi il Teorema B.1), per essere pi´u precisi i minori delle matrici di gradienti sono le sole funzioni quasiaffini (cfr. [24] per ulteriori dettagli). Quindi applicando il terzo punto del teorema a±M otteniamo la relazione sui minori

hνx, Mi = M(hνx, idi) (5.2)

come condizione necessaria per le misure di Young gradienti. Questa condizione, effettivamente, segue direttamente dal Teorema B.1 in appendice, e non richiede il Teorema 5.2. Le relazioni sui minori spesso servono per la risoluzione di prob- lemi che presentano particolari simmetrie come per esempio nei modelli delle microstrutture dei cristalli.

5.1 Classificazione delle misure di Young gradienti 46

Dimostrazione del Teorema 5.2

La chiave di tutto `e mostrare che la disuguaglianza di Jensen per le funzioni quasiconvesse caratterizza le misure di Young gradienti omogenee (vedi il Teore- ma 5.8). La dimostrazione si basa sul teorema di separazione di Hahn-Banach e sulla rappresentazione (4.15) per fqc. L’estensione alle misure di Young gradienti non omogenee usa fatti generici sulle mappe misurabili, in particolare la loro ap- prossimazione con mappe costanti a tratti.

Uno strumento tecnico importante `e un risultato di troncamento per le suc- cessioni di gradienti, conosciuto sotto il nome di lemma di Zhang (cfr. [35] per maggiori dettagli). Questo dice che ogni misura di Young gradiente, con suppor- to in un insieme compatto K ⊂ Mm×n, pu`o essere generata da una successione

{Dvj} la cui norma in L∞pu`o essere limitata in termini del solo K. Di seguito,

in questa sezione, utilizzeremo le seguenti notazioni:

K `e un insieme compatto di Mm×n,

U,Ω sono domini limitati di Rn,|∂Ω| = |∂U| = 0.

Lemma 5.6 (Lemma di Zhang). Sia|K| = sup{|F | : F ∈ K}.

1. Sia uj ∈ Wloc1,1(Rn; Rm) e supponiamo che

dist(Duj, K)→ 0 in L1(Rn). (5.3)

allora esiste una successione vj ∈ Wloc1,1(Rn; Rm) tale che

|Dvj| ≤ c(n, m)|K|, (5.4)

|{uj 6= vj}| → 0. (5.5)

2. Sia U ∈ Rnun dominio limitato e sia uj ∈ Wloc1,1(Ω; Rm). Supponiamo che

5.1 Classificazione delle misure di Young gradienti 47

Allora esiste vj ∈ Wloc1,1(Rn; Rm) tale che

|Dvj| ≤ c(n, m)|K|, (5.7)

|{uj 6= vj}| → 0, vj = u intorno al ∂U .

Supponiamo ora che{uj} sia limitata in W1,∞(Ω; Rm) e che{Duj} generi la

misura di Young gradiente ν. Allora Duj ⇀ Du in L∞, Du(x) = hνx, idi ed uj → u (localmente) in L∞. Chiamiamo u la deformazione fondamentale di ν.

La misura di Young ν : Ω → M(Mm×n) `e detta omogenea se `e costante in Ω (a

meno di un insieme di misura nulla), (vedi la Definizione 3.16). Come al solito identifichiamo la mappe costanti con il loro valore e vediamo l’insieme H(Ω)

delle misure di Young gradiente omogenee come sottoinsieme diM(Mm×n). Con H(Ω, K) denotiamo l’insieme delle misure di Young gradiente omogenee con

supporto in K.

Lemma 5.7. Valgono i seguenti fatti.

1. Se ν ∈ H(Ω, K) e hν, id i = 0 allora esiste una successione uj ∈ W01,∞(Ω; Rm)

tale che Duj genera ν e soddisfa|Duj| ≤ C|K|.

2. H(Ω, K) `e debolmente* compatto inM(Mm×n).

3. L’insieme H(Ω, K) `e indipendente da Ω. Se ν `e la misura di Young gradi-

ente con suppν ⊂ K q.o. la cui deformazione fondamentale u concordata con una mappa affine sul ∂Ω ( nel senso di W01,∞) allora la media E(ν)

definita da hE(ν), fi=. 1 |Ω| Z Ωhνx , fi dx appartiene a H(K).

4. L’insieme HF(K) = {ν ∈ H(K) : hν, id i = F } `e debolmente* chiuso e

convesso.

Dimostrazione. La prima tesi segue dalla definizione di H(Ω, K) e dalla sec-

5.1 Classificazione delle misure di Young gradienti 48

ed un argomento di diagonalizzazione. Notiamo che H(Ω, K) `e contenuto nell’in-

sieme debolmente* compatto P(K) delle misure di probabilit`a su K. Quindi la topologia debole* `e metrizzabile suP(K) e pu`o essere descritta tramite le succes- sioni. Supponiamo che νk ∈ H(Ω, K) e νk ⇀ ν. Dopo la sottrazione di funzioni∗

affini nella successione che genera νkpossiamo assumere chehνk, idi = 0. Per il

primo punto, esiste uk,j ∈ W01,∞(Ω; Mm×n) tale che δDuk,j(·) ∗ ⇀ j→∞ νk in L ∞(Ω;M(Mm×n)), |Du k,j| ≤ C|K|.

In questo caso abbiamo identificato νkcon la mappa costante x 7→ νk. Poich´e

la topologia debole* `e metrizzabile su L∞w(Ω;P(B(0, C|K|))) possiamo ap-

plicare un argomento standard di diagonalizzazione per trovare jk → ∞ tale

che

δDuk,jk(·) ⇀ ν∗ in L∞w(Ω;M(Mm×n)).

Poich´e|Duk,jk| ≤ C si ha che ν ∈ H(Ω, K). Allora H(Ω, K) `e debolmente*

chiuso e quindi debolmente* compatto come sottoinsieme diP(K).

Per provare il terzo punto consideriamo prima v ∈ W01,∞(U ; Rm) e la misura

di Young banale data da µ(x) = δDv(x). Diciamo che E(µ) `e una misura di Young

gradiente omogenea (per ogni dominioΩ). Per il teorema di Vitali esistono copie

disgiunte Ui = ai + riU di U che sono contenute nel cubo unitario Q e che lo

ricoprono a meno di un insieme di misura nulla. Definiamo

w(x) = ( rivx−ai ri  in Ui, 0 in Q\Ui,

estendiamo w 1-periodicamente a Rn, e poniamo wk(x) = w(kx)k . Allora per ogni funzione continua g (vedi la Sezione 3.2)

g(Dwk)⇀ g∗ in L∞(Rn) dove g = Z Q g(Dw) dx = 1 |U| Z U g(Dv) dx =hE(µ), gi .

5.1 Classificazione delle misure di Young gradienti 49

Allora, per ogni Ω, δDwk(·) converge alla misura di Young omogenea E(µ) in

L∞w(Ω;M(Mm×n)) nella topologia debole*. Quindi E(µ)∈ H(Ω) come voleva-

mo.

Ora assumiamo che ν soddisfi la relazione del terzo punto. Possiamo supporre che u ∈ W01,∞(Ω; Rm). Per la definizione di misura di Young gradiente e per la

seconda parte del lemma di Zhang, esiste una successione uj ∈ W01,∞(Ω; Rm) tale

che|Duj| ≤ R e

δDuj(·)

⇀ ν in L∞w(Ω;M(Mm×n)).

Prendendo funzioni test della forma1⊗ g vediamo che E(δDuj(·))

⇀ E(ν).

Per le considerazioni fatte in precedenza, E(δDuj(·)) appartiene a H(Ω, B(0, R))

per ogniΩ. Per il secondo punto vale la stessa cosa per E(ν). Poich´e supp ν(x) K q.o. infatti E(ν) ∈ H(Ω, K). Se ν ∈ H(U, K) allora E(ν) = ν e quindi H(Ω, K) `e indipendente da Ω. Considerando il quarto punto possiamo supporre F = 0. Siano ν1, ν2 ∈ H0(K). Siano Q1 = (0, λ)× (0, 1)n−1, Q2 = (λ, 1)× (0, 1)n−1. Per il primo punto esistono successioni {Dui,j} ⊂ W01,∞(Qi, Rm), i= 1, 2 che generano νi. Quindi il gradiente di

uj(x) = ( u1,j(x), x∈ Q1 u2,j(x), x∈ Q2 genera ν(x) = ( ν1(x), x ∈ Q1 ν2(x), x ∈ Q2

per il terzo punto si ha

λν1+ (1− λ)ν2 = E(ν)∈ H0(K).

5.1 Classificazione delle misure di Young gradienti 50

Teorema 5.8 (Caratterizzazione delle misure di Young gradienti omogenee). Vale

la relazione seguente

H(K) =Mqc(K).

Dimostrazione. Chiaramente H(K) ⊂ Mqc(K) per il risultato del Teorema

4.9 sulla semicontinuit`a inferiore. Per provare l’inclusione inversa `e sufficiente considerare le misure con baricentro nullo. Vale che H0(K) `e debolmente* chiu-

so e convesso, e C(K) `e il duale di (M(K), debole*) (cfr. [25] per ulteriori

dettagli). Per il teorema di separazione di Hahn-Banach `e sufficiente mostrare che, per ogni f ∈ C(K),

hν, fi ≥ α ∀ν ∈ H0(K), (5.8)

implica

hµ, fi ≥ α ∀µ ∈ Mqc0 (K).

Fissiamo f ∈ C(K), consideriamo un’estensione continua a C0(Mm×n) e poni-

amo fk(F ) = f (F ) + k dist2(F, K). Diciamo che lim k→∞f qc k (0)≥ α. (5.9)

Una volta mostrato ci`o abbiamo finito, poich´e per definizione ogni µ ∈ Mqc0 (K)

soddisfa

hµ, fi = hµ, fki ≥ hµ, fkqci ≥ f qc k (0).

Supponiamo ora che (5.9) sia falsa. Allora esiste un δ >0 tale che fkqc(0)≤ α − 2δ, ∀k.

Per la Proposizione 4.13 esiste uk ∈ W01,∞(Q; Rm) tale che Z

Q

5.1 Classificazione delle misure di Young gradienti 51

Per cui possiamo assumere uk⇀ u in W01,2(Q; Rm) e

dist(Duk, K)→ 0 in L1(Q).

Per la seconda parte del lemma di Zhang, esiste vk ∈ W01,∞(Q; Rm) tale che

|Dvk| ≤ C, |{(Duk6= Dvk}| → 0. (5.11)

In particolare un ulteriore sottosuccessione di{Dvk} genera una misura di Young gradiente ν con supp ν ⊂ K e deformazione fondamentale u ∈ W01,∞(Q; Rm).

Quindi E(ν) ∈ H0(K) per la terza parte del Lemma 5.7. Poich´e f `e limitata da

sotto, deduciamo dalla (5.11) e dalla (5.8)

lim inf k→∞

Z

Q

fj(Duk) ≥ lim inf

k→∞ fj(Dvk) =

Z

Qhνx

, fji dx = hE(ν), fji ≥ α.

Questo contraddice (5.10) con fk≥ fj se k≥ j, e la (5.9) `e dimostrata. 

Dimostrazione del Teorema 5.2 (Condizione necessaria). La prima condizione

e la seconda seguono dal Teorema 3.4, in quanto conseguenze di fatti basilari sulle misure di Young, mentre la terza segue dai risultati di semicontinuit`a inferiore di Morrey (Teorema 4.9), applicato ad ogni sottoinsieme aperto U diΩ.

(Condizione sufficiente). Prima di tutto consideriamo il caso in cui la defor-

mazione fondamentale `e zero.

A={ν ∈ L∞

w(Ω;M(Mm×n)) : ν(x)∈ M qc

0 (K) q.o.}

denota l’insieme delle mappe che soddisfano le tre condizioni del Teorema 5.2 con Du= 0. Dobbiamo mostrare che ogni elemento di A `e una misura di Young

5.1 Classificazione delle misure di Young gradienti 52

Per far ci`o usiamo fatti generali sulle mappe misurabili per approssimare gli elementi di A con mappe costanti a tratti. Inanzitutto notiamo che l’insieme delle misure di probabilt`a M1 = {µ ∈ M(Mm×n) : µ ≥ 0, kµk ≤ 1} `e debol-

mente* compatto in M(Mm×n). Quindi la topologia debole* `e metrizzabile su M1. Definiamo una metrica: sia{fi} ⊂ C0(Mm×n) un insieme denso nella sfera

unitaria di C0(Mm×n), poniamo d(µ, µ′) = ∞ X i=1 | hµ − µ′, fii | 2i .

Lo spazio(M1, d) `e uno spazio metrico compatto. Poich´e d induce la topologia

debole*, una mappa ν : Ω → M(Mm×n) che assume (q.o.) i valori in M 1 `e

debolmente* misurabile se e solo se ν : Ω→ (M1, d) `e misurabile.

L’insieme{ν ∈ Lw(Ω;M(Mm×n) : ν(x) ∈ M1q.o.} `e anche debole* com-

patto in L∞w(Ω;M(Mm×n). Una metrica ˜d che induca la convergenza debole* su

quell’insieme pu`o essere definita come segue. Sia{hj} un insieme numerabile e denso nella palla unitaria di L1(Ω) e sia

˜ d(ν, ν′) = ∞ X i,j=1 | hν − ν′, hj ⊗ f ii | 2i+j .

Segue dal Lemma 5.9, di seguito, che ogni ν ∈ A pu`o essere arbitrariamente bene approssimata in ˜d da una mappa ν con le seguenti propriet`a. Esistono insiemi˜

aperti disgiunti Ui con|∂Ui| = 0 tali che ˜ν = νi su Ui, νi ∈ Mqc0 (K), ˜ν = δ0 su Ω\ ∪iUi. Applicando il Lemma 5.7 ad ogni Ui mostriamo cheν `e una misura di˜

Young gradiente (estendiamo la successione che genera la misura di Young a zero su Ω\ ∪i Ui). Quindi la chiusura delle misure di Young gradienti con supporto

in K′ = K∪ {0} contiene A. D’altra parte l’insieme di queste misure di Young

`e (debolmente) compatto (vedi la dimostrazione del Lemma 5.7). Quindi ogni

ν ∈ A `e una misura di Young gradiente. Questo conclude la dimostrazione se Du= 0.

5.1 Classificazione delle misure di Young gradienti 53

µ definiamo la sua traslazione come

hTFµ, fi = hµ, f(· + F )i

in modo che TFδ0 = δF. Ora se ν soddisfa le ipotesi del Teorema 5.2 eν(x) =˜ T−Du(x)ν(x) allora ˜ν ∈ A. Quindi esiste una successione {Dvj} che genera ˜ν

e si verifica facilmente che Duj = Dvj + Du genera ν (usando per esempio il

Corollario 3.19 con f(x, F ) = g(Du(x) + F ), g ∈ C0(Mm×n)). 

Lemma 5.9. Sia (X, d) uno spazio metrico compatto ed M ⊂ X. Supponiamo

che ν : Ω→ X sia misurabile e ν(x) ∈ M q.o. Allora, per ogni k ∈ N, esistono

un numero finito di insiemi aperti disgiunti Uicon|∂Ui| = 0 e valori νi ∈ M tali

che la mappa ˜ ν = ( νi su Ui ν0 suΩ\Ui soddisfi  x: d(ν(x), ˜ν(x)) > 1 k  < 1 k.

Dimostrazione. Per la compattezza, X pu`o essere ricoperto con un numero

finito di palle aperte Bi di raggio 2k1. Gli insiemi ˜Ei = ν−1(Bi) sono misurabili.

Per ottenere insiemi disgiunti Ei, definiamo E1 = ˜E1, E2 = ˜E2\E1, etc. Se |Ei| > 0 allora esiste xi ∈ Ei tale che νi = ν(xi. ) ∈ M. Esistono degli insiemi

compatti disgiunti Ki ⊂ Eitali che X

i

|Ei\Ki| < 1

k; (5.12)

se |Ei| = 0 prendiamo Ki = ∅. Gli insiemi Ki hanno distanza positiva e quindi esistono insiemi aperti disgiunti Ui ⊃ Ki con|∂Ui| = 0 (consideriamo ad esem-

pio l’insieme dei sottolivelli della funzione distanza di Ki). Ora Ei ⊃ ˜Ei ⊃ Ki e

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