5.4 Approccio per la valutazione del rischio ambientale
5.4.9 Caratterizzazione del rischio
È lo step finale dell'intera procedura e come definisce EPA111:
"La caratterizzazione del rischio integra le informazioni provenienti dai passaggi precedenti della valutazione e sintetizza una conclusione generale sul rischio."
L'agenzia americana ha determinato due metodologie di valutazione del rischio sanitario:
metodologia per il rischio non cancerogeno; metodologia per il rischio cancerogeno.
110 E. Samoli, A. Analitis, G. Touloumi, J. Schwartz, H. R. Anderson, J. Sunyer, L. Bisanti, D. Zmirou,
J. M. Vonk, J. Pekkanen, P. Goodman, A. Paldy, C. Schindler, K. Katsouyanni, Estimating the Exposure– Response Relationships between Particulate Matter and Mortality within the APHEA Multicity Project, in Environmental Health Perspectives, Volume 113, Number 1, 2005, 88-95
Sviluppo di metodi di valutazione del rischio ambientale di poli industriali. Capitolo V
165 Per il particolato fine, invece, è spesso utilizzato un modello derivante dagli studi di coorte ed epidemiologici, denominata rischio relativo (Relative Risk, RR), che la WHO definisce nel modo seguente:
" Il rischio relativo descrive la credibilità che un effetto avverso avvenga in una popolazione esposta a un più alto livello d'inquinante, rispetto a una esposta a un livello più basso"112
Tale procedura trova riscontro nella valutazione quantitativa di rischio sanitario da particolato presentata da EPA113 nel 2010.
Caratterizzazione del rischio non cancerogeno
Tale categoria fa riferimento a esposizioni variabili: a esempio EPA suggerisce un tempo pari a trenta anni per gli adulti (tempo tipico di residenza) e sei o nove anni per i bambini, ma l'arco temporale può coprire anche l'intera vita; in generale, il rischio è stimato dividendo un valore di assunzione cronica per il valore della dose di riferimento, ottenendo un Hazard Quotient (HQ). Per l'esposizione inalatoria considerata nel presente studio, tale rapporto è definito tra la concentrazione in aria (stimata o misurata) e quella di riferimento (RfC)114:
HQ =c RfC
i valori delle concentrazioni di riferimento sono ottenibili da database tossicologici o da riferimenti di letteratura come mostrato nel paragrafo precedente. L'indice di rischio, definito Hazard Index (HI), è, infine, valutato come somma di tutti gli HQ per le sostanze considerate che presentano il medesimo effetto negativo:
HI = HQ
Quando il risultato ottenuto è superiore a 1 è ipotizzabile ci possano essere rischi per la salute delle persone esposte. Studi di letteratura115 applicano tale procedura anche al PM10, calcolando il parametro HQ dal rapporto tra la concentrazione d'esposizione e gli standard di riferimento per la qualità dell'aria: a esempio la WHO116 fissa il valore di soglia a 20 μg/m3, definendolo come il livello più basso cui si verificano mortalità legate a problemi respiratori e cardiovascolari, non essendo presente un limite inferiore reale come messo in evidenza dagli studi epidemiologici citati in precedenza (gli effetti
112 World Health Organization, Health risk assessment of air pollution: General Principles,
Copenhagen (DK), 2016
113 Environmental Protection Agency, Quantitative Health Risk Assessment for Particulate Matter,
Research Triangle Park (North Carolina, USA), 2010
114 Ivi 84, p.167
115 Nomsa Duduzile Lina Thabethe, Jacobus Christoffel Engelbrecht, Caradee Yael Wright, Maria
Aletta Oosthuizen, Human health risks posed by exposure to PM10 for four life stages in a low socio-
economic community in South Africa, in Pan African Medical Journal, 2014
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166 negativi dovuti al particolato sono particolarmente suscettibili alla variabilità umana, cioè è come se ogni individuo avesse una propria soglia117).
Caratterizzazione del rischio cancerogeno
Gli effetti cancerogeni sono valutati come probabilità di sviluppare un tumore nel corso dell'intera vita (convenzionalmente approssimata a 78 anni) per esposizione a inquinanti cui siano noti effetti avversi di tale tipo. Per stimare il rischio inalatorio, nota la relazione lineare dose- risposta, è applicata la seguente formula:
Cancer Risk = (dose − inh) ∙ (cancer potency) dove:
Cancer Risk = rischio di cancro [possibilità/milione];
dose-inh = dose inalata giornalmente, ottenuta dall'equazione di valutazione dell'esposizione [mg/(kg∙ giorno)];
cancer potency = potenzialità della sostanza di causare effetti cancerogeni avversi, stimabile mediante lo Slope Factor (SF) [(kg∙ giorno)/mg].
Come specificato dalle fonti di letteratura, tale equazione è valida solo per livelli di rischio medio/bassi, cioè quelli tipici nell'ambito delle esposizioni ambientali. La rappresentazione del rischio sanitario è ottenibile mediante mappe di rischio.
Caratterizzazione del rischio relativo
Tale procedura è applicata nella stima del rischio sanitario dovuto all'esposizione di particolato fine (PM10 nel caso esaminato) ed è preferita dagli studi di letteratura a quella mostrata in precedenza per il rischio non cancerogeno. Il rischio relativo consente di valutare l'impatto sulla salute dato dall'inquinante considerato a causa di un suo incremento nella concentrazione d'esposizione118 (gli studi epidemiologici tipicamente considerano variazioni di 10 μg/m3 per il particolato fine). Come riporta la WHO sulla base degli studi epidemiologici esposti nel paragrafo precedente, la relazione utilizzata è di tipo esponenziale tra RR (Relative Risk) e concentrazione119:
RR = exp [β ∙ (x − x )] dove:
RR= rischio relativo;
β= coefficiente della relazione esposizione- risposta; x= concentrazione d'esposizione;
x0= concentrazione di riferimento.
Per il secondo termine, la WHO ha stabilito i seguenti valori nel caso di mortalità di tipo cardiopolmonare:
117 National Research Council of the National Academies, Science and Decisions: Advancing Risk
Assessment, Washington (USA), The National Academies Press, 2009
118 Ivi 110, p.164
119Bart Ostro, Outdoor air pollution: Assessing the environmental burden of disease at national and
Sviluppo di metodi di valutazione del rischio ambientale di poli industriali. Capitolo V
167
Tabella 176- Coefficiente della relazione esposizione- risposta per mortalità cardiopolmonare (Fonte: Bart Ostro, Outdoor air pollution: Assessing the environmental burden of disease at national and
local levels, Geneva (SW), World Health Organization, 2004)
IMPATTO SULLA SALUTE β (minimo) β (medio) β (massimo)
MORTALITÀ
CARDIOPOLMONARE 0.0032 (0.0021) 0.0089 (0.0058) 0.015 (0.0098)
Come specifica il riferimento bibliografico, tali valori sono validi per il PM2.5 e per adulti con età maggiore o uguale a 30 anni; la conversione a PM10 è riportata tra parentesi applicando un coefficiente moltiplicativo pari a 0.65, mentre per le fasce d'età inferiori sono disponibili solo studi a breve termine (scenari acuti e non cronici). Per la variabile x0, invece, le fonti di letteratura suggeriscono o di utilizzare il valore di fondo (concentrazione in aria che non considera il contributo antropico: il valore tipico è pari a 3 μg/m3) o il limite di riferimento previsto dagli standard della qualità dell'aria (20 μg/m3 per la WHO, 40 μg/m3 per la EEA, Environment European Agency per concentrazioni annuali e 50 μg/m3 per valori orari)120. Tale metodologia ha trovato riscontro in innumerevoli articoli scientifici che analizzano scenari in diverse località mondiali, come la Cina121 o l'Arabia Saudita122: nel primo caso, il coefficiente β è ricavato attraversi i dati sulla popolazione anche per rischi cronici ma non mortali, però i valori non sono generalizzabili essendo forte la dipendenza dalle condizioni locali, come specifica il riferimento stesso.