La prima relazione periodica sulla si-tuazione sociale ed economica nelle re-gioni della Comunità* presentata in maggio comprende interessanti analisi ed elaborazioni statistiche riguardanti l'evoluzione e la struttura demografica, il mercato del lavoro, la struttura pro-duttiva e occupazionale, i livelli di red-dito e le condizioni di vita. Viene pre-sentato anche un efficace quadro della problematica regionale e territoriale nei paesi dell'Europa dei dieci. Riprendia-mo nella presente nota una serie di in-formazioni e valutazioni tra le più si-gnificative.
Cominciamo dagli aspetti demografici, mettendo in luce i tre fenomeni di maggiore spicco, e cioè:
a) un nettissimo rallentamento della
crescita demografica registrato in tutta la Comunità nella seconda metà degli anni settanta, soprattutto a causa del calo del tasso di natalità;
b) la profonda modificazione
interve-nuta nei flussi migratori: si sono ridot-te da 51 a 12 le regioni aventi un saldo migratorio negativo; le tradizionali re-gioni con flussi di emigrazione (Irlan-da, Mezzogiorno d'Italia, regioni rurali di altri paesi) hanno visto ridursi o ar-restarsi il loro esodo migratorio, con conseguente significativa crescita della ! loro popolazione;
c) sono in declino demografico le grandi agglomerazioni urbane (e si as-siste anche ad un declino dei vecchi centri urbani) e la popolazione urbana cresce solo più nelle regioni periferiche della Francia meridionale, dell'Italia meridionale e dell'Irlanda.
Tra il 1961 e il 1978 la popolazione della CEE a nove è salita da 234,3 a 259,7 milioni di abitanti. C'è stata cre-scita globale anche tra il 1974 e il 1978, ma in questo periodo hanno co-minciato a perdere abitanti la Germa-nia Federale, il Regno Unito e il Lus-semburgo. Le previsioni demografiche al 1985 di PROGNOS vedono in dimi-nuzione demografica tutte le regioni te-desche, tre regioni francesi (Limousin, Languedoc-Roussillon, Corsica), due delle tre regioni del Belgio (la Vallonia e la regione di Bruxelles), il Lussembur-go, due regioni inglesi (il Galles e il South West) e cinque regioni italiane
(Piemonte, Liguria, Friuli-Venezia Giu-lia, Emilia-Romagna e Toscana). Per quanto riguarda l'Italia in partico-lare, il quadro delle previsioni demo-grafiche al 1985 nelle singole regioni è il seguente (in migliaia di unità):
Regioni 1974 1985 Piemonte 4.429 4.404 Valle d'Aosta 111 111 Liguria 1.843 1.771 Lombardia 8.632 8.896 Trentino-Alto Adige 841 880 Veneto 4.157 4.350 Friuli-Venezia Giulia 1.214 1.193 Emilia-Romagna 3.873 3.854 Toscana 3.497 3.478 Umbria 779 786 Marche 1.360 1.388 Lazio 4.765 5.091 Campania 5.115 5.757 Abruzzi 1.170 1.206 Molise 320 329 Puglia 3.637 4.061 Basilicata 599 639 Calabria 1.973 2.159 Sicilia 4.728 5.133 Sardegna 1.498 1.666 ITALIA 54.581 59.148
Cernita delie arance nella piana di Catania.
Passiamo ad accennare a taluni aspetti occupazionali. Per quanto riguarda l'a-gricoltura, la concentrazione più eleva-ta si registra in Ieleva-talia, dove la quoeleva-ta di occupazione agricola (sull'occupazione complessiva) supera il 25 per cento in Calabria (26%), Basilicata (32%) e Molise (40%). Soltanto la Basse-Nor-mandie e il Limousin (entrambi 25%) hanno percentuali vicine alle nostre. La relazione CEE mette in luce poi che, diversamente dall'occupazione nell'agricoltura, che è generalmente lo-calizzata nelle regioni periferiche della Comunità, l'occupazione industriale tende ad essere concentrata nelle regio-ni centrali. Percentuali dell'occupazio-ne industriale superiori al 43% dell'oc-cupazione totale si riscontrano nella Repubblica Federale di Germania, in alcune regioni del nord e del nord-est
della Francia, in alcune regioni del Re-gno Unito, dell'Italia settentrionale, del Belgio e dei Paesi Bassi. Le percen-tuali più basse si osservano in Dani-marca, in Irlanda, nelle regioni Noord Holland, Zuid Holland e Utrecht per i Paesi Bassi, nella Basse-Normandie, in Bretagne e in tutte le regioni mediter-ranee per la Francia, nonché in tutte le regioni del Mezzogiorno e in Liguria per quanto riguarda l'Italia.
Per quanto riguarda il settore terziario, le quote più elevate di occupazione (ol-tre il 58% dell'occupazione totale) si riscontrano nel Lazio e in Liguria per quanto riguarda l'Italia, nella Proven-ce-Alpes-Còte d'Azur-Corse e nella re-gione parigina per quanto riguarda la Francia, nelle regioni South East e South West del Regno Unito, nelle re-gioni Hamburgo, Bremen e Berlino ovest nella Repubblica Federale di Ger-mania, nelle regioni olandesi Noord Holland e Zuid Holland, nelle regioni belghe Brabant e Luxembourg ed infi-ne in Danimarca.
Passiamo ad esaminare la relazione CEE nella parte di essa che riguarda gli squilibri di reddito. Si è costruito l'indice del P I L (prodotto interno lor-do) prò capite per la Comunità a dieci relativo al 1977. Fatta uguale a 100 la media del prodotto interno lordo prò capite europeo (Europa dei 10), i più elevati livelli di reddito si ritrovano nelle seguenti aree del Nord Europa:
Regioni indice: EUR 10 = 100
Groninga 282,3
Amburgo 228,8
Brema 182,3
Ile de France (Parigi) 171,6
Copenhagen 170,2 Berlino Occ. 162,6 Anversa 159,1 Stoccarda 156,1 Karlsruhe 155,9 Duesseldorf 155,7
In coda alla graduatoria, tra le regioni più povere abbiamo la Calabria (il suo indice si situa a quota 35,3, sempre fatto uguale a 100 il prodotto interno lordo prò capite medio europeo), da-vanti solo a tre regioni della Grecia (Epiro, Tracia e Isole della parte orien-tale dell'Egeo).
È il caso di ricordare che una sola
re-gione italiana viene presentata dalle statistiche in esame con un indice supe-riore alla media europea. Si tratta della Valle d'Aosta, situata a quota 108,8, mentre dietro di essa abbiamo la Lom-bardia (84,5), la Liguria (82,7) e il Pie-monte (80,1). Tutte le regioni tedesche sono sopra alla media europea, mentre la Francia ne ha sette sotto (con la punta minima dell'indice 83,8 della Bretagna).
In Francia, dopo l'area di Parigi,
han-no indici di reddito relativamente ele-vati queste regioni: Alta Normandia (133,3), Rhòne-Alpes (121,7) e Cham-pagne-Ardennes (121,2). Per quanto concerne il Regno Unito si oscilla tra l'indice 81,8 del Sud Est del paese (l'a-rea che comprende Londra) e l'indice 53,0 dell'Irlanda del Nord.
La relazione CEE rileva che le regioni aventi i problemi più gravi, in termini di basso prodotto interno lordo prò ca-pite, ma anche di elevata
disoccupazio-Diserbatura in un vivaio forestale della Val d'Ultimo.
Immagine aerea
di un grande impianto di depurazione per scarichi urbani a Town bridge in Inghilterra.
Aquitaine, Auvergne, Midi-Pyrénées in Francia,
• East Anglia e Wales nel Regno Uni-to,
• Liège nel Belgio, Marche e Toscana in Italia e Limburg nei Paesi Bassi. C'è pure, nel documento CEE, la indi-cazione dei fattori strutturali, che più incidono sullo sviluppo regionale, de-terminando gli squilibri che abbiamo visto. Gli elementi più importanti in materia sarebbero i seguenti:
— la dotazione di fattori: lavoro, capi-tale, risorse naturali, nonché la do-tazione di infrastrutture (in partico-lare comunicazioni);
ne strutturale comprendono le regioni del Mezzogiorno (unitamente a Lazio ed Umbria), l'Irlanda e l'Irlanda del Nord, con valori inferiori al 60% della media comunitaria.
Un secondo gruppo è costituito da re-gioni aventi un indice pari al 60%-80% della media comunitaria, e precisa-mente:
• Liguria in Italia,
• Scotland, North, North West e West Midlands nel Regno Unito,
• Hainaut e Limburg nel Belgio. Vengono poi le regioni con un indice Pari all'80-90% della media:
• Languedoc-Roussillon, Bretagne, Pro-v e n c e - A l p e s - C ò t e - d ' A z u r - C o r s e ,
Un impianto per la produzione
di ammoniaca realizzato dalla Tecnimont a Sluiskil in Olanda.
— la localizzazione delle attività eco-nomiche (p.e. la ripartizione tra aree urbane e aree rurali);
— l'accessibilità dei mercati o il grado di perifericità;
— l'organizzazione delle economie re-gionali, compresa la dimensione e la struttura delle imprese;
— lo stadio di sviluppo delle economie regionali (p.e. la composizione set-toriale);
— i comportamenti sociali;
— gli incentivi della politica regionale. Chiudiamo riprendendo alcune infor-mazioni relative alla dipendenza econo-mica interregionale, in particolare alla dipendenza delle regioni periferiche dei singoli paesi dalle regioni centrali. Ri-portiamo un prospetto che illustra la situazione del Regno Unito, dell'Italia, della Francia, dei Paesi Bassi e della Danimarca.
N O T E
* Commissione delie Comunità Europee «Le regioni d'Europa», Bruxelles, 11 maggio 1981.
Distribuzione regionale dei centri decisionali in alcuni Stati membri della Comunità Europea
Paese Centri decisionali Anno Localizzazione % U.K. sedi principali (delle più 1977 South East 62
grandi imprese manifatturiere di cui Londra 52 britanniche) Resto 38 I sedi principali (delle più 1975 Nord 65
grandi società italiane) Centro 23 Sud 12 F sedi principali (delle più 1976 Regione parigina 78
grandi imprese manifatturiere) Resto 22 NL sedi principali (delle più 1974 Randstad 67
grandi società) Resto 33 DK sedi principali (delle più 1975 Regione metropolitana 56
grandi società industriali) di Copenaghen
Resto 44