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1. Parte Generale ―

1.4 Composti antiossidanti e funzioni nutraceutiche ―

1.4.3 I Carotenoidi ―

I carotenoidi (caroteni e xantofille) sono pigmenti gialli, arancioni e rossi, presenti in molti frutti e vegetali. Molti di loro sono precursori della vitamina A (ad es. β-carotene, γ-carotene), e mediante il doppio legame coniugato riducono i radicali liberi ed estinguono l'ossigeno singolo. Ridotte quantità di β-carotene sono state collegate ad elevate percentuali di cancro e malattie cardiovascolari (Rice-Evans et al., 1997).

Sono una classe di molecole ampiamente diffuse in natura, responsabili della pigmentazione rossastra delle foglie autunnali, del colore giallo-arancio di frutti e fiori e del colore roseo delle carni dei salmonidi. Peculiarità comune a tutti i carotenoidi è la struttura molecolare, caratterizzata da una catena polienica costituita da quaranta atomi di carbonio. Queste sostanze sono presenti in tutti gli organismi fotosintetici dove giocano un ruolo fondamentale nel processo di fotosintesi: da una parte sono coinvolti nella catena di trasporto dell‘energia, dall‘altra proteggono il centro di reazione dell‘ossidazione dall‘azione dei raggi ultravioletti. Negli organismi non fotosintetici, tra cui l‘uomo, i carotenoidi hanno un ruolo importante nei meccanismi antiossidativi.

Il principale carotenoide presente nel cibo è il β-carotene, noto per le molteplici proprietà benefiche sulle cellule del sistema immunitario e per la prevenzione di malattie degenerative (fig. 7). Esperimenti effettuati negli ultimi anni hanno dimostrato l‘attività antitumorale del β-carotene, che inibisce la cancerogenesi polmonare indotta da nitrosammine e favorisce l‘induzione di enzimi antiossidanti e detossificanti. Tale comportamento verrebbe esibito solo a basse pressioni parziali di ossigeno che si possono ritrovare nelle condizioni fisiologiche proprie di alcuni tessuti, infatti a pressioni maggiori di ossigeno, la molecola perde l‘attività antiossidante e diviene proossidante (Hail et al., 2008).

Sono precursori della vitamina A (o retinolo) in quanto quest'ultima preformata si trova solo nei tessuti degli animali (tuorlo d'uovo o nel fegato di merluzzo), mentre negli ortaggi sono presenti, associati alla clorofilla, soli i precursori (per l'appunto i carotenoidi) che vengono trasformati in vitamina A nell‘organismo. La sostanziale differenza tra vitamina A e β-carotene è che quest‘ultimo è privo di tossicità, diversamente dalla vitamina A, ed è un

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antiossidante che combatte le sostanze cangerogene intrappolando le molecole pericolose che contribuiscono allo sviluppo di un processo degenerativo.

Sembra che la famiglia dei carotenoidi lavori insieme, ciascuno a modo suo, per assicurare che tutte le cellule siano in salute. I risultati di molti studi suggeriscono che i tumori della vescica, della laringe, dell‘esofago, dello stomaco, del colon, del retto e della prostata siano ostacolati dall‘assunzione di β-carotene. Una molecola di β-carotene è in grado di eliminare fino a mille molecole di ossigeno singolo e la sua azione antiossidante è capace di ostacolare l‘ossidazione della vitamina C. Dal punto di vista molecolare è una sostanza simile agli ormoni femminili ed è necessario per la corretta crescita e riparazione dei tessuti corporei, per mantenere la pelle liscia, morbida e sana, per proteggere le mucose della bocca, del naso, della gola e dei polmoni, riducendo così la suscettibilità alle infezioni per proteggere contro gli agenti inquinanti, per contrastare la cecità notturna e la vista debole, e per aiutare la formazione di ossa e denti.

L'attuale ricerca medica dimostra che i cibi ricchi di β-carotene aiutano a ridurre i rischi di tumore ai polmoni (soprattutto nei fumatori che 'bruciano' letteralmente molta vitamina A) e certi cancri della cavità orale. Protegge l‘occhio, in particolare la retina e la macula, dai danni ossidativi prodotti dall‘invecchiamento e dall‘esposizione ad agenti esterni; diminuisce il rischio di sviluppo della degenerazione maculare, della cataratta e mantiene una buona capacità visiva. L‘integrazione alimentare di β-carotene prepara la pelle alla sintesi della melanina, esso si deposita in parte nel tessuto adiposo e nella cute conferendo un caratteristico colore arancione/dorato alla pelle, coadiuvando e potenziando l‘azione protettiva dei filtri solari durante l‘esposizione al sole; riduce inoltre il rischio di comparsa di eritema e scottature solari specie nei soggetti con pelle chiara e sensibile, proteggendo la cute nonché rallenta la comparsa di rughe.

Altro importante carotenoide che possiede attività antiossidante ed antitumorale è il licopene (fig. 8). Il licopene è un pigmento carotenoide, maggiormente presente nel pomodoro, che ne conferisce il caratteristico colore rosso ed è seguito in minor quantità da α-, β-, γ- e δ-carotene, fitoene, fitofluene, neurosporene e luteina (Trombly e Porter, 1953; Periago et al., 2004.)

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Strutturalmente il licopene è un idrocarburo alifatico insaturo. La sua catena contiene 13 doppi legami carbonio-carbonio, 11 dei quali sono coniugati disposti linearmente.

Nel frutto di pomodoro maturo il licopene è l‘ultimo carotenoide ad essere sintetizzato. La sua biosintesi aumenta notevolmente quando i cloroplasti, nei quali è presente la clorofilla, si differenziano in cromoplasti, dove avviene la sintesi di pigmenti carotenoidi.

La l‘epidermide ed il pericarpo del frutto di pomodoro sono particolarmente ricchi in licopene ed altri carotenoidi. Mentre l‘epidermide contiene 12 mg di licopene per 100 g di peso umido, il pomodoro maturo in complesso ne contiene solo 3,4 mg per 100 g di peso umido (Al-Wandawi et al., 1985). Il contenuto di licopene nel pomodoro tuttavia varia considerevolmente in rapporto alle cultivar, al grado di maturazione e alle condizioni colturali ed ambientali durante la fse di accrescimento del frutto (Periago et al., 2004).

Essendo un composto lipofilico è solubile in solventi organici apolari. In sistemi acquosi tende ad aggregarsi ed a precipitare sotto forma di cristalli. Questo comportamento è ritenuto la causa della diminuzione della biodisponibilità del licopene nell‘uomo (Zumbrunn et al., 1985).

Il sistema di polieni coniugato è la chiave dell‘attività biologica del licopene, che include la sua suscettibilità alla degradazione ossidativa (Hill e Rogers, 1969).

Una degradazione indesiderata del licopene non ha solo effetti negativi sulla qualità del prodotto finale ma porta anche ad una perdita delle proprietà salutistiche. Le principali cause di degradazione durante la lavorazione sono isomerizzazione e ossidazione (Shi e Le Maguer, 2000). Bassa temperatura di stoccaggio, bassi livelli di ossigeno e la ridotta esposizione alla luce sono fattori che limitano la degradazione ossidativa del licopene. Per prevenire tale fenomeno durante la lavorazione e l‘immagazzinamento può essere utile l‘applicazione di antiossidanti quali acido ascorbico o pirofosfato acido di sodio in adeguate quantità (Granado et al., 1992; Clinton et al., 1996; Porrini et al., 1998).

Per quanto riguarda l‘isomerizzazione va premesso che il licopene nel pomodoro fresco si trova prevalentemente in configurazione all-trans (Shi e Le Maguer, 2000). Durante i processi di lavorazione avviene un‘isomerizzazione a

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forme mono- o poli-cis; è vero inoltre che il deposito dei prodotti di lavorazione del pomodoro favorisce la reisomerizzazione da cis- a trans-, perché l‘isomero cis è relativamente più instabile se comparato all‘isomero trans (Xianquan et al., 2005). Gli isomeri cis del licopene sono meglio assorbiti rispetto agli isomeri trans. Questo può essere dovuto alla maggior solubilità degli isomeri cis in micelle miste che favoriscono l‘incorporazione nei chilomicroni e l‘assorbimento intestinale abbassando la tendenza a formare aggregati (Sakamoto et al., 1994; Britton, 1995; Stahl e Sies, 1996; Boileau et al., 1999).

Anche la composizione e la struttura della matrice alimentare influenzano la biodisponibilità del licopene; pratiche come la cottura o la triturazione possono incrementarne la biodisponibilità per distruzione fisica o un rammollimento delle membrane cellulari del frutto (Hussein e El-Tohamy, 1990).

Per quanto riguarda il calore, è stato provato che temperature tra 90 e 150°C causano una grande diminuzione del contenuto totale di licopene. Uno studio ha inoltre dimostrato che l‘aggiunta di olio d‘oliva durante la cottura di pomodoro, aumenta di molto l‘assorbimento di licopene; è stato provato un aumento dell‘82% nella concentrazione sanguigna di trans-licopene e del 40% di cis-licopene in 11 soggetti che hanno consumato pomodori in olio d‘oliva, mentre in 12 soggetti che hanno consumato pomodoro senza olio d‘oliva non ci sono variazioni nella concentrazione plasmatica di trans-licopene dove è stato trovato solo un 15% in più di cis-licopene. Questi risultati sottolineano l‘importanza della preparazione e del consumo dei cibi in una cucina che abbina la cottura di prodotti a base di pomodoro all‘utilizzo dell‘olio d‘oliva, una combinazione caratteristica della dieta mediterranea (Fielding et al., 2005).

Diversi studi e ricerche hanno evidenziato l‘importanza nella dieta del consumo di frutta e ortaggi al fine di preservare la salute umana ed il benessere fisico, prevenendo l‘insorgenza di malattie cardiovascolari e di alcune forme tumorali. In particolare il pomodoro ed i prodotti da esso derivati sono conosciuti per i loro benefici effetti sulla salute umana (Bhuvaneswari e Nagini, 2005). I potenziali elementi protettivi introdotti con la dieta sono il licopene ed altri carotenoidi, ma anche vitamina E, isoflavoni e polifenoli (Chan et al., 2005). In alcuni recenti studi, il consumo di pomodoro e prodotti da esso derivati contenenti licopene è stato associato ad un decremento del rischio di malattie croniche

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come tumori e disturbi cardiovascolari. Le proprietà antiossidanti del licopene sono ritenute le responsabili di tali effetti benefici (Blum et al., 2005).

L‘organismo umano non è in grado di sintetizzare il licopene, quindi è necessario assumerlo con la dieta. Una volta assunto lo si trova in concentrazioni più alte nel fegato, nel plasma sanguigno, nei testicoli, nelle ghiandole surrenali e nella prostata. La dieta mediterranea, ricca di frutta e di ortaggi compresi i pomodori, è stata indicata come responsabile di bassi livelli di cancro in questa area (LaVecchia, 1997). In particolare l‘apporto di pomodoro con la dieta è stato associato ad un basso rischio per diversi tipi di neoplasie in vari studi epidemiologici (Giovannucci, 1999). Le sue attività biologiche comportano l‘attività antiossidante ed è quindi ritenuto il più stabile e potente agente di estinzione dell‘ossigeno sotto forma O2-, forma notoriamente deleteria, ed un

efficiente scavenger di un largo spettro di radicali liberi. Gli studi epidemiologici indicano gli effetti protettivi del licopene contro alcuni tipi di tumori, per esempio quello alla prostata. Studi in vitro e in vivo sulla crescita delle cellule tumorali hanno rafforzato questa conclusione.

Il licopene può esprimere un valore terapeutico anticarcinogenico dal momento che è stato mostrato di essere in grado di sopprimere la proliferazione delle cellule tumorali, inibire il segnale del fattore di crescita, indurre l‘apoptosi, inibire l‘angiogenesi, sopprimere l‘espressione di proteine anti-apoptotiche (Parrett et al., 1997). Sembra, inoltre, che il licopene abbia effetti contro la chemioresistenza e la radioresistenza in pazienti sottoposti a terapie antitumorali (Dorai e Aggarwal, 2004).

Il licopene può svolgere un ruolo nella prevenzione del tumore della prostata (Rao et al., 1999). Le diete ricche di pomodori e prodotti derivati dal pomodoro possono proteggere il DNA dal danno ossidativo (Pool-Zobel et al., 1997; Riso et al., 1999). Le persone che consumano succo di pomodoro o salsa ogni giorno per una settimana, in aggiunta alla loro dieta regolare, sono in grado di aumentare il licopene nel sangue e ridurre la quantità di lipidi, di proteine e DNA ossidati (Rao et al., 1998; Agarwal e Rao, 1998). Ciò ci suggerisce che il licopene derivato dai prodotti del pomodoro tradizionale riesce ad essere assorbito dal corpo e lo protegge dal danno ossidativo.

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Diversamente da β-carotene e licopene, che appartengono alla classe dei carotenoidi precursori della vitamina A, la luteina ed il suo isomero zeaxantina sono carotenoidi non-provitamina A che differiscono dai precedenti, per la presenza di gruppi idrossilici sugli anelli che costituiscono il termine della catena e sono definiti ossicarotenoidi o xantofilline. Le xantofilline impediscono la perossidazione lipidica indotta dai raggi ultravioletti, inibiscono la crescita tumorale nei topi e riducono l‘apoptosi indotta dallo stress ossidativo nelle cellule fotorecettrici di ratto (Tsuda et al., 2004; Pan e Ho, 2008).

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Figura 7 - Struttura chimica del β-carotene

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1.4.4. Le Vitamine

Le vitamine sono una serie di composti organici, eterogenei dal punto di vista chimico, essenziali per l'uomo in quanto indispensabili all‘organismo per la crescita, per l‘integrità strutturale delle cellule e per favorire il regolare svolgimento dei processi metabolici.

Le vitamine sono sostanze prive di valore energetico, hanno una composizione molecolare abbastanza semplice, agiscono in dosi minime, sono sostanze essenziali, hanno specificità di azione.

Molte vitamine oltre alle azioni specifiche ne svolgono anche di comuni: - agiscono come fattori di crescita (vitamine A, D, gruppo B, C); - rafforzano le strutture nervose (vitamine B1, B6, B12, PP, C); - aumentano la resistenza alle infezioni (vitamine A, B6, B12, C);

- prevengono e curano le anemie (vitamine E, Acido folico, B6, B12, C); - salvaguardano le cellule dai meccanismi lesivi dei radicali liberi (vitamine E, C);

- rivestono un ruolo nella prevenzione contro i tumori (vitamine A, E, C); - proteggono pelle e mucose (vitamine A, B2, B6, Acido folico, PP).

L'unica classificazione operativamente valida è quella che le distingue in due gruppi: quello delle vitamine idrosolubili (vitamine del gruppo B e vitamina C) e quello delle vitamine liposolubili (vitamine A, E, D, K).

Le vitamine idrosolubili svolgono principalmente funzione di coenzimi, mentre quelle liposolubili svolgono funzioni diverse.

C‘è da rilevare che non tutte le vitamine vengono assunte nella loro forma biologicamente utilizzabile, ma piuttosto come precursori che vanno sotto il nome di provitamine. Questi composti, una volta assunti, debbono essere modificati da specifici enzimi metabolici che li trasformano nella loro forma attiva.

Il retinolo (Vitamina A) (fig. 9) è un alcool a lunga catena che si ritrova in natura sotto forma prevalentemente esterificata e che gli organismi animali non riescono a sintetizzare ex novo da precursori come il β-carotene. La trattazione pertanto risulta sufficiente con queste poche tracce ricordando però che il retinolo è importante per la vista, per il mantenimento degli epiteli, per il buon funzionamento del sistema immunitario.

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Le vitamine del gruppo B svolgono diverse funzioni e sono:

B1 (Tiamina) è presente nel lievito di birra e nel germe di grano, diffusa negli alimenti sia vegetali che animali, frutta, legumi, uovo. Di questa vitamina non si forma una riserva nel nostro organismo per cui deve essere introdotta giornalmente con la dieta. La carenza di vitamina B1 è causa di patologie croniche come il beriberi che determina danni al sistema che poi si estendono al sistema cardiovascolare e gastrointestinale.

B2 (Riboflavina) è sintetizzata dalle piante e da molti microrganismi, è presente in latte, uova, germe di grano, carne. La carenza è molto rara ed avviene quando subentrano alterazioni dell‘apparato digerente e del fegato. La sindrome è caratterizzata da alterazioni linguali e labiali, oculari e cutanee.

B3 (PP o Niacina) previene la pellagra. É presente in alimenti di origine animale, può essere sintetizzata dall'uomo a partire da precursori quali il triptofano. La sua carenza causa la Pellagra che causa eritemi, disturbi all'apparato digerente, turbe psichiche.

B5 (Acido Pantotenico) è presente in lievito di birra, fegato, rene, carne, uova, cuticola dei cereali. La sua principale funzione è quella di precursore del Coenzima A. La sua carenza causa cefalea, disturbi gastrointestinali, formicolio e bruciori degli arti inferiori.

B6 (Piridossina) presente in lievito, germe di cereali, carne, fegato, rene, cervello, uova, latte, pesce, verdura e frutta. La sua carenza è rara è rilevabile attraverso test di laboratorio e presenta sintomatologia aspecifica.

B8 (H o Biotina) è riscontrabile in lievito di birra, fegato, tuorlo d'uovo, legumi e carne. La sua funzione è quella di costituire il coenzima della decarbossilasi e transcarbossilasi. La sua carenza può causare dermatite, sonnolenza, dolori muscolari, anoressia, nausea.

B9 (M o Acido Folico) si trova nel lievito, fegato, asparagi, spinaci e verdure. É necessaria in alcuni stati fisiologici come gravidanza dove protegge contro le malformazioni congenite del tubo neurale (spina bifida,

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anacefalia). La sua carenza porta ad anemia, alterazioni di cute e mucose, disturbi nervosi.

B12 (Cobalamina) è presente negli alimenti di origine animale come fegato, rene, latte e carne, ma anche nei pesci, piccole quantità sono presenti anche negli ortaggi freschi. La sua carenza è rara, può invece verificarsi un assente secrezione del fattore intrinseco e provocare l'anemia perniciosa che causa alterazioni del sangue, disturbi digestivi (Cappelli e Vannucchi, 2005).

La vitamina C è certamente molto importante, essa è un composto idrosolubile simile al glucosio (fig. 10).

La vitamina C, che include l‘acido ascorbico ed il suo prodotto di ossidazione ovvero l‘acido deidroascorbico, partecipa a diverse attività biologiche nel corpo umano. Block et al., (2004) hanno scoperto che la vitamina C può ridurre il livello di C-reactive proteine (CRP), un marcatore di infiammazioni possibilmente capace di preannunziare malattie al cuore.

Il contenuto di vitamina C nelle Brassicaceae varia significativamente fra le specie di questa famiglia ed all‘interno della specie fra le entità sottospecifiche (Vallejo et al., 2002); le condizioni ambientali inoltre possono determinare variazioni del contenuto di vitamina C nei tessuti vegetali (Howard et al., 1999).

L'acido ascorbico può avere una sinergia con il tocoferolo, ed insieme possono rigenerare o ripristinare le loro proprietà antiossidanti (Yanishlieva- Maslarova, 2001).

Studi epidemiologici hanno dimostrato che l'assunzione di vitamina C presente in frutti e prodotti orticoli riduce il rischio di cancri che non sono regolati mediante ormoni, mentre per quelli regolati mediante ormoni la riduzione è minore (Block, 1991).

Assumendo circa 300 mg di vitamina C al giorno, 50 mg con la dieta ed il resto mediante integratori, si ha una riduzione del 21% di tutti i cancri che possono colpire gli uomini, ciò è possibile mediante l'assunzione di circa 49 mg al giorno di vitamina C. Sulle donne invece non sono stati individuati effetti significativi (Borek, 2005).

La vitamina C è largamente diffusa negli alimenti di origine vegetale; particolarmente ricchi sono gli agrumi, i kiwi, i peperoni, i pomodori ed i prodotti

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orticoli a foglia verde. Gli ortaggi e la frutta, se conservati per lungo tempo prima di essere consumati, subiscono però ingenti perdite vitaminiche.

La vitamina C è, tra le vitamine, quella che va incontro a maggiore degradazione, sia per l'instabilità al calore ed all'ossigeno dell'aria che per la sua idrosolubilità, tanto che la misura della sua concentrazione viene spesso utilizzata come indicatore di qualità del processo di lavorazione e produzione (Ferro-Luzzi et al., 1994).

La vitamina D si divide in vitamina D2 (Ergocalciferolo) e vitamina D3 (Colecalciferolo) (figg. 11-12), è presente in olio di fegato di alcuni pesci, fegato dei mammiferi, latte, burro, uova, pesce azzurro. Il suo principale compito è quello di regolare il metabolismo del calcio. La sua carenza causa rachitismo nei bambini, osteomalacia negli adulti, mentre un suo eccesso provoca cefalea, nausea, vomito, diarrea, disturbi renali e nervosi (Cappelli e Vannucchi, 2005)

Il Tocoferolo (Vitamina E), proviene generalmente dal mondo vegetale, dove si trova diffuso abbondantemente: germi di semi di cereali, ortaggi a foglia larga, semi e frutti oleosi e rispettivi oli (fig. 13). Il nome vuole ricordare l‘effetto antisterile di questa vitamina, dimostrato sperimentalmente nei ratti (tokos in greco significa ―parto‖). I tocoferoli presenti nella dieta, sotto forma di esteri, vengono idrolizzati nell‘intestino tenue. Per l‘assorbimento sono necessari i sali biliari e la quota non assorbita si ritrova nelle feci. Risultano essere molto importanti poiché proteggono dall‘ossidazione le strutture lipidiche e salvaguardano le membrane biologiche contrastando le perossidazione degli acidi grassi insaturi innescate dai radicali liberi che si formano nelle cellule (Bowry e Stocker, 1993). Come i carotenoidi, la vitamine E appartiene al gruppo di antiossidanti lipido-solubili. L'attività biologica di questa vitamina mostra la presenza di tocoferoli e tocotrienoli, specialmente α-tocoferolo (Lampe et al., 2002). La vitamina E presenta effetti protettivi contro le malattie coronariche dovute all'inibizione dell'ossidazione di LDL (Stampfer e Rimm, 1995). Attraverso l‘assunzione di frutta e ortaggi e con l'aggiunta di grassi, oli e cereali, apportiamo alla dieta una buona quantità di vitamina E (Piironen et al., 1986).

Infine è presente la vitamina K che si suddivide in K1 (Fillochinone), K2 (Prenilmenachinone) e K3 (Menadione) (fig. 14). E‘ presente nella flora intestinale, negli ortaggi ed in minime quote nella carne. La vitamina K esplica

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un'azione antiemorragica, implicata nella trasformazione della protrombina attiva. La sua carenza può causare delle emorragie (Cappelli e Vannucchi, 2005).

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Figura 9 - Struttura chimica del retinolo

Figura 10 - Struttura chimica dell’acido ascorbico (Vitamina C)

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Figura 12 - Struttura chimica del colecalciferolo

Figura 13 - Struttura chimica del tocoferolo

Figura 14 - Struttura chimica del fillochinone, prenilmenachinone e menadione Fillochinone (K1) Prenilmenachinone (K2)

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