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1. Parte Generale ―

1.2 Innovazione di prodotto ―

1.2.3 Le colture ortive minori ―

1.2.3.1 Il Cavolo da foglia ―

Le diverse tipologie di cavolo da foglia diffuse nel mondo afferiscono alla varietà botanica acephala della specie Brassica oleracea L., afferente alla famiglia delle Brassicaceae, che esprime una elevata diversità genetica attestata dalle altre varietà botaniche che hanno dato origine a specifiche colture quali il cavolfiore, cavolo broccolo, cavolo rapa, cavolo cappuccio, cavolo verza, cavolo di Brussels, delle quali si utilizzano organi differenti della pianta (Spooner et al., 2003).

La particolare biologia fiorale della pianta, condizionata da meccanismi di auto incompatibilità genetica, ha agevolato la ricombinazione dei diversi profili genetici determinando la formazione di nuovi tipi che sono stato oggetto di selezione in diverse aree geografiche del mondo. Tale processo di ricombinazione è stato, ed è tuttoggi, particolarmente intenso nel bacino del Mediterraneo, dove B.oleracea si incrocia naturalmente con le diverse specie spontanee di Brassica (n=9), che ne rappresenta il centro di origine e di diversificazione della specie (Gray, 1989; Ordas e Cartea, 2008; Branca, 2008).

Il cavolo da foglia si contraddistingue dalle altre varietà botaniche della stessa specie per il ciclo biologico poliennale e per una prolungata fase vegetativa della pianta condizionata dal soddisfacimento delle esigenze in freddo della pianta. Presenta fusto eretto più o meno ramificato, alto fino a due metri, di cui si utiilizzano i germogli con foglie di color verde scuro, liscie e bollose. La differenziazione dell‘infiorescenza avviene in maniera irregolare e non ostacola in maniera definitiva il processo di emissione di nuovi organi vegetativi. La poliennalità e la rusticità del cavolo da foglia hanno determinato la denominazione di cavolo vecchio e/o di cavolo forte con la quale viene indicata la pianta in Sicilia. Dal punto di vista agronomico i tratti biologici della pianta si rivelano utili sia per l‘alimentazione umana che per quella animale. Le foglie, contraddistinte da un accentuato aroma, rappresentano uno degli ingredienti tradizionali dell‘alimentazione mediterranea e sono utilizzate spesso assieme a semi di leguminose o come condimento per la pasta.

La coltivazione del cavolo da foglia, che rappresenta una delle colture tradizionali dell‘orticoltura familiare del bacino del Mediterraneo, si riscontra

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spesso su piccole superfici, in prossimità dei fabbricati rurali, inframmezzata ad impianti arborei quali la vite, il mandorlo e l‘ulivo. Tale configurazione si riscontra spesso sulle aree collinari e montane della Sicilia, quali le pendici dell‘Etna, e nelle isole minori (figg. 1-2).

L‘espressione fenotipica della pianta, nell‘insieme assimilabile a quella del cavolo broccolo, manifesta differenze che possono essere legate ora all‘isolamento spaziale tra le diverse popolazioni, costituite sempre da un limitato numero di individui, ora da incroci casuali con altre piante di colture afferenti a B. oleracea intensamente coltivate o a diverse specie spontanee di Brassica (n=9) diffuse nell‘Isola.

L‘innovazione della coltura non prescinde pertanto dallo studio delle caratteristiche differenziali dei materiali genetici coltivati e dall‘individuazione dei genotipi più interessanti da utilizzare per il miglioramento della coltura (Branca et al., 2010).

Il cavolo da foglia è caratterizzato da un sapore molto intenso e possiede una maggiore capacità antiossidante rispetto ai più comuni ortaggi utilizzati quotidianamente (Monteiro e Rosa, 2008). Esso rappresenta insieme a diversi cavoli selvatici, molti dei quali non eduli, il precursore di molte colture ortive quali il cavolfiore, il cavolo broccolo, il cavolo di Bruxelles, il cavolo cappuccio, il cavolo rapa, il cavolo verza, etc.

Il cavolo da foglia presenta tratti interessanti dal punto di vista agronomico quali il vigore, la resistenza, la rusticità e l‘elevata resa della pianta (Bradshaw e Mackay, 1985). Negli ultimi decenni, l'obiettivo principale nella coltivazione di cavoli da foglia è stato rappresentato dal miglioramento dell'uniformità della coltura e dalla riduzione dei tempi di entrata in produzione della pianta. L'uniformità è comunemente raggiunta con la costituzione di ibridi F1 ottenuet con l‘incrocio di linee pure. Tuttavia, l‘uniformità della coltura si raggiunge spesso a scapito dell‘ampia base genetica, con evidenti rischi di ridurre la tolleranza nei confronti dei principali fattori di stress biotico (Ord

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e Cartea, 2008).

Il cavolo da foglia destinato all‘alimentazione umana è di solito utilizzato dopo cottura, processo che intenerisce le foglie, decompone gli zuccheri e produce un aroma caratteristico (Ordás e Cartea, 2008).

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Il cavolo da foglia viene utilizzato anche come foraggio, da destinare soprattutto ai ruminanti, per l‘elevata digeribilità della biomassa raccolta, e per tale caratteristica è stato scelto e inserito nei programmi di allevamento e di nutrizione di questi animali (Bradshaw e Mackay, 1985; Bradshaw, 1987)

La tendenza del mercato sempre più attento verso i cibi funzionali sta determinando l‘esigenza di attivare nuove linee di ricerca per valorizzare le caratteristiche nutraceutiche di molti prodotti orticoli, e fra questi di molte Brassicaceae. Sotto questo aspetto il cavolo da foglia sta assumendo sempre più maggiore popolarità grazie al suo elevato valore nutrizionale e alle proprietà antiossidanti di molti dei suoi metaboliti secondari.

Un altro obiettivo del miglioramento genetico è rappresentato dalla individuazione di fonti di resistenza ai principali agenti patogeni. Fra le malattie più diffuse in tutto il mondo il marciume nero (Xanthomonas campestris pv. campestris) e il Clubroot (Plasmodiophora brassicaceae Woron.) sono considerate fra le più preoccupanti per il genere Brassica. Entrambe sono difficili da prevenire con le normali colturali ed i trattamenti mezzi chimici di controllo sono generalmente poco efficaci. L'individuazione di geni per la resistenza a fitofagi e parassiti rappresenta un primo passo per lo svolgimento di programmi di miglioramento genetico di queste colture, determinando al contempo una riduzione dell‘impatto ambientale e dei costi di produzione. Elevati sforzi sono stati fatti negli ultimi decenni per aumentare la tolleranza di queste colture verso il marciume nero e la peronospora. La resistenza contro il marciume nero è stata individuata in diversi genotipi di B. oleracea, e tra le cultivar commercialmente disponibili ve ne sono anche di cavolo da foglia (Hansen e Earle, 1995; Taylor et al., 2002; Tonguç e Griffiths, 2004). Tuttavia nessuna di queste fonti ha fornito una chiara modalità di come la pianta sia resistente alla malattia ed il suo profilo genetico complica il suo utilizzo per la produzione di varietà ibride resistenti. Anche se sono disponibili diverse evidenze scientifiche sulla resistenza contro Clubroot (Crute et al., 1980;. Crute, 1986; Crisp et al., 1989; Dias et al., 1993; Monteiro e Rosa, 2008), i risultati riguardanti l'ottenimento di una cultivar resistenti sono stati in gran parte deludenti tranne alcuni casi che hanno riscosso un certo successo (Ordás e Cartea, 2008).

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Le proprietà antiossidanti, antiradicaliche e antitumorali di tutte le Brassicaceae, sono conferite dalla presenza di composti bioattivi che attribuiscono a questi ortaggi l'appellativo di ―alimenti funzionali‖, i quali svolgono la funzione non solo alimentare ma anche quella preventiva nei confronti di diverse patologie dell'uomo.

L'importanza delle risorse genetiche per il miglioramento delle colture è al giorno d'oggi universalmente riconosciuto. Nelle banche del germoplasma è attualmente conservato il gene pool da cui i selezionatori ottengono la variabilità per i loro programmi di miglioramento. Per molte specie, ed in particolare per B. oleracea, sono prese in grande considerazione non solo le varietà coltivate, ma anche i parentali diffusi allo stato spontaneo (Branca, 2008; Branca, 2010).

Dal 1982 il Consiglio internazionale per le risorse fitogenetiche (ora International Plant Genetic Resources Institute, IPGRI) ha finanziato diverse missioni per l‘individuazione e la raccolta di specie spontanee del genere Brassica. I campioni di seme raccolti nell‘ambito di queste attività sono conservati presso l'Università Politecnica di Madrid (Spagna), l'Università di Tohoku (Sendai, Giappone), l‘Università di Catania, e nella banche del germoplasma dei Paesi nei quali sono sono stato raccolti (Chiang et al., 1993; Branca, 2008; Branca, 2010).

La valutazione di tali materiali è propedeutica a qualsiasi attività di miglioramento genetico di tale coltura al fine di individuare le accessioni che esprimono i tratti agronomici e tecnologici di pregio.

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