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L’analisi del corpus

3.1 Analisi dei cartell

3.1.3 Cartelli in lingua inglese

The power of the people is stronger than the people in power

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Lo slogan preso in analisi è apparso più volte nei cartelli che hanno accompagnato le proteste libanesi nella capitale Beirut. Il messaggio sembra un’esortazione al popolo ad unirsi poiché in questo modo il potere di quest’ultimo sarà più forte di quello delle persone che governano. La frase in questione, che potrebbe richiamare il famoso slogan Power to the people, centrale in molte lotte politiche, rimanda anche al titolo del libro dell’attivista egiziano Wael Ghonim30, “Revolution 2.0.: The power

of the people is greater than the people in power”, che è stato pubblicato nel 2012 e affronta il tema delle rivolte in Egitto. È possibile dunque che lo slogan si sia ispirato direttamente all’opera di Ghonim per via delle similarità in termini di rivendicazioni e richieste del popolo tra le proteste egiziane e quelle libanesi. Inoltre, la struttura chiastica del periodo conferisce ritmo e intensità alla frase, rendendo il messaggio accattivante ed efficacie in sede di protesta.

29 Immagine reperita su https://www.instagram.com/p/B4uDk4Tndux/

30 Wael Ghonim coordinò la protesta dalla sua pagina Facebook “Siamo tutti Khaled Said”, dedicata al giovane torturato

Happiest depressed people you’ll ever meet

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Il cartello sopra riportato è apparso nella Downtown di Beirut ed è stato più volte postato e condiviso sui social network. L’incipit dello slogan attira immediatamente l’attenzione poiché presenta un ossimoro, figura retorica che consiste nell’accostare nella medesima locuzione parole che esprimono concetti contrari, nel caso specifico happiest e depressed, ovvero “più felici” e “depressi”. La frase in questione non è stata tuttavia inventata nell’ambito delle proteste libanesi, ma circolava già da prima sui social network con l’obiettivo di fare ironia sul disturbo della depressione. È stata pertanto riadattato al contesto specifico del Libano, con un atteggiamento di sfida nei confronti del potere, colpevole di causare la depressione. Il sentimento dunque che viene espresso in questo caso è da un lato la frustrazione del popolo per via della grave situazione socioeconomica del paese, dell’alto tasso di disoccupazione e della completa mancanza di opportunità che rende i cittadini depressi, dall’altro la voglia di rivalsa e la speranza di poter cambiare le cose attraverso la rivoluzione, che riesce a infondere un sentimento di solidarietà e, in un certo senso, anche di allegria.

We are missing our lessons so we can teach you one

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Il cartello in questione è tenuto in mano da una giovane studentessa, che, come molti altri giovani, ha deciso di saltare lezione a scuola o all’università per partecipare alle manifestazioni, dimostrando ai

31 Immagine reperita su https://twitter.com/MyckelAzar/status/1186310175667437569

32 Immagine reperita su https://en.qantara.de/content/mass-protests-in-sudan-algeria-lebanon-and-iraq-is-this-the-arab-

politici libanesi quanto il popolo sia unito e determinato a cambiare il proprio paese. Lo slogan in analisi, tuttavia, non è stato coniato nel contesto di queste proteste, ma al contrario era già ampiamente diffuso in tutto il mondo per via degli scioperi contro il Climate Change, a cui hanno partecipato numerosi studenti. Anche in questo caso, dunque, si può notare che un’espressione già famosa è stata riadattata al contesto libanese.

We are studying for a future we don’t have ﻧ ﺨ ﺴ ﺮ ﻧ ﮭ ﺎ ر ﻣ ﺪ ر ﺳ ﺔ أ ﺣ ﺴ ﻦ ﻣ ﻦ ﻣ ﺎ ﻧ ﺨ ﺴ ﺮ ﻣ ﺴ ﺘﻘ ﺒﻠ ﻨﺎ Immagine 3.433

I due cartelli in analisi, tenuti anch’essi in mano da giovani studentesse, sono molto interessanti dal punto di vista linguistico e contenutistico. Come nel caso precedente, anche in questo lo slogan in lingua inglese non è stato creato ad hoc per le proteste del Paese dei cedri, ma si è ispirato alle parole di Greta Thunberg e di molti altri giovani che, sempre nel contesto degli scioperi contro il Climate Change, hanno espresso la loro rabbia e la loro preoccupazione per le condizioni ambientali del pianeta. Di fianco al cartello in inglese, ne appare uno in arabo che può essere tradotto nel seguente modo: “perdere un giorno di scuola è meglio che perdere il nostro futuro”. Entrambi, dunque, sono focalizzati sull’idea di un futuro messo a rischio dalla classe politica attuale e dalle condizioni socioeconomiche in Libano. È probabile che l’intento della parlante-scrivente del cartello in arabo fosse riprendere il contenuto di quello in inglese. Ciononostante, le due frasi, per quanto simili dal punto di vista lessicale e semantico, sembrano presentare due reazioni differenti di fronte alla stessa situazione. Il cartello in inglese trasmette un sentimento di rassegnazione per un futuro che non ci sarà, nonostante l’impegno e lo studio, e pare voler lamentare e denunciare questa condizione di mancanza di opportunità per i giovani. Il cartello in arabo, invece, sembra più un’esortazione agli

studenti libanesi ad andare a manifestare e una giustificazione per la perdita di un giorno di scuola, che è meno rilevante per i ragazzi del futuro che li attende. La scelta delle due lingue deriva probabilmente anche dal pubblico a cui i cartelli si rivolgono: nel caso di quello in inglese, la prospettiva è quella della globalizzazione e della visibilità a livello internazionale, trattandosi anche di uno slogan riadattato da un altro contesto, mentre quello in arabo sembra essere rivolto ai giovani libanesi con l’obiettivo di spingerli a scendere in piazza.

You know it’s time for change when kids act like leaders and leaders act like kids

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Lo slogan sopra riportato, come già osservato nei cartelli in lingua inglese presi precedentemente in analisi, non è stato coniato dai giovani libanesi per le proteste nel paese. Cartelli con la stessa frase sono infatti apparsi più volte in tutto il mondo durante manifestazioni di diverso tipo, tra cui il Global Strike for Future. Dal punto di vista strutturale, il chiasmo presente nella seconda parte del periodo ed esaltato dal colore rosso e dalle lettere maiuscole delle parole leaders e kids conferisce un certo ritmo alla frase e riesce ad attirare l’attenzione degli osservatori. Anche il sostantivo change è stato scritto in lettere maiuscole e in grassetto per mettere in risalto la forte richiesta di cambiamento rivendicata dal popolo libanese.

Rest in Hell Lebanese Leaders

1975-2019

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Il cartello preso in analisi appare come una lapide sulla tomba dei leader libanesi. La tradizionale locuzione RIP dal latino “Requiescat in pace”, tradotta in italiano “riposa in pace” e in inglese “rest in peace” viene capovolta di significato per diventare “riposa all’inferno”. Anche in questo caso, come si è osservato relativamente all’immagine 2.5, è possibile evidenziare il riuso parodico del cartello, che riprende formule ufficiali per ribaltarne il significato, sia nella parte verbale (“rest in hell”) che nella parte grafica: si noti infatti che la forma e l’impostazione del cartello riprendono sommariamente la struttura di una lapide. L’intento sembra quello di voler segnare la fine di un’era, iniziata con la guerra civile e terminata grazie alla ṯawrah (rivoluzione). Le date di nascita e di morte dei leader libanesi sono infatti il 1975, anno dello scoppio della guerra civile e il 2019, anno di inizio delle proteste contro la classe politica libanese, formata dagli stessi “signori della guerra”, che hanno conquistato il potere proprio a partire dal sanguinoso conflitto che ha interessato il paese tra il 1975 e il 1990. Solo la rivoluzione del 2019 riuscirà, secondo molti libanesi, a spodestare questa classe dirigente per dare vita ad un cambiamento strutturale nel paese.

Risultati

Sulla base dell’analisi dei venti cartelli in lingua araba, di cui quindici classificati come scritti nella varietà libanese e cinque in AS, è possibile fare alcune osservazioni. Per quanto riguarda i materiali in dialetto si tratta per lo più di cartelli scritti a mano dai singoli manifestanti, che sovente si esprimono alla prima persona, come a voler far sentire la loro viva voce nelle piazze. In alcuni cartelli i dimostranti parlano direttamente di loro stessi attraverso l’uso di marcatori lessicali ben definiti (per esempio verbi e pronomi personali alla prima persona): è il caso dei due ragazzi che vogliono sposarsi a Tripoli (immagine 1.7), del giovane manifestante che si rivolge alla madre dicendole che dovrà emigrare (immagine 1.14) e del ragazzo che esprime il suo entusiasmo per quello che considera il primo vero giorno di Indipendenza (immagine 1.9). Sembra questa una strategia per avere un maggior impatto sull’audience, che entra direttamente in contatto con la sfera privata di alcuni manifestanti. La varietà vernacolare appare dunque la lingua più naturale scelta dai dimostranti per parlare della propria sfera intima e personale. Inoltre, analizzando i materiali in libanese, si è più volte sottolineato l’aspetto della carica emotiva che molti messaggi trasmettono. Sono proprio le emozioni più forti come la sofferenza, la nostalgia, l’entusiasmo, la gioia, la preoccupazione, accompagnate spesso da un’amara ironia, a venire espresse nella varietà locale in quanto lingua madre dei parlanti. Dal punto di vista linguistico, si nota di frequente il fenomeno del code-switching, ovvero il passaggio da una lingua a un’altra, che caratterizza non di rado la comunicazione orale fra parlanti arabofoni libanesi. È interessante notare che, sulla base dei cartelli analizzati, sembra essere più frequente l’alternanza linguistica tra arabo e inglese, piuttosto che tra arabo e francese, fatto piuttosto significativo, considerando lo status di cui ha sempre goduto la lingua francese in Libano36. Da un punto di vista

prettamente grafico è interessante osservare come la varietà vernacolare venga talvolta messa per iscritto. Infatti, in più esempi si assiste non solo a un mixing linguistico ma anche a un mixing alfabetico, in cui alcune parole vengono scritte in caratteri latini o perché si tratta effettivamente di termini stranieri che si sceglie di non traslitterare in arabo o perché il parlante decide di adottare questo tipo di alfabeto per questioni stilistiche legate forse ad una percezione di modernità e di visibilità, come nel caso del cartello in cui compare la parola “shawarma” (immagine 1.13) o in quello in cui appare il termine “man2ouché” (immagine 1.15). Inoltre, non essendo stata standardizzata la grafia del libanese, il parlante ha la libertà di scegliere le forme scritte che gli sembrano più adeguate a rendere per iscritto i fonemi degli enunciati orali, come si è potuto osservare nel cartello tenuto in mano dallo studente fotografato in un corteo fuori dall’Université Saint-Joseph (immagine 1.11). Infine, è importante notare che solamente uno dei materiali analizzati presenta l’uso dell’arabizi (immagine 1.15), grafia molto frequente nei messaggi, nelle chat e sui social network soprattutto fra

i giovani, nonostante si sia osservato che in molti cartelli compaiono hashtag che rimandano alle piattaforme virtuali. Pertanto, il fenomeno del multigrafismo, che caratterizza la realtà multilinguistica libanese, si concretizza per lo più, sulla base dei materiali sopra esaminati, nel passaggio fra l’alfabeto arabo (per l’AS e il vernacolare) e quello latino (quasi sempre per i termini in lingua inglese, tranne nelle immagini 1.12 e 1.15 in cui compiono due sostantivi in francese). Per quanto riguarda poi i materiali in AS, si è notato che si tratta per lo più di cartelli affissi agli stand nelle piazze o di grandi striscioni in testa ai cortei. Gli slogan scritti nella lingua standard tendono a veicolare in maniera ufficiale e diretta quelle che sono le richieste dei cittadini, attraverso un linguaggio tecnico e un lessico specifico. I messaggi appaiono dunque più neutri e in generale privi di carica emotiva. Fa eccezione l’ultimo cartello analizzato (immagine 2.5), che risulta estremamente ironico e provocatorio anche per la varietà linguistica che il parlante ha scelto di adottare, ovvero quella standard. Dal punto di vista grammaticale, è curioso osservare che non sempre l’AS viene scritto in maniera corretta, come si è sottolineato in riferimento ai cartelli nell’ immagine 2.2 e 2.4, aspetto che evidenzia quanto questa varietà linguistica sia poco familiare, approfondita e vitale fra i parlanti nel contesto libanese.

Sulla base invece dell’analisi dei sei cartelli in lingua inglese, è possibile osservare alcune caratteristiche comuni. In primo luogo, si tratta di cartelli mobili portati in mano per lo più da giovani manifestanti, spesso studenti. Secondariamente, quasi tutti gli slogan presentati sono stati ripresi da altri contesti e poi riadattati all’ambito delle proteste libanesi. In particolare, la maggior parte dei cartelli erano già apparsi durante il Global Strike for the Future, ovvero l’insieme di scioperi e manifestazioni contro il cambiamento climatico, che hanno avuto grande risonanza a livello mondiale. È importante dunque sottolineare l’aspetto dell’intertestualità37 che è emerso dall’analisi

di questi cartelli in lingua inglese, come anche dallo slogan in AS “al- ša‘b yurīd ’isqāṭ al-niẓām”, con cui il Libano si avvicina ideologicamente agli altri paesi arabi protagonisti delle rivolte del 2011, pur godendo di un sistema parlamentare e di fazioni religiose sui generis. Le frasi degli slogan in inglese appaiono inoltre ben strutturate da un punto di vista retorico e ricche di figure che conferiscono ritmicità, dando rilievo ai messaggi contenuti. La scelta di queste precise espressioni in lingua inglese, pertanto, sembra essere un tentativo da parte dei giovani parlanti di avere maggiore visibilità a livello globale. Infine, è interessante evidenziare il fatto che fra i cartelli esaminati prima di effettuare la selezione, non ne sia stato trovato nessuno in lingua francese38.

In conclusione, è possibile constatare che i cartelli nella varietà colloquiale tendono a presentare le rivendicazioni, che appaiono talvolta come messaggi personali e spontanei del singolo manifestante,

37 Si confronti la definizione nel Capitolo 2.2, p. 30.

con una forte carica emotiva; i cartelli in AS, al contrario, hanno un tono assertivo, usano un lessico tecnico e si presentano come richieste ufficiali del popolo libanese; i cartelli in inglese, infine, sono per lo più slogan coniati in altri contesti, come le manifestazioni per l’ambiente, frasi riprese dai social network o locuzioni famose che vengono modificate, e hanno probabilmente come obiettivo dare un’immagine moderna del Libano, oltre ad avere maggiore visibilità a livello internazionale, con una chiara prospettiva alla globalizzazione.