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CARTOGRAFIA GEOLOGICA DI FANO

Nel documento 2 SUOLO E TERRITORIO (pagine 114-118)

successivamente in bacino di avanfossa attraverso lo sviluppo di bacini a sedimentazione evaporitica fino al ciclo di chiusura della sedimentazione marina rappresentato dalle Argille Azzurre. Le principali strutture geologiche sono osservabili nei fogli contigui. La propagazione dei thrust esterni della catena appenninica, e dei back-thrust ad essi associati, hanno sviluppato un fascio di pieghe ad andamento sub parallelo alla linea di costa con vergenza nordorientale e sudoccidentale, che interessano anche la formazione delle Argille Azzurre.

I depositi appartenenti alla formazione delle Argille Azzurre presentano bassi valori di permeabilità e risultano inadatti ad ospitare circolazione di falde se non nelle intercalazioni sabbiose. I depositi alluvionali terrazzati sono sede di modeste falde freatiche utilizzabili per scopi irrigui.

Figura 2.11.5 - Stralcio della mosaicatura ISPRA delle pericolosità idraulica e da frana relativo al centro

abitato di Fano e parte del territorio comunale

Fonte: elaborazione ISPRA su dati Autorità di Bacino Distrettuali (Piani di Assetto Idrogeologico e Direttiva Alluvioni 2007/60/CE e D.Lgs. 49/2010)

L’area circostante il centro abitato, per le condizioni morfologiche estremamente pianeggianti, non è interessata da fenomeni franosi significativi, mentre sono presenti aree con pericolosità P3 (Trigila et al., 2018) in destra del torrente Arzilla (Carignano) e del fiume Metauro, riportate in Figura 2.11.5, legate a frane di tipo complesso (http://www.progettoiffi.isprambiente.it/cartanetiffi/). Le caratteristiche litologiche e meccaniche dei terreni affioranti danno luogo anche a fenomeni superficiali diffusi.

Le aree a pericolosità idraulica (Trigila et al., 2018), per quanto riguarda gli scenari P2 attualmente disponibili (tempi di ritorno tra i 100 ed i 200 anni), interessano il settore urbanizzato alla foce del fiume Metauro ed il settore nord occidentale del principale nucleo edificato di Fano in relazione al corso del torrente Arzilla.

La classificazione sismica 2015 (http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/classificazione.wp) assegna il Comune di Fano in classe 2 (0,15<ag<0,25). Il database DBMI15 (Locati et al., 2015) fornisce informazioni in merito alla sismicità storica dell’area: il terremoto del 1672 risulta essere

La città di Oristano è localizzata nella Sardegna centro-occidentale, a settentrione dell’area del Campidano, a est della penisola del Sinis ed in sinistra idrografica del tratto terminale del fiume Tirso, al cui sub-bacino appartiene per quanto riguarda la pianificazione dell’assetto idrogeologico (PAI Sardegna, 2005). La gran parte dell’abitato principale si sviluppa al passaggio tra la piana alluvionale del citato fiume e il settore tabulare leggermente rialzato che lo borda e est e sud est. Tale area tabulare viene solcata da modestissime incisioni e piccoli corsi d’acqua nel settore orientale e meridionale, che risultano generalmente rettificati e/o canalizzati (Canale Spinarba a sud est; Canale San Giovanni a sud ovest). L’altitudine media del Comune è compresa tra i 2-3 m s.l.m. delle aree della piana alluvionale del Tirso e gli 8-10 m s.l.m. del settore orientale dell’abitato. Le canalizzazioni, che convogliano le acque superficiali in direzione dello Stagno di Santa Giusta, posto al confine tra il Comune di Oristano e quello di Santa Giusta stesso, sono state realizzate nel corso dei decenni, quando, a partire dall’epoca fascista (1931) e sino agli anni 70’, si è svolta la parte più importante delle opere del Consorzio di Bonifica del Campidano Minore, successivamente denominato Consorzio di Bonifica del Campidano di Oristano, attualmente Consorzio di Bonifica Oristanese. Le condizioni idrogeologiche e litologiche al contorno nell’area hanno fatto propendere per una bonifica ottenuta prevalentemente regimando il tratto a monte del fiume Tirso e operando nell’area a valle per canalizzazione e prosciugamento artificiale con macchine idrovore; la tecnica delle colmate, ritenuta meno efficace, è stata applicata solo localmente ed in misura ridotta. In questo modo aree precedentemente malsane e palustri a sud dell’abitato sono state recuperate all’agricoltura e all’allevamento, destinando gli stagni residui alle attività di ittiocoltura. Gli interventi sono stati inquadrati in un più vasto progetto di bonifica delle aree palustri costiere dei settori compresi tra il cagliaritano, il Campidano e l’oristanese, dove comunque, al di fuori dell’area comunale di Oristano, persistono ancora vaste aree con bacini poco profondi e di notevole pregio naturale ed ambientale (ad esempio la laguna di Cabras a nord ovest di Oristano).

Il Foglio 528 “Oristano”1

(Servizio Geologico d’Italia, in stampa) della Carta Geologica d’Italia a scala 1:50.000, è stato realizzato dalla Regione Sardegna, in collaborazione con le Università di Cagliari, Pisa, Siena, Roma e l’Istituto IAMC – CNR di Oristano. Le informazioni geologiche di seguito riportate sono ricavate dall’analisi della carta geologica (Figura 2.11.6) e dalle Note Illustrative (a cura di Barca et al., in stampa).

I terreni di fondazione su quali si sviluppa in prevalenza la parte nord-occidentale del nucleo urbano (Figura 2.11.6) è rappresentato da terreni di origine alluvionali di età olocenica, costituiti da sabbie quarzose sciolte o poco coerenti e limi poco consistenti (bb), che localmente, nella periferia ovest dell’abitato, risultano disposti secondo morfologie di paleo-alveo o alveo abbandonato. In corrispondenza di queste paleo morfologie le granulometrie prevalenti possono anche essere quelle più fini. La restante parte dell’abitato e le frazioni di S. Giovanni a sud ovest e di Silì a nord est sono interessate invece dalla presenza di litologie ghiaiose-sabbiose terrazzate, con elementi al massimo sull’ordine del decimetro, di ambiente fluviale, riferibili al sintema di Porto Vesme (PVM2a), di età Pleistocene superiore. In corrispondenza della porzione sud-occidentale dell’abitato, in direzione dello Stagno di Santa Giusta, come segnalato dalla carta geologica, sono presenti terreni di copertura recente sovrapposti a PVM2a, costituiti da alcuni metri di depositi di riporto a granulometria sabbiosa, contenenti resti antropici vari, quali manufatti e resti litici (h1r), riferibili alle locali colmate realizzate per il progetto di bonifica. L’assetto strutturale dell’area presenta, come accennato, un settore di piana alluvionale occidentale e nord-occidentale, con affioramento dei depositi alluvionali olocenici ed uno tabulare debolmente rialzato nel resto dell’area; la superficie di raccordo tra i due è generalmente molto dolce, ma nel settore più settentrionale presenta invece localmente morfologie leggermente più aspre, attraverso una scarpata smussata che raggiunge il centro storico (Figura 2.11.6). Al di sotto dei depositi bb sono cartografate faglie sepolte, probabilmente legate all’attività plio-pleistocenica del Graben del Campidano, non più attive perlomeno dal Pleistocene medio.

degno di nota. In particolare, come si evince dagli allegati al PAI AdB Regionale della Sardegna, tutto il settore ricompreso entro alcune centinaia di metri al massimo di distanza dal fiume Tirso, ricompreso in quello che viene definito “alveo di piena” sarebbe interessato da una pericolosità idraulica PI3 elevata, per possibili inondazioni con tempo di ritorno stimato attorno ai 50 anni; ai margini di questo, in genere al di là di opere di arginatura, si estende una seconda fascia, di estensione variabile entro i 200-500 m, prevalentemente sviluppata in destra idrografica, in cui la pericolosità diviene bassa PI1. Nell’alluvione che ha interessato la Sardegna orientale e meridionale tra il 12 e il 20 novembre 2013, causando purtroppo 17 decessi, nel centro cittadino sono stati segnalati estesi allagamenti in prossimità di Piazza del Foro Boario, mentre problemi molto più seri sono stati riportati da estese aree ricoperte da battente idraulico nelle aree bonificate (di fuori del centro comunale), a causa della crisi subita da tutto il reticolo di canalizzazioni superficiali. La grande diga sul fiume Tirso, situata molto a monte dell’area cittadina e ricostruita nella sua versione più moderna nel 1997, ha permesso un efficace controllo dei picchi di piena, proteggendo l’abitato da più gravi fenomeni. In epoca storica, prima della costruzione di tale diga, invece, si segnalano gli ingenti danni riportati nell’abitato durante la disastrosa inondazione del 9 dicembre 1860.

Figura 2.11.6 – Stralcio del Foglio geologico 528 “Oristano” a scala 1:50.000. Nella porzione nord-occidentale dell’immagine, l’area comunale di Oristano

Il territorio comunale della città di Pesaro26 è interamente compreso nel Foglio 268 “Pesaro” della Carta Geologica d’Italia a scala 1:50.000. Le informazioni di seguito riportate sono dedotte dall’analisi della carta geologica e dalle Note Illustrative (entrambe consultabili on-line), realizzati dalla Regione Marche-Servizio Territorio Ambiente Energia, in collaborazione con l’Università degli Studi di Urbino, CNR ISMAR Bologna e CNR IGG Padova. Il centro abitato sorge alla foce del Fiume Foglia la cui piana alluvionale, solcata dal corso d’acqua con caratteristico andamento meandriforme, interessa la parte centrale del Comune. La morfologia del territorio varia dai rilievi della fascia collinare, alla ripida costa per erosione marina presente nella parte a nord ovest e sud est dell’abitato cui si interpone una breve intercalazione di costa bassa in corrispondenza della foce del fiume Foglia.

Figura 2.11.7 - Stralcio del Foglio 268 “Pesaro” della Carta Geologica d’Italia a scala 1:50.000 relativo

all’abitato di Pesaro (per le sigle delle formazioni geologiche fare riferimento al testo)

Fonte: Carta Geologica CARG

Il substrato è costituito dalle formazioni (Figura 2.11.7) appartenenti alla porzione più recente della successione umbro-marchigiana (marne e marne argillose dello Schlier – SCH), ai depositi silicoclastici (areniti e peliti della formazione marnoso-arenacea marchigiana – FAM; areniti e marne della formazione di San Donato - FSD), alle successioni evaporitiche (marne siltose, areniti e gesso areniti appartenenti alla gessoso-solfifera – GS; areniti, peliti e calcari evaporitici della formazione a colombacci - FCO) e a quella Pliocenica peri-Adriatica (peliti delle Argille Azzurre – FAA, areniti e

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