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I casi della Lombardia, del Veneto e dell’Emilia-Romagna.

M. V Serranò, I limiti dei tributi regionali e l'articolo 23 della Costituzione, in Diritto e pratica

2. I casi della Lombardia, del Veneto e dell’Emilia-Romagna.

Fatta questa breve premessa di carattere introduttivo, possiamo dedicarci a esaminare, per quanto qui di interesse, i testi delle intese provvisorie delle tre Regioni citate (Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna).

La prima impressione, di carattere generale, che si ricava dalla lettura sinottica degli articoli contenuti nelle intese, e tutti intitolati “Rapporti internazionali e con l’Unione europea”, è la sovrapponibilità quasi letterale dei loro contenuti, con poche variazioni. Ciò lascia intuire un coordinamento tra le tre Regioni o, in alternativa, uno spirito emulativo molto pronunciato, almeno per quanto riguarda questa materia. Come vedremo, ne seguono conseguenze talvolta sorprendenti. Si pensi, a titolo di esempio, alla circostanza che tutti e tre i testi menzionano la richiesta di maggiori poteri per quanto riguarda la «stipula di intese della Regione con enti

confinanti di Stati esteri», richiesta che se per la Lombardia può avere una giustificazione

geografica, per il Veneto e, soprattutto, per l’Emilia-Romagna appare sostanzialmente fuori luogo4.

Esaminiamo prima i rapporti internazionali e poi con l’Unione europea. A) Relativamente ai rapporti internazionali:

In tutte e tre le intese viene fatto riferimento alla «stipula di intese della regione con enti territoriali

confinanti di stati esteri, in attuazione della Convenzione europea sulla cooperazione transfrontaliera delle collettività o autorità territoriali, adottata a Madrid il 21 maggio 1980, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 19 novembre 1984, n. 948». Si tratta di una facoltà già riconosciuta dal nostro

ordinamento. Molto poco utilizzata dalle Regioni italiane (comprese quelle in esame). Al di là delle considerazioni di natura strettamente geografica5, ci sembra tale richiamo superfluo perché nulla aggiunta alla situazione attuale. Sarebbe più utile per le Regioni sollecitare lo Stato a recepire i tre Protocolli alla Convenzione di Madrid (uno firmato, gli altri nemmeno sottoscritti) che disciplinano istituti giuridici potenzialmente utili a realizzare la cooperazione transfrontaliera come, ad esempio, il Gruppo europeo di cooperazione transfrontaliera, oggi, comunque, sostanzialmente

4 Banché Veneto e Emilia-Romagna potrebbero fare valere i rispettivi confini marittimi. 5

La Lombardia è l’unica delle tre regioni ad avere un confine terrestre significativo, il Veneto lo ha per un tratto molto modesto, mentre l’Emilia-Romagna ne è totalmente sprovvista. Come già notato, Veneto e Emilia- Romagna potrebbero, però, fare valere i rispettivi confini marittimi.

superato da analogo istituto giuridico previsto dal diritto dell’Unione europeo, ossia il Gruppo europeo di cooperazione territoriale, noto attraverso l’acronimo GECT.

Per quanto riguarda, in modo specifico, il Veneto e l’Emilia-Romagna, non invece la Lombardia, è formulata la richiesta dell’attribuzione di competenze legislative in materia di rapporti della Regione con gli uffici di organizzazioni internazionali (aventi sede nel Veneto/Emilia-Romagna) al fine dello sviluppo e del consolidamento di progetti e programmi di rilevanza promossi dalle università e dalle imprese locali. Si tratta di una richiesta piuttosto curiosa. Sfugge, infatti, a quali organizzazioni internazionali (intergovernative), con uffici in tali Regioni, si intenda fare riferimento. Appare poi evidente come i rapporti, limitatamente agli aspetti prospettati (sviluppo e consolidamento di progetti e programmi), siano nella disponibilità delle università e delle imprese private, piuttosto che della Regione, così da rendere sostanzialmente superflue particolari attribuzioni in proposito.

Discorso analogo può essere fatto con riferimento ad un’ulteriore richiesta di attribuzione, anche in questo caso solo da parte di Veneto e di Emilia-Romagna e non della Lombardia, in materia di rapporti della Regione con le comunità rispettivamente degli emiliani-romagnoli e veneti all’estero, «al fine di promuovere e sostenere in campo economico e culturale» eventuali iniziative. Il riferimento non può che rientrare nelle attività c.d. di “mero rilievo internazionale” che sono già nella disponibilità delle Regioni che le esercitano senza la necessità di particolari formalità salvo, come si è già accennato, una preventiva comunicazione al Governo.

Con riferimento al solo Veneto, vi è poi la richiesta di competenze legislative e amministrative per quanto riguarda «iniziative della Regione di recupero e valorizzazione del patrimonio culturale di

origine veneta nell’area adriatica-ionica e mediterranea». Si tratta della richiesta forse più originale

e, per certi versi, anche più interessante. Sembra lasciare intendere il riconoscimento di una competenza a compiere investimenti su beni culturalmente rilevanti o per iniziative immateriali in territori di altri Stati (quindi fuori dal territorio del Veneto). Questo tipo di richiesta potrebbe essere appropriata e soprattutto giustificata alla luce del peculiare sviluppo delle vicende storiche che hanno coinvolto, in particolare, Venezia. Una richiesta, comunque, non superflua perché, allo stato attuale, investimenti economici, magari significativi, per ristrutturazioni o manifestazioni fuori dal territorio del Veneto o, comunque, italiano potrebbero essere considerati fuori dalla competenza della Regione e, quindi, le relative spese valutate dalla Corte dei Conti come non giustificate.

B) Relativamente ai rapporti con l’Unione europea:

In tutti e tre i testi viene fatto riferimento ad attribuzioni che, in realtà, già esistono sulla base dei testi normativi in precedenza richiamati e, in particolare, della legge 234/2012.

Nel caso della Lombardia:

1. L’acquisizione degli atti delle istituzioni dell’Unione europea e nazionali strategici, nonché il coinvolgimento nella predisposizione dei documenti di programmazione nazionale; 2. Il coinvolgimento attivo della Regione nell’ambito della cooperazione territoriale europea,

con particolare riferimento alle strategie macroregionali e ai programmi transnazionali che la vedono direttamente interessata;

3. Il coinvolgimento della Regione Lombardia nelle procedure di contenzioso e precontenzioso con l’Unione europea che la riguardano direttamente;

4. Il potenziamento del coinvolgimento della Regione con la Commissione europea in materia di aiuti di Stato.

Nel caso del Veneto:

1. L’attivazione di forme di consultazione specifica della Regione, in particolare nelle materie di autonomia differenziata;

2. Il coinvolgimento della Regione Veneto nelle procedure di contenzioso e precontenzioso con l’Unione europea che la riguardano direttamente.

Nel caso della Emilia-Romagna:

1. L’attivazione di forme di consultazione specifica della Regione, in particolare nelle materie oggetto di autonomia differenziata;

2. L’ampliamento dell’attuale dotazione organica anche mediante la costituzione di appositi Nuclei di valutazione degli atti dell’Unione europea;

3. Il coinvolgimento della Regione Emilia-Romagna nelle procedure di contenzioso e precontenzioso con l’Unione europea che la riguardino direttamente.

Le richieste avanzate dalle tre Regioni non hanno un contenuto problematico, tanto è vero che non risulta che ci siano state sul punto obiezioni da parte del Governo, soprattutto perché riguardano azioni che sono già possibili sulla base del quadro normativo vigente.

Si pensi, ad esempio, al tema del coinvolgimento nel contenzioso con l’Unione europea. Il coinvolgimento delle Regioni, indispensabile perché altrimenti il Governo non saprebbe cosa rispondere alla Commissione europea nella fase del precontenzioso e non saprebbe come difendersi in quella (eventuale) davanti alla Corte di Giustizia, e già ora disciplinato dall’art. 5, secondo comma della legge 131/2003, fino al punto di prevedere che il Governo presenti, se ne faccia richiesta la Regione, un ricorso dinanzi alla Corte di Giustizia.

In conclusione sul punto, appare positivo che le Regioni abbiano consapevolezza dell’importanza del loro coinvolgimento per quanto riguarda il diritto dell’Unione europea ma, di certo, le loro richieste nulla aggiungono a quanto possano già fare ora sulla base delle norme vigenti.