3 PATRIMONIO ARCHITETTONICO
IL CASO DELLA R OCCA D ’A NFO
Carolina Tenti∗
Caratteri e potenzialità
Il presente contributo intende trattare il caso del complesso della Rocca d’Anfo, sistema fortificato sito nella parte orientale della Provincia di Brescia, come esem- pio dei processi di valorizzazione relativi a beni patrimoniali di larga scala, per evidenziarne punti di forza e criticità.
Su proposta della locale Soprintendenza, tale complesso è stato oggetto di una tesi presso la Scuola di specializzazione in Beni architettonici e del paesag- gio del Politecnico di Milano1. Il lavoro è stato orientato a definire strategie di valorizzazione e riuso, attraverso un processo di conoscenza storica delle rela- zioni territoriali e delle condizioni prestazionali e l’elaborazione di soluzioni progettuali. Inoltre, tenuto conto che il bene presenta caratteri potenzialmente compatibili con l’inserimento nella World heritage list (eccezionalità, integrità e autenticità, sistema di tutela e gestione), ampio spazio è stato dedicato alla valutazione di fattibilità e all’elaborazione della documentazione propedeutica a un’eventuale candidatura, seguendo le linee guida Unesco (World Heritage Centre, 2012).
Il complesso della Rocca d’Anfo, edificato sul pendio orientale del Monte Censo e in affaccio sul Lago d’Idro, comprende numerosi edifici con funzione difensiva, risalenti a diverse fasi costruttive e storiche, a partire dal XIV sino al XX secolo. La fortificazione assunse funzioni di presidio del territorio, a difesa del confine con il Tirolo, da parte della Serenissima Repubblica di Venezia che esercitò le sue funzioni sino al suo lento e progressivo declino alla fine del XVIII secolo.
Durante il successivo periodo napoleonico, la Rocca fu ampliata con un nuovo impianto a conformazione piramidale. Tutte le postazioni, percorse da collegamenti sotterranei, mostrano le capacità tecniche degli ingegneri del Ge-
∗
Carolina Tenti, specialista in Beni architettonici e del paesaggio, cultore della materia in Tec- nologia dell’Architettura, Politecnico di Milano.
1
Tesi dal titolo “Conoscenza e valorizzazione della Rocca d’Anfo per una proposta di candida- tura come sito Unesco”, S. Delledonne, M.A. De Vivo, E. Rossi, C. Tenti, relatore P.M. Farina (Politecnico di Milano), correlatrice C. Robbiati (funzionario della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le Province di Brescia, Cremona e Mantova), dicembre 2014.
nio militare francese2. L’occupazione da parte di truppe austriache e, in seguito, le trasformazioni avvenute nel periodo sabaudo, hanno portato a un progressivo abbandono del sito fino a giungere alla completa dismissione durante gli anni ‘70 del XX secolo.
Per apprezzare e meglio comprendere il significato che assume tale bene, caratterizzato dalla presenza di 28 edifici e occupante una superficie di 50 etta- ri, è necessario inserirlo all’interno di un sistema più ampio di reti, processi e relazioni a carattere locale, nazionale e internazionale. Sono stati individuati tre possibili sistemi all’interno dei quali il sito della Rocca d’Anfo può essere com- preso.
Relativamente al contesto locale, il complesso della Rocca d’Anfo si inseri- sce nel territorio della Valle Sabbia, che comprende diverse fortificazioni ap- partenenti a differenti epoche storiche. Gli enti locali, in questi ultimi anni, hanno proposto la creazione del sistema “La Valle delle Rocche” con l’obietti- vo di promuovere il contesto locale, con la qualificazione e il rafforzamento dell’offerta turistica e ricettiva già presente sul territorio. Il sistema comprende l’insieme dei programmi e servizi riguardanti i beni culturali e ambientali diffu- si sul territorio, riguardanti lo sviluppo turistico e i prodotti locali che trovano nella valle alcune eccellenze. Questo sistema andrebbe ad affiancarsi ai già esi- stenti sistemi turistici presenti nel bresciano e in Lombardia.
Il secondo sistema di riferimento riguarda l’ambito transfrontaliero e in par- ticolare il tema delle fortificazioni di confine. Appartengono a questa categoria i complessi architettonici militari costruiti in Italia per la difesa dei territori di appartenenza, tema che non ha ancora trovato adeguato spazio di approfondi- mento e può certamente essere considerato per la selezione di siti analoghi alla Rocca.
Infine, vi è un livello diffuso sul territorio italiano, che può identificare la Rocca tra le architetture fortificate di Napoleone, cioè tra quelle che furono og- getto di significative trasformazioni da parte degli ingegneri francesi. La Rocca ha visto proprio in tale periodo la fase costruttiva più significativa, tutt’oggi ri- conoscibile e apprezzabile. Gli interventi di Napoleone nelle città italiane, mi- rati a un potenziamento o a un ridisegno delle fortificazioni esistenti ai fini del- la guerra di movimento, vennero progettati attraverso un attento studio e rappre- sentazione del contesto ospitante. Proprio per questo sono stati selezionati quegli interventi che, analogamente alla Rocca d’Anfo, si caratterizzano per essere sim- boli dell’adattamento delle tecniche costruttive ai diversi territori.
Il sistema delle fortificazioni napoleoniche nel territorio nazionale è stato quindi assunto come ambito più ampio per la proposta di candidatura Unesco, come sito seriale, in analogia con altri siti di carattere militare già iscritti all’in- terno nella Lista del patrimonio mondiale, in Italia e nel mondo.
2
I plastici della Rocca sono custoditi a Parigi presso il Musée des Plans-Reliefs, Hotel National des Invalides.
3.2 V
ERSO UN PROCESSO DI VALORIZZAZIONE:
IL CASO DELLA
R
OCCA D’A
NFOCarolina Tenti∗
Caratteri e potenzialità
Il presente contributo intende trattare il caso del complesso della Rocca d’Anfo, sistema fortificato sito nella parte orientale della Provincia di Brescia, come esem- pio dei processi di valorizzazione relativi a beni patrimoniali di larga scala, per evidenziarne punti di forza e criticità.
Su proposta della locale Soprintendenza, tale complesso è stato oggetto di una tesi presso la Scuola di specializzazione in Beni architettonici e del paesag- gio del Politecnico di Milano1. Il lavoro è stato orientato a definire strategie di valorizzazione e riuso, attraverso un processo di conoscenza storica delle rela- zioni territoriali e delle condizioni prestazionali e l’elaborazione di soluzioni progettuali. Inoltre, tenuto conto che il bene presenta caratteri potenzialmente compatibili con l’inserimento nella World heritage list (eccezionalità, integrità e autenticità, sistema di tutela e gestione), ampio spazio è stato dedicato alla valutazione di fattibilità e all’elaborazione della documentazione propedeutica a un’eventuale candidatura, seguendo le linee guida Unesco (World Heritage Centre, 2012).
Il complesso della Rocca d’Anfo, edificato sul pendio orientale del Monte Censo e in affaccio sul Lago d’Idro, comprende numerosi edifici con funzione difensiva, risalenti a diverse fasi costruttive e storiche, a partire dal XIV sino al XX secolo. La fortificazione assunse funzioni di presidio del territorio, a difesa del confine con il Tirolo, da parte della Serenissima Repubblica di Venezia che esercitò le sue funzioni sino al suo lento e progressivo declino alla fine del XVIII secolo.
Durante il successivo periodo napoleonico, la Rocca fu ampliata con un nuovo impianto a conformazione piramidale. Tutte le postazioni, percorse da collegamenti sotterranei, mostrano le capacità tecniche degli ingegneri del Ge-
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Carolina Tenti, specialista in Beni architettonici e del paesaggio, cultore della materia in Tec- nologia dell’Architettura, Politecnico di Milano.
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Tesi dal titolo “Conoscenza e valorizzazione della Rocca d’Anfo per una proposta di candida- tura come sito Unesco”, S. Delledonne, M.A. De Vivo, E. Rossi, C. Tenti, relatore P.M. Farina (Politecnico di Milano), correlatrice C. Robbiati (funzionario della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le Province di Brescia, Cremona e Mantova), dicembre 2014.
nio militare francese2. L’occupazione da parte di truppe austriache e, in seguito, le trasformazioni avvenute nel periodo sabaudo, hanno portato a un progressivo abbandono del sito fino a giungere alla completa dismissione durante gli anni ‘70 del XX secolo.
Per apprezzare e meglio comprendere il significato che assume tale bene, caratterizzato dalla presenza di 28 edifici e occupante una superficie di 50 etta- ri, è necessario inserirlo all’interno di un sistema più ampio di reti, processi e relazioni a carattere locale, nazionale e internazionale. Sono stati individuati tre possibili sistemi all’interno dei quali il sito della Rocca d’Anfo può essere com- preso.
Relativamente al contesto locale, il complesso della Rocca d’Anfo si inseri- sce nel territorio della Valle Sabbia, che comprende diverse fortificazioni ap- partenenti a differenti epoche storiche. Gli enti locali, in questi ultimi anni, hanno proposto la creazione del sistema “La Valle delle Rocche” con l’obietti- vo di promuovere il contesto locale, con la qualificazione e il rafforzamento dell’offerta turistica e ricettiva già presente sul territorio. Il sistema comprende l’insieme dei programmi e servizi riguardanti i beni culturali e ambientali diffu- si sul territorio, riguardanti lo sviluppo turistico e i prodotti locali che trovano nella valle alcune eccellenze. Questo sistema andrebbe ad affiancarsi ai già esi- stenti sistemi turistici presenti nel bresciano e in Lombardia.
Il secondo sistema di riferimento riguarda l’ambito transfrontaliero e in par- ticolare il tema delle fortificazioni di confine. Appartengono a questa categoria i complessi architettonici militari costruiti in Italia per la difesa dei territori di appartenenza, tema che non ha ancora trovato adeguato spazio di approfondi- mento e può certamente essere considerato per la selezione di siti analoghi alla Rocca.
Infine, vi è un livello diffuso sul territorio italiano, che può identificare la Rocca tra le architetture fortificate di Napoleone, cioè tra quelle che furono og- getto di significative trasformazioni da parte degli ingegneri francesi. La Rocca ha visto proprio in tale periodo la fase costruttiva più significativa, tutt’oggi ri- conoscibile e apprezzabile. Gli interventi di Napoleone nelle città italiane, mi- rati a un potenziamento o a un ridisegno delle fortificazioni esistenti ai fini del- la guerra di movimento, vennero progettati attraverso un attento studio e rappre- sentazione del contesto ospitante. Proprio per questo sono stati selezionati quegli interventi che, analogamente alla Rocca d’Anfo, si caratterizzano per essere sim- boli dell’adattamento delle tecniche costruttive ai diversi territori.
Il sistema delle fortificazioni napoleoniche nel territorio nazionale è stato quindi assunto come ambito più ampio per la proposta di candidatura Unesco, come sito seriale, in analogia con altri siti di carattere militare già iscritti all’in- terno nella Lista del patrimonio mondiale, in Italia e nel mondo.
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I plastici della Rocca sono custoditi a Parigi presso il Musée des Plans-Reliefs, Hotel National des Invalides.
Il processo di valorizzazione in atto
La Rocca, attualmente proprietà del Demanio civile, è sottoposta a vincolo se- condo l’articolo 1 della legge n. 1089 del 1/6/1939, a partire dal 1979. La stessa però, a seguito della dismissione, versa tutt’oggi in stato di abbandono, nono- stante si siano susseguiti interventi di recupero funzionale e conservazione e momenti di apertura al pubblico con visite guidate. Il tutto, sotto la direzione degli enti locali e, recentemente, anche della Regione Lombardia. Trattasi tut- tavia di riapertura parziale e limitata a brevi periodi in quanto la natura franosa del versante orientale del Monte Censo, di cui abbiamo notizia già dai docu- menti storici, non facilita i tentativi di rendere accessibile il sito.
A scala territoriale, si segnalano le iniziative che in questi anni hanno per- seguito l’obiettivo di sviluppo della Valle Sabbia e tutte riconoscono nella Roc- ca d’Anfo il nodo focale e il fiore all’occhiello della zona. In primo luogo per- ché la sua valenza architettonica e la sua imponenza hanno profonde radici nel- la memoria delle genti e hanno caratterizzato un periodo storico di lunga durata. In secondo luogo, perché lo stato di conservazione dei diversi corpi di fabbrica e dei percorsi interni, seppur precario, permette a tutt’oggi di cogliere il disegno delle sue parti.
Gli enti locali hanno individuato alcune aree a grande sensibilità paesaggisti- ca, ambientale e culturale, attraverso la pianificazione di comprensorio. L’obiet- tivo è promuovere tali aree dal punto di vista turistico e ricettivo, attraverso a- zioni strategiche di messa in rete dei beni e delle emergenze; il tutto con il coinvolgimento delle popolazioni residenti e promuovendo un sistema di acco- glienza diffusa, volto a incentivare su base provinciale il turismo rurale dell’en- troterra.
L’avvio di questo processo di valorizzazione, che ha coinvolto enti istitu- zionali quali il Demanio civile, la Soprintendenza locale e Regione Lombardia, gli enti locali e soggetti della ricerca, quali la Scuola di specializzazione del Po- litecnico di Milano, ha perseguito da sempre l’obiettivo di individuare progetti e strategie per il recupero e la valorizzazione dell’intero complesso.
In questo filone, s’inserisce il lavoro presentato, che ha affrontato il caso di studio nel suo insieme, lavorando alle diverse scale, dal progetto di conserva- zione del singolo edificio sino alla messa in rete a livello nazionale del com- plesso, permettendo di restituire un quadro aggiornato relativamente alle sue potenzialità e criticità (Convenzione europea del paesaggio, 2000). Se da un lato, infatti, emerge la presenza, diffusa e capillare, di risorse naturali e beni culturali, già in parte valorizzati con i flussi turistici e nell’affermazione da par- te delle popolazioni locali di valori sociali e identitari molto forti, per contro, la crisi economica di questo decennio ha portato a un progressivo spopolamento verso i maggiori centri urbani, confermando la perifericità di tale area. Per af- frontare queste sfide, quindi, si rende necessaria una visione di insieme che consideri la valle come un unicum in stretta relazione con gli ambiti confinanti,
quali la città di Brescia, le valli contermini (la Valle Trompia, Alto Garda e Valle Camonica), il Lago di Garda e il Trentino.
La proposta progettuale ha approfondito, tra le varie letture affrontate, i te- mi primari e imprescindibili per la riapertura del complesso al pubblico: acces- sibilità, sicurezza e riuso.
Il tema dell’accessibilità (Mibac, 2008) è stato affrontato analizzando i li- velli paralleli di accessibilità virtuale e fisica. Il primo livello, costituito dai siti internet e dalle risorse web, supplisce all’attuale mancanza di accessibilità fisi- ca al bene e permette un primo approccio di conoscenza, seppur limitata. Il se- condo livello ha analizzato il sistema di distribuzione interna al complesso per verificarne i requisiti di accessibilità e sicurezza. Gli spazi, interni ed esterni, situati a diverse quote e scavati nel sottosuolo, sono luoghi nati con caratteri, funzioni e scopi prettamente difensivi e non presentano a oggi le condizioni e i requisiti necessari per consentirne l’accessibilità totale. Attraverso una serie di grafici e tabelle è stato possibile classificare e caratterizzare dal punto di vista dimensionale e materico ogni percorso, individuarne pendenza e sviluppo, li- vello di percorribilità e accessibilità, edifici a esso collegati, esistenza di aree parcheggi o aree di sosta per belvedere, ai fini di valutarne potenzialità e critici- tà. Gli esiti hanno orientato le scelte progettuali di manutenzione, messa in si- curezza e recupero del sistema dei percorsi e delle scalinate. Inoltre il tema è diventato esso stesso strumento per esplorare il paesaggio circostante, attraver- so la valorizzazione, lungo i percorsi, di punti di sosta privilegiati e aree belve- dere. Infine un sistema di risalita meccanizzato con teleferica, un tempo già esi- stente, è stato riproposto e riprogettato per assicurare a tutti i gruppi di utenti l’accessibilità alla parte alta del complesso, nel rispetto dei principi del Design for all. Tale proposta nasce anche dalla volontà di non privilegiare l’uso del tra- sporto su gomma per la risalita alla Rocca, limitando così, all’ingresso su stra- da, gli spazi destinati a parcheggio.
Il tema della sicurezza è legato in maniera particolare alle condizioni dei versanti del Monte Censo e alle condizioni dei diversi edifici. I versanti e i fronti rocciosi sono caratterizzati da episodi ricorrenti di frane e smottamenti, che hanno determinato anche la chiusura totale del complesso. Gli enti compe- tenti hanno affrontato l’emergenza con interventi di messa in sicurezza, accom- pagnati da analisi geologiche per i consolidamenti. La proposta progettuale ha previsto, quindi, alcuni interventi di consolidamento e una serie di operazioni di manutenzione ordinaria del versante (controllo della crescita degli apparati ve- getazionali, dell’erosione e del deflusso superficiale, della raccolta delle acque, dei muricci e delle massicciate contenenti i percorsi di risalita). Gli edifici sono stati quindi classificati, sulla base dei rilievi effettuati e degli interventi di con- servazione già realizzati, in tre categorie: edifici in buono stato di conservazio- ne, in discreto stato di conservazione e in stato di rudere. Nella prima categoria rientrano gli edifici che presentano strutture portanti in opera e funzionanti, che hanno già subito interventi di consolidamento e recupero. Seguono nella secon-
Il processo di valorizzazione in atto
La Rocca, attualmente proprietà del Demanio civile, è sottoposta a vincolo se- condo l’articolo 1 della legge n. 1089 del 1/6/1939, a partire dal 1979. La stessa però, a seguito della dismissione, versa tutt’oggi in stato di abbandono, nono- stante si siano susseguiti interventi di recupero funzionale e conservazione e momenti di apertura al pubblico con visite guidate. Il tutto, sotto la direzione degli enti locali e, recentemente, anche della Regione Lombardia. Trattasi tut- tavia di riapertura parziale e limitata a brevi periodi in quanto la natura franosa del versante orientale del Monte Censo, di cui abbiamo notizia già dai docu- menti storici, non facilita i tentativi di rendere accessibile il sito.
A scala territoriale, si segnalano le iniziative che in questi anni hanno per- seguito l’obiettivo di sviluppo della Valle Sabbia e tutte riconoscono nella Roc- ca d’Anfo il nodo focale e il fiore all’occhiello della zona. In primo luogo per- ché la sua valenza architettonica e la sua imponenza hanno profonde radici nel- la memoria delle genti e hanno caratterizzato un periodo storico di lunga durata. In secondo luogo, perché lo stato di conservazione dei diversi corpi di fabbrica e dei percorsi interni, seppur precario, permette a tutt’oggi di cogliere il disegno delle sue parti.
Gli enti locali hanno individuato alcune aree a grande sensibilità paesaggisti- ca, ambientale e culturale, attraverso la pianificazione di comprensorio. L’obiet- tivo è promuovere tali aree dal punto di vista turistico e ricettivo, attraverso a- zioni strategiche di messa in rete dei beni e delle emergenze; il tutto con il coinvolgimento delle popolazioni residenti e promuovendo un sistema di acco- glienza diffusa, volto a incentivare su base provinciale il turismo rurale dell’en- troterra.
L’avvio di questo processo di valorizzazione, che ha coinvolto enti istitu- zionali quali il Demanio civile, la Soprintendenza locale e Regione Lombardia, gli enti locali e soggetti della ricerca, quali la Scuola di specializzazione del Po- litecnico di Milano, ha perseguito da sempre l’obiettivo di individuare progetti e strategie per il recupero e la valorizzazione dell’intero complesso.
In questo filone, s’inserisce il lavoro presentato, che ha affrontato il caso di studio nel suo insieme, lavorando alle diverse scale, dal progetto di conserva- zione del singolo edificio sino alla messa in rete a livello nazionale del com- plesso, permettendo di restituire un quadro aggiornato relativamente alle sue potenzialità e criticità (Convenzione europea del paesaggio, 2000). Se da un lato, infatti, emerge la presenza, diffusa e capillare, di risorse naturali e beni culturali, già in parte valorizzati con i flussi turistici e nell’affermazione da par- te delle popolazioni locali di valori sociali e identitari molto forti, per contro, la crisi economica di questo decennio ha portato a un progressivo spopolamento verso i maggiori centri urbani, confermando la perifericità di tale area. Per af- frontare queste sfide, quindi, si rende necessaria una visione di insieme che consideri la valle come un unicum in stretta relazione con gli ambiti confinanti,
quali la città di Brescia, le valli contermini (la Valle Trompia, Alto Garda e Valle Camonica), il Lago di Garda e il Trentino.
La proposta progettuale ha approfondito, tra le varie letture affrontate, i te- mi primari e imprescindibili per la riapertura del complesso al pubblico: acces- sibilità, sicurezza e riuso.
Il tema dell’accessibilità (Mibac, 2008) è stato affrontato analizzando i li- velli paralleli di accessibilità virtuale e fisica. Il primo livello, costituito dai siti internet e dalle risorse web, supplisce all’attuale mancanza di accessibilità fisi- ca al bene e permette un primo approccio di conoscenza, seppur limitata. Il se- condo livello ha analizzato il sistema di distribuzione interna al complesso per verificarne i requisiti di accessibilità e sicurezza. Gli spazi, interni ed esterni, situati a diverse quote e scavati nel sottosuolo, sono luoghi nati con caratteri, funzioni e scopi prettamente difensivi e non presentano a oggi le condizioni e i requisiti necessari per consentirne l’accessibilità totale. Attraverso una serie di grafici e tabelle è stato possibile classificare e caratterizzare dal punto di vista dimensionale e materico ogni percorso, individuarne pendenza e sviluppo, li-