4.Regno Unito. 174
4.2. Catnic: Purposive Construction
Nel 1977 il Regno Unito conformò la propria legislazione brevettuale alla c.b.e.178. La tradizionale impostazione inglese, precedente all’intervento legislativo del 1977, era chiaramente incompatibile con il Protocollo Interpretativo dell’art. 69 della c.b.e., che espressamente negava (e nega tuttora) che l’articolo potesse essere “inteso nel senso che la portata della protezione
conferita dal brevetto europeo è determinata dal senso stretto e
176 WESTON R.D., Jr., Op. cit., pp.49-50; RALSTON W.T., Op. cit., p.186.
177 WESTON R.D., Jr., Op. cit., p.51.
letterale del testo delle rivendicazioni”. Nonostante ciò, la mancanza
di chiare indicazioni permise alla giurisprudenza inglese di elaborare propri criteri per cercare di realizzare l’equo contemperamento di interessi di cui parla il Protocollo.
Bisogna chiarire che la giurisprudenza inglese, anche dopo l’entrata in vigore del Protocollo interpretativo dell’art. 69 (nella versione ancora priva dell’art. 2 dedicato agli equivalenti, entrato in vigore solo nel 2007, benché la revisione sia del 2000), non ritenne che il bilanciamento fra equa protezione del brevettante e ragionevole sicurezza giuridica dei terzi, imponesse di ricorrere ad uno strumento quale la dottrina degli equivalenti, come invece fu ritenuto in altri paesi (Germania ed Italia)179.
È stato affermato in maniera chiara dalla giurisprudenza, che la dottrina degli equivalenti non trova spazio nel sistema brevettuale inglese. Nell’ottica inglese, infatti, non sarebbe necessario definire l’ambito di protezione attenendosi al significato letterale delle rivendicazioni, per poi ampliarlo artificiosamente al di là del loro
179 HASSAN S., Op. cit., par. 8, secondo cui: “Qualche giudice aveva affermato a chiare lettere che “non esiste una generale dottrina degli equivalenti”. Qualunque studente di legislazione brevettuale sa che vari sistemi legali ammettono questo concetto, ma nessuno di essi concorda su che cosa sia o debba essere. Questa non è la sede per riportare la miriade di versioni di tale dottrina. Da parte mia non ritengo che l’art. 69 ammetta un tale concetto. Citando Corte di appello per l’Inghilterra e il Galles, 1.4.2004, (2004) EWCA Civ 381, Technip/Rockwater.
contenuto, facendo ricorso alla dottrina degli equivalenti (come invece è stato fatto in Germania).
La questione potrebbe essere risolta più semplicemente con un’unica operazione, ossia interpretando le rivendicazioni senza attribuire ad esse il loro solo significato strettamente letterale, ma leggendole sulla base “di che cosa l’esperto avrebbe capito che il
titolare intendesse”180.
In quest’ottica, la purposive construction:
può condurre alla conclusione che una differenza tecnicamente banale o secondaria, tra un elemento di una rivendicazione e un corrispondente elemento di una lamentata contraffazione, ricade ciononostante nel significato dell’elemento, se esso viene letto in modo corrispondente allo scopo. Ciò non perché ci sia una dottrina degli equivalenti, ma perché è il modo equo di leggere la rivendicazione nel suo contesto.181
180 U.K. House of Lords, Kirin-Amgen Inc. v. Transkaryotic Therapies, Inc., UKHL, 2004.
181 Corte di appello per l’Inghilterra e il Galles, 22 giugno 2010, (2010) EWCA Civ 702, Occlutech/AGA.
Il criterio della purposive construction, oggi seguito nel Regno Unito, fu delineato nella decisione Catnic Components Ltd. V Hill &
Smith Ltd182 (1982).
La formula “purposive construction” può essere resa, con traduzione libera, con la formula “interpretazione corrispondente
allo scopo”. La purposive construction, infatti, richiede all’interprete di leggere le rivendicazioni nel loro contesto (in maniera non dissimile a quanto visto per l’interpretazione delle rivendicazioni in Germania).
Il concetto di fondo è che, per determinare se un trovato che presenta una o più difformità rispetto all’invenzione brevettata, rientri comunque nell’ambito di protezione del brevetto, bisognerà domandarsi se l’esperto del ramo potesse attribuire alle rivendicazioni redatte dal brevettante, interpretate nel loro contesto, l’intenzione di limitare la protezione al significato strettamente letterale dei termini, escludendo così, dall’ambito di protezione,
182 U.K. House of Lords, Catnic Components Ltd. V. Hill & Smith Ltd., R.P.C. 183 (1982). La originale formulazione della purposive construction espressa in Catnic (187) affermava che:“A patent specification should be given a purposive construction rather than a purely literal one derived from applying to it the kind of meticulous verbal analysis in which lawyers are too often tempted by their training to indulge. The question in each case is: whether persons with practical knowledge and experience of the kind of work in which the invention was intended to be used, would understand that strict compliance with a particular descriptive word or phrase appearing in a claim was intended by the patentee to be an essential requirement of the invention so that any variant would fall outside the monopoly claimed, even though it could have no material effect upon the way the invention worked.”
anche variazioni ovvie del trovato brevettato e non incidenti sul modo di operare dell’invenzione.
Nel caso Catnic, la controversia riguardava il significato da attribuirsi ad una rivendicazione, riguardante una “trave per edilizia
avente una determinata piastra in posizione verticale”183. Il prodotto in contestazione, era una trave del tutto simile, anche nell’efficacia, con la sola differenza di avere la piastra leggermente inclinata. L’esito del giudizio fu per la sussistenza della contraffazione. La Corte motivò che l’esperto del ramo, ossia l’esperto in edilizia, non avrebbe ristretto il significato della rivendicazione alla sola ipotesi di perfetta verticalità, consapevole che pochi gradi di inclinazione della piastra non avrebbero inciso sulla sua efficacia184.
Dalla decisione Catnic risulta che sia che si sostenga che l’ambito di protezione debba estendersi anche alle soluzioni diverse, ma equivalenti a quelle rivendicate (come accade in Germania) , sia che si sostenga che siano le rivendicazioni a dover esser lette secondo il significato che l’esperto le avrebbe attribuito (come accade nel Regno Unito), l’idea comune è che alla stretta lettera delle
183 HASSAN S., Op. cit., par.8.
184 “Per un costruttore che leggesse quella rivendicazione sarebbe “ovvio che il titolare non intendeva che l’esatta verticalità nel posizionamento della piastra posteriore costituisse una caratteristica essenziale dell’invenzione rivendicata”” Così HASSAN S., Op. cit., par.7., citando U.K. House of Lords, Catnic Components Ltd. V. Hill & Smith Ltd., R.P.C. 183 (1982).
rivendicazioni non ci si può fermare, pena il disconoscimento di una tutela adeguata per gli inventori.