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CATTOLICESIMO E QUESTIONE SOCIALE

J. M. Palacio, O. P. — Concetto cristiano della proprietà, a cura e con un’in­ troduzione di A. Fanfani. Soc. Ed. « Vita e pensiero », Milano, 1937. Un voi. di pp. X X V II-276, L. 25.

Agli occhi del lettore d'oggi, l'opera di P. Josè Maria Palacio ha un merito sin­ golare : che è quello di riuscire a dimostrare, con l'apologià assai meglio che con la polemica, l ’antitesi profonda tra il cattolicesimo ed il pensiero e la vita politici moderni.

I versi di Dante (Par., V , 76 segg.):

« Avete il novo e '1 vecchio Testamento, e '1 pastor de la Chiesa che vi guida: questo vi basti a vostro salvamento »

potrebbero essere assunti come motto dell'opera. La quale invero si svolge tra le parole della divina rivelazione e le encicliche pontificie di Leone X III e Pio XI, rac­ cogliendo a modo di antologia brani di autori cattolici relativi alla proprietà, consi­ derata particolarmente nei suoi riflessi economici e politici. Il suo orizzonte spirituale riesce di necessità costretto nei rigidi confini del dogma : ed entro di essi è ingenuità ricercare le tracce di parecchi secoli di esperienze politiche e di pensiero. Attraverso le pagine raccolte dal compilatore con rigore di scelta, un medioevo postumo si trascina implacabilmente dal '200 ai giorni nostri. L’umanesimo e il rinascimento sono rappresentati da una numerosa schiera di teologi e giuristi spagnoli, Domingo de Soto, Covarrubias, Bartolomé de Medina, Domingo Bànez, Pedro de Ledesma, Luis Molina, e via enumerando — dei quali il compilatore a ragione rammenta ta­ lora al lettore, a dir vero un poco incerto e confuso, l'immortalità dei nomi e del- l’open (cfr. pp. 56-91). I secoli che seguono, « funestissimi per la cultura », sono pressoché ignorati; e ci si limita a riconoscere che la storia ha « fatto un passo in­ dietro », e che bisogna ricondurla sulla retta via, ritornando al pensiero della scola­ stica (cfr. pp. 93-94). Alla quale in realtà si ritorna da taluni nella rassegnata malinconia delle reazioni politiche e della decadenza culturale; anche allora igno­ rando tutto ciò che il pensiero moderno ha nel frattempo creato — « con grande di­ sdoro della verità e della pietà » (p. 93). Il liberalismo è giudicato ateo e materia- lista — « nel liberalismo ancor oggi dominante ebbe sopravvento l'elemento eco­ nomico, l'oro, idolo al quale tutto si sacrifica» (p. 206); del liberismo economico si osserva che « l ’ammetterlo significa disconoscere che ciascun uomo ha diritto ad avere garantita la sua parte di beni » (p. X II) : di fronte ai quali giudizi, che si son scelti tra molti altri solo a modo d’esempio, il lettore benevolo alla facile critica preferisce il sospetto consolante di non essere riuscito a comprendere. Ma anche nell'àmbito del pensiero cattolico, rappresentato nell’antologia del Palacio, riesce

CATTOLICESIMO E QUESTIONE SOCIALE 79 diffìcile cogliere diversità di fisionomie spirituali e di esperienze. Gli echi liberali che si ripercuotono senza convinzione nella parola d’un padre Lacordaire tendono a confondersi con le sanguinarie visioni apocalittiche d’un Aparisi y Guijarro; per modo che i caratteri e gli interessi personali, come le tendenze dei tempi finiscono per disindividuarsi e sfumare in una estenuante ripetizione dei medesimi concetti e atteg­ giamenti politici. I limiti del pensiero scolastico si impongono rigorosamente; ed entro di essi la raccolta di testi fornita dal Palacio, nonostante la varietà di secoli e di uomini in essa rappresentati, si può considerare come un'opera affatto unitaria, la quale si proponga di dichiarare, sul fondamento del « concetto cristiano della pro­ prietà » l'interpretazione ufficiale cattolica della cosiddetta questione sociale.

Appena si ode, all'inizio, la parola di Gesù, riecheggiata dagli apostoli c dai santi padri : che è parola di serena, ma rigorosa rinunzia delle ricchezze terrene. Per essa, in realtà, non è ancora sorta una questione sociale, e la comunione dei beni o la privata proprietà riescono indifferenti : poiché il regno di Dio non è di questa terra (cfr. pp. 15-50). Ma presto quest’ansia religiosa si inaridisce; e al suo luogo sorgono i sottili ragionamenti della morale legale. Al giovine che avendo sempre osservato i comandamenti d'iddio domandava che cosa ancora gli mancasse per ot­ tenere la vita eterna, Gesù aveva risposto : — Una cosa ti manca : va’, vendi ciò che hai e dallo ai poveri, ed avrai un tesoro nel cielo; e vieni e seguimi (cfr. p. 16). Ma Leone X III, codificando il pensiero cattolico da San Tomaso a lui, avrebbe meglio precisato che « niuno al certo è tenuto a sovvenire gli altri di quello che è necessario a sè e ai suoi; anzi neppure di quello che è necessario alia convenienza e al decoro del proprio stato ; perché niuno deve vivere in modo non conveniente »

(cfr. pp. 267, 54). Con ciò, la proprietà privata era, senz'altro, riconosciuta e difesa; c ad essa collegato l’obbligo della beneficenza nei limiti del superfluo: dottrina della proprietà individuale e dell’uso sociale della ricchezza. Già si profila la soluzione della questione sociale. Le pagine raccolte dal Palacio s’incentrano, precisamente, intorno a questo argomento, svolgendone gli aspetti giuridici economici politici. Una costante polemica contro il comunismo nelle sue successive forme storiche le per­ corre da capo a fondo, volgendosi da ultimo contro il bolscevismo russo (cfr. pp. XV- XX) : del quale si indicano giustamente i disgraziati risultati economici in una serie di fatti statisticamente accertati (cattiva gestione economica, tenor di vita bassissimo, carestie, ecc.), senza per altro segnalare e forse intendere le forze che, nel tempo di quella, come di altre rivoluzioni, fanno sopportare quei fatti. Contro gli orrori boi- scevichi la chiesa cattolica conosce il rimedio. « Nel mondo ci son sempre stati rie chi e poveri; quelli sono.... principalmente obbligati.... alla carità verso questi; questi sono principalmente obbligati ad una santa rassegnazione » (p. 142). In tal modo, la questione sociale sorge, finalmente, come questione di ripartizióne dell’eL- mosina e della relativa gratitudine, e si conclude nel patriarcale ottimismo dell’amore universale. Sotto travestimento evangelico si ripresentano le superstizioni e gli idilli del socialismo volgare. La convinzione dell’esistenza ab aeterno e della « necessità assoluta » delle classi chiuse dei ricchi e dei poveri (cfr. pp. 124-5, 142 e passim)

e di conseguenza la concezione della storia come sopraffazione dei ricchi e rivolta dei poveri (cfr. pp. 113, 115, 149, e passim) costituiscono le comuni premesse teo­ riche: dalle quali sono dedotti comuni corollari di politica pratica. Al pari del

so-cialismo democratico, la politica cattolica si volge alla plebe con le lusinghe della beneficenza pubblica e la promessa d’un paradiso nel cielo; in cambio ne compra l’aiuto contro l’aristocrazia del pensiero e del lavoro, confondendo insieme differenze di aspirazioni e di stile. La decorosa pazienza della povertà, il disdegno intransi­ gente deH’elcmosina, l’arida ambizione di sollevarsi e arricchire, sovrattutto la pas­ sione rigorosa e implacabile della libertà spirituale, le quali costituiscono l'aspra realtà della moderna vita civile, sono apertamente rinnegate. In questa vece, la so­ cietà ideale del cattolicesimo si presenta come un limbo pacifico, in cui la gerarchia dei ricchi e dei poveri, predisposta da Dio, vien raddolcita da un arcadico accordo di carità e rassegnazione. In un mondo siffatto, l'economia viene ricondotta alla sua logica medievale. Ritornano gli idoli del giusto prezzo, del giusto salario, del giusto profitto, i quali essa ha il compito di mettere in atto nella pratica industriale e commerciale (cfr. ad es. p. 227). Il dogma e la disciplina morale s’introducono ancora nel campo economico, per governare e dirigere le operazioni di produzione e di scambio, attraverso una gerarchia di fini subordinati, al fine supremo (cfr. p. 269). Non si riesce a scorgere la dignità morale immanente nell’atto economico; e la rude disciplina del lavoro che, nella fabbrica moderna, educa gli uomini nuovi al decoro d’una vita operosa c al privilegio del rispetto di sè, viene posposta e sottomessa alla mortificazione della povertà cristiana. « Quali inaudite attrattive ha agli occhi del cristiano la povertà» (p. 109)! e nella povertà bisognosa di elemosina si insegnano le facili astuzie dell’adulazione e del servilismo. Le esigenze di siffatta economia, nella superstizione del giusto mezzo, rinviano per necessità allo stato, il quale, nel campo economico, come più generalmente nel campo sociale, « ha la missione di inibire ed armonizzare la libertà in guisa ch'essa riesca socialmente costruttiva e proficua» (p. 231; cfr. anche p. XX III). Lo stato non viene ancora concepito come creazione autonoma e responsabile dell’uomo; alla mentalità cattolica esso appare come angelo guardiano o santo protettore, il quale discenda dal cielo al fine di sovrintendere paternamente a un’equa distribuzione della ricchezza per ognuno dei suoi cittadini. La politica economica dello stato si esaurisce nelle formule di inter­ venzionismo e protezionismo doganale. Senonché anche lo stato, a sua volta, deve infine venir sottomesso all’autorità suprema e definitiva della chiesa cattolica. Il dogma è, per sua natura, intollerante : e una politica che si sia mossa entro i confini del dogma è condannata a rimanervi imprigionata per sempre. Sullo stato e contro lo stato la chiesa rivendica la suà potestà, anche nel campo economico e sociale. « Il deposito della verità a noi commesso da Dio e il dovere gravissimo impostoci di di­ vulgare e d’interpretare tutta la legge morale ed anche di esigerne opportunamente ed importunamente l’osservanza, sottopongono ed assoggettano al supremo Nostro giudizio tanto l’ordine sociale, quanto l’economico » (p. 269). Cosi la chiesa cat­ tolica riconferma le sue aspirazioni teocratiche. Delle quali tutta l’opera del Palacio è una limpida testimonianza.

Aldo Mautino.

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R E C E N S I O N I

Giu s e p p e Santonastaso— L'econom ia sociale d i Sismondi. Giuffrè ed-, M ilano, 1936. Un voi. di pp. 70. L. 6.

Non si può affermare clic G. Santonastaso sia riuscito appieno nell’intento di tracciare il profilo del Sismondi economista e politico.

Invero il pensiero economico del Sismondi non risulta limpidamente illuminato c defi­ nito. La sua posizione di fronte all'economia classica non pare individuata con precisione; e di conseguenza cosi le critiche mosse contro di essa, come le nuove quistioni poste e risolte fuori di essa restano prive di esatta determinazione. Soprattutto non si riesce ad intendere c valu­ tare il carattere specifico e il significato dell’eresia sismondiana, né il suo conflitto con « l'or­ todossia », né i rapporti con le eresie che verranno dipoi.

Non altrettanto si può dire del pensiero politico del Sismondi, il quale invece si delinca assai chiaramente. Le sue « linee maestre » e i motivi principali sono raccolti c presentati intorno al concetto di élite politica, in cui anche si precisa l'atteggiamento pratico di « con­ servatorismo progressivo ». A dir vero, Velile politica non è concepita dal Sismondi come forza autonoma che liberamente si sviluppa dal popolo: essa è essenzialmente una classe aristocra­ tica, la quale ha il dovere di provvedere alle riforme sociali e al benessere dei lavoratori come a còmpito di carità e benevolenza. Il Sismondi non riesce a intendere che un’aristocrazia, la quale non sia sorretta da una militante democrazia e alimentata da una coraggiosa lotta politica, non può sopravvivere. Nondimeno nella sua concezione d'una società autonoma e responsabile egli finisce per superare le ultime nostalgie medievali, iniziando di fatto nuove classi di uomini alla dignità della vita politica libera e alla sua rigorosa disciplina. Qui sta anche il valore pe­ renne del suo pensiero. « Le idealità del Sismondi non possono essere frustrate dalle delusioni e contraddizioni della vita quotidiana, o negate dal crollo degli eventi, perché sono idealità umane che individui e nazioni continuamente attingono nel tragico processo della storia » (pp. 69-70). Sono queste le parole conclusive del Santonastaso: e sono parole elevate, degne di chi sappia ritrovare nello studio del passato motivi di educazione e di speranza per

l'av-Studi in onore d i Filippo Virgilii nel X L anno d ’insegnamento. Soc. Ed. del « Foro Ita­ liano », Roma 1935. Un voi. in 8° di pp. XIII-526. L. 45.

1. — Si segnalano soltanto, perchè non attinenti direttamente alla materia della rivista, il breve scritto su « L ’econom ia politica e la te r r a » (pp. 1-5) di A. Loria, in cui si indica nella terra e nell'economia agraria il « demiurgo dei fenomeni » economici ; e le due « N ote

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d i scienza d elle finanze » (pp. 334-344) di A. Graziarli, nella prima delle quali, trattando del rapporto tra il costo e il prezzo dei pubblici servizi, si intende dimostrare che la tassa, anche quando ecceda col suo provento totale il costo del servizio pubblico, non assume carattere di imposta, se si mantenga inferiore al vantaggio ottenuto mercè di essa dal richiedente, mentre nella seconda si ritorna sulla dottrina della ripercussione dell'imposta, sostenendo in pole­ mica col De Viti De Marco l'opinione tradizionale al riguardo.

2. — Nello studio (pp. 242-292), in cui A. Bertolino presenta J. Gowcr come interprete delle idee e condizioni sociali dell'Inghilterra dei suoi tempi (sec. XIV), la figura di questo letterato medievale con incerti e contradditori presentimenti di modernità risalta in piena luce, J . Gowcr appare tipicamente uomo del medioevo: le opinioni sullo stato e i doveri del mo­ narca c sulle relazioni dello stato con la chiesa, le accuse contro i vizi del clero romano, la condanna dell'usura, e la superstizione dell'equo guadagno, del giusto prezzo, del lavoro co­ siddetto produttivo non escono fuori dell'àmbito del pensiero medievale. Solo quando i con­ sueti motivi e atteggiamenti toccano da vicino le sue tendenze politiche e i suoi interessi economici, egli mostra una fisionomia più sua, più viva, e in fondo più moderna. Cosi, durante il movimento dei Lollardi e la rivolta dei contadini, le invettive contro il clero e le velleità evangeliche cadono, ed egli ritorna sgomento in seno alla chiesa romana, tutrice dell'ordine tradizionale e delle ricchezze accumulate e dispensatrice ai poveri e ai ribelli di rassegnazione e di elemosine. Sotto i paludamenti di filosofo c letterato il Gowcr rivela in quel punto l'animo di mercante: in che consiste la sua più vera modernità. Invero egli sente per i mer­ canti e l'opera loro un amore geloso. Il commercio, secondo lui, deriva direttamente da D io ; ed il profitto del commercio è giusto profitto a causa del rischio che per ottenerlo s'incontra. Si profila una giustificazione dell'interesse. D i più, il commercio introduce nello stato ricchezza; ma guai alla concorrenza dei mercanti stranieri — c l'odio del Gower ha già motivi mercan­ tilistici: essi sottraggono moneta al paese! Quest'amore pel commercio s'incentra in una conce­ zione del lavoro umano che prelude all'umanesimo e all'epoca moderna. L’uomo è pel Gower il vero creatore della sua vita ; c invano si appella al destino per scagionarsi dei suoi errori :

« set sibi quisque suam sortem facit, et sibi casum ut libet incurrit, et sibi fata creat » (p. 248).

Qui J. Gower s'arresta; e il suo pensiero rimane chiuso al nuovo mondo che in lui stesso va fermentando. Ma a ragione il Bertolino, ricercando « g li albori del pensiero economico in Inghilterra » è disceso, in pieno medioevo, fino a lui.

3. — Oltre ai citati, il volume contiene ancora numerosi studi prevalentemente giuridici. Esso è completato dall’elenco degli scritti del Virgilii, ed ornato di una fotografia del medesimo.

A. M.

Economisti napoletani d ei secoli X V II e X V III, a cura di Giorgio Tagliacozzo. Voi. II dei « Classici del pensiero politico », pubblicati dall'Istituto nazionale fascista di cultura. Cappelli ed., Bologna, 1937. Un voi. in 8° di pp. LXVII-456. Prezzo lire 20.

Nella collezione nella quale videro la luce, per intero o per estratto, altri libri famosi di Burke, Botero, Tocqueville, Cuoco, Pagano e Giannone viene ora pubblicata questa silloge di lunghi estratti da Serra, Broggia, Galiani, Genovesi e Filangieri. Se i vantaggi delle antologie siano superiori ai danni è materia opinabile. A tirar le somme pare che un residuo di utilità netta rimanga, principalmente sotto l'aspetto di stimolante a leggere poi le opere

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compiute delle quali l'antologia offerse l'occasione di ammirare l'estratto. Delle altre tre migliori antologie da me conosciute — taccio dei manuali americani puramente scolastici — e cioè L ei grandi éeon om iilei di Paul Gemahling (Paris, Sirey), Early Econom ie T hought di Monroe (Harvard University Press, Cambridge, Mass.) e State paperi and ip eech ei on thè

T ariff di Taussig (id.), trassi appunto il vantaggio di non aver posa sinché non mi fossi procurato intieri quegli scritti che il saggio offerto dall'antologia mi aveva dimostrati degni di lettura. Giova sperare che cosi avvenga per i lettori del volume messo insieme con cura e con intelligenza dal Tagliacozzo, c che essi sentano il bisogno di leggere almeno tutto il Serra c tutto il Galiani nelle belle edizioni approntate presso il Laterza dal Graziani c dal Nicolini.

In confronto agli altri due, il Broggia, il Genovesi ed il Filangieri stanno, come econo­ misti, a gran distanza. V'ha in proposito, un parlante contrasto fra le due parti in cui si divide il discorso introduttivo del Tagliacozzo: chè se egli nella parte generale d ì sovratutto rilievo, oltrccchè alle pagine politiche del Serra ed ai Dialogues del Galiani, a Genovesi e Filangieri, nella lunga nota, che è invece la vera sostanza della introduzione, chiarisce con le attenuazioni giustamente ammissibili in bocca all'editore delle loro opere, che, in fondo, come economisti, Genovesi e Filangieri non valgono gran che, il Galiani dei Dialogues è semplicemente l'uomo chiamato dalla voce concorde dei salotti parigini ad attaccare con suc­ cesso il dottrinarismo astratto dei fisiocrati, il Broggia bisogna tirarlo assai per fargli dire qualcosa di interessante, laddove il Serra intiero, prima seconda c terza parte c il Galiani della moneta non si possono rileggere oggi senza un fremito di commozione dinanzi a tanto splendore di logica nel giudizio delle dottrine e delle pratiche contemporanee. Il Tagliacozzo è portato a saggiare gli economisti napoletani alla cote del pensiero vichiano. Il quale è certo un criterio di giudizio potente e fecondo per la storia del pensiero. Ma non può quel criterio, nascondere la verità nuda che, ad esempio, per la scienza economica Galiani è grandissimo esclusivamente a causa delle pagine sulla teoria del prezzo e della moneta. Quelle pagine non dicono nulla per chi voglia studiare ia storia politica ed intellettuale del regno di Napoli e perciò dell' Italia e perciò dell' Europa occidentale. Chi si proponga questo studio legga il resto dell'opera galianea e lo legga alla luce della filosofia di Vico. Ma in quelle non moltissime pagine sta il valore universale perenne, al di là c fuor del tempo suo, di Galiani rispetto alla scienza economica; e solo quelle pagine lo pungono, con ,Petty e Cantillon, nel novero dei creatori pre-smithiani o pre-ricardiani della scienza. Diremo grande il Serra politico per il profondo senso storico rivelato nel confrontare i governi di Venezia e Napoli e per le deduzioni che egli ne ricava intorno ai requisiti richiesti nelle classi politiche atte a governar bene un paese; ma, scrivendo di storia economica, se dure­ remo fatica a segnalare una sola verità da lui scoperta, non potremo non additare a modello il rigore logico dimostrato nello'stritolare gli errori di ragionamento dell'avversario De Santis. Pare piccolo il merito di Serra nell'avere dimostrato l'inconsistenza dei timori nudriti dai sopracciò del tempo suo a causa dell'uso invalso di pagare le merci lesportate dal regno di Napoli con carte di cambio invece che con moneta sonante? Si pensi ai tanti che oggi si preoccupano nel vedere le nostre merci pagate in qualcosa di diverso da quelle che sono grottescamente dette divise pregiate!

Non vorrei che le osservazioni ora fatte sembrassero una critica al criterio di scelta tenuto dal T .; quasi io volessi che le raccolte di economisti includessero solo le pagine strettamente economiche dei loro scritti. Anzi il contrario. Una raccolta è tanto più significativa quanto più il pensiero di scrittori per varii rispetti ragguardevoli è esposto nella sua pienezza. Spetta ai curatori ed ai lettori sceverare in quelli scritti quanto in essi importa per la storia politica del loro paese, quanto per la storia del pensiero in generale e quanto per la costru­ zione della particolare dottrina di cui essi sono detti cultori. Tutti i cinque scrittori, di cui

nel volume recensito sono ripubblicati taluni scritti, ebbero influenza sulla storia politica del Regno di Napoli; tutti, più o meno, e più il Genovesi ed il Filangieri, parteciparono vivamente alle correnti ideali del pensiero contempoianeo; due, il Serra ed il Galiani, meritano

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