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FRANCESCO FUOCO RIVENDICATO

Mauro FasianiN oie sui saggi economici di Francesco Fuoco, seguite da « Estratti dall’opera di F. F. » ; in « Annali di statistica e di economia », Voi. V . 1937. Un voi. in 8° di 2 c. s. n., 186 pp. Prezzo L. 30.

Francesco FuocoIntroduzione allo studio della economia industriale o principa di economia civile applicati all’uso delle forze. Ristampa dall’ed. di Napoli,

1829, in « Rassegna monetaria », quaderno del luglio-agosto 1937, da pag. 763 a 864.

1. — Francesco Fuoco (1774-1841) ritorna di moda. Se ne era già occupato nella « Rivista di scienze economiche » del 1935 il Dello Joio, il quale ora attende, mi dicono, a meritorie diligenti indagini sulla vita e sugli scritti di lui. Vengono ora, contemporaneamente, alla luce, ad opera dello Spinedi nella « Rassegna mone­ taria » la ristampa della introvabile « Introduzione allo studio della economia in­ dustriale » preceduta dall'articolo necrologico pubblicato negli « Annali civili del Regno delle Due Sicilie del 1842 », e, a cura del Fasiani, lo scritto sulle «A p p li­ cazioni dell’algebra all’economia politica » tratto dai « Saggi economici » pubblicati in Pisa in due volumi nel 1825 e nel 1827. L’altro invisibile scritto su « Le banche e l ’industria » del 1834 sarà probabilmente ristampato fra non molto, pure ad opera dello Spinedi.

Col rimettere in onore gli scritti del disgraziato uomo — vissuto per anni in galera, al confino ed in esilio per aver preso parte alle rivoluzioni napoletane del 1799 e del 1820, costretto dalla miseria a vendere al comasco De W elz il di­ ritto di mettere il proprio nome, oltrecchè su altri, sul più noto dei suoi libri, « La magia del credito svelata », finito oscuro poligrafo e ripetitore privato in Napoli — il Fasiani e lo Spinedi hanno bene meritato degli studi. Quando sarà possibile, grazie alle ristampe odierne, studiare a fondo il Fuoco, forse giungeremo ad una conclu­ sione più sicura intorno a lui di quanto oggi non si possa fare. « Io non esito » — dice il Fasiani — « a collocarlo se non al sommo, fra i più forti pensatori di cose economiche che l ’Italia abbia avuto nel periodo che corre dal Verri allo Scialoja e forse dal Verri al Ferrara ». In verità, dal 1750 al 1850 l’Italia ebbe due soli vera­ mente grandi economisti : Galiani e Ferrara. Chi possiamo collocare nella seconda fila? S’intende non nella veste di « uomo sano onesto e pieno di benevolenza », chè in

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questa veste, sembra avvertire, ironicamente sorridendo, il Fasiani, al primato poteva aspirare la maggior parte degli scrittori italiani del suo tempo (pag. 131); ma in quella di scienziato.

2. — Il merito maggiore della dotta introduzione (da pag. 5 a 131 e poi da 187 a 190) del Fasiani sta nel non essersi lasciato attirare dallo studio delle pagine « oneste e caritatevoli » del suo autore. Che cosa importa, dal punto di vista della scienza economica, che Fuoco desse buoni generosi precetti in merito al lavoro, all’ozio, al contrabbando, alla mendicità, alla beneficenza, all'avarizia ed alla prodi­ galità? Forse, ma ne dubito, lo studioso della morale potrà rintracciare spunti nuovi in quelle prediche. Certo per l'economista contano zero, e quella unica pagina che il Fasiani consacra a riassumerle, è, essa medesima, un atto di benevolenza.

3. — Ha fatto male il Fasiani a dichiarare, in sul bel principio della introdu­ zione, che il suo non voleva essere « uno studio su Francesco Fuoco, ma semplice- mente un’informazione sul contenuto di una delle sue principali opere, i « Saggi economici » (pag. 7). e ad augurare poi che le sue note « possano giovare ad inco­ raggiare uno studio approfondito che valga a ridare al Fuoco la eminente posizione che gli eventi gli hanno costantemente negato » (p. 27). Così scrivendo il Fasiani incoraggia i recensenti a ripetere l’augurio che venga colui il quale rivendichi final­ mente ecc. ecc. Si sa che, in tempo di guerra, e forse anche in tempo di pace, la bugia ha d'uopo di vivere un giorno solo indisturbata da smentite, perchè sia im­ possibile cancellarla mai più dalla memoria e dalla credenza degli uomini. Mi piace perciò affermare, prima che la auto-calunnia che al Fasiani è piaciuto di in­ fliggersi si divulghi, la sua introduzione non essere affatto una semplice informa­ zione sui « Saggi economici », sibbene un ampio ragguaglio critico di tutta l’opera scientifica del Fuoco. Ragguaglio, non dei soli « S a g g i» , ma di « tu tta » l’opera scientifica, nel campo della scienza economica, con giusta esclusione del rimanente dell’abbondante produzione poligrafica del Fuoco; e ragguaglio « c ritic o » . Il che vuol dire non trattarsi di mero sunto, con il consueto lardellamento di agget­ tivi inutili : interessante,, importante, rilevante, suggestivo, fecondo, informato alle tradizioni nazionali, italiane, francesi, inglesi, russe, ecc. ecc. Perchè i « rag­ guagli » di Ferrara si leggono ancora oggi ? Perchè, col sunto, c’è la battaglia, c’è la ricostruzione, c’è l’avanzamento. Fasiani non ha preso Fuoco a pretesto per dar battaglia od esporre una sua teoria (come faceva Ferrara) o per appic­

cicarci sopra una sua elucubrazione estranea (come si fa da mólti e, trattandosi di libri nuovi, faccio anch’io). Egli, freddamente, come si trattasse di un preparato anatomico, seziona ed analizza; poi ricostruisce, dando alla teoria del Fuoco il luogo che nella gradazione di merito scientifico essa merita nel conserto delle dot­ trine venute prima e subito dopo, luogo spesso diverso da quello a lui da altri frettolosamente assegnato.

4. — Nelle 130 pagine di Fasiani non c’è, se non mi inganno, verbo intorno alle influenze che l’ambiente politico economico sociale potè esercitare sul pensiero del Fuoco. La genesi delle idee è ricercata nelle idee. Fasiani parte implicitamente

dalla premessa che, appartenendo Fuoco alla eletta degli scienziati, dei cercatori della verità per se stessa, egli sapesse dividersi in due : e dare ai tempi, alle rivolu­ zioni del 1799 e del 1820, ai Borboni, le pagine affettive della sua varia poligrafia; ma rendere a Ricardo, a Smith, a Canard, a Verri quell'omaggio che costoro meri­ tavano, e che sta nel lavorìo del pensiero puro, il quale cerca di intendere e perfe­ zionare il pensiero altrui.

5. — Il Fasiani par negare al suo scritto indole di piena ricostruzione critica del pensiero altrui, mosso a ciò dallo scrupolo di non essere ancora riuscito, nono­ stante le diligenze osservate, a leggere tutti gli scritti che furono fonti del pensiero di Fuoco. Se si badasse agli scrupoli, nessun libro di storia potrebbe mai essere pubblicato. Forse accadrà che egli, rinvangando a poco a poco riviste rendiconti atti memorie, o rintracciando, grazie agli accidenti che talvolta allietano le veglie degli studiosi od a peregrinazioni attraverso biblioteche nostrane o forestiere, libri sinora non potuti consultare, riesca a colorire meglio il quadro del mondo intellet­ tuale entro il quale visse il Fuoco. L’aggiunta sarà preziosa; ma non vieta a me di dire che il suo saggio non è « una mera informazione del contenuto » ma una vera ricostruzione critica del pensiero del Fuoco alla luce del processo interno di sviluppo della dottrina economica. I lettori di questa rivista sanno che di storia delle dottrine economiche ce ne sono parecchie e che le principali sono la storia filosofica, ossia dei rapporti fra le grandi correnti del pensiero umano e la scienza economica; la storia d’ambiente, ossia dei rapporti fra le vicende e circostanze politiche sociali ed economiche e la scienza medesima; ed infine la storia tecnica dello svolgimento che la teoria economica ebbe e non poteva non avere ad opera dei pensatori i quali de­ dicarono la loro vita a scoprirne e perfezionarne i teoremi. Come si scrive la storia della matematica o dell’astronomia senza nessun riferimento alle mutazioni delle correnti di pensiero od all’ambiente storico, così si può scrivere la storia dell'eco­ nomica senza preoccuparsi di Platone o di Aristotele, di Kant o di Hegel, di Luigi X IV o di Napoleone, di Mettermeli o di Cavour. Pur non volendo svalutare le altre due specie di storie, fa d’uopo riconoscere che la terza specie ha indole più rigorosa e presenta difficoltà di gran lunga maggiori.

6. — Quale sia stato il contributo del Fuoco nella formulazione delle teorie della rendita, dei gradi di utilità, dei limiti, dell’equilibrio economico in genere e in particolare dell’equilibrio fra produzione e distribuzione, del metodo matematico, del fattore tempo, dell’indole del credito, degli effetti delle macchine: ecco i pro­ blemi discussi dal Fasiani nella introduzione. Sarebbe troppo pretendere da lui una risposta definitiva a quesiti, i quali per la loro soluzione richieggono una conoscenza perfetta della letteratura economica anteriore al 1834, conoscenza che forse nessun economista oggi vivente possiede. Quel che tuttavia egli ci dà, se forse potrà essere perfezionato e limato, da lui o da altri, deve essere definito fin d’ora punto di par­ tenza dal quale dovranno prendere le mosse gli indagatori i quali verranno poi.

7. — Quale il luogo che, prendendo appunto le mosse dalle pagine di Fasiani, si deve assegnare al Fuoco nella storia della economica? Confesso di essermi poco commosso meditando sulle pagine le quali riguardano le teorie dei limiti,

dell’equi-/ ;>

FRANCESCO FUOCO RIVENDICATO 63 librio economico, dei gradi di utilità, della interdipendenza reciproca fra produzione e distribuzione e degli effetti delle macchine. Non usciamo dal campo delle gene­ ralità, delle intuizioni, degli spunti geniali ed anticipatori. Quale importanza si deve dare, nella storia delle dottrine, agli uomini che genialmente anticiparono in con­ fronto a quelli i quali volutamente posero e discussero e risolsero o credettero di risolvere un dato problema? Ammiro, credo di aver detto ripetutamente, scarsamente i primi. Di uomini che intuiscono problemi, che intorno ad essi espongono rifles­ sioni pensieri più o meno geniali sono pieni i salotti e le accademie. £ dubitabile se non sia maggiore il danno che il vantaggio recato alla scienza da costoro collo scoraggiare, a furia di punti di vista, le faticose indagini degli scienziati seri in una data direzione.

8. — I problemi ai quali veramente sembra raccomandato il nome del Fuoco direi essere, allo stato attuale delle conoscenze, quale risulta dalla memoria del Fa- siani, principalmente questi : la teoria del credito, l'applicazione dei metodi matema­ tici allo studio della economica, il concetto della rendita del consumatore e la teoria della quasi-rendita.

9. — Ha detto il Fuoco qualcosa di veramente nuovo in materia di credito? Il titolo — La magia del credito — dato al libro suo più famoso non è suo. Uno di quegli uomini di genio che la stirpe ebraica diede alla nostra scienza, Isacco Pinto, ad esaltare la materia del suo citatissimo ed ignoratissimo libro, aveva già scritto: « La magie dtt credit et de la circulation a produit cette masse de richesses successi- vement avec les mèmes espèces » di moneta circolante (ed. 1771, p. 4 7 ); ed è dub­ bio se nei due libri di Fuoco intorno al credito vi sia, quanto a teorie fresche e nuove e scintillanti, qualcosa di più che in Pinto ed in Law (1).

10. — A ben guardare, l’importanza del saggio « dell'applicazione dell’algebra all’economia politica » è tutta estrinseca. Fuoco merita ricordo non per le verità che col metodo matematico scopre o riespone più perfettamente di altri, ma per la magnifica difesa di quel metodo in un'epoca nella quale la mania per l'uso del cal­ colo algebrico era venuta meno e gli economisti erano a quell’uso quasi tutti con­ trari. Merito grande, sovratutto se si tenga conto dei consigli di prudenza dettati dal Fuoco nel porre i limiti di convenienza dell'impiego del metodo (cap. IV ); me­ rito però inferiore a quello che bisognerebbe riconoscergli qualora egli si fosse ser­ vito dello strumento cosi efficacemente difeso per dimostrare qualche nuovo teorema, come undici anni dopo faceva Cournot.

11. — L'occasione del saggio gli era stata offerta da alcuni scritti del Ferrier e del Du Bois-Aymé da un lato e dalle critiche rivolte dal Say al Canard. Il Ferrier non aveva, nè in prima né in seconda edizione, tentato applicazioni matematiche, che sarebbero state strane in lui difensore della mutevole scienza dell'amministrazione

(1) Il Fuoco nella bibliografia allegata alla M agia d el credito svelata ricorda il Law ed il Pinto; ma se nel testo cita ed utilizza ampiamente il Law, del Pinto fa menzione, se non erro, una sola volta ed anche questa di volo.

e della variabilità dei suoi consigli contro le da lui irrise teorie generali immutabili della scienza economica. Ma il Du Bois-Aymé, fautore della restaurata monarchia borbonica e perciò autore nel luglio 1814 di un opuscolo vivace in difesa « de la liberté de la presse et de la liberté individuelle » contro il ritorno della demagogia repubblicana e della tirannide napoleonica, nonostante avesse opinioni ancora più recise del Ferrier intorno alla impossibilità di dettare leggi applicabili a tutti i tempi ed a tutti i paesi e forse appunto perchè nettamente distingueva fra la teoria pura e le sue applicazioni ed avvertiva i pericoli del passaggio dalla prima alle seconde, non negava la teoria pura ed indulgeva, astraendo, ad esercitazioni matematiche (vedere a pagg. 71-77 e di nuovo a 102-104 del suo Examen), di cui avvertiva i li­ miti ed il vantaggio. I rapporti fra il Ferrier ed il Fuoco forse meriterebbero di es­ sere indagati :

FERRIER FUOCO

(1823) (1827)

L’avantage des formules algébriques est de venir au secours des raisonnemens qui, par leur longueur, perdent souvent de leur clarté, et conduisent à des résultats dont on n'est pas toujours trés-sûr.

M. Ferrier est au nombre des écrivains qui rejettent cette maxime des économistes, qu'

abondance et cherté est opulence. Les écono­ mistes ont cependant raison, s'ils entendent par

abondance l’abondance d e toute chose, et par

cherté sa valeur en argent. Car si toute chose quelconque était plus abondante et plus chère, en argent, en France qu'ailleurs, cela prouve­ rait quelle possède, en ce moment, à popula­ tion égale, plus de blé, plus de toiles, etc., et plus d'argent que toute autre nation; que le travail de ses ouvriers est plus productif et plus rétribué; et que si par exemple, elle avait une guerre lointaine à soutenir, elle pourrait entretenir ses troupes, faire des achats à l’é­ tranger, etc., plus facilement qu' aucune autre.

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Però dovunque l'applicazione [dell'algebra all'economia politica] è giusta, e fatta colla massima esattezza, non è da dubitarsi che non sia di grandissimo soccorso nelle ricerche di questa natura. Invece di lunghi c complicati ragionamenti basterà mettersi in mente poche formule, il cui sviluppo è di facilissima ese­ cuzione.... (voi. II, p. 117 e pag. 181 del- l'ediz. Fasiani).

[La formula b = p / q (in cui b è il biso­ gno, p è il prezzo, q è la quantità del pro­ dotto)] serve a giustificare, ed a dimostrare in­ sieme la massima degli economisti, che a b ­

bondanza e carestia è opulenza; cioè che deb­ ba riputarsi stato d'opulenza quello in cui si abbia un prodotto, che in quantità più grande si venda a prezzo più caro. Nè ciò si deve riputare impossibile, o contradditorio, anzi è facile ad accadere subitochè per nuove circo­ stanze il bisogno di quel prodotto divenisse più intenso. Difatti se per abbondanza s'in­ tende l'eccedente quantità d’ogni produzione, e per caro prezzo il valore in danaro; verifi­ candosi in un paese (in Inghilterra per esem­ pio) che ogni cosa vi fosse abbondante, ma pagata in danaro più cara di ciò che si ven­ derebbe in ogni altro paese, ciò proverebbe, che l’Inghilterra in tal tempo, a popolazione eguale possederebbe più frumento, più ferro, più tela, ecc., e insieme più danaro di ogni altra nazione, che il lavoro de' suoi operai sarebbe più produttivo, e più pagato; e che

FRANCESCO FUOCO RIVENDICATO

Et lors même que, par cherté d'une denrée, on entendrait, la quantité de travail productif qu'elle peut commander, les économistes au­ raient encore raison, pourvu qu'en disant qu'abondancc et cherté est opulence, ils aient soin de dire que cela n’est pas tellement gé­ néral, qu'il ne soit souvent très-avantageux qu'une denrée baisse de prix. Je dis qu'alors les économistes auraient encore raison dans plusieurs cas; en effet, supposons que les pro­ duits d'un pays deviennent l'objet des recher­ ches des étrangers, au point que leurs deman­ des (/'« nota : par le mot dem ande, nous en­ tendons la volonté et le pouvoir d'acheter) croissent plus rapidement que la production, il est certain que ce pays serait dans la posi­ tion la plus prospère, ses produits augmente­ raient en quantité et auraient plus de valeur, c'est-à-dire, que la même quantité de marchan­ dise pourrait commander à l'étranger une plus grande quantité de travail que précédemment. Et si c'était dans l'intérieur que l'étendue de la domande s'élevât au-dessus de la produ­ ction, non pas de toutes les denrées, mais de quelques-unes seulement, celles-ci devien­ draient plus abondantes, plus chères, et le pays y gagnerait. A la vérité, cette augmenta­ tion de valeur et d'abondance pourrait n’être que momentanée, mais quelquefois aussi elle serait durable» (pag. 77-79).

se essa fosse obbligata a sostenere una guerra lontana potrebbe mantenere le sue truppe, far compre cioè allo straniero più facilmente che ogni altra nazione.

E quando anche per caro prezzo d'una der­ rata s'intendesse la quantità di lavoro produt­ tivo ch'essa può comandare, gli economisti non lascercbbero d’aver ragione in molti casi dicendo che abbondanza e carestia è opulenza, purché avessero cura di dire che ciò non è così generale, che talora non fosse molto van­ taggioso il basso prezzo di una derrata. D i­ fatti suppongasi che i prodotti di un paese vengano ricercati dagli stranieri sino al punto, che le loro dimande (cioè la volontà ed il po­ tere di comprare) crescano più rapidamente della produzione, egli è certo, che questo pae­ se sarebbe nella più prospera situazione; i suoi prodotti aumenterebbero in quantità, e avrebbero maggior valore, cioè a dire che la stessa quantità di mercanzie potrebbe coman­ dare allo straniero una quantità di lavoro più grande di quella che comandava nel tempo passato. E quando anche la domanda si ele­ vasse nell'interno al disopra della produzione non di tutte le derrate, ma solamente d'alcune, queste diverrebbero più abbondanti, e più care, ed il paese vi guadagnerebbe. A dire il vero questo aumento di valore e di abbon­ danza non potrebb'essere che momentaneo, benché non ripugni che talora fosse pure du­ revole (pp. 113-114 dell'ed. or. e 177-178 dell'cd. Fasiani).

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Col raffronto fra i due passi non intendo dar la taccia di plagiario al Fuoco; lamento tuttavia che egli, mettendosi a paro di tanti, e tanto di lui minori, fabbri­ canti di scritture accademiche, dopo avere polemizzato col Du Bois-Aymé nei punti nei quali egli si allontanava in parte dal suo pensiero, non si sia ricordato di citarlo là dove lo copiava. In verità il Fuoco fa un passo innanzi nella polemica Ferrier- Du Bois-Aymé. Con la netta distinzione fra l’economica scienza di prima appros­ simazione e la scienza dell'amministrazione, con la dimostrazione dei legami esistenti fra di esse e dei limiti rispettivi; con la chiara dimostrazione dei vantaggi e dei li­ miti dell'applicazione del metodo matematico, il Fuoco ha, nel saggio ripubblicato da Fasiani, offerto un modello di discussione del problema dei rapporti fra l'economia pura e la politica economica, intorno a cui oggi si ripetono con scarsa originalità verità e vaniloqiiii antichi.

12. — Fu gran disgrazia che la tradizione Verri-Frisi, Valeriani, Fuoco dello strumento matematico nelle dimostrazioni economiche sia, nonostante l’incoraggia­ mento dello Scialoja, venuta meno in Italia sino a quando Boccardo fece tradurre e pubblicò il libro di Cournot. Ci doveva essere nell’aria dei tempi napoleonici, quando Fuoco dal 1802 al 1820 insegnava e probabilmente meditava in Napoli, una singolare propensione agli studi di matematica applicata all'economica.

Fasiani non ricorda — ma non lo ricorda neppure l’onnisciente bibliografo Cossa, il quale pur nota le traduzioni spagnuola del 1804 e tedesche del 1806 c

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