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Le reazioni avverse da farmaci non influenzano solo la salute della popolazione, ma hanno anche elevati costi economici. Indagini su questo problema sono state condotte solo in periodi recenti, probabilmente poiché si è entrati in un’epoca di contenimento dei costi per la sanità.

I costi diretti e indiretti risultanti dalle ADR sono difficili da stimare, poiché le conseguenze della maggior parte di esse sono limitate. È possibile misurare il costo di quelle che sono probabile causa di morte o di ospedalizzazione. È anche possibile, dalla descrizione della natura della ADR, ottenere alcune informazioni circa la gravità dell’evento e dei suoi effetti ed elaborare una stima dei costi. Tuttavia, non è possibile stabilire il costo dell’intervento terapeutico effettuato o dei giorni di lavoro persi per tutti i tipi di ADR, si può però stimare il costo di quelle insorte in ospedale in base al prolungamento dei giorni di degenza che determinano. Utilizzando tale parametro, Bates e colleghi [1997] hanno valutato l’utilizzazione di risorse addizionali associate con gli eventi avversi da farmaci insorti in 11 unità di medicina e chirurgia di due ospedali di Boston, USA. I casi erano rappresentati da pazienti con una ADR ed i controlli per ciascun caso da pazienti della stessa unità con la più simile durata di degenza pre-ADR. I principali outcomes valutati sono stati la durata della degenza dopo l’ADR ed il costo totale. Dei 190 eventi avversi da farmaci osservati, 60 erano prevenibili. Basandosi sui costi attribuiti e sui dati di incidenza degli eventi avversi da farmaci, gli autori hanno stimato che il costo annuo attribuibile a tutti gli eventi avversi da farmaci in un ospedale universitario di 700 posti letto è pari a 5,6 milioni di dollari per tutti gli eventi avversi e di 2,8 milioni di dollari per quelli prevenibili. Un altro studio ha valutato i costi dei problemi medico-correlati riesaminando le cartelle cliniche dei pazienti andati incontro a ADR e li ha stimati in circa 1,5 milioni di dollari [Schneider PJ]. La letteratura sui costi delle ADR oltre a quelli causati dall’ospedalizzazione è molto limitata.

Calcolando il costo complessivo della morbilità e della mortalità da ADR, e basandosi sulle prescrizioni dei farmaci utilizzati per curarle, Johnson e Bootman [1995] hanno stimato un minimo di 30 e un massimo di 130 miliardi di dollari; tale risultato deve

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essere tuttavia valutato con cautela per diversi problemi metodologici (inappropriata indicazione d’uso, inappropriata scelta, sovradosaggio, assenza di compliance eccetera). Un altro studio [Bootman JL et al, 1997] ha investigato i costi dei problemi farmaco-correlati nelle “nursing-home” statunitensi, giungendo alla conclusione che potrebbero essere ridotti di 3,6 milioni di dollari affidando ai farmacisti l’osservazione retrospettiva dei trattamenti farmacologici cui vengono sottoposti gli ospiti di tali strutture.

Infine, nel già citato studio inglese di Pirmohamed e colleghi [2004] è stato riportato che la degenza ospedaliera media per i pazienti affetti da ADR era di circa 8 giorni. In base al costo medio giornaliero di un posto letto in un ospedale d’oltremanica (343 sterline), è stato stimato un costo annuo di 706 milioni di euro per i ricoveri causati da ADR.

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“Sir, --- Congenital abnormalities are present in approximately 1.5% of babies. In recent months I have observed that the incidence of multiple severe abnormalities in babies delivered of women who were given the drug thalidomide (Distaval) during pregnancy, as an antiemetic or as a sedative, to be almost 20%. These abnormalities are present in structures developed from mesenchyme - i.e., the bones and musculature of the gut. Bony development seems to be affected in a very striking manner, resulting in polydactyly, syndactyly, and failure of development of long bones (abnormality short femora and radii). Have any of your readers seen similar abnormalities in babies delivered of women who have taken this drug during pregnancy?”

W.G. McBride Hurstville, New South Wales

[The Lancet, December 16, 1961 - Letters to the Editor]

Lo stimolo più forte allo sviluppo della farmacovigilanza, come sorveglianza sistematica dei medicinali prima e dopo la commercializzazione e l’identificazione delle ADR, si fa storicamente risalire al “disastro della talidomide”, un sedativo- ipnotico immesso sul mercato nel 1957 in Germania e in numerosi altri Paesi europei ed extraeuropei, ma non negli Stati Uniti. Il medicinale venne ritirato nel 1961, dopo aver provocato gravi malformazioni dovute ad un incompleto sviluppo degli arti (focomelia) in circa 10.000 bambini nati da donne che avevano assunto il farmaco in gravidanza.

Come abbiamo già detto, la crescente sensibilizzazione alla problematica del danno da farmaci ha portato nel 1968 all’istituzione, da parte dell’OMS, del Program on International Drug Monitoring con lo scopo di centralizzare i dati mondiali sulle ADR, sistema al quale l’Italia ha aderito oltre 30 anni fa.

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Nel nostro Paese la farmacovigilanza ha avuto un ampio sviluppo soprattutto negli ultimi dieci anni, sia grazie all’attività di gruppi collaborativi interregionali di ricerca in farmacovigilanza e farmacoepidemiologia (come il Gruppo Interregionale di Farmacovigilanza GIF e il Gruppo Italiano Studi Epidemiologici in Dermatologia GISED), sia con la creazione della Rete Nazionale di Farmacovigilanza (RNF), che raccoglie tutte le segnalazioni spontanee del territorio nazionale dal 2000, ma anche con la creazione delle Strutture Regionali di Farmacovigilanza.

Numerosi sono i danni associati ai farmaci conosciuti attraverso la segnalazione spontanea, alcuni dei quali hanno portato a un giudizio sfavorevole del rapporto rischio-beneficio e al ritiro dal commercio del medicamento, come è accaduto ad esempio per triazolam per depressione e amnesia (1991), terfenadina per aritmie ventricolari (1997), cerivastatina per rabdomiolisi (2001), rofecoxib per tossicità cardiovascolare (2004), rimonabant per gravi effetti psichiatrici (2009) [Caputi AP et al, 2009].

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